Circolare Agenzia Entrate n. 3 del 23/03/2021

Circolare_3_23.03.2021 (2)

CIRCOLARE N. 3

Divisione Contribuenti

__________

OGGETTO: Imposta sui servizi digitali – articolo 1, commi da 35 a 50 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, modificata dall’articolo 1, comma 678 della legge 27 dicembre 2019, n. 160


2

INDICE

1

PREMESSA..................................................................................................................................

3

2

AMBITO SOGGETTIVO ...........................................................................................................

4

2.1

LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ DIMPRESA............................................................................

4

2.2

IL SUPERAMENTO DELLE SOGLIE DIMENSIONALI ...................................................................

5

2.3

LA NOZIONE DI GRUPPO..........................................................................................................

9

2.4

VERIFICA DEL PRESUPPOSTO APPLICATIVO: PRIMO ANNO DI APPLICAZIONE.......................

11

3

AMBITO OGGETTIVO ...........................................................................................................

17

3.1

SERVIZI DI VEICOLAZIONE DELLA PUBBLICITÀ MIRATA ......................................................

19

3.2

SERVIZI DI INTERAZIONE TRA GLI UTENTI: LE INTERFACCE MULTILATERALI ......................

26

3.2.1 Messa a disposizione di servizi di "rete sociale”........................................................

27

3.2.2 Servizi di intermediazione ...........................................................................................

28

3.3TRASMISSIONE DI DATI RACCOLTI DA UTENTI E GENERATI DALL'UTILIZZO DI

UN'INTERFACCIA ...........................................................................................................................

31

4

ESCLUSIONI DALL’AMBITO OGGETTIVO .....................................................................

34

4.1 TIPOLOGIA DI SERVIZI ESCLUSI ............................................................................................

35

4.2

ESEMPLIFICAZIONI ...............................................................................................................

41

4.3

BENI E SERVIZI ACCESSORI...................................................................................................

46

5

CRITERI DI COLLEGAMENTO CON IL TERRITORIO DELLO STATO....................

48

5.1

LA LOCALIZZAZIONE DEL DISPOSITIVO ................................................................................

48

5.2

CRITERI DI COLLEGAMENTO RILEVANTI IN RELAZIONE A CIASCUN SERVIZIO DIGITALE .....

53

6

BASE IMPONIBILE .................................................................................................................

57

6.1

SERVIZI DI VEICOLAZIONE DELLA PUBBLICITÀ MIRATA ......................................................

59

6.2

SERVIZI RESI DALLE INTERFACCE MULTILATERALI .............................................................

62

6.3TRASMISSIONE DI DATI RACCOLTI DA UTENTI E GENERATI DALL'UTILIZZO DI

UN'INTERFACCIA ...........................................................................................................................

66

7

OBBLIGHI STRUMENTALI...................................................................................................

68

7.1

IDENTIFICAZIONE DEI SOGGETTI PASSIVI .............................................................................

68

7.2

LA DESIGNAZIONE AI FINI DEGLI ADEMPIMENTI ..................................................................

71

7.3

DICHIARAZIONE E VERSAMENTO DELLIMPOSTA.................................................................

75

8

OBBLIGHI CONTABILI .........................................................................................................

79

9

RIMBORSI .................................................................................................................................

84

10 CONVENZIONI CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI E DEDUCIBILITÀ

DELL’IMPOSTA.......................................................................................................................

85


3

1 Premessa

Il legislatore italiano ha introdotto l’imposta sui servizi digitali (di seguito anche ISD) con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), articolo 1, commi da 35 a 50.

La presente circolare fornisce chiarimenti interpretativi in merito al funzionamento dell’imposta, anche alla luce delle modalità applicative specificate nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2021 (di seguito, "Provvedimento”), pubblicato in attuazione di quanto previsto dal comma 49 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019.

La circolare tiene conto dei contributi inviati dagli operatori in esito alla consultazione pubblica sulla prima bozza del Provvedimento, aperta il 16 dicembre 2020 e conclusa in data 31 dicembre 2020.

Allo scopo di rendere sistematica la trattazione e di facilitare la fruizione e la lettura del documento, gli argomenti trattati sono suddivisi per aree tematiche omogenee sulla base del contenuto delle singole disposizioni della norma primaria e del Provvedimento.

In via preliminare, viene esaminato l’ambito di applicazione soggettivo, specificando le modalità di verifica del superamento delle soglie, la nozione di gruppo e taluni aspetti definitori contenuti nel Provvedimento. È, quindi, approfondito l’ambito di applicazione oggettivo, precisando il contenuto dei servizi digitali soggetti all’imposta e i servizi esclusi. Vengono, altresì, chiarite le modalità di calcolo della base imponibile anche al fine di evitare duplicazioni impositive, illustrando i metodi di geolocalizzazione ai fini della determinazione dei ricavi imponibili. Sono illustrati gli adempimenti gravanti sui soggetti passivi dell’imposta, con particolare riguardo agli aspetti dell’identificazione, della tenuta della contabilità, del versamento, della dichiarazione e della richiesta di rimborso. Infine, viene trattato il tema del rapporto tra l’imposta sui servizi digitali e le Convenzioni


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contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia nonché il relativo trattamento a fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.

2 Ambito soggettivo

Il comma 36 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), come modificato dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), individua l’ambito di applicazione soggettivo dell’imposta sui servizi digitali, caratterizzato da un duplice criterio identificativo: lo svolgimento di attività d’impresa e il contestuale superamento di due soglie dimensionali.

2.1 Lo svolgimento di attività d’impresa

Riguardo al primo aspetto, si osserva come l’ampiezza della locuzione utilizzata dal legislatore «soggetti esercenti attività d’impresa» includa tra i potenziali destinatari della norma una pluralità di operatori, indipendentemente dalla forma giuridica da questi adottata. Ciò implica che, in linea teorica, possono assumere la qualifica di soggetti passivi dell’imposta in esame le società, gli enti commerciali e non commerciali (questi ultimi limitatamente all’attività commerciale svolta) e le persone fisiche che svolgono attività imprenditoriale.

Non viene, invece, richiesta alcuna particolare qualificazione per il soggetto committente, ossia il fruitore del servizio (o utente), che potrebbe rivestire qualunque forma e operare in qualità sia di soggetto economico, sia di privato consumatore1. L’imposta in esame riguarda, quindi, anche i servizi resi ai consumatori/utenti finali.

1Sotto questo profilo, l’attuale disciplina si distingue dal precedente tentativo di introduzione di una misura dedicata all’equalizzazione fiscale in ambito digitale, ad opera della legge 27 dicembre 2017 (legge di bilancio 2018), commi da 1011 a 1019. Tale ultima norma, ormai abrogata, richiedeva che i servizi fossero


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Il riferimento agli "esercenti attività d’impresa”, inoltre, non è limitato ai soli soggetti residenti in Italia, in quanto l’ambito applicativo dell’imposta ricomprende anche i soggetti non residenti (cfr. comma 43 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019).

L’inclusione dei soggetti non residenti è coerente con l’approccio adottato nella proposta di direttiva europea relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali [COM(2018)148: in seguito, anche "la proposta di direttiva”], in cui sono soggetti passivi d’imposta tutte le entità che integrino specifici requisiti dimensionali (di cui si dirà meglio in seguito), indipendentemente dalla localizzazione, residenza o stabilimento in uno Stato membro.

Per i soggetti non residenti, inoltre, l’imposta sui servizi digitali è applicata a prescindere dalla sussistenza di una stabile organizzazione in Italia. Tuttavia, per garantire l’adempimento degli obblighi fiscali relativi all’imposta sui servizi digitali, ai non residenti privi di un codice fiscale o di altro identificativo fiscale italiano sono richiesti specifici adempimenti identificativi, indicati nel punto 7 del Provvedimento, come verrà più approfonditamente illustrato nel successivo paragrafo 7 cui si rinvia.

2.2 Il superamento delle soglie dimensionali

Il secondo criterio di individuazione dei soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali, previsto dal comma 36 della norma primaria e dal punto 1, lettera b) del Provvedimento, attiene al superamento di soglie dimensionali, richiedendo che l’esercente l’attività d’impresa, singolarmente o a livello di gruppo, consegua:

resi verso soggetti operanti come sostituti d’imposta, individuati dall’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973, limitando l’applicazione ai soli rapporti "business to business” o "B2B”.


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a)un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750.000.000 euro (c.d. "prima soglia”); e

b)un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a 5.500.000 euro (c.d. "seconda soglia”).

Le due soglie dimensionali devono essere superate congiuntamente nell’anno

solare antecedente a quello di applicazione dell’imposta sui servizi digitali (ossia di conseguimento dei ricavi imponibili).

La prima soglia riguarda, come emerge dal testo del comma 36, tutti i ricavi, ovunque realizzati e indipendentemente dalla natura del ricavo, ben potendo trattarsi di ricavi ritratti da attività ovunque svolte e privi di connotazione digitale.

Pertanto, nel caso di un gruppo, sono presi in considerazione tutti i ricavi realizzati dalle entità che ne fanno parte, a prescindere dalla natura dell’attività svolta.

Ai fini del riscontro della soglia di 750 milioni di euro, si fa riferimento ai ricavi risultanti dal bilancio consolidato o bilancio individuale (in ipotesi di impresa non facente parte di un gruppo) chiuso nell’anno precedente (es: 2019) rispetto a quello oggetto di tassazione (es: 2020), secondo il principio di competenza.

I ricavi rilevanti si intendono riferiti all’ammontare complessivo dei componenti positivi indicati nel conto economico del bilancio consolidato (o individuale in assenza di quest’ultimo) redatto secondo corretti principi contabili.

Qualora alcune voci siano riportate come importo "netto” a conto economico sulla base di corretti principi contabili, ovverosia sommando algebricamente costi e ricavi connessi a determinate tipologie di operazioni, deve essere considerato quale ammontare di ricavo rilevante ai fini della soglia in esame il medesimo importo netto.

Per la determinazione dei ricavi, si fa riferimento ai componenti positivi derivanti dalla cessione di beni semilavorati e materie prime o sussidiarie, oltre che


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di prodotti finiti o merci alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa, dalla prestazione di servizi, da canoni, interessi, royalties e premi, nonché eventuali altri importi aventi analoga natura.

Nell’"ammontare complessivo dei ricavi” di cui al comma 36, lettera a) della legge in esame, inoltre, sono da computare anche i proventi derivanti dalla gestione straordinaria e le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni patrimoniali.

Analogamente a quanto previsto in relazione all’obbligo di rendicontazione dei dati nazionali Paese per Paese (CBCR), i ricavi rilevanti non comprendono i pagamenti ricevuti da altre entità appartenenti al gruppo che sono considerati dividendi nella giurisdizione fiscale del soggetto pagatore.

