Mediazione e problem solving
La mediazione è da molti vista come un giochino inutile o addirittura come una sorta di tassa: un orpello che si erge ad ostacolo nella già tortuosa via verso la giustizia.
Al riguardo si potrebbe subito svolgere una considerazione di ordine generale che proviene non dal mondo forense, ma da quello che si occupa di interazioni umane e della risoluzione1 dei relativi problemi: "sono le nostre teorie che determinano le nostre osservazioni".
Che significa?
Che coloro che pensano che la mediazione non funziona (teoria) vedranno ogni applicazione come errata (osservazione).
Al contrario i pochi estimatori vedono la mediazione come una piccola rivoluzione positiva. Un dato accomuna gli uni e gli altri: nessuno di loro ha davvero fatto mediazione, ma al massimo qualche tentativo di conciliazione o tanti negoziati che sono, però, fenomeni ed entità diversi. Questo testo non è rivolto agli estimatori, ma nemmeno - nella vita occorre essere pragmatici - ai contrari che non sono disposti a mettere in discussione la loro teoria, ma agli scettici o a coloro che vorrebbero, ma non sanno bene come.
A tal fine è utile qualche considerazione sul funzionamento delle persone.
Il comportamento di ogni essere umano è, infatti, il risultato di diversi meccanismi che si mettono in moto dopo che si è percepito qualcosa:
Emotivita' | Razionalita' | Verbale | Non verbale | |
---|---|---|---|---|
3° Livello comportamento |
comportamenti emotivi | decisioni dettate dai risultati ottenuti applicando ragionamenti razionali |
effetti di numeri e parole percepiti ed elaborati |
effetti di atteggiamenti o espressioni, mimica |
2° Livello elaborazioni |
ruminazione, coinvolgimento | logica, ragionamento | significato dei messaggi | significato del linguaggio del corpo |
1° Livello percezioni |
emozioni | dati, numeri, parole | numeri, parole | linguaggio del corpo |
Ogni livello influisce, quindi sul comportamento, ad iniziare da quel che viene percepito: a tale primo livello già sono possibili differenze di percezioni che non sono frutto di selezione volontaria e consapevole, ma il risultato di reazioni che potremmo definire "inconsce":
Con riferimento alle emozioni è stato sostenuto che esse sono funzioni biologiche del cervello (non della mente): si tratterebbe, dunque, di chimica ed elettricità, non di coscienza. In effetti non si "scelgono" le emozioni: si provano ... automaticamente. E quando l'emozione è stata provata, vissuta o sentita, non può essere spenta, dismessa o annullata.
Ma anche per quanto riguarda i dati si operano "automaticamente" delle selezioni: vedere o non vedere qualcosa, sentire o udire una parola o un certa espressione sul viso di qualcuno è frutto di filtri percettivi il cui funzionamento sfugge alla consapevolezza del cervello.
Dunque a questo livello è già ben possibile che due persone che vivono la stessa esperienza concreta (una discussione, un incidente, un dialogo) possano provare emozioni diverse e selezionare dati diversi. Senza volere.
Dopo (questione di millisecondi, non di secondi o minuti) che si sono percepiti dati ed emozioni, si comincia a rielaborare il tutto sulla base di diversi elementi:
Dopo (pochi altri millisecondi...) si inizia a comunicare con l'altro utilizzando talvolta inconsapevolmente talvolta in maniera semplicemente differente i diversi mezzi di comunicazione di cui disponiamo:
La comunicazione2 è efficace quando grazie ad un corretto uso della sintassi (esiste sia per il linguaggio verbale [ortografia e grammatica appresa alle scuole] che per quello non verbale [è stato insegnato e appreso?]) il significato del messaggio attribuito dall'emittente viene ricevuto tal quale dal destinatario.
Questo a livello di contenuto, cioè di cosa viene detto.
Ma gli essere umani non si preoccupano solo di cosa si dice, ma anche di come lo si dice. A tale livello un messaggio pur positivo (per l'emittente) può essere frainteso solo perché si è usato un tono di voce non adeguato (secondo il metro del destinatario) o con un atteggiamento minaccioso o troppo perentorio (sempre all'occhio del destinatario). Ora siccome queste sono sensazioni che non possono essere misurate oggettivamente (non esiste un livello in decibel per misurare la correttezza del tono..) è facile capire come comunicare efficacemente sia assai difficile.
E perché alla fine sia difficile avere comportamenti coordinati tra le persone, a meno che la loro relazione non sia ben funzionante.
Perché alcune relazioni funzionano ed altre falliscono? Perché certi soggetti riescono a coordinare il loro comportamento cooperando ed altri invece non vi riescono? Perché relazionarsi con qualcuno è più facile e con qualcuno è assai difficile.. pur parlando degli stessi temi o affrontando gli stessi argomenti?
La risposta è nel numero di variabili che le persone condividono o credono di condividere o pensano di condividere. Quindi due persone che di fronte ad un medesimo fatto provano emozioni simili, effettuano la selezione degli stessi dati, elaborando le stesse euristiche, valori, credenze, in base alla medesima cultura e educazione, comunicando efficacemente, possono creare una relazione che funziona.
Ciò non significa che possano essere d'accordo su tutto: però riescono a risolvere le situazioni in cui v'è divergenza di interessi o di posizioni, in maniera costruttiva e senza rovinare la loro relazione. Relazione che va intesa in senso assai lato e non solo come sentimentale, di lavoro o di vicinato. Anche tra due sconosciuti coinvolti in un incidente stradale o che chattano in un forum si crea una relazione (magari non duratura né volontaria) che può compromettere la loro comunicazione dando luogo - in un circolo senza fine - ad emozioni negative, immagini distorte dell'altro.. in una parola ad un conflitto.
Può, a questo punto tale conflitto essere risolto giuridicamente? Si ma solo nel dominio del diritto, non a livello personale. Quindi solo per una finalità sociale del diritto e del processo; per una questione di ordine pubblico, per evitare (davvero?) che le persone si facciamo "giustizia" da sè.
Ma a livello personale le emozioni, le selezione di dati, le elaborazioni e le interpretazioni non potranno essere scardinate da una sentenza.
L'emozione negativa, il sentimento di squalifica o di disconferma, l'immagine negativa dell'altro essendosi creati nella mente e nel cervello delle persone, non possono essere modificate con un provvedimento giudiziario, ma solo agendo allo stesso livello in cui si sono create: nella mente e nel cervello.
Dunque, le persone non si capiscono semplicemente per un fatto statistico: la diversità della cultura, dell'educazione, dei valori e delle credenze, la soggettività delle emozioni e delle percezioni. E se qualcuno riuscisse a far in modo che le persone possano capirsi e rispettarsi, pur senza essere d'accordo? Questo è possibile solo se si assume che gli esseri umani funzionano così e che quindi la diversità è naturale ed immodificabile: quel che si può fare è far scendere le persone dal livello di comportamento a quello dei dati.
A questo punto si potrebbe verificare che il litigio o l'incomprensione è accaduta, ma non è stata voluta da nessuno dei due... Anche se tutti e due avevano buoni motivi per pensare che l'altro volesse litigare e che l'altro si stesse solo difendendo. E' normale e fisiologico che sia così: ci sono troppe variabili perché le cose possa andare in altro modo...
Solo dopo che si sarò verificato il numero delle variabili effettivamente condivise o condivisibili, si potrà davvero verificare se un accordo è possibile o no.
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