Circolare Agenzia Entrate n. 19 del 29/12/2021

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CIRCOLARE N. 19/E

Roma, 29 dicembre 2021

OGGETTO: Regime fiscale dei piani di risparmio a lungo termine (PIR) - decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 ("Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”) - decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 ("Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”) – Credito d’imposta articolo 1, commi da 219 a 225, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021)



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Premessa

La presente circolare fornisce chiarimenti in merito alle novità apportate alla disciplina fiscale dei piani di risparmio a lungo termine (di seguito anche "PIR”) ad opera del decreto legge n. 124 del 20191 e del decreto Rilancio2 e al credito d’imposta previsto dalla legge di bilancio 20213.

Come noto, la legge di bilancio 20174 ha introdotto il regime dei PIR ovvero un regime fiscale che prevede la non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei proventi di natura finanziaria (redditi di capitale e redditi diversi), derivanti da investimenti operati tramite "piani individuali di risparmio a lungo termine” che rispettino le caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento), nonché la non imponibilità, ai fini dell’imposta di successione, per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano.

Si tratta di una disciplina fiscale diretta a favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.

Con riferimento al predetto regime fiscale, sono state fornite indicazioni con la circolare 26 febbraio 2018, n. 3/E. Tale documento di prassi, in particolare, chiarisce che il "PIR” è un "contenitore” fiscale a cui destinare il risparmio, entro determinati limiti di entità massima ("plafond”), idoneo ad accogliere talune "attività finanziarie” , per un determinato periodo di tempo minimo ("holding period”), seguendo criteri stabiliti per legge ("vincoli di composizione degli investimenti”, "limiti di concentrazione” e di "liquidità”), nell’ottica di garantire

1Cfr. articolo 13-bis del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.

2Cfr. articolo 136 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cd. decreto Rilancio).

3Cfr. articolo 1, commi da 219 a 226, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.

4Cfr. articolo 1, commi da 100 a 114, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (di seguito, legge di bilancio 2017).


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un adeguato bilanciamento tra gli obiettivi di politica economica e quelli di tutela del risparmiatore.

Tale regime fiscale di favore interessa le persone fisiche residenti in Italia, in relazione ad investimenti detenuti al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa, le Casse di previdenza5 e i Fondi pensione6. In particolare, per effetto del regime agevolativo sono detassati:

-i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria, percepiti da persone fisiche, al di fuori di attività di impresa commerciale (di cui, rispettivamente, agli articoli 44 e 67, comma 1, lettere c-bis, c-ter, c-quater e c-quinquies, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - Tuir), derivanti da investimenti detenuti in PIR per almeno cinque anni;

-i redditi derivanti dagli investimenti detenuti in PIR da Casse di Previdenza e Fondi pensione7.

La non imponibilità dei suddetti redditi è immediata e, salvo le ipotesi di recapture, si consolida con il compimento del periodo di possesso minimo quinquennale degli investimenti.

Come illustrato nella citata circolare n. 3/E del 2018, il mancato rispetto dei requisiti indicati dalla normativa comporta, per il titolare del piano, la decadenza dai suddetti benefici fiscali con conseguente obbligo di corrispondere le imposte non pagate, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, sui redditi degli strumenti finanziari detenuti nel piano (cd. recapture) e, in determinati casi, la chiusura del piano.

La disciplina è stata oggetto di diverse modifiche succedutesi nell’arco di pochi anni dalla relativa introduzione a partire dal periodo di imposta 2017. La prima modifica, disposta ad opera della legge di bilancio 20198, introdusse

5Di cui al decreto legislativo 20 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103.

6Di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.

7Cfr. Comma 88, dell’articolo 1, della legge di bilancio 2017, come modificato dall’articolo 57, comma 2, lettera Oa), del decreto legge 2017, n. 50.

8Cfr. articolo 1, commi da 211 a 215, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.


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specifici vincoli nella composizione degli investimenti ammissibili nel PIR che sono stati soppressi ad opera del decreto legge n. 1249 del 2019.

Tale ultimo decreto, inoltre, ha previsto "nuovi” criteri per l’ammissibilità degli investimenti qualificati per i PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020, nonché regole specifiche per le Casse di previdenza e i Fondi pensione.

Successivamente, al fine di rendere più efficace l’incentivo, il decreto Rilancio10 ha introdotto i cosiddetti "PIR Alternativi”, che rappresentano misure strutturali volte a incentivare l’afflusso di risorse alle imprese, non solo in "capitale di rischio” ma anche in "capitale di debito”, potenziando, inoltre, anche dal punto di vista quantitativo, le capacità dei PIR di convogliare il risparmio privato verso il mondo delle imprese, in particolare, delle imprese diverse da quelle di dimensioni più rilevanti. Sempre nel 2020, altra modifica è stata operata dal decreto Agosto11 che ha innalzato i limiti quantitativi (plafond) degli investimenti in PIR Alternativi.

L’ultima modifica è stata introdotta dalla legge di bilancio 202112, la quale ha previsto un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, in PIR Alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021, a condizione che gli stessi investimenti siano detenuti per almeno 5 anni.

Sulla base delle modifiche intervenute, attualmente, è possibile individuare, dunque, le seguenti diverse tipologie di PIR in funzione della normativa fiscale applicabile, ovvero quella vigente al momento dell’apertura del piano:

"PIR 1.0”, piani costituiti a partire dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2018, a cui si applicano le regole previste dalla legge di bilancio 2017;

"PIR 2.0”, piani costituiti a partire dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2019, a cui si applicano le regole previste dalla legge di bilancio 2017, come

9Cfr. articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

10Decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

11Cfr. articolo 68, comma 1, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 (cd. decreto Agosto).

12Cfr. articolo 1, commi da 219 a 225, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.


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modificate dalla legge di bilancio 2019;

"PIR 3.0”, piani costituiti a partire dal 1° gennaio 2020, in applicazione dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019 (i cui investimenti siano costituiti per almeno il 70 per cento da strumenti finanziari di cui al comma 2), cui si applicano anche le disposizioni previste dalla legge di bilancio 2017 e dalla legge di bilancio 2019, in quanto compatibili13;

"PIR Alternativi”, piani costituiti a partire dal 19 maggio 202014, in applicazione del comma 2-bis15 del predetto articolo 13-bis (i cui investimenti siano costituiti per almeno il 70 per cento da strumenti finanziari, prestiti e crediti), cui si applicano anche le disposizioni previste dalla legge di bilancio 2017 e dalla legge di bilancio 2019, in quanto compatibili.

Attualmente, pertanto, è possibile costituire esclusivamente PIR 3.0 e PIR Alternativi. Inoltre, nel caso di persone fisiche, tali soggetti possono detenere un "solo” PIR "ordinario” (PIR 1.0, 2.0 o 3.0) ed un PIR Alternativo.

Nelle pagine che seguono si ripercorreranno sinteticamente le principali caratteristiche comuni alle diverse tipologie di PIR, per le quali si fa, comunque, rinvio alle puntuali indicazioni della circolare n. 3/E del 2018, e si approfondiranno, nel dettaglio, i PIR 2.0, i PIR 3.0 e i PIR Alternativi.

1 Principali caratteristiche dei PIR

Come noto, la legge di bilancio 2017 stabilisce che la costituzione del PIR16 può avvenire attraverso:

un rapporto di custodia o di amministrazione, anche fiduciaria, esercitando l’opzione per l’applicazione del risparmio amministrato;

un rapporto di gestione di portafoglio esercitando l’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato;

13Cfr. comma 4 dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

14Data di entrata in vigore del decreto Rilancio.

15Introdotto dall’articolo 136 del decreto Rilancio.

16I relativi chiarimenti sono stati forniti con la circolare 26 febbraio 2018, n. 3/E.


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altro "stabile rapporto” con un intermediario abilitato esercitando l’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato (cfr. circolare n. 3/E del 2018, paragrafo 3);

la stipula di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione che rispetti i requisiti di investimento richiesti dalle norme, in tal caso non è richiesta l’opzione per il regime del risparmio amministrato, non essendo le imprese di assicurazioni tra i soggetti abilitati all’applicazione di detto

regime fiscale17.

L’importo investito nel PIR non può superare complessivamente il valore di 150 mila euro (cd. plafond complessivo), con un limite, per ciascun anno solare, di 30 mila euro (cd. plafond annuo). Tuttavia, non è previsto un arco temporale prefissato per il raggiungimento del "tetto” massimo complessivo18.

Per i PIR Alternativi il plafond complessivo sale a 1.500.000 euro, con un limite, per ciascun anno solare di 300 mila euro19.

Come detto, l’applicazione del regime fiscale PIR consente al titolare di fruire dell’esenzione dalla tassazione per i redditi finanziari derivanti dagli investimenti inseriti nel piano a condizione che questi ultimi siano detenuti per almeno cinque anni (cd. minimum holding period). Il mancato rispetto di tale requisito temporale comporta il recupero (recapture) delle imposte dovute sui redditi percepiti (anche medio tempore20) in regime di esenzione, salvo il reinvestimento entro 90 giorni21 delle somme derivanti dal rimborso o dalla cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento.

Infine, gli investimenti che compongono il PIR devono rispettare determinate caratteristiche (natura e tipologia delle attività oggetto di

17Per i dettagli sulle modalità di costituzione del PIR si rinvia ai chiarimenti forniti nel par. 3 della circolare

n.3/E del 2018.

18Cfr. comma 101 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

19Il comma 2, lettera a), dell’articolo 136 del decreto Rilancio ha apportato modifiche al comma 101, articolo 1, della legge di bilancio 2017, portando per i Pir Alternativi il plafond annuo a 150 mila euro e quello complessivo a 1.500.000 di euro. Successivamente, il decreto Agosto ha innalzato il plafond annuo

a300 mila lasciando l’importo complessivo degli investimenti fissato a 1.500.000 euro.

20Cfr. nella circolare n. 3/E del 2018, par. 8.4.

21Cfr. comma 106 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.


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investimento), specifici vincoli di composizione (soglie minime di investimento in determinate imprese) e limiti (soglie massime di concentrazione e liquidità).

In particolare, è previsto un limite di composizione in base al quale, per almeno i due terzi dell’anno, almeno il 70 per cento delle somme o valori destinati al PIR deve essere costituito da determinati investimenti che si definiscono "qualificati” (cd. quota obbligatoria). La composizione della quota obbligatoria varia in base alla tipologia di PIR costituito.

Il restante 30 per cento (cd. quota libera) può essere costituito da investimenti non qualificati o da liquidità. Nell’ambito di tale quota, inoltre, si applica il cd. limite alla liquidità22, in base al quale non più del 10 per cento delle somme o valori investiti nel piano può essere detenuto in depositi e in conti correnti, bancari e postali.

Èprevisto, inoltre, un limite di concentrazione23 in base al quale non più del 10 per cento delle somme o valori del piano può essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso soggetto o con altra società appartenente al medesimo gruppo. Per gruppo si intendono i soggetti italiani ed esteri legati da rapporti di controllo come definiti dalle specifiche norme di settore.

Stanti le finalità della normativa in esame, il suddetto limite di concentrazione del 10 per cento del valore complessivo del PIR deve intendersi riferito sia agli investimenti qualificati che a quelli non qualificati che, come noto, possono essere effettuati nel limite massimo della quota libera del 30 per cento del valore complessivo del piano.

Per i soli PIR Alternativi il limite di concentrazione è elevato al 20 per cento24 (cfr. successivo paragrafo 1.5).

Non possono essere oggetto di investimento nel PIR, compresi i PIR

Alternativi, neppure per la quota libera, le partecipazioni qualificate25 e gli

22Cfr. comma 103 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

23Cfr. comma 103 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

24Cfr. comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

25Di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.


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strumenti finanziari i cui redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo dell’investitore26.

Tale divieto, anche nel caso di PIR Alternativi, sostanzialmente rileva nel solo caso di investimenti effettuati dall’investitore titolare del piano (cosiddetto "PIR fai da te”) e non quando sono effettuati per il tramite di OICR o di una polizza assicurativa27.

Vi è, inoltre, l’assoluto divieto28, operante anche nel caso di PIR Alternativi, di includere tra gli investimenti del PIR strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni (ossia in Stati o territori diversi da quelli inclusi nella lista di cui al d.m. 4 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, c.d. "white list”).

Relativamente ai PIR Alternativi, che possono avere ad oggetto investimenti anche in prestiti e crediti di imprese, per ragioni di ordine sistematico, si ritiene che il divieto di investimento in Paesi "non collaborativi” si applichi anche con riferimento a prestiti e crediti di imprese di tali Paesi.

Si ribadisce che per i predetti divieti di investimento non rileva la condizione del rispetto per i "due terzi dell’anno solare” in quanto gli stessi devono essere osservati per l’intero periodo.

Infine, rimane confermato, in generale, il principio di unicità della titolarità del Piano nel caso di persone fisiche. In particolare, tali soggetti possono detenere un "solo” PIR "ordinario” (PIR 1.0, 2.0 o 3.0) ed un PIR Alternativo29.

