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Giovedì 13 dicembre 2012

Per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni riguarda anche i trattamenti pensionistici di modesta entità

a cura di: La Previdenza.it
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Per il biennio 2012-2013 il blocco della rivalutazione delle pensioni riguarda anche i trattamenti pensionistici di modesta entità

La Corte Costituzionale ha costantemente affermato che il trattamento di quiescenza,

al pari della retribuzione percepita in costanza del rapporto di lavoro, del quale lo stato di pensionamento costituisce un prolungamento ai fini previdenziali (tant'è che la pensione è intesa, ad ogni effetto, quale "retribuzione differita"), deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e deve, in ogni caso, assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia mezzi adeguati alle esigenze di vita per una esistenza libera e dignitosa.
Per i giudici costituzionali "tale proporzionalità e adeguatezza devono sussistere non soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate successivamente, in relazione al mutamento del potere di acquisto della moneta, secondo valutazioni riservate, anche con riguardo alle disponibilità finanziarie, alla discrezionalità legislativa, purchè esercitata in modo non irragionevole e arbitrario" (sentenza n° 96 del 1991).

Il meccanismo prescelto dal legislatore per salvaguardare nel tempo il potere di acquisto e l'adeguatezza dei trattamenti pensionistici è oggi rappresentato dalla "perequazione automatica" che consente, con cadenza annuale ed in favore della generalità dei pensionati, l'adeguamento dei trattamenti pensionistici dei settori pubblico e privato alle variazioni del costo della vita con l'obiettivo di tutelarne, nel tempo e per quanto possibile, il potere di acquisto corroso da processi inflazionistici comportanti aumenti, costanti e generalizzati, dei prezzi dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie.

Gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni si applicano, con effetto dal 1° gennaio di ogni anno, sulla base dell'indice di variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, rilevato dall'ISTAT e recepito con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

L'aumento a tale titolo viene, poi, attribuito in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo (aumenti a scalare secondo determinate fasce di importo). Nel dettaglio si ha, pertanto, che l'indice di rivalutazione è applicato in misura intera fino ad una certa fascia di trattamento pensionistico (ad esempio non eccedente 3/5 volte il trattamento minimo INPS) e in misura ridotta (ad esempio 90/75 per cento) per le fasce eccedenti tale importo.

A decorrere, inoltre, dal 1988 la perequazione automatica delle pensioni costituisce l'unica forma di adeguamento delle prestazioni pensionistiche con l'esclusione, pertanto, di ogni diversa forma, ove ancora prevista, di adeguamento eventualmente collegato all'evoluzione delle retribuzioni del personale in servizio.

Tenuto conto che l'inflazione comporta un aumento continuo e generalizzato del livello dei prezzi dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie, il meccanismo testè delineato, di fatto, non copre, tuttavia, per intero l'effettivo aumento del costo della vita dal momento che l'indice dei prezzi al consumo, accertato periodicamente dall'ISTAT, scaturisce dalla media ponderata degli indici dei prezzi di una molteplicità di beni e servizi, ricompresi nel cosiddetto "paniere", a ciascuno dei quali, tenuto conto della diversa rilevanza che i singoli prodotti assumono nella spesa complessiva delle famiglie, viene attribuito un "peso proporzionale" alla quota di spesa dello stesso sul totale dei consumi familiari.

In altre parole la rilevazione tiene conto del rapporto tra "spesa per l'acquisto dei singoli prodotti ed ammontare complessivo della spesa per i consumi di una famiglia mediamente considerata".

La rilevazione, inoltre, si riferisce a periodi antecedenti a quello in cui la stessa è fatta valere ai fini dell'adeguamento pensionistico. Ad esempio per determinare l'aumento della pensione, a titolo di perequazione automatica, a far data dal 1° gennaio 2013 la variazione percentuale da considerare a tal fine è desunta raffrontando i prezzi al consumo dell'anno 2012 con quelli dell'anno precedente (2011).

Pur non coprendo il reale aumento del costo della vita e pur coi limiti quali è dato riscontrare l'istituto della perequazione automatica dei trattamenti pensionasti costituisce pur sempre un argine, sia pur modesto, alla erosione del potere di acquisto conseguente ai processi inflattivi in costante ascesa.

Atteso che il fine perseguito dall'istituto in interesse, pur coi limiti e le contraddizioni che lo contraddistinguono, è essenzialmente quello di tutelare il trattamento pensionistico limitandone, per quanto possibile, l'incidenza dell'erosione inflazionistica quale in atto nel Paese, ogni intervento finalizzato a limitare o ridurre l'adeguamento in interesse comporta, di fatto, un impoverimento delle pensioni in godimento con una perdita economica annua, costante e crescente, per tutto il periodo in cui il pensionato continuerà a percepire il trattamento pensionistico e con ripercussioni, financo, sulla misura della pensione di reversibilità, ove successivamente spettante ai superstiti.

