E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 3 dicembre 2015, n. 24653, la quale ha accolto il ricorso proposto del ricorrente-datore di lavoro avverso la sentenza 280/2009 della Corte di Appello di Firenze ed ha cassato la detta sentenza e dichiarato l'illegittimità delle modalità di proclamazione dello sciopero oggetto di giudizio.
La vicenda ha origine da un singolare caso di specie, e cioè da un comunicato diramato dai rappresentanti sindacali del seguente tenore letterale: «Le forme di lotta saranno così svolte: Sciopero da oggi 1-10-2007 a oltranza per ogni giorno lavorativo per l'intera giornata all'interno del quale ogni lavoratore potrà aderire come, quanto e quando riterrà più opportuno, un'astensione collettiva dal lavoro non qualificabile come sciopero, per difetto del requisito del carattere collettivo dell'astensione e della finalità di tutela di un interesse professionale collettivo, o se, invece, per potersi affermare la sussistenza dell'interesse ad agire, debba necessariamente essere dedotta in giudizio la violazione, anche solo potenziale, dei limiti tradizionalmente definiti "esterni" all'esercizio del diritto di sciopero».
A giudizio della Corte, a fronte della proclamazione dello sciopero da attuarsi con le incontestate modalità di cui sopra non poteva non sussistere il diritto della parte datoriale a sentir accertare la legittimità o meno della suddetta forma di astensione dal lavoro ai fini della sua riconducibilità nell'alveo dl diritto di sciopero tutelato dall'art. 40 della Costituzione. Si è, infatti, avuto modo di statuire (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n. 5686 del 26/6/1987) che «il diritto di sciopero, quale che sia la sua forma di esercizio e l'entità del danno arrecato, non ha altri limiti, attesa la necessaria genericità della sua nozione comune presupposta dal precetto costituzionale (art. 40 Costituzione) e la mancanza di una legge attuativa di questo, se non quelli che si rinvengono in norme che tutelino posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quanto meno paritario, quali il diritto alla vita e all'incolumità personale, nonché la libertà dell'iniziativa economica». L'accertamento al riguardo va condotto caso per caso dal giudice, in relazione alle concrete modalità di esercizio del diritto di sciopero ed ai parimenti concreti pregiudizi o pericoli cui vengono esposti il diritto alla vita, all'incolumità delle persone e alla integrità degli impianti produttivi.
Rileva la ricorrente che nella fattispecie i rappresentanti sindacali non avevano invitato i lavoratori ad esercitare il diritto di sciopero, indicando loro le modalità collettive dell'astensione medesima, ma avevano semplicemente lanciato il messaggio che a partire dal momento della indizione della protesta ciascuno poteva venire a lavorare se lo desiderava ed andarsene quando lo riteneva opportuno, il tutto ad esclusiva discrezione di ogni singolo interessato all'astensione. In pratica, secondo tale assunto difensivo, nell'agitazione promossa dai rappresentanti sindacali dello sciopero c'era solo il nome, avendo i medesimi promotori utilizzato il riferimento a tale diritto per dare un'apparenza di legittimità a qualche cosa che con quell'istituto non aveva nulla a che fare.
In effetti, conclude la Corte di Cassazione con la sentenza che si commenta, il diritto del datore di lavoro alla libertà di iniziativa economica, la cui tutela resta limitata alla salvaguardia dell'organizzazione aziendale, intesa come struttura finalizzata al conseguimento di un risultato economico nel quadro generale della produzione e del mercato, rappresentava nella fattispecie l'unico limite esterno al diritto di sciopero da verificare a fronte di una forma di protesta che, per le particolari modalità con le quali era stata annunziata, non consentiva alla parte datoriale di organizzarsi in anticipo per sopperire alle improvvise carenze di personale che quel tipo di astensione avrebbe comportato nei diversi reparti, con tutti i danni che ne sarebbero derivati, dal momento che era stata rimessa ai singoli lavoratori la facoltà di decidere quando astenersi dal lavoro e per quanto tempo.
Orbene, anche le forme di interruzione o sospensione del lavoro parziali o temporanee (cosiddetti scioperi a scacchiera o a singhiozzo) possono rivelarsi illegittime allorquando importino pericoli o danni o alterazioni all'integrità e funzionalità degli impianti ovvero quando pregiudichino la produttività stessa dell'azienda, compromettendo, cioè, la stessa organizzazione istituzionale e di funzionalità produttiva dell'impresa. In pratica, nel caso di specie, attraverso l'attuazione di uno sciopero le cui modalità di esecuzione erano rimesse totalmente ai singoli interessati, senza una loro predeterminazione, la società datrice di lavoro era seriamente esposta ai pregiudizi derivanti dall'impossibilità di prevenire i rischi sulla produttività aziendale con riferimento ai singoli reparti ove di volta in volta sarebbe stato, attuata anche all'improvviso l'astensione dei lavoratori, con l'inevitabile insorgere di pericoli di vario genere, quali, ad esempio, la sottrazione della merce o il suo mancato pagamento o l'assenza di controllo delle condizioni di igiene e di sicurezza sul lavoro all'interno dei vari reparti, anche in considerazione della presenza di pubblico.
DEFINIZIONE AGEVOLATA CONTROVERSIE TRIBUTARIE 2023 (Excel): versione aggiornata al DL 34/2023
La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), art. 1 cc 186-205, come modificato dal DL 34/2023, prevede la definizione agevolata delle controversie tributarie.
In particolare, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, potranno essere definite le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ove il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
In base al suddetto comma 2 per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
DEFINIZIONE AGEVOLATA CONTROVERSIE TRIBUTARIE 2023 (Cloud): versione aggiornata al DL 34/2023
La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022), art. 1 cc 186-205, come modificato dal DL 34/2023, prevede la definizione agevolata delle controversie tributarie.
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In base al suddetto comma 2 per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
Rottamate le somme iscritte a titolo di sanzioni e di interessi su ruoli erariali con notifica ultraquinquennale. L’indirizzo dominante della Corte di Cassazione ritiene che il termine di prescrizione della cartella esattoriale avente per oggetto sanzioni ed interessi su carichi erariali sia, in assenza di atti interruttivi, quello quinquennale dalla data di scadenza della cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione non rivestendo, l’iscrizione a ruolo, natura giuridica di sentenza passata in giudicato.
Si propone, a beneficio dei Lettori, una traccia per eccepire in via giurisdizionale innanzi gli organi della giustizia tributaria, la nullità dell’avviso di intimazione pervenuto oltre il quinquennio dalla notifica della cartella di pagamento (non impugnata) concernente sanzioni ed interessi addebitati su crediti erariali (IRPEF, IRES, IVA, Ritenute alla fonte, eccetera).
Il motivo del gravame deduce la decadenza dell’azione di riscossione stante l’inerzia dell’Agente che, nel termine quinquennale dalla data di scadenza dell’atto esecutivo (60 gg. dalla notifica), non ha proceduto ad interrompere i termini di prescrizione ovvero provveduto ad attivare le procedure di esecuzione forzata (pignoramento).
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