Mercoledì 17 ottobre 2018

Il reato di diffamazione può essere commesso anche nei confronti di una persona morta

a cura di: Avv. Vincenzo Mennea
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Il reato di diffamazione può essere commesso anche nei confronti di una persona morta

Il reato di diffamazione comprende anche le ipotesi di offesa alla memoria della persona del defunto.

Il reato di diffamazione (art. 595 cod. pen.) può essere commesso anche nei confronti di una persona morta. Quindi se la persona offesa muore prima che sia decorso il termine per proporre la querela, possono proporre querela i prossimi congiunti (art. 597 cpv). Si intendono per tali gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti.
Il diritto di proporre per l'offesa alla memoria di un defunto trova la sua ratio giustificativa nel diritto dei prossimi congiunti a vedere tutelata la reputazione del defunto, estendendosi il pregiudizio dell'arrecata offesa alla dignità degli stessi prossimi congiunti. Costoro sono legittimati a costituirsi parte civile in quanto subiscono un danno diretto ed immediato dal reato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21209 del 3 maggio 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, in particolare, un soggetto aveva querelato un altro soggetto, ritenendo che questi avesse offeso la memoria di un suo prossimo congiunto (un parente stretto), che era morto prima che potesse presentare lui stesso la querela.
Il Giudice di Pace di Rovereto, tuttavia, aveva ritenuto che non si potesse procedere penalmente nei confronti del querelato, in quanto la persona offesa era già morta.
Il Giudice di Pace, pertanto, aveva pronunciato un provvedimento di archiviazione.
Il soggetto che aveva proposto la querela, ritenendo la decisione ingiusta, impugnava il provvedimento del GdP davanti alla Corte di Cassazione, ed il ricorrente, riteneva, che la querela era stata proposta in quanto l'imputato aveva offeso la memoria del defunto.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di poter dar ragione al ricorrente, accogliendo il relativo ricorso in quanto fondato.
La Cassazione, infatti, aveva precisato, che il ricorrente poteva, in effetti, considerarsi persona offesa del reato di diffamazione, in quanto l'art. 595 cod. pen. prevede la possibilità per i parenti stretti di un defunto che sia morto prima di poter presentare la querela, in qualità di eredi, "al posto" del defunto stesso di querelare, in proprio, un soggetto che abbia offeso la memoria di un defunto, che fosse un prossimo congiunto.

Nel caso in cui l'estrinsecazione della libertà artistica si traduca nella gratuita offesa del prossimo, nella ridicolizzazione e nel disprezzo degli altri e, sostanzialmente, nella mortificazione dell'altrui dignità e reputazione, l'agente non può invocare il proprio diritto di libertà sancito dall'art. 33 Cost., il cui esercizio, in tal caso, si palesa arbitrario e del tutto illecito a norma dell'art. 595 c.p., infatti, il rispetto dell'onore e della reputazione personale dei consociati, tutelati dagli artt. 2 e 3 Cost., costituisce un limite implicito alla libertà di creazione artistica ed alla libertà di manifestazione del pensiero.
Qualora, una volta dimostrata la coincidenza tra due figure rappresentate in un romanzo e due personaggi effettivamente vissuti e defunti, le modalità di rappresentazione letteraria si palesino offensive della loro memoria ed i personaggi de quo possano essere riconosciuti da una vasta platea di lettori, il romanzo può integrare gli estremi del reato di diffamazione a mezzo stampa.

Tribunale Piacenza, 18-04-1997
 
Qualora, una volta dimostrata la coincidenza tra due figure rappresentate in un romanzo e due personaggi effettivamente vissuti e defunti, le modalità di rappresentazione letteraria si palesino offensive della loro memoria ed i personaggi de quo possano essere riconosciuti da una vasta platea di lettori, il romanzo può integrare gli estremi del reato di diffamazione a mezzo stampa.
 