In considerazione delle modifiche intervenute, si ritiene possibile, senza effetti sul dies a quo per la verifica dell’holding period, adeguare una tantum:

-i PIR ordinari costituiti prima del 1°gennaio 2020 (PIR 1.0 e PIR 2.0), ai limiti di investimento previsti per i PIR 3.0;

26Cfr. comma 100 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

27Cfr. circolare n. 3/E del 2018, par. 2.

28Disposto dal comma 105, dell’articolo 1, della legge di bilancio 2017.

29La lettera b), comma 2 dell’articolo 136 del decreto Rilancio ha sostituito il comma 112 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.


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-i PIR ordinari costituti prima del 19 maggio 2020 (PIR 1.0, PIR 2.0 e PIR 3.0), ai limiti previsti per i PIR Alternativi.

L’adeguamento ai nuovi criteri di investimento per i PIR ordinari costituti prima del 1° gennaio 2020 o prima del 19 maggio 2020 comporta, comunque, il rispetto, nel corso delle precedenti annualità del piano, dei vincoli di investimento

previsti dalle normative in vigore al momento dell’apertura del PIR.

1.1 Investimenti oggetto del PIR

Come noto, per beneficiare del regime di non imponibilità occorre che gli investimenti oggetto del piano abbiano determinate caratteristiche.

Con riferimento a quanto già accennato sugli investimenti qualificati è previsto, infatti, che l’oggetto principale degli investimenti del PIR sia costituito da "strumenti finanziari”, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, di imprese residenti nel territorio dello Stato e in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (di seguito, "Stati SEE”), con stabili organizzazioni in Italia.

Ai fini dell’individuazione degli strumenti ammissibili, si deve far riferimento prima face alla definizione di "strumento finanziario” rinvenibile nell’articolo 1 del testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF)30.

In particolare, l’articolo 1, comma 2 del TUF precisa che per «strumento finanziario» «si intende qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari”. Il predetto Allegato I (sezione C – Strumenti finanziari) elenca:

1)i «valori mobiliari»;

2)gli «strumenti del mercato monetario»;

3)le «quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio»;

4)i «contratti derivati aventi determinate caratteristiche».

30Cfr. circolare n. 3/E del 2018, par. 6.


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5)i «contratti derivati e le operazioni su valute individuate, ai sensi

dell’articolo 18, comma 5, TUF, dal Ministero dell’economia e delle finanze»;

6)i «contratti finanziari differenziali».

Nonostante l’elencazione delle singole categorie di strumenti finanziari, la nozione contenuta nell’articolo 1 e allegato I, sez. C del TUF è da considerarsi "aperta” ovvero in grado di adeguarsi all’evoluzione dei mercati. Le categorie di "valore mobiliare”, di "strumenti del mercato monetario” e di "quote di OICR”, presenti nel suddetto elenco, infatti, rinviano ad altre definizioni normative e regolamentari. In particolare, l’articolo 1, comma 1-bis del TUF specifica che per "valori mobiliari” «si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:

a)azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario;

b)obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli;

c)qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure».

La classe dei «valori mobiliari», dunque, è definita mediante una tecnica esemplificativa, essendo in essa espressamente ricomprese anche fattispecie diverse da quelle indicate purché assimilabili.

In estrema sintesi, sono «valori mobiliari» quelle categorie di «valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali». La negoziabilità intensa come idoneità ad essere negoziabile, costituisce caratteristica comune agli strumenti finanziari. Tale idoneità, nella sostanza, consiste nella possibilità giuridica di essere oggetto di atti dispositivi e nella possibilità concreta di essere oggetto di circolazione all’interno di un mercato finanziario. Ciò significa che la circolazione dei predetti strumenti non deve essere occasionale e limitata ad un ristretto numero


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di operatori, né subordinata a vincoli così restrittivi da renderla di fatto pressoché impossibile.

La negoziabilità, inoltre, dipende da caratteristiche proprie dello strumento, quali la standardizzazione e la divisibilità.

Ad esempio, nel caso di quote di società a responsabilità limitata, l’articolo 2468, primo comma, del codice civile stabilisce che le quote di società a responsabilità limitata non possono «costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari».

Tuttavia, in deroga a tale disposizione, l’articolo 100-ter, comma 1-bis, del TUF, stabilisce che «le quote di partecipazione in piccole e medie imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali nei limiti previsti dal presente decreto».

Detta disposizione, pur non riconducendo le predette quote di partecipazione nel novero degli strumenti finanziari, ha previsto che le piccole e medie imprese costituite sotto forma di società a responsabilità limitata, possono raccogliere capitale di rischio, anche tramite piattaforme on line (cd. equity crowdfunding) operanti nei limiti previsti dalla normativa TUF.

Sul punto, con riferimento alle quote di s.r.l. che costituiscono start-up innovative¸ nel documento pubblicato il 12 luglio 2013 "Esiti della consultazione” sul "Regolamento in materia di "Raccolta di capitali di rischio da parte di start- up innovative tramite portali on-line”, la Consob ha precisato che i "particolari profili caratterizzanti le offerte al pubblico delle quote di start-up innovative aventi forma societaria di s.r.l. riconducono tali strumenti alla nozione di prodotti finanziari e dunque le fanno rientrare in un concetto "allargato” di strumenti finanziari31.

31L’articolo 57, comma 1, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 ha esteso la portata dell’articolo 26 del decreto legge n. 179 del 2012, recante «Deroga al diritto societario e riduzione degli oneri per l'avvio» a tutte le piccole medie imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata.


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Permane, in ogni caso, il divieto di scambiare le quote nei mercati regolamentati e nei sistemi multilaterali di negoziazione e quindi, la negoziabilità (e, di conseguenza, la liquidità) di tali quote è, in ogni caso, inferiore a quella degli strumenti finanziari.

Non appare, pertanto, di rilievo la circostanza che tali quote non siano scambiabili nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali.

In proposito, si rileva che la normativa PIR non richiede necessariamente la negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione e, pertanto, nel novero degli strumenti finanziari qualificati ai fini PIR possono essere inclusi anche quelli non negoziati in detti mercati e sistemi multilaterali.

Alla luce della normativa regolamentare sopra citata, in linea con la ratio ispiratrice del regime PIR, si ritiene che le quote di partecipazione in piccole e medie imprese, costituite in forma di società a responsabilità limitata, offerte al pubblico (anche tramite piattaforme di equity crowdfunding legittimamente operanti) possono essere inserite tra gli investimenti qualificati di un PIR.

La limitazione alle sole quote di partecipazione offerte al pubblico in imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata non si applica ai PIR Alternativi (vedi infra paragrafo sui PIR Alternativi).

In generale, non rientrano, invece, tra gli investimenti oggetto del piano i prestiti c.d. "peer to peer lending” trattandosi, in sostanza, di una attività di finanziamento riconducibile al contratto di mutuo definito dall’articolo 1813 del codice civile, ossia «il contratto nel quale una parte consegna all’altra una quantità determinata di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie o qualità» con l’aggiunta, ai sensi del successivo articolo 1815, degli interessi, se espressamente previsti dal contratto, in quanto il prestito di denaro tra privati non si configura come esercizio professionale dell’attività creditizia, bensì come prestito personale non finalizzato. Dette tipologie di prestito, pertanto, non risultano riconducibili in linea generale nell’ambito della nozione di strumento finanziario e, dunque, non possono costituire oggetto di investimento ai fini della applicazione del regime PIR, fatta


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eccezione per i PIR Alternativi, la cui disciplina, come anticipato, ammette tra gli investimenti qualificati anche gli strumenti di debito emessi dalle imprese o di prestiti erogati alle imprese32 (vedi infra paragrafo sui PIR Alternativi).

In ogni caso, la qualificazione di strumento finanziario, di per sé, non è sufficiente per far rientrare l’investimento tra quelli ammissibili ai fini della normativa in esame, ma occorre che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteri e finalità compatibili con l’impianto previsto dalla normativa.

A tal proposito, si ricorda che sono esclusi dai PIR gli investimenti in strumenti derivati, ovvero in strumenti finanziari il cui valore dipende ("derivi”) dal valore di un’altra attività finanziaria o reale (cd. "attività sottostante”).

Tuttavia, come chiarito nella circolare n. 3/E del 2018, al par. 6, con riferimento agli investimenti effettuati tramite gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) PIR compliant, tali OICR possono effettuare investimenti in strumenti derivati nell’ambito della quota libera unicamente allo scopo di ridurre il rischio insito negli investimenti qualificati (c.d. derivati di copertura), in conformità a quanto previsto dalla Banca d’Italia33.

Infine, come già precisato, per espressa previsione normativa, non possono essere inserite nel piano, neppure nella quota libera, le partecipazioni sociali qualificate34 e gli strumenti da cui derivano redditi che concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile del contribuente.

Come già chiarito con la circolare n. 3/E del 2018, sebbene la legge di bilancio 2018 abbia uniformato il trattamento fiscale dei redditi derivanti da

32Cfr. comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

33Cfr. provvedimento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015 ("Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio”, allegato V.3.1.).

34Ai sensi della lettera c), comma 1 dell’articolo 67 del Tuir, costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.


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partecipazioni sociali, estendendo la tassazione sostitutiva anche ai redditi delle partecipazioni qualificate, continua a permanere per le persone fisiche, l’esclusione dal regime fiscale dei PIR delle medesime partecipazioni qualificate, disposta esplicitamente dalla legge di bilancio 201735 con il richiamo alla norma del Tuir, attualmente vigente, che contiene la definizione di partecipazioni qualificate. Conferma tale interpretazione, peraltro, la circostanza che il legislatore non è intervenuto sul punto pur modificando in più occasioni la normativa in commento.

Diverso è il caso delle partecipazioni qualificate che rappresentano investimenti qualificati del PIR tramite OICR o polizze assicurative36.

Inoltre, si precisa che qualora venga conferito nel PIR un titolo rappresentativo di una partecipazione non qualificata e non negoziata in un mercato regolamentato, per la quale il contribuente si sia avvalso della facoltà di rideterminarne il valore, ai sensi dell’articolo 5 della legge 28 dicembre 2001 n. 448, lo stesso potrà fruire del costo rideterminato, ai fini della tassazione della plusvalenza, fornendo all’intermediario copia della perizia e dei versamenti effettuati.

Come noto, infatti, in base al comma 101 dell’articolo 1, della legge di bilancio 2017, il conferimento di valori nel piano si considera cessione a titolo oneroso e l’intermediario applica l’imposta secondo le modalità indicate dall’articolo 6, del decreto legislativo n. 461 del 1997.

1.2Vincoli di composizione dei PIR

Per quanto riguarda le condizioni di investimento delle risorse conferite nel piano, il limite di composizione37 impone che le stesse debbano essere destinate,

35In particolare, dal comma 100 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 con il richiamo alla lettera c), comma 1 dell’articolo 67 del Tuir.

36Cfr. circolare n. 3/E del 2018, par. n. 2.

37Ai sensi del comma 102 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 e delle successive disposizioni come meglio specificate infra.


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per almeno il 70 per cento (cd. quota obbligatoria) del valore complessivo del piano, a investimenti qualificati, mentre il restante 30 per cento (cd. quota libera) può essere destinato a investimenti che non hanno le caratteristiche per essere considerati investimenti qualificati, nonché in impieghi di liquidità, quali depositi e conti correnti38.

Secondo l’impianto normativo originario (PIR 1.0), la quota obbligatoria deve essere investita per almeno il 30 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB (Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa39) di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri (di seguito in breve, imprese "NON FTSE MIB”).

La tipologia degli investimenti che compongono il PIR in base alle percentuali minime, previste di volta in volta dal legislatore, deve essere verificata dal gestore del piano, per ciascun anno solare di vita del piano, per un periodo di tempo almeno pari ai due terzi di ciascun anno, ossia per almeno 243 giorni l’anno (244 giorni nel caso di un anno bisestile). Nell’ipotesi di PIR costituiti nel corso dell’anno, i predetti vincoli devono essere rispettati per almeno i due terzi della frazione di anno solare intercorrente tra la data di apertura del PIR e la fine dell’anno40.

Come anticipato, il limite di concentrazione, il limite alla liquidità e il divieto di investimento in Paesi non collaborativi non sono stati oggetto di modifiche da parte del legislatore. Per tali limiti e divieti continuano, pertanto, a valere tutti i chiarimenti forniti con la circolare n. 3/E del 2018, a cui si rinvia per gli approfondimenti.

38Cfr. circolare n. 3/E del 2018, par. nn. 6 e 7.

39Si ricorda che l’indice FTSE MIB è un indice azionario della Borsa italiana espressione del paniere che racchiude azioni delle 40 società quotate italiane di primaria importanza e a liquidità elevata nei diversi settori ICB (Industry Classification Benchmark) in Italia. In pratica, le società con azioni maggiormente liquide e capitalizzate sui mercati gestiti da Borsa Italiana. La composizione del paniere viene rivista con cadenza trimestrale.