Si segnala che per le banche e per gli altri enti creditizi e finanziari si considerano ricavi il valore del margine di intermediazione esposto in conto economico, incrementato della voce "interessi passivi e oneri assimilati” e "commissioni passive”.

La seconda soglia dimensionale di 5,5 milioni di euro, invece, ha una delimitazione qualitativa e geografica, dovendosi trattare, per espressa scelta del legislatore nazionale, di ricavi derivanti dalla fornitura di «servizi digitali» realizzati in Italia.

Il Provvedimento, al punto 1, lettera b) ii., fa riferimento ai ricavi «percepiti» dai soggetti passivi dell’imposta nell’anno solare antecedente a quello in cui sorge il presupposto impositivo, rinviando così ad un criterio di cassa.

La scelta operata nel provvedimento è coerente sia con la natura di imposta indiretta della ISD, sia soprattutto con la disposizione contenuta nella norma primaria che fa espresso riferimento «all’anno solare», alla contabilizzazione delle «somme riscosse» mensilmente ed alla conversione in euro delle «somme incassate» in valuta diversa dall’euro (cfr. comma 41 e 44-bis dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019).


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In altri termini, per la verifica della seconda soglia, rilevano i ricavi (da servizi digitali realizzati in Italia) che, nel corso dell’anno solare di osservazione precedente (es: 2019) al periodo di imposta rilevante (es: 2020), siano stati percepiti dall’impresa, singolarmente o a livello di gruppo.

Ai fini dell’individuazione dei servizi digitali rilevanti per il superamento della seconda soglia dimensionale, occorre fare riferimento al punto 1, lettera h), del Provvedimento, che, a sua volta, traspone il comma 37 della norma primaria, di cui si tratterà più diffusamente in seguito.

È, in particolare, necessario che i servizi si considerino realizzati in Italia secondo i criteri di collegamento con il territorio dello Stato individuati nel punto 4 del Provvedimento.

Il Provvedimento direttoriale chiarisce, altresì, che per la determinazione della seconda soglia rilevano i ricavi «calcolati secondo i criteri individuati nel punto 3 e senza tener conto dei ricavi derivanti dai servizi di cui ai punti 2.2 e 2.3».

Pertanto, nel verificare il superamento della soglia di 5,5 milioni di euro, l’impresa è chiamata ad applicare le medesime regole dettate per il calcolo della base imponibile di cui al punto 3, senza tenere conto dei ricavi derivanti dai servizi digitali esclusi dall’ambito applicativo dell’imposta di cui ai punti 2.2 e 2.3. Tali regole saranno più approfonditamente trattate nel paragrafo 6.

La soglia dei 750 milioni di euro di ricavi, per individuare le imprese di più rilevante dimensione, inoltre, è stata già prevista in altre iniziative internazionali ed europee, come quella in tema di Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB).

Il limite minimo di 50 milioni di euro di ricavi derivanti da servizi digitali resi nel territorio unionale, fissato dalla proposta di direttiva per limitare l’applicazione dell’imposta ai casi in cui vi sia un’impronta digitale significativa a livello dell’Unione in relazione al tipo di ricavi oggetto dell’ISD, ha influenzato il


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legislatore italiano. Infatti, la soglia di 5,5 milioni di euro prevista ai fini dell’imposta sui servizi digitali nazionale è calcolata in base al contributo italiano al PIL europeo, corrispondente all’11 per cento.

Per entrambe le soglie, nel caso gli ammontari rilevanti siano espressi in valuta differente dall’euro, si ritiene che si possa mutuare il principio già previsto nel comma 44-bis della norma primaria e nel punto 8.4 del Provvedimento, secondo cui le somme in valuta diversa dall’euro sono convertite applicando l’ultimo tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, noto il primo giorno del mese nel corso del quale le somme sono incassate. Sul punto, si rinvia ai chiarimenti resi nel paragrafo 8.

Si precisa, al riguardo, che la valuta utilizzata ai fini contabili può costituire il riferimento per la conversione in euro. In altri termini, quando il soggetto passivo converte più valute in unica valuta estera a fini contabili, per motivi di semplificazione è accettabile che la conversione sia effettuata partendo direttamente dalla valuta contabile.

2.3 La nozione di gruppo

Per determinare il superamento di entrambe le soglie si ha riguardo ai ricavi realizzati sia singolarmente che a livello di gruppo.

L’esplicita derivazione del comma 36 dalla proposta di direttiva europea induce a mutuarne anche la nozione di gruppo rilevante ai fini del superamento delle soglie. L’articolo 4, paragrafo 6, della proposta di direttiva stabilisce che se l’impresa appartiene a un gruppo consolidato a fini contabili, le soglie devono essere applicate ai ricavi complessivi del gruppo consolidato.

Analogamente, il punto 1, lettera d), del Provvedimento stabilisce che per "gruppo” s’intendono tutte le entità, residenti e non residenti, incluse nel bilancio


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consolidato redatto in conformità ai principi internazionali d’informativa finanziaria o a un sistema nazionale d’informativa finanziaria.

Più precisamente, sono incluse le entità che si consolidano integralmente o con il metodo del pro-rata, secondo i principi contabili applicabili, con esclusione delle entità che si consolidano con il metodo del patrimonio netto.

Pertanto, ai fini del calcolo di entrambe le soglie dimensionali, occorre avere riguardo ai risultati delle entità comprese nel perimetro di consolidamento.

Il bilancio consolidato deve essere redatto secondo i "principi internazionali d’informativa finanziaria”, ossia gli International Financial Reporting Standard (IFRS), ovvero sulla base di un sistema nazionale d’informativa finanziaria. Tuttavia, affinché non si creino disallineamenti nella definizione del perimetro di consolidamento, è necessario che tale sistema nazionale produca risultati equivalenti e comparabili a quelli conseguiti con l’adozione degli IFRS.

Al riguardo, sulla base di un’analisi condotta dall’International Accounting Standards Board2 è stata affermata, in sede OCSE3, una sostanziale equivalenza tra IFRS e General Accepted Accounting Principle (GAAP) di Australia, Canada, Hong Kong (China), Giappone, Nuova Zelanda, Cina, India, Korea, Singapore e Stati Uniti.

Oltre ai sistemi contabili adottati da questi Paesi, si ritengono accettabili anche ulteriori sistemi nazionali di informativa finanziaria, purché rispettino la menzionata equivalenza, negli esiti della rappresentazione contabile, rispetto agli IFRS.

Come illustrato più in dettaglio al successivo paragrafo 6, si evidenzia come la nozione di gruppo rilevante ai fini della verifica del superamento delle soglie previste dal comma 36 differisca dal rapporto di controllo preso in considerazione

2Cfr https://www.ifrs.org/use-around-the-world/use-of-ifrs-standards-by-jurisdiction/

3In questo senso si veda Blueprint on Pillar One paragrafo 407.


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nel comma 38 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019. Il citato comma 38, infatti, a differenza del comma 36, fa espresso riferimento all’articolo 2359 c.c. per escludere, dai ricavi imponibili, quelli derivanti da servizi digitali resi nei confronti di soggetti controllanti, controllati o controllati dallo stesso soggetto controllante.

Tuttavia, il rapporto di controllo ex articolo 2359 c.c., oltre a incidere sulla determinazione della base imponibile, rileva indirettamente anche nel riscontro della soglia di 5,5 milioni di euro.

Infatti, se, da un lato, occorre avere riguardo ai ricavi da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato da parte di tutte le imprese rientranti nel perimetro di consolidamento, dall’altro, da questi stessi ricavi occorre sottrarre quelli resi nei confronti di soggetti con cui ricorra un rapporto di controllo che integri la nozione di cui all’articolo 2359 c.c.

La scelta è dettata da ragioni di coerenza, per evitare che questi ultimi ricavi siano valorizzati per individuare i soggetti passivi dell’imposta, nell’anno (n-1), e siano poi sterilizzati nella determinazione della base imponibile nell’anno (n).

2.4 Verifica del presupposto applicativo: primo anno di applicazione

Per verificare il superamento delle soglie il legislatore ha previsto un periodo di osservazione coincidente con l’anno solare immediatamente antecedente rispetto a quello rilevante per la determinazione dei ricavi imponibili.

Si tratta di una novità introdotta dall’articolo 1, comma 678, della legge di bilancio 2020, poiché nella versione previgente si faceva riferimento al superamento delle soglie «nel corso di un anno solare», lasciandone intendere la coincidenza con l’anno di imponibilità dei ricavi.


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Tale corrispondenza è venuta meno e la verifica della platea dei soggetti passivi precede cronologicamente di un anno solare il riscontro dei ricavi assoggettabili all’imposta sui servizi digitali.

Al riguardo, si osserva che l’eventuale entrata o uscita da un gruppo nel corso dell’anno successivo (es: 2020) a quello di verifica del superamento delle soglie (es: 2019) non fa mutare la qualifica di soggetto passivo dell’imposta. Ciò proprio in ragione della differenza temporale che si verifica tra l’anno (n-1) in cui viene riscontrato il superamento delle soglie e l’anno (n), in cui si generano i ricavi imponibili.

In sostanza, se un soggetto passivo nel 2019 faceva parte di un gruppo compreso nel perimetro della ISD e ne fuoriesce nel 2020, il soggetto sarà comunque tenuto a determinare i ricavi imponibili, ai fini dell’imposta in esame, percepiti nel 2020, pagare l’imposta dovuta e presentare la relativa dichiarazione nel 2021. La variazione del gruppo di appartenenza, verificatasi nel 2020, avrà invece implicazioni dirette ai fini della verifica del superamento delle soglie dimensionali


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nel 2020, necessaria per stabilire se lo stesso operatore continui o meno a qualificarsi soggetto passivo dell’imposta in relazione ai ricavi da servizi digitali

percepiti nel 2021.

Per meglio comprendere il meccanismo applicativo della norma, si

considerino i seguenti esempi:

2021

1° Soglia

2° Soglia

SOCIETÀ A

6.000.000

4.000.000

SOCIETÀ B

300.000.000

3.000.000

SOCIETÀ C

494.000.000

-

GRUPPO (ABC)

760.000.000

6.800.000

Nota: 1) si assume che i ricavi consolidati (760) siano determinati dopo l’elisione in sede di consolidamento di operazioni tra A, B e C per 40 milioni; 2) si assume che i ricavi da servizi digitali (6,8 milioni) siano determinati dopo l’esclusione di ricavi digitali tra A, B e C per 0,2 milioni.

Nell’anno 2021 le società A, B e C (appartenenti allo stesso Gruppo) in ottemperanza alla previsione normativa, dopo aver implementato tutte le necessarie misure di compliance, riscontrano di aver integrato le condizioni applicative della ISD, avendo complessivamente:

a)realizzato ricavi ovunque nel mondo per 760.000.000 euro; e

b)percepito ricavi derivanti da servizi digitali realizzati in Italia per 6.800.000 euro.

