Per comprendere la vicenda e' necessario un passo indietro. Fra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 (prima della caduta del regime avvenuta nel marzo 1992), molti albanesi rinunciarono alla propria cittadinanza. All'epoca, infatti, parte della popolazione sperava di poter fuggire dal paese in cerca di una vita migliore nei Paesi cosiddetti "occidentali". I metodi utilizzati per tentare di lasciare il Paese furono fra i piu' vari: l'ingresso forzoso e la richiesta d'asilo di 5.500 persone nelle ambasciate occidentali nel 1990; l'assalto del porto di Durazzo, nel marzo e nell'agosto del 1991, con 25.000 profughi che raggiunsero le coste di Bari e Brindisi a bordo di due mercantili; la compravendita di visti e la corruzione di guardie di confine che portarono in occidente tra il 1990 e il 1997 circa 600.000 albanesi (solo in Italia e Grecia). In quel periodo si prospettò un'altra maniera di poter emigrare non obbligando le persone a prendere i gommoni e rimanere clandestini nel paese d'arrivo, la rinuncia alla cittadinanza. Circa 10.000 persone rinunciarono solo in quel periodo alla cittadinanza albanese (la gazzetta ufficiale dell'epoca dedicava intere pagine alle liste) con il miraggio di una immigrazione "dignitosa".
Ma si trattava di un miraggio appunto, e tutti coloro i quali avevano rinunciato alla cittadinanza si resero presto conto che cosi' facendo non si erano procurati alcun vantaggio. Al contrario, in quanto non piu' cittadini venivano privati in Albania di tutti i diritti (finanche di seppellire i propri morti), e le rappresentanze diplomatiche dei Paesi "occidentali" non fornivano assistenza alcuna, ne' consentivano agli (ex)albanesi di entrare nel territorio della rappresentanza.
Negli anni successivi molti degli "ex" cittadini chiesero allora il riacquisto della cittadinanza, fra cui la famiglia XXX (che nel 1991 aveva rinunciato alla cittadinanza e nel 1993 ne aveva chiesto il riacquisto), che si trasferi' poi in Italia, soggiornando con permesso di soggiorno e rinnovando regolarmente il proprio passaporto albanese.
Cio' fino all'entrata in vigore in Albania della nuova disciplina in materia di passaporti biometrici, secondo la quale i passaporti precedentemente rilasciati (non biometrici) avrebbero perso di validita' al 1 marzo 2012. In occasione dell'applicazione della nuova normativa di fatto l'Albania ha fatto una sorta di "censimento" dei cittadini, aggiornando i dati contenuti nel "Registro Nazionale dei Cittadini Albanesi".
E' stato cosi' che la famiglia XXX ha scoperto che, pur avendo sempre rinnovato regolarmente il passaporto albanese e avendo sempre viaggiato liberamente nel proprio Paese di provenienza anche successivamente al trasferimento in Italia, non erano piu' cittadini albanesi poiche' non vi era traccia negli archivi albanesi del loro riacquisto di cittadinanza del 1993 ed era loro precluso - dall'attuale normativa - un "nuovo" riacquisto.
La legge albanese sulla cittadinanza (n. 8389 del 6 settembre 1998) prevede infatti due sole vie per riacquistare la cittadinanza albanese:
Gli ex cittadini albanesi che non rientrino in questi casi non possono quindi riottenere la cittadinanza e, se nel frattempo non ne hanno acquisito un'altra, sono di fatto apolidi.
Per cercare di "tamponare" la situazione il governo albanese ha poi emanato la legge n. 554 del 03.07.2013 ("per la determinazione delle procedure per il riconoscimento o per l'acquisizione della cittadinanza albanese da parte delle persone di origine albanese, fatta eccezione dei cittadini della Repubblica del Kosovo") prevedendo la concessione della cittadinanza albanese alle persone (art. 1, comma 2, lett. d)) "i cui genitori sono di origine albanese e possiedono la cittadinanza di un altro Stato o sono senza cittadinanza quando il richiedente è nato nel territorio della repubblica di Albania".
Ma la nuova normativa non si applica ai "neo-apolidi" albanesi, poiche' non disciplina il riacquisto di cittadinanza per chi vi abbia gia' rinunciato bensi' l'acquisto per chi - di origine albanese - e' cittadino di altro Stato.
Del resto la rappresentanza diplomatica albanese, piu' volte interpellata dalla famiglia XXX nel corso del giudizio affinche' confermasse l'impossibilita' o meno di riottenere la cittadinanza albanese in ragione delle nuove norme, non ha mai risposto.
Il Tribunale di Roma, dunque ha ritenuto provata sia la circostanza della perdita della cittadinanza albanese sia l'impossibilita' di riacquistarla a semplice richiesta: "E' intuitivo comprendere che la prova della condizione di apolide e' molto difficile. L'interessato teoricamente dovrebbe provare che nessuno stato lo considera suo cittadino [...] Per giurisprudenza pressoche' unanime, quindi, che si condivide, si ritiene sufficiente una prova indiziaria e, precisamente, nel caso che qui interessa, la prova - fornita- che gli attori non sono cittadini albanesi e che risiedono stabilmente nel territorio italiano" (sentenza n. 1926/2015).
di Emmanuela Bertucci
Il regime dei lavoratori impatriati: attestazione per l’applicazione della ritenuta agevolata
(Modello personalizzabile)
I cittadini Italiani che trasferiscono la residenza in Italia per svolgere attività lavorativa possono beneficiare del c.d. “regime degli impatriati” (ai sensi del D.lgs 147/2015), una misura che prevede una riduzione del 70% della base imponibile del reddito di lavoro, nel caso la residenza fiscale venga trasferita nelle regioni del centro o nord Italia, e del 90% nel caso il trasferimento avvenga in alcune regioni del sud Italia.
La durata dell’agevolazione è inizialmente di 5 anni, prorogabile di ulteriori 5 anni in presenza di determinate condizioni. L’agevolazione permette di versare una quota IRPEF notevolmente ridotta, mentre i contributi INPS che alimentano la pensione rimangono dovuti in misura intera sia per la quota del lavoratore sia per la quota contribuita dal datore di Lavoro.
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