40Cfr. circolare n. 3/E del 2018, par. n. 7.


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1.3Le modifiche della legge di bilancio 2019: PIR 2.0

La legge di bilancio 2019 ha previsto nuovi vincoli di investimento della quota obbligatoria del 70 per cento per i PIR costituiti dal 1° gennaio 201941 (PIR 2.0).

In particolare, il vincolo di composizione della quota obbligatoria è stato modificato al fine di accentuare l’utilizzo del PIR quale veicolo di risorse verso le piccole e medie imprese (PMI), come definite a livello comunitario con la raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 200342.

Le disposizioni della legge di bilancio 2019, infatti, prevedono per i PIR 2.0 (costituiti a partire dal 1° gennaio 2019) che:

almeno il 5 per cento della quota obbligatoria (equivalente al 3,5 per cento del totale degli investimenti del piano) sia veicolato in strumenti finanziari emessi da PMI ed ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di negoziazione (quale AIM Italia), come definite a livello comunitario con la citata raccomandazione 2003/361/CE;

almeno il 5 per cento della quota obbligatoria (equivalente al 3,5 per cento del totale degli investimenti del piano) sia investito in quote o azioni di fondi di venture capital residenti nel territorio dello Stato o in Stati della UE o Stati SEE.

Viene, inoltre, confermata la previsione in base alla quale almeno il 30 per cento della predetta quota del 70 per cento debba essere investita in strumenti finanziari di imprese NON FTSE MIB.

La legge di bilancio 2019 qualifica come fondi di venture capital, gli OICR che destinano almeno il 70 per cento dei capitali raccolti in investimenti in favore di piccole e medie imprese come definite a livello comunitario, non quotate,

41Comma 212 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

42Per rientrare in questa categoria, le imprese devono rispettare determinati limiti occupazionali e finanziari. I criteri sono stati stabiliti dall’Unione europea e valgono per tutti i paesi che vi aderiscono.

In sintesi, si tratta di imprese che occupano meno di 250 persone e hanno un fatturato annuo che non supera i 50 milioni di euro e/o un totale di bilancio annuo che non supera i 43 milioni di euro.


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residenti nel territorio dello Stato o in Stati UE o SEE con stabili organizzazioni in Italia, che soddisfino almeno una delle seguenti condizioni:

a)non abbiano operato in alcun mercato;

b)operino in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale;

c)abbiano necessità di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, sia superiore

al 50 per cento del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni. Come anticipato nel paragrafo precedente, restano inalterati gli altri vincoli

e divieti previsti per gli investimenti nei PIR43.

La misura introdotta dalla legge di bilancio 2019 ha sostanzialmente bloccato la costituzione dei PIR fino alla data di emanazione del decreto attuativo avvenuta in data 30 aprile 201944.

In considerazione del fatto che i nuovi vincoli di investimento previsti per i PIR 2.0 hanno influito sulla diffusione degli strumenti, l’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019 ha modificato ulteriormente le previsioni concernenti la composizione dei PIR, al fine di rilanciare tale misura sia come strumento di investimento finanziario sia come canale per convogliare il risparmio verso le piccole e medie imprese.

1.4 Modifiche del decreto legge n. 124 del 2019: PIR 3.0

Per i PIR costituiti dal 1° gennaio 2020 (PIR 3.0) occorre fare riferimento alla disciplina contenuta nella legge di bilancio 2017, nonché relativamente ai

43Ai sensi di quanto previsto dal comma 211 articolo 1 della legge di bilancio 2019.

44Cfr. decreto del Ministro dello sviluppo economico recante "Disciplina attuativa dei Piani Individuali di

Risparmio PIR”.


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vincoli di investimento delle risorse destinate al piano alle novità previste dal decreto legge n. 124 del 201945.

In particolare, per i PIR 3.0 è previsto l’obbligo di investire la quota obbligatoria del 70 per cento delle risorse dei PIR, «direttamente o indirettamente»46, negli investimenti qualificati. Inoltre, si prevede che la predetta quota obbligatoria del 70 per cento deve essere investita almeno:

per il 25 per cento (equivalente al 17,5 per cento dell’intero patrimonio del PIR) in strumenti finanziari di imprese NON FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri;

per il 5 per cento (equivalente al 3,5 per cento dell’intero patrimonio in gestione del PIR) in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri (imprese NON FTSE MIB e NON FTSE Mid Cap).

Ai fini dell’investimento in strumenti finanziari emessi da imprese NON FTSE MIB si è già avuto modo di chiarire nella circolare n. 3/E del 2018, par.. 7, che trattasi, ad esempio, di strumenti di società non quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione NON FTSE MIB, quali, ad esempio, il segmento STAR del MTA (mercato di Borsa italiana che si rivolge alle imprese di media e grande capitalizzazione) o l’AIM Italia (mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese italiane). .

Quanto all’indice FTSE Mid Cap si tratta di un indice della Borsa Italiana dove vengono negoziate le azioni di imprese di media capitalizzazione.

In particolare, l’indice è composto dalle prime 60 aziende più liquide e capitalizzate quotate sui mercati MTA e MIV non incluse nell’indice FTSE MIB e la composizione del paniere viene rivista con cadenza trimestrale.

45Il comma 1 dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019 stabilisce che ai piani di risparmio a lungo termine costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020, si applicano le disposizioni contenute nel testo al momento vigente nei successivi commi da 2 a 4 del medesimo articolo.

46Cfr. comma 2 dell’articolo 13-bis, del decreto legge n. 124 del 2019.


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La normativa sui PIR 3.0 (e sui PIR Alternativi), inoltre, prevede che le somme o i valori conferiti nel piano nell’ambito della quota obbligatoria devono essere destinati «direttamente o indirettamente» ai suddetti investimenti qualificati.

Il comma 2 del citato articolo 13-bis, infatti, prevede espressamente la possibilità di detenere gli investimenti qualificati anche «indirettamente». Al riguardo, si ritiene che l’unico strumento utilizzabile per l’investimento indiretto sia quello partecipativo. Pertanto, si può costituire un PIR destinando risorse agli investimenti qualificati anche attraverso la detenzione di partecipazioni in società veicolo, italiane ed estere, che investono in investimenti qualificati (cfr. infra paragrafo n. 2).

Il decreto legge n. 124 del 2019 ha, infine, previsto espressamente che restano inalterate tutte le altre disposizioni relative al funzionamento del PIR (ammontare delle somme destinabili al piano, periodo minimo di detenzione, limite di concentrazione, limiti alla liquidità, divieto di investimento) per le quali continuano a valere i puntuali chiarimenti forniti nella circolare n. 3/E del 2018.

1.5 Le novità del decreto Rilancio e del decreto Agosto: PIR Alternativi

L’obiettivo della previsione dei PIR Alternativi47 è quello di utilizzare il risparmio come risorsa finanziaria della collettività indirizzandolo su investimenti illiquidi al fine di assicurare risorse, in termini di capitali, al settore delle piccole e medie imprese.

Si tratta, infatti, come dichiarato nella relazione illustrativa, di una misura di carattere strutturale volta a incentivare gli investimenti, sia in capitale di rischio sia in capitale di debito, nell’economia reale e, in particolare, nel mondo delle società non quotate, potenziando la capacità dei PIR di convogliare risparmio privato verso il mondo delle piccole e medie imprese.

47Previsti dall’articolo 136 del decreto Rilancio, che ha modificato l’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.


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Con l’introduzione di tale nuova tipologia di PIR, il legislatore ha inteso affiancare al PIR "ordinario” un piano "alternativo”, specializzato in imprese di minori dimensioni con un oggetto di investimento rivolto principalmente al finanziamento di progetti dell’economia reale. Ciò, non solo attraverso investimenti in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese, ma anche tramite altre fonti di finanziamento, quali la concessione di prestiti e l’acquisizione di crediti delle imprese obiettivo della misura.

Èagevole concludere che gli investimenti richiesti sono, per la maggior parte, "illiquidi” e, quindi, sono prevedibili tempi lunghi di investimento e un alto livello di rischio.

La misura si basa, dunque, sulla disciplina generalmente prevista per i PIR, sopra illustrata, ma tende ad indirizzare gli investimenti verso le imprese di minori dimensioni.

Per quanto non espressamente previsto dalla specifica norma48, il comma 4 dell’articolo 13-bis sopra citato rinvia all’applicazione delle disposizioni che regolano, in via generale, il regime applicabile ai PIR49.

Con l’evidente fine di incoraggiare gli investimenti, viene concessa agli investitori persone fisiche, in deroga al principio generale di unicità del PIR previsto originariamente al comma 112 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, la possibilità di detenere contemporaneamente ad un PIR ordinario anche un PIR Alternativo50.

Al riguardo, si osserva che l’intermediario o l’impresa di assicurazione presso i quali il PIR è costituito, all’atto dell’incarico51, acquisiscono dal titolare del piano un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare

48Comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

49Commi da 100 a 114 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

50La lettera b), comma 2 dell’articolo 136 del decreto Rilancio ha sostituito il comma 112 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

51Secondo quanto previsto dall’ultimo periodo della lettera b) del comma 2 dell’articolo 136 del decreto

Rilancio.


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di un altro PIR ordinario nel caso di costituzione di un PIR 3.0 o di non essere titolare di un altro PIR Alternativo.

In particolare, per la costituzione di un PIR Alternativo occorre rispettare i seguenti vincoli di investimento52:

per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, almeno il 70 del valore complessivo del PIR deve essere investito, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione;

gli strumenti finanziari, oggetto dell’investimento di cui sopra, dovranno essere emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia, con imprese residenti in Stati membri UE o in Stati SEE. Sia le imprese residenti nell’UE che quelle residenti in Stati SEE devono avere una stabile organizzazione in Italia;

le imprese, oggetto degli investimenti, devono essere diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

gli investimenti possono essere rappresentati anche da prestiti e crediti erogati alle predette imprese.

Con riguardo all’ultimo alinea si deve sottolineare la novità recata dalla normativa sui PIR Alternativi che, come evidenziato anche dalla relazione illustrativa, include tra gli investimenti qualificati, oltre agli strumenti finanziari, anche fonti di finanziamento alternative al canale bancario, quali la concessione di prestiti e l’acquisizione dei crediti delle imprese.

Al fine di quantificare la rilevanza di tali investimenti per rispettare i limiti di concentrazione e di investimento si ritiene che anche i prestiti e i crediti oggetto di investimento debbano essere considerati in base al costo al momento della sottoscrizione del prestito o dell’acquisto del credito.

52Previsti dal comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n.124 del 2019, introdotto dall’articolo

136, comma 1, del decreto Rilancio.


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Tuttavia, è opportuno rilevare che, il conferimento nel PIR di prestiti da parte di persone fisiche è limitato, in quanto, generalmente gli stessi producono redditi che confluiscono nel reddito complessivo53 e, pertanto, sono esclusi per legge dal regime di non imponibilità.

Possono, invece, essere compresi nei PIR Alternativi, in linea generale, gli investimenti da cui derivano redditi assoggettati ordinariamente a tassazione definitiva tramite ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o imposta sostitutiva. È il caso ad esempio, dei proventi derivanti da prestiti erogati da finanziatori non professionali attraverso piattaforme di peer to peer lending54, per i quali la ritenuta

èapplicata a titolo d’imposta55.

Come anticipato al paragrafo 1.1., considerato che per i PIR Alternativi è prevista la possibilità di detenere come investimenti qualificati prestiti e crediti, che non costituiscono strumenti finanziari, si ritiene che siano ammissibili in tale categoria di investimento, in generale, anche le partecipazioni in quote di società a responsabilità limitata.

Come noto, per i PIR ordinari, il comma 103 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, prevede che «Le somme o i valori destinati nel piano non possono essere investiti per una quota superiore al 10 per cento del totale in strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o controparte o in depositi e conti correnti».

Per i PIR Alternativi, il comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, ha elevato detto limite al 20 per cento. Pertanto, in applicazione di tale disposizione, le risorse destinate in un PIR Alternativo possono essere investite per una quota non superiore al 20 per cento del valore complessivo del piano in strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa

53Cfr. comma 5 dell’articolo 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

54Cfr. l’articolo 44, comma 1, lettera d-bis), del Tuir.

55Cfr. l’articolo 1, comma 44, della legge di bilancio 2018.


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controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o della controparte o in depositi e conti correnti.

Con riguardo, invece, agli impieghi della liquidità, alla luce dei chiarimenti forniti nella circolare n. 3/E del 2018, si ritiene che il limite di concentrazione del 20 per cento dovrà essere calcolato considerando i depositi (ivi compresi i certificati di deposito) separatamente dai conti correnti.

Sotto altro aspetto, si rileva che gli investimenti in depositi (e in certificati di deposito) dovranno essere considerati unitamente agli investimenti in strumenti finanziari di uno stesso emittente o controparte o di altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o della controparte.