Il superamento di entrambe le soglie nell’anno solare 2021, a livello di Gruppo, comporta che tutte e tre le società che ne fanno parte siano potenzialmente soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali (singolarmente considerate) in


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relazione ai ricavi, derivanti dai servizi digitali resi a utenti localizzati nel territorio dello Stato, che verranno eventualmente percepiti da ciascuna di esse (A, B e C) nell’anno solare 2022.

Verificato il presupposto applicativo nel 2021, nell’anno solare 2022 potrebbero verificarsi diversi scenari, alcuni dei quali sono illustrati di seguito.

CASO 1

2022

1° Soglia

2°Soglia

SOCIETÀ A

4.000.000

2.500.000

SOCIETÀ B

100.000.000

500.000

SOCIETÀ C

196.000.000

5.000.000

GRUPPO (ABC)

300.000.000

8.000.000

Nota: per semplicità si assume che non vi siano né operazioni infragruppo elise

in consolidamento né ricavi da servizi digitali infragruppo.

Si ipotizzi che nel 2022 il gruppo:

a)realizzi complessivamente ricavi ovunque nel mondo per 300.000.000 euro; e

b)percepisca ricavi derivanti da servizi digitali realizzati in Italia per 8.000.000 euro.

In tal caso, i ricavi da servizi digitali percepiti nel 2022 da A (2.500.000 euro), da B (500.000 euro) e da C (5.000.000 euro) sono da considerare imponibili ai fini dell’imposta sui servizi digitali. Le tre società esaminate non si qualificano, invece, soggetti passivi d’imposta per l’anno 2023, non avendo superato, neanche a livello di Gruppo, la 1° soglia dimensionale nell’anno 2022.


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CASO 2

2022

1° Soglia

2° Soglia

SOCIETÀ A

4.000.000

2.500.000

SOCIETÀ B

390.000.000

2.500.000

SOCIETÀ C

506.000.000

499.000

GRUPPO (ABC)

900.000.000

5.499.000

Nota: per semplicità si assume che non vi siano né operazioni

infragruppo elise in consolidamento né ricavi da servizi digitali

infragruppo.

Si ipotizzi, invece, che nel 2022 il Gruppo:

a)realizzi complessivamente ricavi ovunque nel mondo per 900.000.000 euro; e

b)percepisca ricavi derivanti da servizi digitali realizzati in Italia per 5.499.000 euro.

Si verificano le medesime conseguenze del Caso 1, con la differenza che il mancato superamento della soglia, nell’anno solare 2022, è determinato da un’insufficienza dei ricavi da servizi digitali percepiti in Italia (2° Soglia). Di questi, nel 2022, 2.500.000 euro sono ricavi imponibili in capo alla società A; 2.500.000 euro in capo alla società B e, infine, 499.000 euro in capo alla società C. Le tre società non si qualificano, pertanto, quali soggetti passivi d’imposta in relazione ai ricavi derivanti da servizi digitali percepiti nel 2023.


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CASO 3

2022

1° Soglia

2° Soglia

SOCIETÀ A

7.000.000

7.000.000

SOCIETÀ B

893.000.000

-

SOCIETÀ C

450.000.000

5.000.000

SOCIETÀ D

350.000.000

-

GRUPPO (AB)

900.000.000

7.000.000

GRUPPO (CD)

800.000.000

5.000.000

Nota: per semplicità si assume che non vi siano né operazioni infragruppo elise

in consolidamento né ricavi da servizi digitali infragruppo.

Si ipotizzi che nel corso del 2022 la società C fuoriesca dal gruppo originario (formato anche con A e B), entri nel gruppo formato con D e nel medesimo periodo d’imposta il gruppo (ormai formato dalle sole società A e B):

a)realizzi complessivamente ricavi nel mondo per 900.000.000 euro (pari alla somma dei ricavi di A e B); e

b)percepisca ricavi derivanti da servizi digitali realizzati in Italia per 7.000.000 euro.

In tale ipotesi, i ricavi da servizi digitali percepiti da A nel 2022 (tutti i 7.000.000 di euro) saranno soggetti all’imposta sui servizi digitali. Inoltre A e B saranno da considerare soggetti passivi d’imposta per l’anno 2023, avendo superato le soglie dimensionali nell’anno 2022 (a livello di Gruppo).

Sebbene non più appartenente al Gruppo di A e di B, la società C dovrà assoggettare a ISD i ricavi da servizi digitali realizzati in Italia nel 2022 (pari a 5.000.000 di euro). Inoltre, la società C, confluita nel Gruppo della società D, non si


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qualifica soggetto passivo d’imposta in relazione all’anno 2023 per mancato superamento della 2° Soglia dimensionale prevista dalla norma.

3 Ambito oggettivo

L’imposta sui servizi digitali, come già anticipato, è un’imposta volta ad assoggettare a tassazione i ricavi generati dalla fornitura di determinati servizi digitali caratterizzati dall’utilizzo da parte del soggetto passivo di un’interfaccia digitale e dal contributo (non necessariamente attivo o consapevole) alla creazione di valore da parte degli utenti.

Il ruolo degli utenti di tali servizi è più complesso rispetto a quello tradizionalmente svolto dai clienti. Inoltre, questi servizi possono essere forniti a distanza, senza che il fornitore dei servizi sia necessariamente stabilito fisicamente nel luogo in cui si trovano gli utenti e dove è creato o monetizzato il valore.

In altre parole, l’elemento da assoggettare a tassazione sono i ricavi ottenuti, tramite l’interfaccia digitale, dalla monetizzazione del contributo degli utenti, non la mera partecipazione in sé degli utenti.

Vi sono diversi modi in cui la partecipazione degli utenti può contribuire alla creazione di valore. «Ad esempio, le imprese digitali possono ricavare dati relativi alle attività degli utenti sulle interfacce digitali, cosa che di norma serve a fornire pubblicità mirate a tali utenti, o possono trasferirle a terzi a titolo oneroso. Un altro modo consiste nella partecipazione attiva e continuativa degli utenti sulle interfacce digitali multilaterali, che si basano sugli effetti di rete in cui, in generale, il valore del servizio aumenta in funzione del numero di utenti che utilizzano l’interfaccia. Il valore di tali interfacce risiede nei collegamenti tra gli utenti e nelle interazioni tra di essi, nel corso dei quali gli utenti spesso caricano e condividono informazioni


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all’interno della rete4». Tali interfacce digitali multilaterali possono anche agevolare le cessioni di beni o prestazioni di servizi tra gli utenti, il che costituisce un’altra importante ed autonoma forma di partecipazione degli utenti stessi alla creazione di valore per l’impresa digitale rilevante ai fini della ISD.

Una ulteriore caratteristica del servizio digitale è quella di essere (i) automatizzato, ovvero la fornitura del servizio richiede un coinvolgimento umano minimo da parte del fornitore; e (ii) digitale, reso attraverso internet o avvalendosi di una rete elettronica.

La prima condizione, ovvero l’automazione, riflette il fatto che il fornitore, tramite la propria interfaccia digitale, può far fruire all’utente concretamente il servizio digitale con i mezzi a disposizione dell’utente stesso (ossia il dispositivo) senza la necessità di richiedere un'interazione umana da parte del fornitore medesimo, se non minima. La seconda condizione riflette il mezzo mediante il quale il servizio digitale viene erogato (internet o rete elettronica) e che distingue i servizi in commento da quelli tradizionali in cui l’erogazione non avviene tramite un’interfaccia digitale o comunque è contraddistinta dalla necessità della presenza fisica del fornitore o del cliente.

Non è, inoltre, rilevante il titolo (proprietà, noleggio o simili), in base al quale il fornitore utilizza l’interfaccia digitale per mezzo della quale vengono resi i servizi digitali. Ciò che conta, infatti, è che il fornitore del servizio digitale abbia il controllo dell’interfaccia digitale nel senso che abbia il potere di definire i termini e le condizioni, comprese quelle che regolano la fornitura del servizio digitale, dell’accesso alla stessa da parte degli utenti.

Tenendo conto delle diverse forme di contributo o partecipazione degli utenti descritte sopra e degli aspetti tipici dei servizi digitali, l’ISD è stata concepita per

4Proposta di direttiva europea, pag. 7.


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assoggettare ad imposizione i corrispettivi generati dalla fornitura dei seguenti servizi digitali:

a)veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia5;

b)messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi6;

c)trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale7.

Premesso tale inquadramento generale sulla natura dei servizi digitali, nei paragrafi successivi saranno analizzate le principali caratteristiche delle singole tipologie di servizi assoggettate all’ISD.

3.1 Servizi di veicolazione della pubblicità mirata

La fattispecie di cui al comma 37, lettera a), della legge di bilancio 2019 riguarda i «ricavi derivanti dalla veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia».

Dalla formulazione della norma, si evince che la prima tipologia di servizi interessata dalla ISD è caratterizzata dai seguenti elementi:

-l’onerosità della prestazione;

-l’interfaccia digitale;

-l’attività di veicolazione;

-la pubblicità mirata;

5Cfr. l’articolo 1, comma 37, lettera a), della Legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

6Cfr. l’articolo 1, comma 37, lettera b), della Legge del 30 dicembre 2018, n. 145

7Cfr. l’articolo 1, comma 37, lettera c), della Legge del 30 dicembre 2018, n. 145.


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-gli utenti.

Il primo aspetto da evidenziare è che i servizi digitali in esame devono essere resi a titolo oneroso; in altri termini, assumono rilevanza, ai fini della determinazione della base imponibile ISD, solo quelle prestazioni che determinano la percezione di un corrispettivo. La norma, infatti, vuole colpire il valore derivante dalla "monetizzazione” dei dati relativi all’utente da parte del fornitore del servizio attraverso la pubblicità mirata all’utente stesso. A questo riguardo, si precisa che rilevano i corrispettivi percepiti a prescindere dalla circostanza che questi siano accompagnati da un effettivo incasso in denaro (ipotesi che si potrebbe verificare, ad esempio, perché il relativo credito è stato compensato o perché i corrispettivi sono stati percepiti in natura).

Un secondo aspetto di rilievo attiene al fatto che la prestazione fornita dai soggetti passivi d’imposta debba consistere nel veicolare (ossia intermediare o ospitare, vedi infra) pubblicità mirata su una interfaccia digitale. La disposizione legislativa in esame, tuttavia, non reca una precisa definizione di "interfaccia digitale”, di "veicolazione” o di "pubblicità mirata”.

Il Provvedimento, al punto 1, lettera g), definisce l’interfaccia digitale come «qualsiasi software, compresi i siti web o parte di essi e le applicazioni, anche mobili, accessibili agli utenti». La citata definizione è coerente con quella contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, della proposta di direttiva europea.

Nella nozione di interfaccia digitale in esame sono da ricomprendere anche le piattaforme digitali che erogano servizi televisivi e programmi a pagamento, in quanto tali piattaforme, nell’ambito del palinsesto dei programmi erogati, possono ospitare messaggi pubblicitari.

