Giovedì 18 gennaio 2018

La Cassazione sulla nullità delle fideiussioni omnibus antecedenti al maggio 2005

a cura di: ADUC - Associazione per i diritti degli utenti e consumatori
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La Cassazione sulla nullità delle fideiussioni omnibus antecedenti al maggio 2005

La Suprema Corte con la sentenza n. 29810/2017, ampiamente ripresa e divulgata da vari siti Internet, ha cassato con rinvio una decisione della Corte d'Appello di Venezia alla quale si era rivolto un fideiussore escusso da una banca.

Una breve premessa.

La fideiussione all'esame della Corte veneziana era la cosiddetta omnibus cioè la garanzia personale utilizzata dal sistema bancario per "coprire" tutte le obbligazioni che, a partire dall'avvio del rapporto, faranno carico ad un determinato debitore; unico limite è la previsione di un massimale predeterminato ( così l'art. 1938 c.c.).
Le garanzie in questione venivano acquisite per mezzo di contratti con clausole assolutamente standard comuni a tutto il sistema bancario (tanto che venivano denominate: Norme Bancarie Uniformi - NBU). Esse erano predisposte dall'ABI ed utilizzate, tali e quali, da tutte le banche.

La Banca d'Italia che all'epoca svolgeva la funzione di autorità antitrust nei confronti del sistema bancario, ravvisando che la prassi di determinare in sede associativa bancaria il contenuto del contratto di fideiussione integrasse un'ipotesi di intesa restrittiva della concorrenza ai sensi della legge 287/ 1990, aveva imposto l'abolizione di alcune clausole ritenute particolarmente onerose e lesive della concorrenza.
Il provvedimento con cui la Banca d'Italia aveva chiuso questa istruttoria relativa ai moduli di fideiussione in uso presso il sistema bancario era del 2 maggio 2005.

Fatta questa premessa, torniamo ai fatti cui si riferisce la sentenza in epigrafe.
Ebbene, nel febbraio 2005 e, dunque, anteriormente al citato provvedimento della Banca d'Italia, una società di capitali aveva chiesto delle facilitazioni creditizie ad una banca che le aveva concesse acquisendo, a garanzia, la fideiussione di due persone all'evidenza nel testo contenente anche le clausole valutate contrarie alla libertà concorrenziale.
Nel corso del rapporto - evidentemente per problemi di andamento della società - la banca aveva revocato gli affidamenti ed ottenuto un decreto ingiuntivo sia nei confronti della società che dei garanti.
Uno di questi aveva, però, promosso, avanti alla Corte di Appello di Venezia, all'epoca competente ai sensi dell'art. 33 della legge antitrust , un'azione volta a far valere la nullità del contratto di fideiussione (oltre al risarcimento del danno conseguente alla illegittima iscrizione del ricorrente alla Centrale rischi) attesa la presenza, in detto contratto, di clausole valutate non conformi alla normativa sulla libertà di concorrenza.

La Corte territoriale aveva respinto la domanda sostenendo "la nullità dei contratti stipulati successivamente alla pronuncia del controllore pubblico, ove non derogato dall'istituto di credito in specifiche fattispecie negoziali", ma la Cassazione ribalta il punto di vista ritenendo che una volta identificata dall'Autorità un'intesa lesiva rientreranno in essa non solo i contratti successivi, ma anche quelli precedenti.
In sostanza, se quell'intesa c'era già prima del pronunciamento dell'Autorità antitrust, i negozi eseguiti nell'ambito di essa ne costituiscono la realizzazione e sono soggetti alla nullità.

Secondo chi scrive la suddetta decisione induce dubbi molto seri sulla validità delle fideiussioni acquisite dalle banche prima del maggio 2005 su moduli preesistenti e, dunque, in difformità dal provvedimento Banca d'Italia. Si ritiene altresì che dette garanzie siano tutt'ora esistenti in cospicuo numero presso gli istituti e che, se così è, dovremmo attenderci, da parte di questi, l'avvio di un attività di aggiornamento pena il più che probabile successo delle contestazioni proponibili dai garanti.

di Libero Giulietti

Fonte: https://www.aduc.it
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    Rottamate le somme iscritte a titolo di sanzioni e di interessi su ruoli erariali con notifica ultraquinquennale. L’indirizzo dominante della Corte di Cassazione ritiene che il termine di prescrizione della cartella esattoriale avente per oggetto sanzioni ed interessi su carichi erariali sia, in assenza di atti interruttivi, quello quinquennale dalla data di scadenza della cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione non rivestendo, l’iscrizione a ruolo, natura giuridica di sentenza passata in giudicato.

    Si propone, a beneficio dei Lettori, una traccia per eccepire in via giurisdizionale innanzi gli organi della giustizia tributaria, la nullità dell’avviso di intimazione pervenuto oltre il quinquennio dalla notifica della cartella di pagamento (non impugnata) concernente sanzioni ed interessi addebitati su crediti erariali (IRPEF, IRES, IVA, Ritenute alla fonte, eccetera).
    Il motivo del gravame deduce la decadenza dell’azione di riscossione stante l’inerzia dell’Agente che, nel termine quinquennale dalla data di scadenza dell’atto esecutivo (60 gg. dalla notifica), non ha proceduto ad interrompere i termini di prescrizione ovvero provveduto ad attivare le procedure di esecuzione forzata (pignoramento). 

    a cura di: Dott. Attilio Romano
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