Evidentemente la liquidità, non costituendo un investimento qualificato ma essendo collocabile solo nella quota libera, non potrà, comunque, superare complessivamente il 30 per cento del patrimonio del PIR.

Inoltre, il totale investito in ciascuna delle due tipologie di liquidità sopra indicate (conti correnti e depositi) non potrà superare, per ciascuna di esse, il 20 per cento. Nel caso in cui, ad esempio, il 20 per cento di un PIR Alternativo sia costituito da liquidità detenuta in conti correnti, al massimo il 10 per cento dello stesso potrà essere investito in depositi o certificati di deposito nell’ambito del 30 per cento della quota libera.

Il comma 2, lettera a), dell’articolo 136 del decreto Rilancio ha apportato modificazioni al comma 101, dell’articolo 1, della legge di bilancio 2017 prevedendo soglie di investimento più elevate per i PIR Alternativi e, in particolare, 1.500.000 euro per l’investimento complessivo e 150 mila euro per quello annuo, successivamente, innalzato a 300 mila euro dal decreto Agosto.

Come anticipato nel precedente paragrafo, anche nel caso di PIR Alternativi, gli investimenti possono essere operati direttamente o indirettamente dal titolare del PIR. In merito, la relazione illustrativa rileva che gli investimenti qualificati in OICR, nell’ambito dei PIR Alternativi possono essere effettuati, oltre che tramite OICR aperti e contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, anche tramite FIA, quali, a mero titolo esemplificativo: European Long Term


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Investments Funds (Eltif), fondi di private equity, fondi di private debt e fondi di credito. Con riferimento agli Eltif, considerato che l’agevolazione per i PIR Alternativi è più ampia di quella precedentemente prevista in favore degli Eltif dal decreto Crescita56, il comma 3 dell’articolo 136 sopracitato ne ha disposto l’abrogazione.

Di seguito si riassumono sinteticamente le differenze tra la composizione del patrimonio dei PIR 3.057 e la composizione del patrimonio dei PIR Alternativi58, che è possibile costituire dal 1° gennaio 2020.

PIR 3.0

 

PIR Alternativi

 

 

 

 

Plafond annuo: € 30 mila

 

Plafond annuo: € 300 mila

 

 

 

 

Plafond complessivo: € 150 mila

 

Plafond complessivo: € 1.500.000

 

 

 

 

Almeno il 49% del valore complessivo è

 

Almeno il 70% del valore complessivo è

investito in strumenti finanziari, anche non

 

investito in strumenti finanziari, anche non

negoziati in mercati regolamentati o in sistemi

 

negoziati in mercati regolamentati o in sistemi

multilaterali di negoziazione, emessi o

 

multilaterali di negoziazione, emessi o

stipulati con imprese italiane, nonché con

 

stipulati con imprese italiane, nonché con

imprese residenti in Stati membri dell’UE o in

 

imprese residenti in Stati membri dell’UE o in

Stati SEE, purché, nel caso di imprese estere,

 

Stati SEE, purché, nel caso di imprese estere,

queste abbiano una stabile organizzazione in

 

queste abbiano una stabile organizzazione in

Italia

 

Italia; le imprese i cui titoli sono oggetto di

 

 

 

investimento devono essere NON FTSE MIB

Almeno il 17,5% del valore complessivo è

 

investito in strumenti di imprese italiane,

 

e NON FTSE Mid Cap, prestiti e crediti alle

nonché di imprese residenti in Stati membri

 

predette imprese

dell’UE o in Stati SEE (purché, nel caso di

 

 

imprese estere, queste abbiano una stabile

 

 

organizzazione in Italia) che siano imprese

 

 

NON FTSE MIB

 

 

 

 

 

 

Almeno il 3,5% del valore complessivo è

 

 

investito in strumenti finanziari di imprese

 

 

italiane, nonché di imprese residenti in Stati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

56Articolo 36-bis del decreto legge n. 34 del 2019.

57Conformi a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

58Conformi a quanto previsto dal comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.


 

26

 

 

 

 

PIR 3.0

PIR Alternativi

 

 

 

 

membri dell’UE o in Stati SEE (purché, nel

 

 

caso di imprese estere, queste abbiano una

 

 

stabile organizzazione in Italia) che siano

 

 

imprese NON FTSE MIB e NON FTSE Mid

 

 

Cap

 

 

 

 

 

La parte restante, quota libera, nel limite

La parte restante, quota libera, nel limite

 

massimo del 30 per cento, è investita tenendo

massimo del 30 per cento, è investita tenendo

 

conto delle previsioni generali della normativa

conto delle previsioni generali della normativa

 

in materia di PIR (divieto di concentrazione,

in materia di PIR (divieto di concentrazione,

 

divieto di investire in imprese di Stati e

divieto di investire in imprese di Stati e

 

territori che non prevedono un adeguato

territori che non prevedono un adeguato

 

scambio di informazioni, etc.), e comunque

scambio di informazioni, etc.), e comunque

 

fino al 10% in depositi (compresi i certificati

fino al 20% in depositi (compresi certificati di

 

di deposito) e fino al 10% in conti correnti

deposito) e fino al 20% in conti correnti

 

 

(fermo il limite del 30%)

 

 

 

 

 

 

2 Investimenti qualificati effettuati indirettamente

Come detto, la normativa sui PIR 3.0 e sui PIR Alternativi prevede che le somme o i valori conferiti nel piano nell’ambito della quota obbligatoria possono essere destinati anche «indirettamente» agli investimenti qualificati che caratterizzano ciascuna tipologia di PIR (cfr. commi 2 e 2-bis dell’articolo 13-bis, del decreto legge n. 124 del 2019).

Tale previsione normativa, è volta a dare rilevanza all’approccio look- through, già utilizzato nella circolare n. 3/E del 2018 con riferimento agli investimenti "indiretti” effettuati tramite OICR Non PIR compliant da parte dei cd. "fondi di fondi”.

In base a tale approccio, legittimato dallo stesso legislatore quale criterio generale per valorizzare nell’ambito degli investimenti qualificati detenuti nel PIR, anche quelli effettuati indirettamente, si ritiene che assumano ora rilevanza anche gli investimenti qualificati effettuati indirettamente per il tramite di un veicolo.


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Detti investimenti, andranno però computati tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo dato dalla percentuale di partecipazione nel veicolo stesso.

Affinché il veicolo possa essere utilizzato per dare rilevanza agli investimenti qualificati indiretti, deve essere di natura partecipativa e rispettare determinati requisiti, in coerenza con la normativa generale PIR.

Pertanto, deve trattarsi di veicoli societari, italiani o esteri, istituiti in Stati UE o SEE che consentano un adeguato scambio di informazioni.

Considerato che ai fini dell’agevolazione rileva l’investimento sottostante, al fine di garantire la ratio della normativa di esenzione, si ritiene che il veicolo societario debba investire esclusivamente in attività finanziare ammissibili ai fini PIR ("investimenti qualificati” e "investimenti non qualificati”). Di conseguenza, può trattarsi di una "holding pura59 o di uno special purpose vehicle, che non potrà investire in strumenti finanziari emessi da imprese situate in Paesi cd. "non collaborativi” ai sensi del comma 105 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 (divieto di investire in Paesi diversi da quelli inclusi nella "white list”).

Gli investimenti nei predetti veicoli societari assumono rilevanza sia qualora effettuati da OICR PIR compliant sia nell’ambito dei PIR c.d. "fai da te”.

In tale ultimo caso, la verifica del rispetto dei vincoli di investimento e del limite di concentrazione, deve essere effettuata in capo al titolare del piano tenendo conto dell’effetto "demoltiplicativo” in funzione della quota di partecipazione al veicolo medesimo. A tale fine, supponiamo ad esempio che nell’ambito di un PIR

3.0sia detenuto il 5 per cento di un veicolo il cui capitale sia investito per l’80 per cento in investimenti qualificati e per il restante 20 per cento sia investito in strumenti finanziari di società residenti in Paesi inclusi nella white list senza stabile

organizzazione in Italia. Ai fini del calcolo della quota obbligatoria l’investimento rilevante sarà pari al 4 per cento (vale a dire, al 5% dell’80%).

Inoltre, deve essere rispettato il divieto di detenzione nel piano di partecipazioni qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del Tuir,

59Di cui all’articolo 162-bis, comma 1, lettera c), del Tuir.


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tenendo conto anche delle percentuali di partecipazione possedute dai familiari di cui all’articolo 5, comma 5, del Tuir e dalle società o enti, direttamente o indirettamente, controllati, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, nn. 1) e 2), del codice civile, dal titolare del piano o dai suoi familiari, secondo quanto stabilito dal comma 100 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

Pertanto, qualora il titolare del PIR detenga una partecipazione "diretta” in una società Alfa e investa in un veicolo Beta che investe nella medesima società Alfa, ai fini della verifica della percentuale di partecipazione nella società Alfa (che rappresenta l’investimento qualificato ai fini della normativa PIR), occorre sommare la quota detenuta direttamente alla quota detenuta indirettamente tenendo conto dell’effetto "demoltiplicativo” in base alla percentuale di partecipazione detenuta nel veicolo Beta.

L’adozione del look-through, implica, un controllo giornaliero degli investimenti effettuati per il tramite dei veicoli societari, ai fini della verifica del rispetto, per almeno i due terzi dell’anno, dei vincoli di investimento e del limite di concentrazione disposti dalla disciplina in esame.

Tenuto conto che il veicolo deve investire esclusivamente in investimenti ammessi al PIR ("qualificati” e "non qualificati”), ai fini della verifica dell’holding period, rileva la detenzione della partecipazione nel veicolo da parte del singolo contribuente beneficiario del PIR.

Per quanto concerne la verifica del plafond, rilevano solo gli importi investiti a titolo di equity nel veicolo societario (capitale sociale e sovrapprezzo azioni) e non anche le somme apportate a titolo di finanziamento soci.

Inoltre, gli eventuali proventi realizzati dal veicolo societario e non distribuiti, analogamente a quanto già chiarito con riferimento agli investimenti effettuati tramite OICR e imprese di assicurazione, non possono essere considerati "nuovi” investimenti e, quindi, non rilevano ai fini della verifica dei limiti del plafond annuale e complessivo del PIR.

Con riferimento all’ambito di applicazione del regime di esenzione, nel caso di investimenti effettuati "indirettamente” tramite veicoli, risulterà esente il reddito


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derivante dalla partecipazione al veicolo mentre il reddito prodotto dal veicolo rimane assoggettato alle ordinarie regole di tassazione.

Restano fermi i chiarimenti forniti con la circolare n. 3/E del 2018 con riferimento agli adempimenti previsti a carico degli intermediari presso i quali il PIR è costituito anche nell’ipotesi in cui viene attuato l’investimento indiretto tramite veicoli societari.

Come chiarito, nei PIR Alternativi possono essere detenuti anche prestiti nonché crediti appartenenti o emessi da specifici soggetti. Pertanto, possono essere immessi all’interno del piano anche Asset Backed Securities (ABS) emesse da special purpose vehicle di cartolarizzazione di crediti di imprese fiscalmente residenti in Italia e/o di imprese residenti in Stati membri UE o in Stati SEE aventi una stabile organizzazione in Italia.

3OICR PIR compliant

Oltre agli investimenti diretti, costituiscono investimenti qualificati quelli effettuati indirettamente attraverso OICR PIR compliant, vale a dire OICR che investono negli strumenti finanziari che le norme in esame definiscono qualificati.

Ai fini della verifica dei vincoli e divieti di investimento in capo agli OICR PIR compliant facenti parte del PIR o dell’unico OICR che costituisce il PIR, tenuto conto che trattasi di entità soggette alla vigilanza delle competenti autorità di regolamentazione del settore bancario e finanziario, si ritiene che si possa far riferimento alla politica di investimento indicata nel relativo regolamento di gestione dell’OICR italiano ovvero, nel caso di OICR estero, alla documentazione d’offerta pubblicata.

In particolare, come chiarito dalla circolare n. 3/E del 2018, nel regolamento o nella documentazione di offerta dell’OICR devono essere specificatamente indicati i vincoli di investimento, ivi compreso il divieto di investimento in Paesi non collaborativi, e il limite di concentrazione previsti dalla normativa fiscale sui PIR. In ogni caso, anche gli OICR PIR compliant devono essere conformi, in base alla tipologia di ciascun OICR, alle caratteristiche e ai requisiti previsti dalle


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disposizioni di vigilanza. Ne consegue che detti OICR possono considerarsi investimenti qualificati ai fini del regime PIR, a condizione che il relativo regolamento (o documentazione di offerta) indichi espressamente i vincoli, i limiti e i divieti di investimento previsti dalla normativa fiscale protempore vigente in materia.

Nel caso di un OICR già istituito che rispetta i vincoli di investimento previsti dalla normativa PIR, senza una espressa previsione del proprio regolamento di gestione, al fine di usufruire del regime agevolativo in esame, si dovrà comunque adeguare il regolamento al fine di esplicitare il rispetto dei requisiti e vincoli previsti dalla normativa PIR. Resta fermo che, in tal caso, la disciplina agevolativa si applica successivamente alla suddetta modifica regolamentare.