La definizione di "veicolazione” è invece fornita nel punto 1, lettera l) del Provvedimento: è il servizio reso da operatori tramite interfacce digitali che


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trasferiscono su siti di terzi o ospitano la pubblicità mirata, percependo un corrispettivo per tale intermediazione o in relazione alla pubblicità "ospitata”.

La nozione in commento è, dunque, ampia, contemplando due distinte ipotesi di prestazioni di servizi digitali rientranti nell’imposta:

i.la cessione di spazi pubblicitari da parte dei cosiddetti publisher (quali siti internet, blog, editori);

ii.l’intermediazione effettuata tramite altra interfaccia digitale (ossia diversa rispetto a quella che ospita la pubblicità mirata) lungo la filiera della pubblicità

online.

Si evidenzia, al riguardo, come la vendita da parte del publisher (es: editore) di spazi pubblicitari ospitati sulla propria interfaccia digitale (che contengono la pubblicità mirata destinata all’utente finale) agli advertiser (inserzionisti) possa avvenire in modo diretto o in modo indiretto. La ISD colpisce:

sia la collocazione da parte del publisher sulla propria interfaccia digitale del messaggio pubblicitario dell’inserzionista (advertiser) per promuovere i propri prodotti o servizi (ivi inclusi il marchio, la corporate identity, brand awareness etc.);

sia l’attività d’intermediazione tramite altra interfaccia digitale posta in essere per mettere in contatto, utilizzando modelli contrattuali diversi, l’inserzionista

o advertiser (soggetto terzo che intende acquistare uno spazio pubblicitario dove effettuare una campagna pubblicitaria relativa ad un determinato bene, prodotto, servizio) e l’editore o publisher (giornali, siti internet, blog) il cui interesse economico consiste nel vendere lo spazio digitale di cui dispone.

La vendita indiretta di spazi pubblicitari può avvenire per il tramite di diversi intermediari, secondo schemi di compravendita e modalità tecnologiche in continua evoluzione.


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Nell’ambito di questa filiera possono intervenire, innanzitutto, soggetti che offrono servizi di consulenza specializzata e di intermediazione agli inserzionisti di pubblicità e che acquistano, per loro conto, spazi pubblicitari su internet. Si pensi, ad esempio, alle agenzie di comunicazione cui l’inserzionista affida la pianificazione pubblicitaria su tutti i media. Vi sono poi i trading desk e le piattaforme di trading per l’acquisto di spazi pubblicitari in tempo reale8.

Anche i publisher, a loro volta, possono avvalersi di intermediari per offrire pubblicità, come ad esempio le concessionarie che agiscono sulla base di un contratto, assimilabile al mandato, che ha ad oggetto la gestione dello sfruttamento degli spazi pubblicitari sull’interfaccia pubblicitaria, trattenendo una commissione per la loro prestazione. Possono intervenire anche gli Advertising Network (Ad Network) e gli Advertising Exchange (Ad Exchange) ed altri soggetti che si pongono in una posizione intermedia9.

8Tra gli intermediari per la domanda di pubblicità vi sono i seguenti:

1)i Centri Media, che negoziano e/o acquistano spazi pubblicitari su internet per conto dei propri clienti (Inserzionisti). L’acquisto di spazi può avvenire direttamente presso i Publisher o mediante ulteriori intermediari. I Centri media non svolgono unicamente tale attività che rientra nella prestazione di servi più ampia, legata alla pianificazione, alla gestione e al controllo della campagna pubblicitaria online;

2)i Trading Desks ossia piattaforme di trading utilizzate dagli Inserzionisti o dai Centri Media per l’acquisto di spazi pubblicitari in tempo reale, spesso quale anello di collegamento tra questi e gli Ad Exchanges.

9Come ad esempio i seguenti intermediari per l’offerta di pubblicità:

1)Concessionarie pubblicitarie che vendono agli inserzionisti spazi pubblicitari per conto del Fornitore del contenuto di questi spazi, sulla base di un contratto assimilabile al mandato. Veicolano la pubblicità "targhettizzando” le inserzioni che compaiono sugli spazi web che gestiscono in concessione, essendo in certi casi titolari di piattaforme con cui raccolgono ed analizzano comportamenti, interessi e bisogni di tutti gli utenti dei siti che gestiscono. Di norma, questi operatori sostengono tutti i costi gestionali (incluse eventuali commissioni da corrispondere alle agenzie di pubblicità che assistono l’inserzionista) e ribaltano al concedente (il Fornitore dei contenuti) una quota prestabilita dei ricavi pubblicitari che gli stessi ritraggono dagli Inserzionisti (sostanzialmente trattenendo la loro commissione di intermediazione).

2)AD Network acquistano dai Fornitori di Contenuti il diritto di mostrare sui siti web di questi ultimi annunci pubblicitari degli Inserzionisti. Questi ultimi, a loro volta, hanno rapporti contrattuali diretti con gli Ad Network (e non con i fornitori di contenuti), autorizzandoli a sponsorizzare i servizi degli Inserzionisti su interfacce digitali dello stesso Ad Network o di terzi. Gli Inserzionisti corrispondono un compenso pubblicitario agli Ad Network che, a loro volta, corrispondono un compenso ai Fornitori di Contenuti (c.d. traffic acquisition cost).


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La numerosità degli operatori coinvolti (sia nazionali che internazionali) potrebbe potenzialmente dare luogo a fenomeni di doppia o plurima imposizione (cosiddetti "effetti a cascata”).

Occorre, tuttavia, evidenziare che la rilevanza dei soli operatori che si qualifichino come "interfacce digitali”, la presenza delle soglie dimensionali sopra evidenziate, e la sterilizzazione dei ricavi infragruppo prevista dal citato comma 38 riducono significativamente tale rischio. In ogni caso, si precisa che, in sede di determinazione della base imponibile (cfr. paragrafo 6.1), si tiene conto di eventuali effetti a cascata.

Come già evidenziato, non tutta l’attività di veicolazione della pubblicità rientra nell’ambito di applicazione della ISD.

La legge di bilancio 2019 circoscrive, infatti, l’ambito applicativo dell’imposta alle sole prestazioni che riguardano la "pubblicità mirata”. Per pubblicità mirata s’intendono i messaggi pubblicitari collocati su un’interfaccia digitale in funzione dei dati relativi a un utente che accede a tale interfaccia10.

I dati degli utenti sulla base dei quali viene indirizzata la pubblicità riguardano aspetti relativi agli stessi, quali preferenze, gusti, comportamenti

3)Network di affiliazione, piattaforme che operano come intermediari tra i Fornitori di Contenuti (affiliati) e gli Inserzionisti. Si tratta generalmente di network "settoriali” in quanto i loro affiliati sono tendenzialmente soggetti operanti in un medesimo settore merceologico. Gli affiliati sono liberi di scegliere le compagne da pubblicizzare e le modalità di pubblicizzazione (diversamente dai casi in cui si affidano a Concessionarie). Gli Inserzionisti hanno la certezza di essere pubblicizzati e, in caso contrario, non sono tenuti a pagare il corrispettivo (diversamente da quanto accade nei meccanismi ad asta). Il Network di affiliazione svolge attività di intermediazione tra Inserzionisti e affiliati, ritraendo una commissione.

4)Ad Exchange, piattaforme tecnologiche di cui si avvalgono i fornitori di contenuti e i servizi web, gli Ad Network e gli Inserzionisti per acquistare e vendere spazi pubblicitari. Si interpongono tra chi offre spazi pubblicitari e gli Inserzionisti che intendono accedere a detti spazi, utilizzando algoritmi computerizzati per la negoziazione in tempo reale (c.d. Real Time Bidding). Gli spazi in vendita vengono immessi da piattaforme SSP (Supply Side Platform), alimentate dai Fornitori di Contenuti (direttamente) o da loro intermediari (Ad Network, Concessionarie, etc.). Le offerte di acquisto vengono immesse dalle piattaforme DSP (Demand Side Platform) che a loro volta ricevono le offerte

dagli Inserzionisti o dai loro intermediari. Sono attori chiave nel c.d. "programmatic advertising”.

10 Cfr punto 1, lettera k), del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 0013185 del 15 gennaio 2021.


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(compresi quelli digitali, come gli acquisti o la digitazione di ricerche su motori di ricerca), ubicazione geografica.

È possibile sia che l’utente fornisca attivamente tali dati, ad esempio tramite l’iscrizione alla piattaforma digitale (il cui accesso potrebbe essere condizionato al rilascio da parte dell’utente medesimo di alcuni dati personali specifici, quali il luogo di nascita, il grado di istruzione, l’inquadramento lavorativo, relazioni personali, luoghi visitati), sia che lo stesso ne consenta la raccolta, ad esempio, attraverso i c.d. "cookies” ovvero attraverso il rilascio delle proprie informazioni personali di navigazione. Di seguito si forniscono alcuni esempi di pubblicità mirata sulla base dei dati riguardanti gli utenti:

-targeting sociodemografico: ovvero la pubblicità basata sulle informazioni demografiche disponibili (età, genere, reddito, nazionalità etc.);

-time targeting: che consente agli inserzionisti di trasmettere i propri annunci solo in giorni specifici o in orari specifici sulla base della cronologia degli accessi da parte degli utenti;

-targeting geografico: che consente di offrire annunci agli utenti in base alla loro posizione ricavata attraverso gli indirizzi IP, l'uso di una connessione wifi e i dati GPS;

-targeting comportamentale: che si basa sull'osservazione delle azioni degli utenti, quali, ad esempio le pagine che una persona ha visitato e i prodotti che ha visualizzato o la ricerca effettuata sul motore di ricerca;

-retargeting: rappresenta una forma di targeting comportamentale che consiste nel pubblicizzare siti web che gli utenti hanno già visitato al fine di incoraggiarli a visitarli nuovamente ed acquistare/visualizzare i prodotti per i quali hanno già manifestato interesse.

L’utilizzo dei dati dell’utente per l’apposizione del messaggio pubblicitario su una interfaccia digitale rappresenta la partecipazione dell’utente alla creazione del


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valore del servizio digitale fornito, ossia l’elemento caratterizzante i servizi digitali (cfr. paragrafo 3.2). Per questo motivo, si ritengono esclusi dal concetto di pubblicità mirata, in quanto non collegati ai dati relativi all’utente, i messaggi pubblicitari associati solo ai contenuti presenti sull’interfaccia stessa: trattasi, in sintesi, di pubblicità proposta al di fuori delle SERP (Search Engine Results Page) dei motori di ricerca e specificatamente in pagine web i cui contenuti (ad esempio articoli) sono analoghi agli argomenti riconducibili alle parole chiave acquistate dall’inserzionista (cosiddetta "pubblicità contestuale”).

