Lunedì 14 aprile 2014
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Il danno non patrimoniale

Negli ultimi anni il tema del risarcimento del danno non patrimoniale è stato oggetto di varie pronunzie giurisprudenziali

che lo hanno, via via, ridefinito, sia da un punto di vista dogmatico che da un punto di vista pratico. Negli anni Duemila, infatti, si era giunti ad una tale parcellizzazione delle singole voci di danno (danno estetico, danno alla vita di relazione, danno alla sfera sessuale, danno esistenziale), che per un evento, anche piccolo, si giungeva a risarcimenti eccessivi, spesso dovuti alla duplicazione delle voci stesse. Infatti, una lesione personale, rischiava di venir risarcita due volte nel suo aspetto non patrimoniale e a-reddituale: una volta come danno biologico (danno alla salute), una seconda volta come danno alla vita di relazione, inteso come lesione degli aspetti socio dinamici del vivere.

Tutto ciò ha portato, nel 2008, la Corte di Cassazione ad aderire ad un indirizzo che semplifica e unifica il danno non patrimoniale in un solo ed unico elemento. Le singole poste che fino ad allora costituivano le voci da sommare, oggi rivestono degli aspetti di cui tener conto per la quantificazione. Con tali pronunce (nn. 26972/3/4/5 del Novembre 2008, c.d. di San Martino) si arriva al superamento del danno esistenziale inteso come danno separato dal danno biologico e dal danno morale, precedentemente concepito come lesione che incide negativamente su aspetti non reddituali e beni della vita costituzionalmente protetti.

Le pronuncie in questione rivestono grande importanza nella materia anche per un altro motivo. Una volta riconosciuto un danno ingiusto (ai sensi dell'art. 2043 c.c.), infatti, prima di accordare un risarcimento, occorrerà verificare che vi sia un'ulteriore apprezzabile offensività di beni protetti. In altre parole, la Corte individua un filtro alla risarcibilità, consistente nella gravità della lesione e della serietà del danno, attuando così un bilanciamento degli interessi in gioco: la solidarietà verso la vittima e la tolleranza di fronte a pregiudizi futili. Se ciò ha l'indubbio pregio di circoscrivere gli indennizzi ai casi in cui si sia prodotto davvero una lesione seria, lasciando scoperte le fattispecie bagatellari ed eliminando un contenzioso talvolta pretestuoso, dall'altro, tuttavia, amplia la discrezionalità del giudice a cui spetta la valutazione non solo del quantum ma anche dell'an del danno risarcibile (se esista e se sia "serio").

Il danno non patrimoniale così ridisegnato ha travolto anche il danno morale inteso come sofferenza soggettiva dell'animo legata all'evento dannoso. La Corte avvertiva il rischio di cumulare le poste risarcitorie del danno biologico e del danno morale, relativamente alla medesima sofferenza psicologica, nei due distinti aspetti sui quali incide: la salute psicologica vera e propria (danno biologico) e, più in generale, il dolore dell'animo (danno morale). Per questo nelle pronunce citate lo dichiara anch'esso un mero aspetto, intrinsecamente connaturato ad ogni lesione psico-fisica o dei diritti della personalità (diritto all'onore, alla privacy ecc...), non autonomamente risarcibile. In successive pronunzie, tuttavia, la Suprema Corte ci ha ripensato, riesumando, il danno morale come componente autonoma risarcibile facente parte del danno non patrimoniale.

In relazione alla quantificazione del danno non patrimoniale unico, occorre chiarire come la Corte sposi la tesi della personalizzazione del danno biologico. Oltre ai criteri individuati dalle tabelle del Tribunale di Milano sul calcolo del danno biologico, si aggiungono, infatti considerazioni specifiche sul caso esaminato. Si tratta di un'operazione ermeneutica che dà modo al giudice di tarare gli importi sulla persona danneggiata, tenendo in considerazione tutti quei singoli aspetti, particolari ed unici della sua vita, che incidono sulla gravità delle conseguenze. Trattandosi, infatti, di valutazione equitativa, il giudice può plasmare gli importi in base alle circostanze della vicenda umana della vittima che si mira a risarcire.

di Claudia Moretti

Fonte: www.aduc.it
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