Ciò vale anche nella ipotesi di OICR che investono esclusivamente in altri

fondi.

Con riguardo, invece, ai fondi "sottostanti”, che potrebbero non essere fondi italiani, si è dell’avviso che la "natura” di fondo PIR compliant possa essere verificata dal fondo partecipante anche attraverso l’analisi della relativa politica di investimento e, ove necessario, dell’effettiva composizione del portafoglio, qualora nel regolamento di gestione o nella documentazione d’offerta del fondo "sottostante” non siano espressamente riportati i vincoli di investimento disposti dalla normativa italiana PIR. Tuttavia, in ossequio alla regola generale descritta, occorre che il regolamento di gestione del fondo partecipante preveda espressamente le modalità di accertamento dei vincoli di investimento di cui il gestore si assume la responsabilità di verificarne il rispetto. Ad esempio, il regolamento di gestione potrebbe indicare che il rispetto dei vincoli di investimento per i fondi target che non contengono riferimenti alla normativa PIR nei propri regolamenti di gestione è verificato dalla società che gestisce il fondo partecipante.

Con riferimento agli investimenti in OICR PIR compliant effettuati nell’ambito dei PIR 3.0 e dei PIR Alternativi, il comma 2-ter dell’articolo 13-bis


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del decreto legge n. 124 del 201960 contiene disposizioni specifiche concernenti gli investimenti qualificati61.

Tale disposizione stabilisce che nel caso di investimenti qualificati negli OICR PIR compliant, i vincoli di investimento di cui ai commi 2 (PIR 3.0) e 2-bis (PIR Alternativi):

a)devono essere raggiunti entro la data specificata nel regolamento o nei documenti costitutivi dell’OICR;

b)cessano di essere applicati quando l’organismo di investimento inizia a vendere le attività, in modo da rimborsare le quote o le azioni degli investitori;

c)sono temporaneamente sospesi quando l’organismo di investimento raccoglie capitale aggiuntivo o riduce il suo capitale esistente, purché tale sospensione non sia superiore a 12 mesi.

Viene, dunque, espressamente previsto che i vincoli di investimento

possono anche essere raggiunti in un momento successivo all’avvio del fondo ma non oltre la data stabilita nel regolamento o nei documenti costitutivi del fondo stesso, in funzione della sua politica di investimento, senza che ciò infici la qualificazione del fondo come PIR compliant sin dall’inizio.

Di conseguenza, per espressa previsione normativa, il requisito temporale (c.d. holding period) per l’investitore nel fondo inizia a decorrere dalla data di sottoscrizione delle quote o azioni, anche prima del momento indicato nel regolamento o nella documentazione di offerta del fondo per il raggiungimento dei vincoli di investimento ivi indicati. Inoltre, eventuali redditi distribuiti all’investitore in questo periodo, potranno beneficiare del regime di esenzione.

Per i fondi "aperti”, per i quali non vi è un obbligo di indicare nel regolamento (o nei documenti costitutivi) una data entro la quale rispettare i vincoli di investimento, vale la previsione regolamentare contenuta nel provvedimento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015 (Titolo V, Capitolo III), la quale prevede

60Introdotto dal comma 1 dell’articolo 136 del decreto Rilancio.

61Di cui al comma 104 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.


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che «Ferma restando l’esigenza di assicurare un’adeguata ripartizione dei rischi, un OICVM, per un periodo massimo di 6 mesi dalla data di inizio operatività può derogare ai limiti di investimento».

Per quanto concerne gli OICR esteri si ritiene che in mancanza del regolamento o dello statuto, come già chiarito nella prassi62, si possa far riferimento alla documentazione di offerta.

Nel caso dei FIA "chiusi” ("riservati” e "non riservati”), in base al comma 2-ter dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, il regime dei PIR si applica sin dall’avvio del fondo, durante la fase temporale necessaria al raggiungimento degli obiettivi di composizione del portafoglio stabilita nel regolamento o nei documenti costitutivi del fondo, in funzione della sua politica di investimento.

Il regime dei PIR continua ad applicarsi, ai sensi della lettera b) del citato comma 2-ter, anche nel periodo in cui l’OICR inizia a vendere le attività per rimborsare gli investitori. Al riguardo, si ritiene che i vincoli di investimento cessano di essere applicati e il regime PIR non si interrompe anche quando gli OICR effettuino i disinvestimenti e la relativa liquidità, anziché essere destinata al rimborso delle quote degli investitori, venga impiegata in nuovi investimenti.

Le suddette fasi, in cui c’è uno scostamento tra i limiti dettati dalle norme per la composizione del PIR, devono essere contenute nei tempi rispondenti alle mere necessità di attuazione della politica di investimento dell’organismo PIR compliant e devono, comunque, concludersi entro i termini previsti dal regolamento e dai documenti costitutivi dell’OICR.

Inoltre, per gli OICR PIR Alternativi costituiti nella forma chiusa (FIA "chiusi”, "riservati” e "non riservati”), occorre precisare che i vincoli di investimento e il limite di concentrazione disposti dal comma 2-bis dell’articolo

62Cfr. circolare n. 3/E del 2018. Tale indicazione, è contenuta nella circolare n. 3/2018 e prima ancora nella circolare n. 14/E del 2016 (di commento alla agevolazione prevista dall’articolo 1, commi da 91 a 94 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, per i Fondi pensione e le casse di previdenza obbligatoria, al fine di valutare la rispondenza ai requisiti previsti dalla norma nell’ipotesi di investimento indiretto effettuato tramite OICR).


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13-bis del decreto legge n. 124 del 2019 si calcolano facendo riferimento al capitale sottoscritto dagli investitori e non all’attivo dell’OICR.

Ciò in quanto il criterio per la verifica del rispetto dei vincoli di investimento e del limite di concentrazione non può discostarsi da quanto stabilito dal regolamento sulla gestione collettiva del risparmio per la determinazione dei limiti di concentrazione dei rischi (e, di conseguenza, dei vincoli di investimento) per i FIA "chiusi”63.

Con riferimento sempre ai FIA "chiusi” sono necessarie alcune precisazioni relativamente all’holding period e al plafond annuale. In generale, per gli investimenti in FIA "chiusi”, l’holding period decorre dal momento dell’assegnazione delle quote o azioni, che solitamente coincide con la data di chiusura delle sottoscrizioni (closing), ossia con il momento in cui ha inizio l’operatività dell’organismo di investimento.

Tale regola trova applicazione anche, nel caso di FIA "riservati” in cui gli investitori si impegnano, all’inizio della vita del fondo, a sottoscrivere un determinato impiego di capitale il cui versamento avviene in uno o più momenti successivi, mediante il sistema del "richiamo” degli impegni disposto dal gestore, in relazione alle esigenze di liquidità necessaria per effettuare gli investimenti; infatti, le quote o azioni del fondo sono emesse per intero sin dall’inizio, anche se per un importo unitario più basso.

Come noto, in tali fattispecie, la possibilità di raccogliere il capitale in più fasi, consente al gestore di ottimizzare i flussi finanziari in funzione delle opportunità di investimento; ciò in quanto il processo di selezione delle imprese in cui investire risulta complesso ed oneroso e gli importi sottoscritti dai singoli investitori possono arrivare a cifre rilevanti.

È da considerare, inoltre, che gli investitori, dal momento in cui hanno sottoscritto le quote o azioni del fondo e hanno quindi assunto l’impegno al versamento delle relative somme, anche se effettuano il versamento in più

63Cfr. Provvedimento di Banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio del 19 gennaio 2015, Titolo

V, Capitolo III.


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soluzioni, in funzione delle richieste del gestore, non stabilite a priori, di fatto, devono avere sempre a disposizione il capitale oggetto dei richiami che, una volta avviata l’operatività del fondo, possono avvenire in qualsiasi momento secondo quanto indicato nel regolamento.

In altri termini, anche nel caso di FIA "chiusi riservati” che raccolgono il capitale mediante il meccanismo del richiamo degli impegni, si ritiene che l’holding period per gli investitori decorra dalla data di assegnazione delle quote o azioni, indipendentemente dalla data di versamento del singolo richiamo.

Per quanto concerne la verifica del plafond, si ritiene che sia per i FIA "chiusi riservati” che per i FIA "chiusi non riservati” rilevi l’importo effettivamente versato dall’investitore.

In particolare, per i FIA "chiusi riservati”, per i quali gli investitori si impegnano, all’inizio della vita del fondo, a sottoscrivere una determinata somma il cui versamento effettivo avviene in più soluzioni mediante il meccanismo del "richiamo” degli impegni, occorre prendere in considerazione, ai fini del computo del plafond, i versamenti effettuati al momento di ciascun richiamo.

Per quanto riguarda, invece, i FIA "chiusi non riservati il versamento delle quote o azioni sottoscritte avviene in un’unica soluzione entro il termine stabilito nel regolamento o nello statuto64. Laddove l’ammontare di tale versamento superi il plafond annuale, si ritiene che esso rilevi in ciascun anno, beneficiando del regime di esenzione, per un importo pari al plafond annuale stesso, fino a concorrenza del plafond complessivo.

Nel piano, infatti, possono essere conferite, in ciascun anno, esclusivamente le quote corrispondenti al versamento iniziale nei limiti del plafond annuale e fino ad esaurimento del versamento medesimo.

Di conseguenza, il regime agevolato PIR si applica in relazione alle sole quote del fondo corrispondenti al plafond annuale. Tuttavia, in tale fattispecie, si

64A bene vedere, per tale tipologia di fondi, definiti anche retail, i periodi di sottoscrizione potrebbero esse più di uno [i.e. Regolamento UE 2015/760, art. 20], ma ognuno ha una sola data di richiamo così come una sola data di emissione delle quote/azioni.


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ritiene che, ai conferimenti delle quote eccedenti il plafond annuale effettuati negli anni successivi al versamento iniziale, non si applichi la previsione di cui al comma 101 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, che considera il conferimento di valori nel piano cessione a titolo oneroso, con conseguente applicazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

Ad esempio, considerando un versamento in un’unica soluzione di 1.500.000 euro, l’agevolazione spetterà in misura pari a 300 mila euro per cinque anni. Invece, a fronte di un versamento unico di 1.000.000 euro, l’agevolazione spetterà per 300 mila euro nei primi 3 anni e per 100 mila euro nel quarto anno.

In analogia a quanto detto per i FIA "chiusi non riservati”, anche nel caso di FIA "chiusi riservati”, ai fini del calcolo del plafond annuale, qualora l’importo versato al momento del "richiamo” ecceda il suddetto plafond, l’ammontare eccedente può essere considerato nell’anno successivo per l’ammontare che trova capienza nel plafond annuale. Alfine di garantire il medesimo trattamento agli investitori dei FIA chiusi ("riservati” e "non riservati”), anche in questo caso, il successivo conferimento delle quote corrispondenti al versamento eccedente nel PIR deve essere considerata come un’operazione fiscalmente neutrale.

Un’altra fattispecie meritevole di specifici chiarimenti è quella dei FIA il cui regolamento prevede un meccanismo di "equalizzazione”, per allineare la posizione finanziaria dei singoli investitori, indipendentemente dalle date di sottoscrizione. Si tratta di un meccanismo per cui gli investitori che sottoscrivono quote del FIA successivamente al primo closing sono tenuti a corrispondere, in occasione del primo "richiamo” degli impegni di sottoscrizione:

un importo, a titolo di commissione di gestione, calcolato applicando agli impegni di sottoscrizione la medesima percentuale complessivamente versata sino a quel momento dagli investitori che hanno sottoscritto quote del fondo precedentemente;

una quota proporzionale dei versamenti effettuati fino a quel momento dagli altri investitori, al netto di eventuali restituzioni, distribuzioni ovvero di rimborsi di cui questi ultimi siano stati nel frattempo destinatari;


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gli interessi sulle somme precedenti maturati a decorrere dalla data del primo closing.

Tenuto conto che, nella sostanza, gli investitori sono "trattati” come se avessero sottoscritto "tutti” alla data del primo closing, per tali investimenti l’holding period decorre da tale data.

Per quanto concerne la determinazione del plafond annuale, si ritiene che l’importo versato dagli investitori che sottoscrivono in un momento successivo, in occasione del primo "richiamo” dei loro impegni di sottoscrizione (esclusi gli interessi), non rilevi per intero nell’anno in cui è materialmente versato, ma debba essere considerato come se fosse stato versato a partire dal primo closing, in maniera proporzionale agli impegni sottoscritti e richiamati di volta in volta dal gestore.

Supponiamo, ad esempio, il caso di un investitore che abbia sottoscritto, successivamente al primo closing, quote del FIA per un ammontare pari a 700 mila euro. Ipotizziamo che il primo closing si sia chiuso in data 15 ottobre 2020 e il successivo closing, nel quale l’investitore ha sottoscritto le quote del FIA, in data 31 marzo 2021. Supponiamo, inoltre, che il FIA abbia effettuato tra i due closing due "richiami”, il primo a novembre del 2020 e il secondo a febbraio 2021, e che, in entrambi i casi, abbia richiamato un ammontare pari all’1% degli importi sottoscritti a titolo di commissione di gestione e un ammontare pari al 20% degli importi sottoscritti a titolo di investimenti.