Negli ultimi anni il legislatore è più volte intervenuto in materia con provvedimenti che, in quanto finalizzati al contenimento della spesa pubblica, hanno profondamente intaccato la perequazione automatica riducendo, di fatto, il valore reale delle pensioni con conseguente disattesa della funzione di tutela nel tempo del credito previdenziale, cui è preordinato il meccanismo della rivalutazione monetaria prevista nel nostro ordinamento.

Tale interventi, pur non modificando nel complesso il meccanismo perequativo, hanno tuttavia profondamente inciso, una volta adottati, sui suoi effetti comportando, ogni volta, la sospensione temporanea, ma con effetti permanenti, dell'adeguamento delle pensioni, di importo superiore a prefissati limiti, alle variazioni intervenute nel costo della vita.

La sospensione della indicizzazione dei trattamenti pensionistici nel tempo è stata disposta

  • per un anno (1998), interessando le pensioni di importo mensile superiore a lire 3. 481.550 lorde (pari a cinque volte il trattamento minimo dell'INPS);
  • ancora per un anno (2008), con riferimento, questa volta, alle pensioni di importo mensile superiore a 3.539,72 euro lordi (pari ad otto volte il trattamento minimo dell'INPS);
  • addirittura per due anni (2012 e 2013). Per tale biennio la rivalutazione automatica delle pensioni, per il tramite il meccanismo della perequazione, viene limitata, ai sensi dell'art. 24, comma 25, del D.L. n° 201/2011, convertito nella legge n° 214/2011, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo dell'INPS con la conseguenza che le pensioni di importo mensile superiore a 1.405,05 euro lordi per il 2012 ed a 1.441,56 euro lordi per il 2013 non potranno beneficiare di alcuna rivalutazione e ciò malgrado una consistente crescita del costo della vita pari al 2,7% per l'anno in corso ed in via previsionale ad oltre il 2% per il 2013.

Una fascia reddituale decisamente bassa che, al momento, penalizza tantissimi pensionati che, a fronte di una costante perdita del potere di acquisto della moneta quale si registra nel Paese, si vedono decisamente impoverire il trattamento pensionistico in godimento contro ogni logica ed in dispregio di diritti costituzionalmente tutelati.

Dal momento che i titolari di trattamenti pensionistici sottoposti, per legge, al blocco della rivalutazione automatica, subiscono, come già sottolineato, un danno economico di rilevante portata non solo nell'imminente, ma anche per il futuro atteso che, in difetto di qualunque previsione di recupero per gli anni successivi, tale danno si protrae, ininterrottamente, all'infinito fino ad incidere sulla misura delle pensioni di reversibilità, i provvedimenti che dispongono in tal senso, in quanto comportanti una sostanziale decurtazione del valore reale delle pensioni sottoposte al "blocco integrale della perequazione", appaiono manifestamente ingiusti e irrazionali atteso che, in concreto, finiscono col disconoscere l'incidenza obiettiva dell'erosione inflazionistica sui redditi considerati.

Da qui il dubbio sulla legittimità costituzionale delle norme in interesse atteso che, a detta di molti, le stesse verrebbero a ledere taluni principi sanciti dal dettato costituzionale, in particolare quelli della "adeguatezza" e della "proporzionalità" tutelati dagli articoli 3 e 36 della Costituzione.

I conseguenti procedimenti davanti alla Corte Costituzionale finalizzati al riconoscimento della illegittimità costituzionale delle norme in interesse, ad oggi, si sono, però, conclusi tutti con il riconoscimento, da parte del supremo Consesso, della non fondatezza delle eccezioni di incostituzionalità sollevate, nel tempo, dai giudici rimettenti (ordinanza n° 256 del 2001 e sentenza n°316 del 2010).

Ciò in quanto, a giudizio della Corte Costituzionale, "appartiene alla discrezionalità del legislatore, col solo limite della palese irrazionalità, stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni dell'ammontare delle relative prestazioni attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti che tenga conto, accanto alle esigenze di vita dei beneficiari, anche delle concrete disponibilità finanziarie e delle esigenze di bilancio".

Pur affermando in più occasioni "che la garanzia costituzionale della adeguatezza e della proporzionalità del trattamento pensionistico, cui lo strumento della perequazione automatica è certamente finalizzato, incontra il limite delle risorse disponibili" la Corte Costituzionale, con sentenza n° 316 del 2010 ha evidenziato, anche, con estrema chiarezza che "la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misura intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità atteso che le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta".

Un chiaro messaggio indirizzato al Governo ed al Parlamento in vista di futuri eventuali interventi in materia, di cui, però, ad oggi nessuno ha tenuto conto tanto da disporre, recentemente, per il biennio 2012-2013 il blocco totale della perequazione, con riferimento ai trattamenti pensionistici di importo mensile superiore a 1.405,05 euro lordi per il 2012 ed a 1.441,56 euro lordi per il 2013, nell'errata convinzione che tale fascia di reddito, sia pure di modesta entità, è tuttavia in grado di assicurare lo stesso ai percettori e alle loro famiglie mezzi adeguati alle loro esigenze di vita per "una esistenza libera e dignitosa".

Fonte: www.laprevidenza.it
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