In riferimento agli accordi di ristrutturazione, invece, il legislatore ha stabilito - a seguito delle modifiche operate dall'articolo 33, comma 5, del "decreto sviluppo" all'articolo 101 del Tuir - che detto momento decorre dalla data di omologazione degli stessi.
Ciò detto, si osserva che il tenore della norma aveva dato luogo a diverse opinioni - in giurisprudenza, ma anche in dottrina - in merito al periodo di imposta cui dovesse essere imputata la perdita su crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati alle procedure concorsuali.
Al riguardo, si osserva che, secondo un orientamento del giudice di legittimità, il tenore letterale della disposizione in commento - sia con riferimento alle perdite su crediti risultanti da elementi certi e precisi sia con riferimento a quelle riferite a crediti verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali - consente di interpretarla nel senso che l'anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista la certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché è in quel momento che si materializzano gli elementi "certi e precisi" della sua irrecuperabilità. Diversamente opinando, si rimetterebbe all'arbitrio del contribuente la scelta del periodo di imposta in cui gli sarebbe più vantaggioso operare la deduzione (cfr Cassazione, sentenze nn. 16330/2005 e 22135/2010).
In questa logica, con riferimento a un debitore sottoposto a una procedura di concordato preventivo, il giudice di legittimità ha affermato che la perdita deve essere dedotta per intero nell'esercizio in cui è stato emesso il decreto di ammissione alla procedura non essendo possibile frazionarlo pro quota negli esercizi successivi (cfr Cassazione, n. 8822 e n. 8823 dell'1 giugno 2012).
Secondo un altro orientamento, il giudice di legittimità - esprimendosi in merito a una perdita subita a seguito del fallimento di un proprio debitore - ha affermato che la norma assume il valore di una presunzione semplice, la cui applicabilità deve essere valutata nel caso concreto e che "la perdita su crediti non deve essere contabilizzata necessariamente e per intero nel periodo di esercizio in cui la procedura concorsuale si è aperta (…) questo non autorizzerebbe la conclusione che sia possibile scegliere il periodo di esercizio, tra quelli posteriori all'apertura della procedura concorsuale, in cui dedurre la perdita (…)".
In estrema sintesi, con specifico riferimento alle ipotesi di assoggettamento delle procedure concorsuali, è possibile affermare che le posizioni della Suprema corte si muovono dalla tesi secondo la quale la perdita su crediti per inesigibilità deve essere imputata integralmente al periodo di imposta a cui è collegato il momento in cui il debitore si intende assoggettato - nei termini sopra individuati dalla norma - alla procedura concorsuale, alla tesi secondo la quale l'assoggettamento del debitore alla procedura concorsuale costituisce soltanto il "momento", a decorrere dal quale, il componente negativo può concorrere alla formazione del reddito, ben potendo, in tale ultima logica, la perdita su crediti essere imputata a un periodo di imposta successivo a quello cui si intende iniziata la procedura.
Ciò detto, si evidenzia che l'Agenzia delle Entrate, intervenendo sulla questione, ha chiarito che l'individuazione dell'anno in cui dedurre la perdita su crediti non può prescindere da quelle che sono le ordinarie regole di competenza e che, ai fini della quantificazione dell'onere, deve farsi riferimento al principio di derivazione dal bilancio.
In questa logica, l'Amministrazione finanziaria precisa che, in presenza dei presupposti necessari all'automatismo per operare, l'imputazione dell'onere a un determinato periodo di imposta non può essere il frutto di una scelta arbitraria, ma deve essere il risultato di una valutazione conforme con quelli che sono i principi di redazione del bilancio sul piano civilistico.
In altri termini, al verificarsi dell'assoggettamento del debitore a una procedura concorsuale (o nell'ipotesi in cui questi abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti), la perdita deducibile, da imputare per competenza, dovrà corrispondere a quella stimata dal redattore del bilancio, fermo restando che la valutazione dell'entità della stessa non può essere il risultato di un processo arbitrario, ma deve rispondere a un razionale e documentato processo di valutazione conforme ai principi contabili adottati.
Con riferimento all'aspetto della quantificazione, occorre osservare che l'Amministrazione finanziaria ritiene idonei a dimostrare la congruità del valore stimato dell'onere, tutti i documenti di natura contabile e finanziaria redatti o omologati da un organo della procedura quali, ad esempio:
In relazione a crediti vantati nei confronti di un debitore estero, costituiscono validi elementi di supporto alla determinazione dell'entità della perdita tutti i documenti prodotti da organi ufficialmente nominati all'interno della procedura estera alla quale il debitore risulta assoggettato.
Il trattamento fiscale afferente la riduzione del debito per l'impresa in crisi
Il legislatore si è occupato di disciplinare il trattamento fiscale - ai fini della determinazione del reddito di impresa - da riservare alle riduzioni di debiti che si producono in capo al debitore in stato di crisi al verificarsi di alcune circostanze.
A tal proposito, l'articolo 88, comma 4, del Tuir, stabilisce che non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni di debito dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo.
In altri termini, i proventi derivanti dalle riduzioni dei debiti che si producono in capo al debitore, per effetto delle citate procedure, non danno luogo - sul piano fiscale - a componenti positivi di reddito tassabili ai fini della determinazione del reddito d'impresa.
Appare opportuno osservare che, per effetto delle modifiche operate dal "decreto sviluppo", il novellato articolo 88 del Tuir prevede attualmente che non costituiscono sopravvenienze attive neanche le riduzioni di debito derivanti da:
Per espressa disposizione normativa, l'irrilevanza fiscale della sopravvenienza attiva connessa alla riduzione del debito derivante da un accordo di ristrutturazione o da un piano di risanamento, è limitata alla parte di essa che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84 del Tuir.
In altri termini, mentre il provento connesso a una riduzione di debiti derivante da un concordato preventivo o fallimentare non rileva integralmente sul piano fiscale, nel caso dell'accordo di ristrutturazione o del piano attestato, l'irrilevanza è solo parziale, ovvero, nei limiti dell'importo che eccede lo scomputo delle perdite pregresse e/o di periodo.
Adelma Mastrangelo
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