E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con sentenza del 13 novembre 2015, n. 23202, mediante la quale, in accoglimento di alcuni motivi di ricorso, cassava con rinvio Corte di Appello di Roma del 22 ottobre 2012, n. 5183.
La pronuncia traeva origine dal ricorso presentato da due genitori, in proprio e quali esercenti la relativa potestà avverso il diniego del riconoscimento del risarcimento dei danni subiti dal proprio figlio minore nel mentre era a scuola. Nello specifico il minore, intento, insieme ad altri alunni, a pitturare le pareti dell'aula scolastica, era caduto a terra, battendo con violenza il coccige, in quanto, mentre stava per sedersi, una sua compagna gli aveva sottratto la sedia. La caduta aveva provocato un ematoma spinale all'infortunato, con invalidità temporanea assoluta e parziale e postumi permanenti dei quali gli attori, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale avevano chiesto il ristoro. I giudici del merito avevano respinto le richieste dei genitori.
I motivi del ricorso alla Suprema Corte erano essenzialmente fondati sulla circostanza della omessa pronuncia dei giudici di merito sulla responsabilità dell'insegnante e sulla omessa applicazione della presunzione di responsabilità prevista dall'articolo 2048 codice civile e sulla culpa in vigilando degli insegnanti che viene meno solo essi provano di non aver potuto impedire il fatto. E a tal proposito gli stessi ricorrenti sostenevano che, ai fini della prova liberatoria, era necessaria la dimostrazione della adozione, in via preventiva, di tutte le misure, disciplinari e organizzative, idonee ad evitare l'insorgere di situazioni di pericolo, prova ampiamente disattesa dai convenuti, essendo emerso che, al momento del fatto, gli alunni erano sorvegliati dal solo bidello.
Ebbene su tali motivi di ricorso la Suprema Corte argomentava, in primis, che «occorre muovere dalla considerazione che presupposto della responsabilità dell'insegnante per il danno subito dall'allievo, nonché fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato, sicché chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla sorveglianza del docente, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie (in tal senso da ultimo si consulti Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, sentenza 16 febbraio 2015, n. 3081).
La Corte di Cassazione rilevava, in secundis, che per costante orientamento «ove manchino le più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi, non si può neppure invocare l'imprevedibilità del fatto. Ne deriva che questa ha portata liberatoria solo nell'ipotesi in cui non sia stato possibile evitare l'evento nonostante l'approntamento di un sistema di vigilanza adeguato alle circostanze (Corte di Cassazione, 22 aprile 2009, n. 9542)».
Ed infine, non può invero sfuggire, concludeva la Cassazione, che, per poter ritenere raggiunta la prova liberatoria nei termini imposti dall'art. 2048 c.c., sia necessario indagare sulle condizioni dell'affidamento dei discenti, impegnati peraltro in un'attività extracurriculare, alla sorveglianza dell'ausiliario, a partire dalla eventuale adibizione di questi anche ad altre incombenze.
Per questi motivi la Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.
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