Infine, si ipotizza che il FIA abbia effettuato un terzo "richiamo” in data 15 aprile 2021 alle stesse condizioni dei precedenti "richiami”.

Sulla base di tale esempio, l’investitore entrato successivamente al primo closing è tenuto a versare, per effetto dei tre "richiami” effettuati dal gestore, un importo complessivo pari a 441 mila euro (oltre all’importo a titolo di interessi maturati a decorrere dalla dara del primo closing).

Pertanto, ai fini del computo della soglia di plafond di 300 mila euro, tale versamento dovrà essere considerato riferibile agli anni 2020 e 2021 in proporzione ai "richiami” effettuati. Conseguentemente, il versamento rileverà:


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-per un importo pari a 147 mila euro, per l’anno 2020 e,

-per un importo pari a 294 mila euro, per l’anno 2021.

In relazione a tale investimento, l’holding period decorre dalla data del primo closing, ossia del 15 ottobre 2020 (e non dal 31 marzo 2021).

Va considerato, inoltre, il caso di FIA "chiusi” per i quali all’investitore venga richiesto il versamento dell’importo sottoscritto prima della chiusura del periodo di sottoscrizione, in linea con quanto previsto per le modalità di partecipazione a FIA "chiusi” dal Provvedimento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015 sulla gestione collettiva del risparmio. In tali casi, si ritiene che l’holding period delle quote o azioni del fondo attribuite all’investitore e detenute nel piano decorra dalla data di attribuzione delle stesse (anche se le quote o azioni verranno emesse alla chiusura del periodo di sottoscrizione) e che, ai fini del computo del plafond, rilevi la data del versamento effettuato dall’investitore.

Nell’ipotesi di acquisto sul mercato secondario delle quote o azioni del FIA che si qualifichi come PIR Alternativo, l’holding period decorre dalla data in cui il cessionario delle quote/azioni diviene investitore, non rilevando l’eventuale holding period maturato in capo al cedente.

Per quanto concerne i rimborsi "pro-quota di capitale previsti dall’articolo 11, comma 3, lettera a), del decreto ministeriale 5 marzo 2015, n. 3065 assume rilievo la circostanza che, come noto, non avvengono su iniziativa dell’investitore ma sono disposti dal gestore a fronte di disinvestimenti in relazione ai quali non sono previsti, nell’interesse degli investitori, ulteriori investimenti (in linea con le disposizioni regolamentari del fondo).

Per l’investitore, tali rimborsi non comportano l’annullamento delle quote o azioni detenute ma ne riducono semplicemente il relativo valore unitario e, pertanto, non costituiscono "disinvestimenti” ai fini della normativa PIR né incidono sull’ammontare del plafond utilizzato.

65Cfr. Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio di cui al provvedimento Banca d’Italia

19 gennaio 2015, Titolo V, par. 4.2.2.


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Resta fermo, invece, in capo al fondo il rispetto dei vincoli e limiti previsti dalla normativa PIR anche successivamente ai disinvestimenti, a meno che non si rientri nella previsione di cui alla lettera b) del comma 2-ter dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

Inoltre, si fa presente che poiché nella prassi, i capitali raccolti dai fondi possono derivare dalla sottoscrizione da parte degli investitori di classi diverse di quote66, il regime fiscale di esenzione da tassazione per i redditi derivanti da fondi spetta per l’investimento nell’OICR PIR Alternativo nel suo complesso, a prescindere dalla tipologia di quote sottoscritte e sempreché l’investitore abbia rilasciato le attestazioni richieste dalla normativa PIR ai fini dell’apertura del piano.

Come chiarito nella circolare n. 3/E del 2018, gli investimenti conferiti nel piano possono essere costituiti anche esclusivamente da quote o azioni di un medesimo OICR PIR compliant.

In tal caso, i vincoli e i divieti, soddisfatti dall’OICR, risultano implicitamente soddisfatti anche in capo al titolare del piano. Diversamente, nel caso di investimenti qualificati - diversi da OICR PIR compliant - i vincoli devono essere rispettati, in capo al titolare del piano.

La citata circolare, inoltre, ha precisato che possono rientrare tra gli investimenti qualificati anche le quote o azioni di OICR che investano negli strumenti finanziari rilevanti ai fini della normativa in commento per il tramite di altri organismi di investimento (cosiddetti "fondi di fondi”).

In tal caso, qualora i vincoli e i limiti previsti dalla normativa PIR siano rispettati, sia dall’organismo di investimento in cui la persona fisica investe direttamente sia dagli OICR "sottostanti” all’organismo di investimento medesimo, l’investimento può essere considerato qualificato senza necessità di considerare le singole attività in cui hanno investito l’OICR oggetto di

66Può ricorrere il caso che a determinate classi di quote siano associati diversi diritti.


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investimento diretto da parte della persona fisica e gli OICR in cui questo, a sua volta, investe.

Ad esempio, nell’ipotesi di un fondo master feeder che investe l’85 per cento del suo patrimonio in quote o azioni di un altro fondo, se il fondo master (ossia il fondo target) è PIR compliant anche il fondo feeder nel quale la persona fisica investe direttamente si qualifica come PIR compliant (in quanto, come detto, il fondo investe l’85 per cento del suo patrimonio in un fondo PIR compliant). Per quanto concerne, in particolare, i requisiti di concentrazione, si rileva che nel caso di investimenti in un OICR PIR compliant anche il vincolo di concentrazione deve ritenersi soddisfatto.

Diversamente, nel caso in cui l’OICR investa in OICR NON PIR compliant al fine di stabilire se l’investimento nel primo OICR rispetti i vincoli di composizione (e dunque possa essere considerato PIR compliant) rilevano le singole attività in cui è investito il patrimonio dell’OICR sottostante (look through).

Rimane, comunque, fermo che il limite alla concentrazione deve ritenersi pienamente operante secondo la lettera della norma, nel caso di investimenti qualificati in strumenti finanziari (partecipazioni, obbligazioni, etc.) o in OICR NON PIR compliant effettuati direttamente da persone fisiche.

Infine, si conferma che, nel caso di un PIR costituito esclusivamente da quote di OICR PIR compliant collocate indirettamente, ad esempio tramite una banca, come precisato nella circolare 3/E del 2018, la SGR che ha istituito l’OICR possa svolgere tutti gli adempimenti67 previsti in materia di PIR.

67Trattasi della costituzione del PIR attraverso l’apertura di un rapporto di risparmio amministrato ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 e del rilascio della certificazione delle minusvalenze ai sensi del citato articolo 6.


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4Rapporti tra intermediari diversi coinvolti nella gestione del PIR: precisazioni

La gestione fiscale del PIR richiede un monitoraggio continuo del rispetto delle condizioni previste ai fini del riconoscimento dell’esenzione da tassazione dei redditi relativi agli investimenti detenuti nel piano.

Ciò implica che, nei casi in cui siano potenzialmente coinvolti due intermediari nella ordinaria tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi relativi a strumenti finanziari detenuti nel piano, ne venga individuato uno solo tenuto a gestire la fiscalità del piano.

Come indicato nella circolare 3/E del 2018, detta situazione si verifica nel caso in cui il PIR sia costituito esclusivamente mediante la sottoscrizione di quote o azioni di OICR italiani collocate indirettamente, ad esempio tramite una banca. In questo caso, infatti, la SGR è tenuta ad applicare la ritenuta sui redditi di capitale derivanti dalla partecipazione all’OICR, mentre il collocatore, è tenuto ad applicare il regime del risparmio amministrato ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997 e a rilasciare, quindi, la certificazione delle minusvalenze conseguite.

In tale fattispecie, l’intermediario tenuto, in via generale, a gestire la fiscalità del PIR è il collocatore, in quanto si tratta dell’intermediario più "vicino” al cliente. Il collocatore, pertanto, oltre che a gestire le minusvalenze, è tenuto anche ad applicare la ritenuta sui redditi di capitale realizzati, ad esempio, attraverso la cessione delle quote dell’OICR prima dei cinque anni nonché su quelli medio tempore percepiti dall’investitore.

Al fine di agevolare l’applicazione di detta normativa, nella circolare 3/E del 2018, è stato chiarito che l’investitore può scegliere se affidare la gestione fiscale del PIR alla SGR che ha istituito gli OICR italiani oppure all’intermediario collocatore. Il soggetto così individuato dall’investitore dovrà necessariamente svolgere tutti gli adempimenti previsti in materia di PIR.


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Pertanto, come puntualizzato nella citata circolare n. 3/E, in questa ipotesi la SGR rimane il sostituto d’imposta ai fini della ritenuta sui redditi di capitale di cui all’articolo 26-quinquies del d.P.R. n. 600 del 1973 e certifica anche le minusvalenze (onere che normalmente ricade sul collocatore).

La gestione fiscale del PIR da parte della SGR non incide, tuttavia, sugli adempimenti posti in capo all’intermediario collocatore previsti da altre normative regolamentari e fiscali. Ed infatti, come già chiarito nella più volte richiamata circolare, gli adempimenti regolamentari e fiscali previsti da altre disposizioni saranno svolti dall’intermediario collocatore (ad esempio, ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative alle quote dell’OICR di cui all’articolo 13, comma 2-ter, della Tariffa, parte prima, allegata al citato d.P.R. n. 642 del 1972).

Con riferimento ai rapporti tra la SGR e l’intermediario collocatore, qualora l’investitore intenda aprire il piano presso la SGR dovrà rilasciare alla SGR stessa, per il tramite del collocatore, un’autocertificazione con la quale – oltre a richiedere l’apertura di uno stabile rapporto PIR con opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato e a dichiarare di essere fiscalmente residente in Italia e di non essere titolare di un altro piano dello stesso tipo – dovrà dichiarare di volere attribuire alla SGR stessa il ruolo di sostituto di imposta in relazione a tutti i redditi conseguiti.

5PIR e agevolazioni per investimenti in start-up innovative e PMI innovative

L’articolo 38 del decreto Rilancio ha aumentato la misura delle detrazioni previste per le persone fisiche che effettuano investimenti in start-up e in PMI innovative, elevando la percentuale dal 30 al 50, per investimenti fino a 100 mila euro in start-up innovative e fino a 300 mila euro in PMI innovative.

Al fine di comprendere come tali misure si collochino nel quadro generale di agevolazione per gli investimenti in PMI ed in particolare in quello relativo al


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regime PIR, si ritiene opportuno fornire un rapido excursus circa l’evoluzione della normativa relativa alle agevolazioni sopra citate.

Nell’ambito delle misure volte a favorire la nascita e la crescita di imprese innovative nel settore tecnologico l’articolo 29 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, al fine di incentivare gli investimenti in una o più start-up innovative, riconosce ai soggetti che investono nel capitale sociale di tali società, direttamente ovvero indirettamente per il tramite di taluni soggetti intermediari, la possibilità di abbattere il proprio carico fiscale.

In particolare, l’incentivo fiscale è destinato ai soggetti passivi IRPEF e IRES e consiste in una riduzione dell’imposta sui redditi derivante dalla concessione, rispettivamente, di una determinata percentuale di detrazione dall’imposta o di deduzione dal reddito complessivo.

Ai sensi del citato articolo 29, commi 3-bis e 7-bis, per i soggetti IRPEF, la detrazione prevista è, in linea generale, del 30 per cento e l’investimento massimo detraibile è di 1.000.000 di euro68.

In seguito, la disciplina delle start-up innovative è stata oggetto di modifica da parte di diversi provvedimenti normativi69.

In particolare, l’articolo 4 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3 ha esteso larga parte delle misure già previste in favore delle start-up innovative alle "Piccole e Medie Imprese Innovative”, vale a dire a tutte le PMI che operano nel campo dell'innovazione tecnologica.

Tra le misure applicabili per gli investimenti nel capitale delle PMI innovative, sono state estese le agevolazioni fiscali di cui all’articolo 29 del decreto

68La misura agevolativa è stata notificata, in forza del comma 9 dell’articolo 29, alla Commissione europea che, con decisione C(2013)8827 final del 5 dicembre 2013, ha autorizzato il regime classificandolo come un aiuto di Stato «compatibile con il mercato interno» sulla base degli «orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese», con la precisazione che avrebbe dovuto essere notificata ogni modifica della misura autorizzata. Il decreto interministeriale 25 febbraio 2016, recante le "Modalità di attuazione dell’articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, recante incentivi fiscali all’investimento in start-up innovative”, ha dettato le disposizioni di attuazione della misura.

69Tra cui l’articolo 1, commi 66 e 67, della legge di bilancio 2017.


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legge n. 179 del 2012, vale a dire le agevolazioni applicabili agli investimenti in start-up innovative sopra illustrate (Cfr. comma 9 dell’articolo 4 del decreto legge n. 3 del 2015)70.