Ne sono un esempio:

-il banner pubblicitario che appare su una pagina secondaria di un sito web (ad esempio, una pubblicità di cucine su misura che appare ad ogni utente nella pagina di un quotidiano online dedicata all’arredamento);

-il canale tv che mostra ad ogni utente una pubblicità relativa ad articoli

sportivi durante la trasmissione dei Giochi olimpici.

Infine, nella lettera j) del punto 1 del Provvedimento, in relazione a tutte le tipologie di servizi digitali, si chiarisce che per "utente” si intende qualsiasi soggetto che si connette, tramite un dispositivo, a una interfaccia digitale. Pertanto, possono qualificarsi tali non solo le persone fisiche/consumatori finali, ma anche le imprese (che possono agire attraverso persone fisiche). Non rientra invece nella nozione di utente il soggetto passivo in relazione al servizio digitale dallo stesso reso.

Èdi tutta evidenza come questo ultimo elemento da esaminare assuma, in generale, un ruolo fondamentale nei servizi digitali colpiti dalla ISD e, in particolare, nelle prestazioni di veicolazione di pubblicità mirata. È necessario, infatti, un comportamento attivo dell’utente, collegato alla generazione dei dati e all’accesso ad una interfaccia digitale. Tuttavia, come precisa anche la proposta di


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direttiva11, è irrilevante, ai fini dell’applicazione della ISD, che gli utenti abbiano anche contribuito "finanziariamente” a generare i ricavi soggetti alla stessa.

Per quanto riguarda quindi la pubblicità digitale mirata, la veicolazione intesa nell’accezione di pubblicità "ospitata”, richiede che l’utente (consumatore o impresa) acceda con il proprio dispositivo all’interfaccia digitale ove la pubblicità mirata è ospitata (es: sul sito del publisher) per apparire sul dispositivo dell’utente stesso. Quando, inoltre, vi è anche veicolazione intesa quale intermediazione, è necessaria la ulteriore presenza di altra interfaccia digitale (o anche più di una) ove accedono gli utenti (ossia l’acquirente ed il venditore, in conto proprio o in conto terzi, della pubblicità mirata).

3.2 Servizi di interazione tra gli utenti: le interfacce multilaterali

La fattispecie indicata al comma 37, lettera b), della legge di bilancio 2019 ricomprende la «messa a disposizione di una interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni e servizi».

La formulazione della disposizione in esame consente di individuare due distinte categorie di ricavi da servizi digitali, derivanti da:

i)interazione e contatto tra gli utenti, che può essere definita come "rete sociale”;

ii)intermediazione formale (o sostanziale, vedi infra) nella cessione diretta di beni e servizi tra gli utenti, che possiamo definire "attività di

intermediazione tra utenti”.

La bipartizione dei servizi digitali di cui alla citata lettera b) comporta anche una differenziazione nei criteri di localizzazione, individuati nel comma 40 della

11Cfr. articolo 5, comma 1, della proposta di direttiva europea.


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legge di bilancio 2019, e nelle modalità di quantificazione della percentuale dei ricavi tassabili, previste al successivo comma 40-ter.

Data l’eterogeneità delle attività potenzialmente svolte dalle interfacce multilaterali (alcune di queste escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta, come ad esempio i servizi di messaggistica o di pagamento) occorre preliminarmente precisare quali siano i tratti peculiari dei servizi in commento, anche con riferimento ai tratti distintivi delle interfacce digitali multilaterali rispetto alle altre interfacce digitali.

L’elemento distintivo delle interfacce digitali multilaterali risiede nel fatto che le stesse consentono agli utenti di trovare altri utenti ed entrarvi in contatto. La messa in contatto o l’interazione tra utenti rappresentano i fattori che permettono ai fornitori di tali servizi di beneficiare degli effetti di rete digitale.

3.2.1 Messa a disposizione di servizi di "rete sociale”

Ciò premesso, nella prima sottocategoria di servizi digitali in commento rientrano i servizi effettuati da interfacce digitali multilaterali che consentono agli utenti che vi accedono di trovare altri utenti e di interagire tra loro. L’ampia definizione consente di ricomprendere una serie di attività diverse quali, ad esempio, piattaforme di social networking e professionali, di microblogging, piattaforme di condivisione tra utenti di video o immagini o altri contenuti digitali, siti di incontri online, piattaforme dedicate alla condivisione di giochi con utenti e alla interazione tra loro, nonché piattaforme di messaggistica e chiamate online.

In linea generale, i servizi digitali riguardanti la "rete sociale” sono quelli riconducibili alle "social media platforms”, ossia quelle piattaforme disponibili su un’interfaccia digitale per facilitare l'interazione tra utenti o tra utenti e contenuti generati dagli utenti. Si osserva come tale tipologia di servizi è spesso gratuita per l’utente e il ricavo deriva dalla vendita di pubblicità (anche mirata all’utente), o dalla


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vendita di dati sugli utenti. In alcuni casi, tuttavia, il servizio è fornito all’utente dietro pagamento a titolo di canone di abbonamento.

Resta inteso che qualora il servizio della messa a disposizione dell’interfaccia digitale sia reso gratuitamente agli utenti della "social media platform” ed il valore sia monetizzato attraverso la vendita di pubblicità mirata agli utenti, o attraverso la vendita dei dati degli utenti, rileveranno ai fini dell’ISD esclusivamente tali tipologie di ricavi, ossia quelli derivanti dai servizi indicati rispettivamente nella lettera a) e nella lettera c) del comma 37 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019. Nei servizi di cui alla lettera b) in esame rientrano, invece, le ipotesi in cui il valore del contatto e della interazione tra gli utenti si traduca, in termini monetari, in "subscription fee” o abbonamenti o in altre analoghe remunerazioni.

3.2.2 Servizi di intermediazione

La seconda sottocategoria di servizi presuppone una «intermediazione» da parte della interfaccia digitale nella cessione diretta di beni e servizi tra gli utenti.

In particolare, assume rilevanza ai fini della ISD il ruolo di intermediario svolto dalla interfaccia digitale nelle operazioni di vendita e/o fornitura di servizi, non solo da un punto di vista formale ma anche sostanziale.

L’individuazione dell’esatto ruolo del gestore dell’interfaccia digitale riveste particolare importanza, posto che la fornitura di beni e servizi da parte del gestore dell’interfaccia stessa è esclusa dall’ambito applicativo della ISD qualora tale gestore non agisca da intermediario12.

Al fine di comprendere se un servizio digitale rientri o meno nel novero della lettera b) del comma 37, è necessario svolgere un’analisi delle condizioni (cosiddetti

12Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera b) della legge di bilancio 2019 e infra paragrafo 4.


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"terms and conditions”) che regolano l’utilizzo dell’interfaccia (profilo giuridico- formale), nonché del funzionamento effettivo del business model (profilo economico-sostanziale) per stabilire:

se il fornitore opera in proprio e, in particolare, se su quest’ultimo grava la responsabilità primaria per l’esecuzione del contratto, se assume rischi (ad esempio, rischi di credito, di invenduto/magazzino) e/o ha il potere di fissare i prezzi di (ri)vendita. In questo caso è appunto fornitore che non svolge funzioni di intermediario;

oppure

se si limita a "triangolare” le operazioni nelle quali permane in capo ad altro fornitore (venditore effettivo) l’assunzione di rischi e/o la fissazione dei prezzi destinati all’acquirente finale. In questo caso trattasi di soggetto che svolge funzioni di intermediario. In tal caso la remunerazione ascrivibile alla funzione di intermediazione è soggetta ad ISD, mentre le operazioni riguardanti il bene o il servizio oggetto di intermediazione, essendo «sul piano economico, operazioni indipendenti dall'accesso e dall'utilizzazione del servizio imponibile», non rientrano tra i ricavi imponibili che, quindi, debbono essere considerati non rilevanti a tal fine.

Un utile indicatore, seppur non esclusivo, per individuare lo svolgimento

delle funzioni di intermediario può essere rappresentato dalla rilevazione contabile adottata in base agli IAS/IFRS. Infatti chi svolge la funzione di intermediario in base agli IAS/IFRS non rileva a conto economico il ricavo relativo al bene o servizio ma solo la commissione13.

13 Si veda il paragrafo B37 del principio contabile IFRS 15 di cui al regolamento UE 2016/1905 del 22 settembre 2016, riguardante gli elementi indicatori del fatto che una entità agisca in qualità di rappresentante, senza avere il controllo sul bene o servizio prima che sia fornito al cliente.


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Da quanto sopra rappresentato è possibile quindi desumere un criterio direttivo per comprendere se un servizio digitale rientri o meno nel novero della lettera b) del comma 37 e, quindi, se il gestore dell’interfaccia svolga funzioni di intermediario. Tale criterio è coerente con il principio contenuto nel considerando n. 13 della proposta di direttiva, secondo cui «per stabilire se un fornitore venda beni o servizi online per proprio conto o se fornisca servizi di intermediazione si dovrà tenere conto della sostanza giuridica ed economica di un’operazione, quale risulta dagli accordi conclusi tra le parti interessate. Ad esempio, un fornitore di un’interfaccia digitale sulla quale sono messi a disposizione beni di terzi potrebbe essere considerato prestatore di un servizio di intermediazione (ovvero la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale) in cui non viene assunto alcun rischio d’inventario significativo o in cui è la terza parte che fissa, di fatto, il prezzo di tali beni».

Anche in sede OCSE viene evidenziato come si possa verificare l’ipotesi in cui una interfaccia multilaterale che effettua servizi d’intermediazione operi anche come un mercato online secondo un modello di rivendita di beni, senza tuttavia assumere i normali rischi commerciali associati alla fornitura del prodotto sottostante. Al riguardo, viene proposto l’esempio in cui, dopo la prenotazione di un utente per un servizio di autonoleggio tramite l’interfaccia digitale, il gestore della stessa acquista il servizio di autonoleggio da un terzo e lo rivende al cliente che ha effettuato la prenotazione. Posto che il gestore dell’interfaccia digitale non assume alcuno dei normali rischi commerciali associati alla fornitura del servizio di noleggio auto sottostante, in tale ipotesi il ruolo svolto dall’interfaccia digitale consiste sostanzialmente in una attività di intermediazione e, come tale, da qualificare tra i servizi imponibili ISD.

Tra le fattispecie che più comunemente rientrano nella nozione di interfaccia digitale multilaterale prevista al comma 37, lettera b) vi è pertanto quella dei


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cosiddetti "marketplace”, intendendosi per tali quelle interfacce digitali che facilitano la fornitura diretta di beni o servizi direttamente tra gli utenti. Tuttavia:

quando i beni vengono ceduti o i servizi resi da un utente (platform seller) nei confronti (o a favore) del cliente attraverso l’interfaccia digitale (in questo caso: "marketplace”), la commissione ritratta dal gestore dell’interfaccia digitale configura ricavo da servizi digitali, mentre il corrispettivo per il bene e/o il servizio oggetto di intermediazione non rileva quale ricavo da servizi digitali (esclusione prevista dall’articolo 1, comma 37-bis, lettera a) della legge di bilancio 2019);

quando il gestore dell’interfaccia digitale opera quale fornitore di beni o servizi (ad esempio nel caso di cessione di beni di sua proprietà e, quindi non in veste di intermediario), trattasi di attività che non genera ricavi da servizi

digitali in base al comma 37-bis lettera b).