Tribunale Piacenza, 18-04-1997

Suprema Corte di Cassazione
sezione V penale
sentenza 3 maggio 2017, n. 21209

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUNO Paolo A. - Presidente
Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere
Dott. MICHELI Paolo - Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca - rel. Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal difensore di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
quale persona offesa nel procedimento nei confronti di:
(OMISSIS), nato a in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 19/5/2016 del Giudice di Pace di Rovereto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ANGELILLIS Ciro, il quale ha richiesto venga dichiarato inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto impugnato il Giudice di Pace di Rovereto ha disposto l'archiviazione del procedimento a carico di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di diffamazione ai danni di (OMISSIS) avviato a seguito di querela proposta dall'erede e prossimo congiunto (OMISSIS).
2. Avverso il provvedimento ricorre nella su qualita' di persona offesa ed a mezzo del difensore il (OMISSIS) il quale, dopo aver ricordato che la querela era stata proposta per offesa alla memoria del defunto proprio congiunto ai sensi del terzo comma dell'articolo 597 c.p., eccepisce la violazione del contraddittorio, in quanto il provvedimento e' stato emesso nella pendenza del termine per proporre opposizione alla richiesta di archiviazione decorrente dalla data della rituale notifica dell'avviso di cui all'articolo 408 c.p.p., avvenuta il 20 maggio 2016.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e' fondato.
2. Deve innanzi tutto ricordarsi che integra una violazione del diritto al contraddittorio il giudice che proceda all'archiviazione anteriormente alla scadenza del termine di dieci giorni - decorrente dalla data di notificazione dell'avviso alla parte offesa della relativa richiesta - previsto per la proposizione di eventuale atto di opposizione (Sez. 6, n. 3394 del 30 ottobre 1998, P.o. in proc. Doglioni E, Rv. 212331). Principio che questa Corte ha affermato con riguardo al mancato rispetto del termine di cui al terzo comma dell'articolo 408 c.p.p., ma che deve essere ribadito - stante l'identita' di formulazione e della ratio delle due disposizioni - anche in riferimento all'inosservanza del termine di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 17, comma 2, qualora il procedimento di archiviazione si svolga dinanzi al Giudice di Pace. E' poi fuor di dubbio che l'obbligo per il giudice di rispettare il suddetto termine sussista a prescindere dalla fondatezza della richiesta di archiviazione, anche quando con questa sia stato prospettato, come avvenuto nel caso di specie, che il querelante non sia la persona offesa del reato, atteso che questi ha diritto di sottoporre al giudice gli elementi di prova a sostegno della propria pretesa.
3. Sotto altro profilo deve poi evidenziarsi che nel caso di specie il ricorrente deve ritenersi in astratto persona offesa del reato ai sensi dell'articolo 597 c.p., comma 3. Tale disposizione, infatti, prevede due ipotesi distinte per il caso in cui l'offeso sia deceduto prima di aver esercitato il diritto di querela per l'offesa da lui subita, e per quello, diverso, di offesa alla sua memoria. Nella prima ipotesi, ai prossimi congiunti viene devoluto iure successionis il diritto di presentare la querela non esercitato dal loro congiunto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 126 c.p., comma 1, che esclude la trasmissione ereditaria del diritto di querela, ritenuto altrimenti un diritto personalissimo destinato percio' ad estinguersi alla morte del suo titolare. Nella diversa ipotesi di offesa alla memoria del defunto, invece, i soggetti elencati nell'ultimo capoverso dell'articolo 597, vantano iure proprio il diritto di presentare la querela, poiche' essi stessi - e non il de cuius - si qualificano come i soggetti passivi dell'offesa, in quanto titolari dell'interesse a difendere la memoria del loro congiunto. Per come risulta in atti - e per come prospettato nel ricorso - e' in quest'ultimo senso che il (OMISSIS) ha proposto querela nei confronti degli indagati ed e' dunque indubitabile che il giudice non potesse disporre l'archiviazione del procedimento nella pendenza del termine per proporre opposizione.
4. Conseguentemente il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio e gli atti trasmessi al Giudice di Pace di Rovereto per l'ulteriore corso.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Giudice di Pace di Rovereto per il corso ulteriore.

AUTORE:

Avv. Vincenzo Mennea

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