Successivamente a tale modifica è stato emanato il decreto ministeriale 7 maggio 201971 (di seguito, "decreto di attuazione”), che ha consolidato in un unico provvedimento le disposizioni di attuazione degli incentivi fiscali all’investimento in start-up innovative e in PMI innovative72.

Infine, il decreto Rilancio73, ai commi 7 e 8 dell’articolo 38, è intervenuto sulle agevolazioni spettanti a chi investe in start-up innovative e in PMI innovative e con il decreto ministeriale 28 dicembre 202074 sono state dettate le disposizioni di attuazione della misura.

Con riferimento alle agevolazioni per gli investimenti in start-up innovative, in particolare, con l’introduzione nel decreto legge n. 179 del 2012, ad opera del decreto Rilancio, dell’articolo 29-bis75 si prevede un incentivo destinato ai soli soggetti passivi IRPEF consistente in una detrazione dall’IRPEF del 50 per cento degli investimenti nel capitale sociale di una o più start-up innovative, effettuati direttamente o per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in start-up innovative.

L’agevolazione si applica:

-per i soli investimenti in start-up innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese al momento dell’investimento ed è concessa ai

70Le agevolazioni fiscali in questione sono state oggetto di procedura di notifica adottata ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, conclusasi con la decisione della Commissione europea C(2018)8389 final del 17 dicembre 2018 che considera la misura di aiuto di Stato notificata compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE.

71Decreto interministeriale recante le "Modalità di attuazione degli incentivi fiscali all’investimento in start-up innovative e in PMI innovative”.

72Tuttavia, le disposizioni del decreto 7 maggio 2019 si applicano in relazione agli investimenti effettuati nei periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2016.

73Cfr. commi 7 e 8 dell’articolo 38 del decreto Rilancio.

74Decreto interministeriale recante le "Modalità di attuazione degli incentivi fiscali in regime de minimis all’investimento in start-up innovative e in PMI innovative”.

75Rubricato «Incentivi in regime «de minimis» all'investimento in start-up innovative».


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sensi della disciplina recata dal Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013 sugli aiuti de minimis;

-l’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 100 mila euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni;

-la detrazione dall’imposta lorda nella misura del 50 per cento è alternativa a quella del 30 per cento76 e non è cumulabile con detto incentivo per la medesima operazione finanziaria77.

Per quanto riguarda l’investimento in PMI innovative, il successivo comma 8 dell’articolo 38, introducendo nell’articolo 4 del decreto legge n. 3 del 2015 il comma 9-ter, prevede una detrazione dall’IRPEF del 50 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più PMI innovative direttamente o per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in PMI innovative.

L’agevolazione si applica:

-per i soli investimenti in PMI innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese al momento dell'investimento ed è concessa ai sensi del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013 sugli aiuti de minimis;

-l’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d'imposta, l’importo di euro 300 mila e deve essere mantenuto per almeno tre anni;

-la detrazione del 50 per cento spetta prioritariamente rispetto a quella ordinaria del 30 per cento78 e fino al limite di investimento di euro 300 mila;

76Prevista dal decreto interministeriale 7 maggio 2019.

77Cfr. comma 1 dell’articolo 29-bis del decreto legge n. 179 del 2012 e comma 5 dell’articolo 1 del decreto

28 dicembre 2020.

78Prevista dall’articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221


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-sulla parte di investimento che eccede il limite di euro 300 mila, è fruibile esclusivamente la detrazione del 30 per cento di cui all’articolo 29 del decreto legge n. 179 del 2012.

Come sopra illustrato, in generale, la disciplina agevolativa per le start-up

e le PMI innovative dispone che l’investimento in una o più delle predette imprese innovative può essere effettuato dal soggetto interessato direttamente oppure indirettamente per il tramite di OICR79, o altre società di capitali che investono prevalentemente nelle predette imprese innovative (cd. "società intermediarie”80).

Per quanto concerne la prima ipotesi, gli OICR attraverso i quali possono essere effettuati gli investimenti in questione sono OICR istituiti in Italia o in un altro Stato membro UE o Stato SEE che, al termine del periodo d’imposta in corso alla data in cui è effettuato l’investimento agevolato, detengono azioni o quote di start-up innovative o PMI innovative di valore almeno pari al 70 per cento del valore complessivo delle attività risultanti dal rendiconto di gestione o dal bilancio chiuso nel corso dell’anzidetto periodo d’imposta (di seguito, "OICR qualificati”)81. La suddetta soglia può essere raggiunta sia tramite investimento diretto sia indirettamente per il tramite di altro OICR e/o società intermediaria.

Ai fini della verifica del limite del 70 per cento in capo all’OICR, qualora questo investa in quote di altri OICR Non qualificati e/o società intermediarie è necessario applicare il criterio "demoltiplicativo” in funzione della percentuale di investimento in PMI e start up innovative effettuato dall’OICR target.

Nel caso di investimento tramite OICR qualificati, il beneficio fiscale in capo all’investitore è sempre garantito in misura integrale.

Qualora, invece, l’investitore investa in un OICR Non qualificato che a sua volta investa in quote di OICR qualificati, il beneficio fiscale in capo

79Cfr. comma 1 dell’articolo 29 del decreto legge n. 179 del 2012.

80Articolo 1, comma 2, lettera f), del decreto 7 maggio 2019.

81Come definiti dal comma 2, lettera e), dell’articolo 1 del decreto attuativo del 25 febbraio 2016, dal comma 2, lettera e), dell’articolo 1 del decreto attuativo 7 maggio 2019 e dal comma 7, lettera e), dell’articolo 1 del decreto attuativo 28 dicembre 2020.


46

all’investitore è riconosciuto per la sola quota parte investita in start-up innovative

ePMI innovative.

Nel caso di investimento tramite una struttura con più di livelli di fondi in cui l’agevolazione di cui all’articolo 29 può spettare ai sottoscrittori di OICR non qualificati ai sensi del predetto articolo, si pone il problema di come attribuire ai singoli investitori la quota di investimento agevolabile effettivamente confluito nei fondi o nei comparti qualificati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera e), del decreto attuativo.

Fermo restando che l’ammontare massimo di investimento agevolabile è quello che effettivamente confluisce in fondi o comparti che investono almeno il 70 per cento in start up innovative e PMI innovative, in presenza di più investitori, di cui solo alcuni in possesso dei requisiti soggettivi per accedere all’agevolazione, l’attribuzione dell’agevolazione avverrà solo a favore di questi ultimi in proporzione alla quota di capitale dagli stessi sottoscritta e fino a concorrenza dell’ammontare, proporzionalmente ad essi riferibile, confluito nei comparti o fondi che abbiamo le predette caratteristiche che li rendono eleggibili per l’agevolazione.

Ad esempio, si ipotizzi il caso di un OICR A con un patrimonio di 40 milioni di euro, di cui 30 milioni di euro provenienti da 1.000 sottoscrittori (30 mila euro ciascuno), in possesso dei requisiti previsti per l’agevolazione di cui all’articolo 29, e si assuma che 20 milioni di euro confluiscano in un comparto dedicato alle imprese innovative start-up e PMI di un OICR B, interamente partecipato dall’OICR A.

In questo caso, l’ammontare massimo di investimento agevolabile sarà pari a 15 milioni di euro, ovvero il 50 per cento del valore delle quote sottoscritte da investitori qualificati e a ciascun sottoscrittore di quote dell’OICR A è riconosciuta una quota di investimento agevolabile pari a 15 mila euro ciascuno (corrispondente ai tre quarti della quota-parte ad ognuno di essi attribuibile degli investimenti complessivi confluiti nel comparto start-up innovative e PMI innovative).


47

Si evidenzia, inoltre, che al fine di consentire successivi controlli, con riferimento alla fattispecie dell’esempio, sarà cura della SGR che gestisce l’OICR provvedere a dare separata evidenza degli investimenti in OICR o comparti di OICR qualificati per l’agevolazione da quelli non qualificati ai fini della determinazione dell’entità dell’investimento effettuato ed agevolabile in capo ai sottoscrittori delle proprie quote.

Nel caso di investimenti in OICR che si qualifichino come PIR compliant e che nello stesso tempo siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 29 gli investitori potranno usufruire del regime PIR e delle detrazioni previste per gli investimenti in start-up innovative o in PMI innovative.

Si ritiene che, ugualmente, nel caso dei cosiddetti PIR "fai da te”, vale a dire investimenti operati direttamente e non tramite assicurazioni o OICR PIR compliant, al ricorrere dei presupposti possono trovare applicazione entrambi i regimi agevolativi.

Ai fini della relativa applicazione, i limiti agli investimenti e le percentuali di detrazioni spettanti andranno determinati in base alle tipologie di investimenti effettuati, direttamente o indirettamente, in start-up innovative o PMI innovative.

Ad esempio, nel caso di investimenti in PMI che rispettino le condizioni di cui al comma 9-ter, articolo 4, del decreto legge n. 3 del 2015, il limite massimo di investimento per ciascun periodo d’imposta sarà 300 mila euro, gli investimenti dovranno essere mantenuti per almeno tre anni e la detrazione sarà pari al 50 per cento della somma investita.

Nel caso di investimenti indiretti tramite fondi di fondi, l’attribuzione della detrazione avverrà, secondo quanto sopra illustrato, tenendo conto della quota dell’investimento di ciascuna persona fisica effettivamente riferibile a fondi o a comparti di fondi che abbiano i requisiti previsti per poter utilizzare le agevolazioni previste per gli investimenti in start-up e PMI innovative.

Alla luce di quanto sopra illustrato si ritiene opportuno fornire alcuni esempi illustrativi di casi di fruizione congiunta da pare di una persona fisica del


48

regime PIR e delle detrazioni previste per gli investimenti in start-up innovative e PMI innovative, a fronte di medesimi investimenti.

Esempio 1 Investitore in PIR Alternativo che usufruisce delle agevolazioni previste per gli investimenti in PMI innovative in relazione alla totalità dei suoi

investimenti

 

Investimento nel PIR annuo

300.000

Detrazione 50% dall’IRPEF

150.000

Totale investimento per 5 anni

1.500.000

Detrazione 50% per cinque anni

750.000

Costo effettivo investimento annuo

150.000

Costo effettivo dell’investimento totale (150.000 x 5 anni)

750.000

Esempio 2. Investitore in un PIR ordinario costituito per il 50% da investimenti in un OICR che investe il 70% in start-up innovative e PMI innovative

Investimento nel PIR annuo

30.000

Quota investita nell’OICR

15.000

Detrazione 50%dall’IRPEF

7.500

Costo effettivo dell’investimento

22.500

Esempio 3. Investitore che investe 1.000.000 di euro in PMI innovative di cui 300.000 tramite un PIR Alternativo costituito interamente da un OICR PIR compliant che investe il 70% in PMI innovative

Investimento totale annuo

1.000.000

Investimento annuo nel PIR Alternativo

300.000

Detrazione 50% investimento nel PIR

150.000

Detrazione 30% investimento diretto in PMI (su 700.000 €)

210.000

Costo effettivo annuo dell’investimento

640.000


49

6 Investimenti agevolati di Casse di previdenza e Fondi pensione

Come anticipato in premessa, per i redditi derivanti da determinati investimenti (investimenti qualificati) effettuati dalle Casse di previdenza e dai Fondi pensione è previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un regime di non imponibilità82.

La finalità del regime agevolato è di indirizzare le risorse finanziarie dei predetti soggetti verso l’economia reale nel lungo periodo, incentivando l’investimento da parte degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme di previdenza complementare in azioni o quote di imprese residenti nel territorio dello Stato, o in Stati membri UE o in Stati SEE, con stabile organizzazione in Italia, nonché in quote o azioni di OICR, residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri UE o in Stati SEE che investono prevalentemente in tali azioni o quote.

In particolare, le Casse di previdenza e i Fondi pensione83 possono destinare «somme fino al 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente» agli investimenti qualificati.

L’agevolazione prevede che i redditi finanziari, sia di capitale sia diversi, derivanti da tali investimenti qualificati, effettuati nel rispetto delle condizioni stabilite per legge, non siano assoggettati all’imposta sul reddito, per gli enti di previdenza obbligatoria, e non concorrano alla formazione della base imponibile su cui si applica l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 252 del 2005, per gli enti di previdenza complementare.

82Cfr. articolo 1, commi da 88 a 96, della legge di bilancio 2017, successivamente modificati dall’articolo 57, comma 2, lettere da 0a) a d), del decreto legge n. 50 del 2017, e dall’articolo 1, comma 73, della legge di bilancio 2018, dall'’articolo 1, comma 210, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e successivamente, dall'articolo 13-bis, comma 3, del decreto legge n. 124 del 2019.

83Secondo quanto disposto, rispettivamente, dai commi 88 e 92 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.


50

Al fine di beneficiare di tale regime, gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni (minimum holding period).

Sono espressamente esclusi da tale agevolazione i redditi relativi a partecipazioni qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del Tuir.