Su questo tema si innestano situazioni particolari, esemplificate al paragrafo 4.2, per le quali occorre valutare, a seconda dei casi, come applicare i criteri sopra delineati, anche alla luce delle fattispecie escluse illustrate al successivo paragrafo 4.

3.3Trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia

La terza e ultima fattispecie è quella finalizzata ad assoggettare a ISD i ricavi derivanti dalla «trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale», prevista nella lettera c) del comma 37 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019.

I dati cui fa riferimento la disposizione in esame includono le informazioni personali dell’utente, quali le abitudini, la spesa, la posizione, l’ambiente e l’utilizzo di servizi, hobby o interessi. Tali dati possono essere sia anonimi, sia aggregati


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(inclusi informazioni di geolocalizzazione e livelli di traffico degli utenti). Inoltre, sono ricompresi i dati di tipo economico industriale, scientifico, statistico o di altro tipo non collegati a persone fisiche (come nel caso di imprese che acquisiscono tramite interfacce digitali - e diffondono - informazioni su investimenti e mercati finanziari, o ricerca scientifica).

I dati possono essere raccolti direttamente o essere acquisiti da terzi. La fonte dei dati non è determinante al fine di individuare l’effettuazione del servizio in commento; ciò che determina la sussistenza del servizio ai fini dell’applicazione dell’imposta sui servizi digitali è che il dato sia ricavato da un utente che accede a un’interfaccia digitale.

Il servizio imponibile riguarda solo la trasmissione a titolo oneroso dei dati ottenuti dall’interfaccia digitale (inclusa l’ipotesi in cui i relativi compensi siano percepiti dall’interfaccia in forma non monetaria), restando fuori dalla categoria in commento la raccolta di dati o l’uso dei dati per i fini interni dell’impresa oppure la condivisione dei dati raccolti da un’impresa con altre imprese del gruppo o altri soggetti a titolo gratuito. Tale ricostruzione è coerente con la regola prevista per la determinazione della base imponibile che valorizza i corrispettivi, anche non monetari, derivanti dalla trasmissione dei dati ottenuti dall’attività degli utenti sulle interfacce digitali (si rinvia al paragrafo 6.3).

Si precisa che il "trasferimento” a titolo oneroso dei dati in esame può consistere in una cessione, in una licenza o in un altro negozio giuridico attraverso cui si concede integralmente o parzialmente il diritto di sfruttamento economico dei dati in esame.

Non rientra, invece, nel servizio di cui al citato comma 37, lettera c) la trasmissione dei dati generati dalle infrastrutture di rete mediante la loro interazione


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con le schede telefoniche (S.I.M. cards)14 . Quest’ultime, infatti, non possono essere considerate interfacce digitali rilevanti ai fini dell’imposta, in quanto trattasi di schede elettroniche o circuiti integrati che consentono la connessione (cosiddetta "identificazione”) degli utenti alla rete di comunicazione. L’utente, in questa ipotesi, non svolge nessun comportamento attivo che produce valore per l’impresa, in quanto gli eventi di rete si producono dal semplice aggancio della SIM alle celle di rete e rispetto ai quali l’utente ha un ruolo del tutto passivo ed inerte.

La questione è stata sollevata perché i dati generati dagli eventi di rete (tipicamente utilizzati per la fatturazione delle utenze) sono alla base di un settore di business di alcuni operatori di telecomunicazione (c.d. Data Analytics). Si ritiene che il servizio di Data Analytics, consistente nella reportistica anonima inerente ai flussi di mobilità della popolazione nell’ambito di determinate aree geografiche ed avente la finalità di migliorare le attività di pianificazione, decision-making e azioni delle aziende e delle pubbliche amministrazioni in maniera predittiva e data driven, sia fuori dall’ambito applicativo della ISD. I dati che generano ricavi imponibili sono, infatti, quelli che derivano da un utilizzo dell’interfaccia digitale, che denota un ruolo attivo degli utenti dell’interfaccia, i quali vi accedono e vi svolgono una "attività” (v. punto 3.7 del Provvedimento).

Considerate, infine, le modalità di calcolo dei ricavi imponibili di cui al comma 40-ter dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, si ritiene che la trasmissione che rileva ai fini dell’applicazione dell’imposta è solo quella effettuata a favore del primo acquirente da parte del soggetto che gestisce i dati della consultazione dell’interfaccia. Altri soggetti eventualmente coinvolti in cessioni successive, infatti, non avrebbero a disposizione le informazioni necessarie per determinare la localizzazione dell’utente al momento della consultazione dell’interfaccia su cui i dati sono stati generati o raccolti.

14Trattasi dei cosiddetti eventi di rete.


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Rimane fermo, inoltre, che i dati oggetto di cessione nell’ambito del servizio di cui al citato comma 37, lettera c) potrebbero anche essere oggetto della fattispecie di intermediazione di cui al citato comma 37, lettera b).

4 Esclusioni dall’ambito oggettivo

Come già evidenziato nel paragrafo 3.1, l’ISD intende assoggettare a tassazione i ricavi generati dalla fornitura di servizi digitali caratterizzati dalla creazione di valore da parte (con il contributo) degli utenti.

Alla luce di tale ratio normativa, il legislatore nazionale ha inserito nel comma 37-bis dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019 una esemplificazione negativa (cd. "negative list”) in cui sono espressamente elencati i servizi da non considerare ai fini dell’applicazione dell’imposta15:

a)la fornitura diretta di beni e servizi, nell'ambito di un servizio di intermediazione digitale16;

b)la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario17;

c)la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell'interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l'interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento18.

d)la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire servizi finanziari19;

15 I servizi esclusi dall’ambito oggettivo dell’imposta sono riportati anche nel paragrafo 2.2. del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2021.

16Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera a), della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

17Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera b), della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

18Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera c), della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

19Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera d), della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.


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e)la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono i servizi indicati alla lettera d)20;

f)lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa21.

4.1 Tipologia di servizi esclusi

Per quanto concerne i servizi di cui alle lettere a)22 e b)23 di cui sopra, si osserva come il corrispettivo per l’acquisto diretto di beni e servizi è sempre escluso dall’ambito di applicazione dell’imposta, a prescindere dal fatto – come anche sopra rilevato – che la fornitura sia avvenuta o meno nell’ambito di un servizio di intermediazione (formale o sostanziale), in quanto per dette forniture dirette la creazione del valore per l’impresa è legata ai beni o servizi venduti, e non al ruolo dell’utente. La cessione può avere ad oggetto beni materiali e immateriali, quali il packaging, i servizi di trasporto, le consulenze tecniche, i servizi di supporto, compresi i contenuti digitali.

Al pari di qualsiasi altro bene o servizio, infatti, è esclusa anche la fornitura di contenuti digitali da parte di un’impresa che si avvale di una interfaccia digitale, sia nel caso in cui il contenuto digitale è di proprietà dell’impresa medesima, sia se questa ne abbia acquisito i diritti di distribuzione24.

20Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera e), della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

21Cfr. articolo 1, comma 37-bis, lettera f), della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

22Si tratta della fornitura diretta di beni e servizi, nell'ambito di un servizio di intermediazione digitale.

23Si tratta della fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario.

24Vedasi anche quanto illustrato al paragrafo 3.2.2.


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Come già rilevato al paragrafo 3.2.2, resta, invece, imponibile l’attività di intermediazione svolta dall’interfaccia digitale che ha agevolato le corrispondenti cessioni di beni o servizi. Il corrispettivo dell’intermediazione su cui grava la ISD può essere pagato dal soggetto che fornisce il bene e servizio; altre volte può essere pagato anche dall’utente finale unitamente al prezzo di vendita per il bene o servizio acquistato. Come anticipato, quando il pagamento dell’acquisto avviene per il tramite dell’interfaccia digitale, i corrispettivi rilevanti ai fini dell’imposta, in capo a quest’ultima, saranno determinati al netto di quelli percepiti per conto dell’impresa per la cessione di beni e/o per la prestazione di servizi che costituiscono, sul piano economico, operazioni indipendenti dall’accesso e dall’utilizzazione della prestazione imponibile (cfr. articolo 1, comma 39-bis, del TUIR e paragrafo 6.2).

L’esclusione del servizio di cui alla lettera b) opera quando il fornitore percepisce ricavi dalla vendita di beni e servizi ordinati online sul proprio sito web, mentre non opera con riferimento ad eventuali altre cessioni di beni o servizi in relazione ai quali lo stesso agisce in qualità di intermediario (secondo quanto già illustrato al paragrafo 3.2.2).

Occorre evidenziare il caso in cui il soggetto che gestisce l’interfaccia digitale si avvalga di soggetti terzi che forniscono soluzioni tecnologiche, applicativi, servizi di logistica, gestione dei sistemi di pagamento, etc. Al riguardo, il soggetto che fornisce la tecnologia e le applicazioni necessarie per il funzionamento del sito web dell’impresa (che ne determina peraltro le condizioni di utilizzo da parte degli utenti), si configura come un ordinario fornitore di servizi a carattere tecnologico, senza assumere la qualifica di "intermediario” ai fini della ISD.

Altro esempio nel quale non si è in presenza di un servizio digitale rilevante ai fini dell’imposta si ha nel caso in cui un soggetto si limiti a fornire un software o una piattaforma tecnologica a soggetti titolari di siti web o applicazioni su cui appaiono i segni distintivi (es. marchi) riferibili a quest’ultimi ovvero ai beni o


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servizi da questi forniti. Anche in tale ipotesi, infatti, si tratta di una mera fornitura di un servizio tecnologico da parte del primo soggetto, che non ricava alcun valore dall’accesso degli utenti all’interfaccia digitale messa a disposizione dell’impresa (che ne determina le condizioni di utilizzo da parte degli utenti) e si limita a percepire un corrispettivo per il servizio di fornitura del software o della piattaforma tecnologica.

Per quanto concerne i servizi di cui alla lettera c)25, occorre preliminarmente chiarire la nozione di "contenuto digitale” che il punto 1, lettera c) del Provvedimento definisce come qualsiasi fornitura di dati in formato digitale erogata attraverso l’accesso dell’utente all’interfaccia digitale sia online (streaming) sia da remoto (mediante download). A titolo di esempio, possono essere forniti come contenuto digitale: musica, libri, video, testi, giochi, applicazioni, programmi per computer, software, giornali online, biblioteche online e database online, attraverso un accesso all’interfaccia digitale anche temporaneo. L’accesso all’interfaccia digitale da parte dell’utente è funzionale all’acquisizione del contenuto digitale e, dunque, determinante al fine dell’inquadramento del servizio nella categoria dei contenuti digitali.

Come già anticipato, la fornitura del contenuto digitale include sia lo streaming online (quando l’utente è connesso per la durata della fruizione del contenuto digitale, ad esempio nel caso della visione di un film), sia il download del contenuto digitale sul proprio dispositivo (l’utente non è connesso), ciò per evitare effetti distorsivi e onerosi dal punto di vista amministrativo. Tuttavia, condizione essenziale per qualificare il servizio quale fornitura di un contenuto digitale (sia in streaming che da remoto) è che per fruire del contenuto medesimo l’utente è obbligato a connettersi, almeno una volta, all’interfaccia digitale (tale circostanza

25Tema in parte anticipato al paragrafo 3.2.2 e concernente la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell'interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l'interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento.


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distingue la fornitura di un servizio digitale da altre tipologie di transazioni, ad esempio la cessione di un bene fisico).

Si osserva che la fornitura di contenuto digitale mediante una interfaccia digitale può consentire una qualche interazione tra i destinatari di tale contenuto e, quindi, essere suscettibile in linea di principio di rientrare nella ipotesi di servizi di intermediazione tra gli utenti di interfacce digitali multilaterali (cfr. paragrafo 3.2.1). Tuttavia, l’interazione tra utenti rimane secondaria, qualora il fine esclusivo o principale dell’interfaccia digitale sia la fornitura agli stessi di contenuto digitale (vedasi in merito le esemplificazioni riportate al paragrafo 4.2).

La fornitura agli utenti di un contenuto digitale da parte del soggetto che gestisce un’interfaccia digitale (che, come sopra precisato, costituisce un servizio escluso dall’ambito di applicazione dell’ISD), va distinta dalla messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale attraverso la quale gli utenti possono caricare e condividere contenuti digitali con altri utenti, o dalla messa a disposizione di un’interfaccia che facilita la corrispondente fornitura di contenuto digitale direttamente tra utenti. Questi ultimi servizi costituiscono, infatti, un servizio di intermediazione prestato dal soggetto che mette a disposizione l’interfaccia digitale multilaterale e quindi rientrano nell’ambito di applicazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 1, comma 37, lettera b) della legge di bilancio 2019.

L’esclusione prevista dalla disposizione in commento non si limita alla fornitura di contenuti digitali ma si estende ai servizi di comunicazione e di pagamento. Anche rispetto a tali servizi, affinché l’esclusione operi è necessario che il gestore dell’interfaccia digitale abbia, come scopo esclusivo o principale, quello di offrire tali prestazioni agli utenti dell’interfaccia stessa.

Con specifico riferimento allo "scopo esclusivo o principale” della fornitura di contenuti digitali, servizi di comunicazione e di pagamento, si ritiene che la valutazione vada effettuata in termini di prevalenza, per ogni anno d’imposta, dei


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ricavi afferenti ai predetti servizi rispetto ai ricavi afferenti ai servizi di "rete sociale”. La prevalenza o esclusività va computata in relazione alla tipologia di servizi digitali prestata a livello globale e non solo a quella resa nell’ambito del territorio italiano.

Inoltre, si precisa che, se l’interfaccia digitale risulta svolgere in via principale i servizi esaminati sopra rispetto ai ricavi percepiti dalla interazione tra utenti, questi ultimi restano esclusi dall’ambito applicativo dell’imposta. Continuano, invece, ad assumere rilevanza ai fini ISD gli altri eventuali servizi digitali di cui alle lettere a) e c) del citato comma 37 (ossia i servizi di pubblicità mirata e quelli di trasmissione dei dati degli utenti) prestati dalla medesima interfaccia, oltre che ovviamente i servizi di intermediazione rientranti nel citato comma 37 lettera b) (diversi dai c.d. servizi di "rete sociale”).

Per quanto concerne i servizi di cui alla lettera d)26, si osserva che l’esclusione riguarda servizi prestati dall’interfaccia digitale per gestire attività finanziarie regolamentate. Come osservato nella proposta di direttiva, che prevede una analoga esclusione, in questi servizi «[…] l’utente non svolge un ruolo fondamentale nella creazione di valore per l’entità che mette a disposizione un’interfaccia digitale. In compenso, il valore risiede nella capacità di tale entità di riunire venditori e acquirenti di prodotti finanziari in condizioni specifiche e distintive, che non si verificherebbero in altre circostanze (rispetto ad esempio a operazioni concluse al di fuori di tali interfacce direttamente tra le controparti). Un servizio che consiste nella messa a disposizione degli utenti di un’interfaccia digitale da parte di una simile entità va al di là della semplice agevolazione delle operazioni su strumenti finanziari tra utenti dell’interfaccia. Nello specifico, i servizi regolamentati che sono esclusi dall’ambito di applicazione della imposta sui

26Si tratta dei servizi consistenti nella messa a disposizione di un'interfaccia digitale utilizzata per gestire servizi finanziari.


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servizi digitali mirano a fornire un ambiente sicuro per le operazioni finanziarie. L’entità che fornisce tali servizi stabilisce quindi le condizioni specifiche alle quali tali operazioni finanziarie possono essere effettuate onde garantire alcuni elementi essenziali come la qualità nell’esecuzione delle operazioni, il livello di trasparenza sul mercato e l’equità di trattamento tra gli investitori. Infine, tali servizi hanno l’obiettivo fondamentale e specifico di agevolare i finanziamenti, gli investimenti o il risparmio».

Sebbene la disposizione in esame faccia espresso riferimento alla normativa nazionale contenuta nel decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si ritiene che tra i servizi esclusi rientrino anche quelli resi nell’ambito di attività regolamentate secondo disposizioni normative estere, assimilabili a quelle italiane richiamate nel Provvedimento.

In particolare, l’esclusione può operare non solo per le casistiche analoghe a quelle elencate e regolate dalla normativa nazionale di altri Paesi UE o appartenenti al SEE, ma anche per i servizi della medesima tipologia di quelli elencati tra le esclusioni e che risultano disciplinati da normative di Paesi extra-UE purché, sotto il profilo regolamentare, anche queste possano essere assimilate alle disposizioni italiane richiamate nel Provvedimento27.

Riguardo alle piattaforme di crowdfunding, il crowdfunding basato su investimenti e quello basato sul prestito sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’imposta, in quanto i fornitori di tali servizi svolgono lo stesso ruolo delle sedi di negoziazione e degli internalizzatori sistematici e, di conseguenza, non costituiscono una semplice intermediazione28. Tuttavia, come evidenziato nella proposta di direttiva, i servizi forniti dalle piattaforme di crowdfunding che non sono basati su investimenti o sul prestito e che costituiscono una intermediazione, come il

27Un simile approccio è stato adottato per individuare la nozione di "mercato regolamentato”, rilevante nella normativa in materia di imposte sui redditi, nell'ambito della circolare n. 32/E/2020.

28Cfr Considerando 20 della proposta di direttiva europea.


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crowdfunding basato sulle donazioni o con ricompensa, o i servizi forniti da piattaforme consistenti nella collocazione di pubblicità, rientrano nell’ambito di applicazione della imposta sui servizi digitali.

Analogamente, è escluso dall’ambito della ISD il servizio individuato nella lettera e)29, reso da interfacce digitali che gestiscono le attività finanziare regolamentate esaminate prima, in quanto la trasmissione di dati è funzionale alla fornitura dei servizi medesimi.

Riguardo, infine, ai servizi di cui alla lettera f)30 e alla loro esclusione dal campo di applicazione dell’imposta sui servizi digitali valgono, in linea generale, le stesse considerazioni svolte in precedenza con riferimento agli altri servizi.

4.2Esemplificazioni

Sulla base delle suesposte considerazioni e alla luce di quanto illustrato al paragrafo 3.2 (e seguenti) si riportano nel seguito alcune esemplificazioni.

Una prima casistica è rappresentata dai giochi online, ovvero da interfacce digitali che consentono diverse modalità di gioco, ivi inclusa quella denominata "multigiocatore” (o multiplayer, attraverso la quale più utenti partecipano al gioco contemporaneamente). In merito, vi possono essere diverse tipologie di modalità e connesse forme di remunerazione, come nel caso in cui i giocatori corrispondono una fee per partecipare, oppure sono tenuti ad acquistare il gioco (anche per accedere al multiplayer) o, eventualmente, i cosiddetti "upgrades” (ad esempio, nel caso in cui all’interno di un videogioco di corse, si proceda all’acquisto di un’auto più potente o di relativi accessori).

29Si tratta della cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono i servizi finanziari di cui alla lettera d).

30Trattasi dello svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa.


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In questi casi, occorre prestare attenzione alla natura delle singole fattispecie e alle modalità di erogazione dei singoli servizi. In particolare, per verificare se detti servizi rientrino o meno nel novero dei servizi digitali di cui alla lettera b) del comma 37, occorre fare riferimento, da un lato, ai principi sopra enunciati in relazione ai marketplace e, dall’altro lato, alle esclusioni previste dal comma 37-bis lettera c).

Infatti, il tema dei "giochi online” si interseca a sua volta con la nozione di fornitura di «contenuti digitali», in relazione ai quali la disposizione prevista al comma 37-bis lettera c) esclude dall’imposta: «la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell'interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l'interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento […]»31. Tale esclusione mira ad accordare prevalenza alla fornitura del contenuto digitale (il gioco), rispetto all’eventualità che l’interazione tra gli utenti possa far presumere la sussistenza di una "rete sociale”. In merito, il paragrafo 2.2 lettera c) del provvedimento precisa che lo scopo esclusivo o principale deve essere rilevato «in base ai ricavi realizzati». In altri termini, è necessario indagare la natura dei ricavi realizzati dal gestore dell’interfaccia digitale al fine di stabilire il ruolo dell’interfaccia medesima quale fornitore di contenuti digitali.

Èpertanto esclusa dal campo di applicazione dell’ISD la fornitura di

contenuti digitali (programmi informatici, applicazioni, giochi, musica, video o testi, a prescindere dal fatto che l’accesso a tali dati avvenga tramite download o streaming), anche quando l’entità ne ha acquistato il diritto alla distribuzione32.

31Cfr. paragrafo 4.1.