È, inoltre, consentito ai medesimi soggetti la possibilità di costituire un PIR secondo le disposizioni di cui ai commi da 100 a 114 dell’articolo 1 della legge di bilancio 201784.

Rientrano tra gli investimenti qualificati85 anche le quote di prestiti, di fondi di credito cartolarizzati erogati od originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali, gestite da società iscritte nell’albo degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia86, da istituti di pagamento rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 114 del TUB o da soggetti vigilati operanti nel territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell’Unione europea87, nonché le quote o azioni di fondi di venture capital residenti nel territorio dello Stato o in Stati della UE o Stati SEE88.

6.1Modalità di costituzione del PIR

Per le Casse di previdenza e per i Fondi pensione non si applica il principio di "unicità” del PIR89, pertanto gli stessi possono detenere più PIR.

Per tali soggetti è stabilita la detassazione dei redditi derivanti dagli investimenti nei PIR, sempreché siano rispettati i vincoli di investimento delle risorse destinate agli investimenti qualificati e gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni.

84Cfr. articolo 57 del decreto legge n. 50 del 2017.

85Cfr. comma 89 dell’articolo della legge di bilancio 2017.

86Cfr. articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario - TUB).

87Per effetto della previsione di cui all’articolo 1, comma 73, della legge di bilancio 2018 dell’introduzione della lettera b-bis) al comma 89 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, a decorrere dal 1° gennaio 2018.

88Cfr. lettera b-ter del comma 89 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, aggiunta dall’art. 1, comma 210, lettera. b), legge30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019.

89Cfr. articolo 13-bis, comma 3, del decreto legge n. 124 del 2019.


51

In particolare, anche le Casse di previdenza e i Fondi pensione possono essere titolari dei PIR 3.0 e dei PIR Alternativi nel rispetto dei vincoli di investimento previsti dalle rispettive discipline, come sopra illustrate, nonché dell’obbligo di detenzione, per almeno cinque anni, degli investimenti detenuti nei piani.

Non si applicano i limiti all’entità (plafond) dell’investimento annuo e quello complessivo90.

Fermo restando tale esclusione, si ritiene che, in assenza di espresse previsioni normative, i predetti soggetti siano tenuti al rispetto di tutte le altre condizioni (requisito temporale) e vincoli (composizione, concentrazione, liquidità) richiesti dalla normativa in esame.

Per le Casse di previdenza e per i Fondi pensione è previsto, invece, il limite quantitativo del 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente91; tale limite rappresenta, infatti, l’importo massimo da considerare, complessivamente, anche per gli investimenti qualificati indicati al comma 89 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.

Ai fini della applicazione di tale limite, si ritiene che qualora in un esercizio vengano effettuati investimenti rilevanti ai fini dei suddetti regimi di esenzione fino al limite del 10 per cento nell’esercizio possono essere effettuati investimenti agevolabili solo nei limiti del 10 per cento dell’incremento dell’attivo patrimoniale Nel caso di diminuzione dell’attivo patrimoniale, invece, non si potranno effettuare ulteriori investimenti qualificati restando validi come tali quelli posti in

essere negli esercizi precedenti.

Resta fermo che, in ogni caso, l’investimento incrementale effettuato negli esercizi successivi può essere effettuato sino al raggiungimento del limite del 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio

90Per effetto delle modifiche apportate dal comma 2, lettera d) dell’articolo 57 del decreto legge n. 50 del 2017 al comma 101 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, nonché dall’articolo 13-bis, comma 3, del decreto legge n. 124 del 2019.

91La legge di bilancio 2019 ha innalzato, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dal 5 al 10 per cento dell’attivo patrimoniale il limite degli investimenti effettuabili da parte di tali enti (articolo 1, comma 210, lettere a) e c), della predetta legge).


52

precedente, qualora nell’esercizio precedente gli investimenti siano stati effettuati "sotto soglia”. Al riguardo valga il seguente esempio:

-se nell’esercizio X-1 l’attivo patrimoniale è pari 100 milioni di euro, l’ammontare massimo agevolabile nell’esercizio X degli investimenti qualificati e PIR è pari a 10 milioni di euro. Qualora vengano effettuati investimenti in misura inferiore a tale limite (ad esempio, per 7 milioni) e l’attivo patrimoniale esercizio dell’esercizio X sia pari a 120 milioni di euro, potranno essere effettuati nell’esercizio X+1 investimenti fino a

5 milioni di euro, raggiungendo il limite massimo di 12 milioni (120.000.000*10%) e al netto degli investimenti agevolati effettuati nell’esercizio X (7.000.000);

-se nell’esercizio X+1 vengono effettuati investimenti solo per 3 milioni di euro e al termine di tale esercizio l’attivo patrimoniale è diminuito a

110 milioni di euro, si potranno effettuare nell’esercizio X+2 ulteriori investimenti solo per 1 milione [(110.000.000*10%) – 7.000.000 –

3.000.000] = 1.000.000.

Per quanto riguarda le modalità di detenzione del PIR, tenuto conto che le Casse di previdenza, essendo costituite nella forma di associazioni o fondazioni, sono enti non commerciali, le stesse potranno porre in essere un PIR attraverso «l’apertura di un rapporto di custodia o amministrazione o di gestione di portafogli o altro stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461» o la stipula di un contratto di assicurazione di capitalizzazione (non essendo per tali soggetti possibile stipulare contratti di assicurazione sulla vita)92.

Pertanto, per le Casse di previdenza, il PIR sarà gestito dall’intermediario finanziario presso il quale il piano è aperto e al quale è rilasciata l’opzione per il

92Come stabilito dal comma 101 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017.


53

regime del risparmio amministrato (o dall’impresa di assicurazione in caso di stipula di un contratto di capitalizzazione).

Detto intermediario dovrà gestire la fiscalità (redditi di capitale e redditi diversi) degli strumenti finanziari detenuti nel piano e verificare il rispetto dei vincoli di investimento e di detenzione di cinque anni stabiliti dalla normativa PIR ed eventualmente applicare, ai sensi del comma 106 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, la "recapture” qualora ricorrano i presupposti93.

Tenuto conto che il regime PIR si applica agli investimenti effettuati nel limite del 10 per cento dell’attivo patrimoniale, le Casse di previdenza dovranno autocertificare, sotto la propria responsabilità, il rispetto di tale limite all’intermediario che gestisce il piano.

Alle Casse di previdenza si applicano anche le previsioni di cui al comma 109 del citato articolo 1, circa il trattamento fiscale delle minusvalenze conseguite nell’ambito del PIR, e al successivo comma 111, in materia di trasferimento del piano ad altro intermediario.

I Fondi pensione, non potendo esercitare l’opzione per il suddetto regime del risparmio amministrato, saranno responsabili in proprio della gestione fiscale del PIR.

Pertanto, in caso di perdita del regime agevolativo, i Fondi pensione dovranno versare l’imposta sostitutiva nella misura del 20 per cento sui redditi realizzati e non tassati per effetto dell’agevolazione. Anche i Fondi pensione potranno usufruire del regime previsto per i PIR, attraverso la stipula di un contratto di assicurazione di capitalizzazione.

Infine, si fa presente che il comma 95-ter dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 stabilisce che le Casse di previdenza e i Fondi pensione «devono tenere separata evidenza delle somme destinate agli investimenti qualificati di cui al comma 89».

93Utilizzando l’apposito codice tributo 1070 istituito con la risoluzione 9 marzo 2018, n. 21/E.


54

Sebbene la norma richiami «le somme destinate agli investimenti qualificati di cui al comma 89», detti soggetti devono tenere evidenza anche delle somme destinate nei PIR, essendo il limite del 10 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente un vincolo complessivo che attiene ad entrambe le tipologie di investimento.

7 Novità contenute nella legge di bilancio 2021: il credito d’imposta

L’articolo 1, commi da 219 a 225, della legge di bilancio 2021, in relazione ai PIR Alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021 ha introdotto un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, a condizione che gli stessi siano detenuti per almeno cinque anni e il credito d’imposta non ecceda il 20 per cento delle somme investite negli strumenti finanziari medesimi.

In particolare, è previsto che alle persone fisiche titolari di un PIR Alternativo spetta un credito d’imposta pari alle minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati, ai sensi dell’articolo 67 del Tuir, relativamente agli strumenti finanziari qualificati detenuti nel piano per almeno cinque anni.

Il requisito temporale deve essere rispettato in relazione allo strumento finanziario relativamente al quale si realizza la minusvalenza.

Pertanto, non concorrono alla determinazione del credito d’imposta eventuali minusvalenze derivanti dalla cessione di strumenti finanziari qualificati che sono detenuti a seguito di reinvestimenti di somme derivanti da strumenti rimborsati o ceduti, entro il quinquennio. In altri termini, assumono rilevanza ai fini della determinazione del credito d’imposta solo le minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso o dal rimborso di strumenti finanziari qualificati oggetto di investimento nel corso del 2021 e detenuti ininterrottamente nel piano per almeno cinque anni.

Le eventuali minusvalenze derivanti dalla cessione o dal rimborso di strumenti finanziari qualificati prima del decorso dei cinque anni di detenzione potranno essere utilizzate in deduzione, non oltre il quarto periodo d’imposta


55

successivo a quello di realizzo, dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi secondo le modalità stabilite dal comma 109 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 (ossia secondo le modalità del regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997).

Il credito d’imposta non può eccedere il 20 per cento dell’intera somma investita negli strumenti finanziari qualificati detenuti nel piano, fino al momento di realizzazione della minusvalenza. Pertanto, ai fini della determinazione dell’ammontare massimo di credito d’imposta spettante, rilevano non solo le somme investite negli strumenti finanziari qualificati nel corso del 2021, ma anche le somme investite, sempre negli strumenti finanziari qualificati, negli anni successivi risultanti alla data di realizzo della minusvalenza.

Il credito d’imposta in esame è utilizzabile, in dieci quote annuali di pari importo, nelle dichiarazioni dei redditi a partire da quella relativa al periodo d’imposta in cui le minusvalenze, perdite e differenziali negativi si considerano realizzati ovvero in compensazione mediante il modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 24194.

Ai fini dell’utilizzo del credito in compensazione non sono previste limitazioni con riguardo ai debiti d’imposta pagabili. È infatti previsto il generico riferimento all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Ne consegue che il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione anche con altre imposte diverse dall’IRPEF e con i contributi eventualmente dovuti dall’investitore.

Qualora in un periodo d’imposta non vi sia capienza nell’imposta lorda per l’utilizzo del credito d’imposta, la quota residua non può essere utilizzata in periodi d’imposta successivi, né può essere chiesta a rimborso. In caso di decesso dell’investitore l’eventuale quota di credito d’imposta non utilizzato dal de cuius non può essere utilizzata dagli eredi.

Ai fini dell’utilizzo del credito in compensazione tramite modello F24, non si applica il limite annuale di 250 mila euro di cui all’articolo 1, comma 53, della

94Cfr. comma 220 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021.


56

legge finanziaria 200895. Il credito d’imposta in esame deve essere indicato nel quadro CR della dichiarazione dei redditi. Inoltre, non si applica il limite massimo annuale dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

Tale credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito complessivo dell’investitore96 e le minusvalenze, le perdite o i differenziali negativi oggetto del credito d’imposta non possono essere utilizzati o riportati in deduzione ai sensi dell’articolo 68 del Tuir, e dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

In sostanza, il credito d’imposta costituisce un beneficio fiscale riconosciuto alla persona fisica titolare di un PIR Alternativo in luogo dell’utilizzo delle eventuali minusvalenze, perdite o differenziali negativi realizzati a seguito della cessione o del rimborso degli strumenti finanziari qualificati detenuti nel piano medesimo per almeno cinque anni.

Ne consegue, che qualora l’investitore intenda beneficiare del credito d’imposta e l’importo delle minusvalenze realizzate ecceda il 20 per cento delle somme investite negli strumenti finanziari qualificati detenuti nel piano, l’importo della minusvalenza "eccedente” può essere portato in deduzione dalle plusvalenze, proventi e differenziali positivi secondo le modalità di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 461 del 1997.

Pertanto, in considerazione delle modalità di utilizzo di tale credito d’imposta e dei limiti di utilizzo dello stesso, si ritiene che gli investitori possano decidere di trasformare le eventuali minusvalenze realizzate in credito d’imposta oppure di utilizzarle in deduzione dalle plusvalenze, dai proventi e altri differenziali positivi secondo le modalità ordinarie.

95Cfr. comma 222 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021.

96Cfr. comma 221 e 224 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021.


57

Qualora all’interno di un PIR Alternativo, il contribuente detenga strumenti finanziari appartenenti ad una medesima categoria omogenea, ai fini della determinazione del credito d’imposta e della sua spettanza, si considerano ceduti per primi i titoli acquistati per primi (metodo FIFO) e si considera come costo quello medio ponderato97.

* * *

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

Ernesto Maria Ruffini

firmato digitalmente

97Cfr. comma 223 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021.

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