32In merito, il considerando 14 proposta di direttiva prevede quanto segue: «I servizi che consistono nella fornitura di contenuto digitale da parte di un’entità mediante un’interfaccia digitale dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione dell’imposta, indipendentemente dal fatto che il contenuto digitale sia di proprietà di tale entità o se questa abbia acquisito i diritti di distribuzione [regardless of whether the digital content is owned by that entity or that entity has acquired the rights to distribute it]. Sebbene sia consentita


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Rientrano, invece, nel campo di applicazione dell’imposta le intermediazioni aventi ad oggetto contenuti digitali. In merito anche il considerando 16 della proposta di direttiva prevede quanto segue: «È opportuno operare una distinzione tra il servizio descritto al considerando 14 e la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale mediante la quale gli utenti possono caricare e condividere contenuto digitale con altri utenti, o la messa a disposizione di un’interfaccia che facilita le corrispondenti cessioni di contenuto digitale direttamente tra gli utenti. Questi ultimi servizi costituiscono un servizio di intermediazione e quindi dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’ISD, quale che sia la natura dell’operazione corrispondente». Trattasi infatti di attività altra e separata rispetto alla messa a disposizione di un ambiente di gioco (gaming) all’interno del quale operano i giocatori. Nell’ambito di queste linee di attività, infatti, lo scopo esclusivo o principale dell’interfaccia digitale messa a disposizione degli utenti (che si riflette sulla natura dei ricavi) non è rappresentato dalla fornitura a questi ultimi di contenuti digitali da parte del soggetto che gestisce l'interfaccia stessa, ma è quello dell’intermediazione di contenuti digitali, con la conseguenza che i ricavi hanno natura di commissioni di intermediazione.

Quindi, ad esempio, saranno inclusi i ricavi da intermediazione connessi ad acquisti di giochi online quando gli stessi sono di proprietà di altri soggetti e il fornitore svolge la funzione di intermediario. In linea di principio la funzione di intermediario è da escludere qualora i giocatori abbiano accesso al gioco solo previo pagamento di una fee di ingresso ed il fornitore ne ha la proprietà o il diritto di distribuzione.

una qualche interazione tra i destinatari di tale contenuto digitale, e si possa quindi ritenere che il fornitore di tali servizi metta a disposizione un’interfaccia digitale multilaterale, è meno evidente che gli utenti svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di valore per l’impresa che fornisce il contenuto digitale. In compenso, dal punto di vista della creazione di valore l’accento è posto sul contenuto digitale stesso che è fornito dall’entità. Di conseguenza, i ricavi ottenuti da tali operazioni dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione dell’imposta».


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Su tali basi le interfacce digitali di gioco multiutente potrebbero rilevare per la ISD:

1.come servizi esclusi (lettere a), b) e c) del comma 37-bis e considerando 14);

2.quali interfacce di intermediazione quando gli utenti acquistano/vendono i contenuti digitali o altri servizi e l’entità opera come intermediario formale o sostanziale (lettera b) del comma 37 e considerando 13 e 16);

3.quali interfacce che veicolano pubblicità mirata (lettera a) del comma 37)

4.quali interfacce che cedono a titolo oneroso dati raccolti da utenti e generati

dall'utilizzo di un’interfaccia digitale (lettera c) del comma 37).

Per quanto, invece, riguarda il gioco d’azzardo online (cosiddetto "gambling online”) la distinzione attiene al ruolo del gestore della piattaforma:

qualora operi come bookmaker (ossia quale entità che accetta le scommesse dei giocatori fissando le quote, come ad esempio nel caso delle scommesse sportive o su altri eventi) o banco (ossia quale entità contro cui i giocatori puntano come ad esempio nel caso del poker o della roulette online), l’entità assume rischi in proprio e i ricavi sono pertanto esclusi in base al comma 37 bis lettera b);

qualora operi come soggetto che permette ai giocatori (utenti) di scommettere o giocare d’azzardo tra di loro, l’entità non assume rischi legati alle

scommesse o al gioco, ma opera come intermediario. Sebbene le somme rappresentate dalle "giocate” sono escluse ex comma 37-bis lettere a) o b), la commissione del gestore dell’interfaccia rappresenta invece un ricavo digitale ai sensi del comma 37 lettera b), realizzato a titolo di intermediario nelle operazioni tra utenti.

Un altro esempio è rappresentato dai soggetti che intermediano la domanda e l’offerta di cibo e/o bevande (servizi di ristorazione) attraverso interfacce digitali. In questi casi:


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1.il corrispettivo per la fornitura diretta di pasti o generi alimentari con consegna ad opera dell’esercizio commerciale (ad esempio ristorante, bar, laboratorio alimentare, etc.) al consumatore (utente finale) assistita da un servizio di intermediazione digitale non rientra nell’ambito di applicazione della norma (in quanto ne è esclusa ai sensi del comma 37-bis lettera a)), mentre la remunerazione della funzione di intermediazione rientra nella fattispecie delineata dalla lettera b) del comma 37.

2.Nel caso di operazione "triangolata”, si applicano i principi sopra declinati (vedi considerando 13) e, quando emerge la funzione di intermediazione, rileva quale ricavo digitale la commissione di intermediazione, fermo restando che il corrispettivo per i beni e la consegna è comunque non rilevante (non rientrando nel comma 37, lettera b); cfr. inoltre comma 39-bis). In altri termini, la commissione di intermediazione è l’importo che residua al netto del corrispettivo dovuto per il bene (cibo) e per il servizio (consegna) intermediato.

3.Nel caso in cui il gestore dell’interfaccia digitale non solo intermedi il cibo direttamente tra gli utenti o con triangolazione (servizio di intermediazione incluso), ma renda direttamente il servizio di consegna, il corrispettivo di tale ultimo servizio organizzato e reso dal gestore dell’interfaccia è escluso (al pari del corrispettivo per il bene – cibo), in quanto lo stesso non rientra nel comma 37, lettera b) e può essere considerato, in base al comma 39-bis, un servizio indipendente «sul piano economico, dall'accesso e dall'utilizzazione del servizio imponibile di intermediazione».


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4.3 Beni e servizi accessori

Sono escluse dall’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta anche le prestazioni di servizi accessori ad operazioni escluse di cui al precedente paragrafo 433. Nella ipotesi in cui un’interfaccia digitale effettui un servizio che non rientra nell'ambito di applicazione dell'imposta sui servizi digitali (ad esempio la fornitura diretta di beni e servizi) e laddove, in relazione a tale attività, la stessa fornisca servizi digitali che, se autonomamente prestati, sarebbero imponibili, sono applicabili i principi e la prassi che regolano le prestazioni accessorie ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Al riguardo, giova ricordare che una prestazione può risultare accessoria ad una prestazione principale «quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore»34. Ai fini IVA, l’articolo 78, comma 1, lettera b) della Direttiva 2006/112 CE del 28 novembre 2006 prevede che rientrano nella medesima base imponibile le spese accessorie addebitate al committente da parte del prestatore dell’operazione principale. L’ordinamento interno, nel recepire tali principi comunitari, ha stabilito all’articolo 12, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 che una cessione di beni o una prestazione di servizi possono risultare accessorie ad un’operazione principale quando35:

integrano, completano e rendono possibile quest’ultima;

sono rese direttamente dal medesimo soggetto dell'operazione principale (anche a mezzo di terzi, ma a suo conto e spese);

sono rese nei confronti del medesimo soggetto nei cui confronti viene resa l'operazione principale.

33Cfr punto 2.3 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 0013185 del 15 gennaio 2021.

34Cfr. Corte di Giustizia, tra le altre, sentenza dell'11 gennaio 2001, C-76/99.

35Tra le altre, v. risoluzione del 15 luglio 2002, n. 230/E.


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In applicazione di tali principi, la risoluzione 15 luglio 2002, n. 230 ha affermato che non è sufficiente una generica utilità della prestazione accessoria all’attività principale, unitariamente considerata, poiché è necessario che la prestazione accessoria formi un tutt’uno con l’operazione principale. Può, pertanto, essere trattato come accessorio alla cessione di un bene il trasporto fatturato dal cedente al cessionario, anche se tale servizio viene eseguito da un mandatario del cedente medesimo (v. al riguardo, tra le altre, la risoluzione 8 marzo 1988, n. 550145).

I principi sopra enunciati possono applicarsi anche alla ISD. Pertanto, se il servizio effettuato a favore dell’utente assume la qualifica di servizio accessorio (integrando, completando e rendendo possibile il servizio principale escluso dal perimetro dell’imposta in commento), il predetto servizio seguirà il medesimo regime giuridico del servizio principale e, dunque, i relativi ricavi non saranno da computare ai fini della determinazione dell’imposta sui servizi digitali.

Si pensi al caso in cui la messa a disposizione di una interfaccia digitale multilaterale sia da considerare accessoria rispetto ad una più ampia attività che prevede la fornitura di servizi "ordinari" (ossia non rientranti nella casistica dell'ISD) e non sia autonomamente remunerata rispetto ai servizi di natura "ordinaria" (a conferma della circostanza che formi un tutt’uno con la prestazione principale). A tal fine, il profilo della accessorietà può essere valutato da un punto di vista sia qualitativo (ovvero che il servizio, nel suo complesso, assolve ad una funzione diversa da quella della mera messa a disposizione di una piattaforma digitale multilaterale), sia quantitativo (ovvero che sotto il profilo quantitativo i servizi ordinari prestati nell'ambito di un’attività più complessa che ricomprende anche la messa a disposizione di una piattaforma digitale multilaterale, siano tali da rappresentare la parte preminente del servizio medesimo). Nella situazione descritta


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il servizio della messa a disposizione dell’interfaccia digitale multilaterale non sarà rilevante ai fini della ISD.

5 Criteri di collegamento con il territorio dello Stato

Per determinare se i ricavi imponibili siano tassabili in Italia si ha riguardo alla localizzazione dell’utente. In linea generale, i ricavi sono imponibili se l’utente del servizio digitale da cui sono generati è localizzato nel territorio dello Stato.

I criteri di localizzazione dell’utente sono individuati nel comma 40 della norma primaria e precisati nel punto 4 del Provvedimento, distinguendo secondo la tipologia di servizio digitale prestato.

Prima di esaminare nel dettaglio i criteri da adottare in relazione ai singoli servizi, preme rilevare che, per tutte le tipologie di servizi rilevanti ai fini della ISD, al fine di stabilire il luogo di localizzazione dell’utente occorre fare riferimento al luogo in cui si trova il dispositivo dallo stesso utilizzato per accedere all’interfaccia digitale.

Pertanto, quando nel Provvedimento si fa riferimento alla localizzazione dell’utente, tale richiamo deve essere letto unitamente ai criteri di collegamento con il territorio dello Stato che valorizzano l’ubicazione del dispositivo come sarà più diffusamente chiarito in seguito.

5.1 La localizzazione del dispositivo

La localizzazione del dispositivo presuppone che venga utilizzato un criterio dotato di un certo grado di accuratezza nella determinazione della posizione


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geografica e che, al contempo, non richieda adempimenti eccessivamente gravosi per i soggetti passivi dell’ISD.

Nel presente paragrafo vengono individuati i criteri di geolocalizzazione utilizzabili dai soggetti passivi dell’imposta, mentre nel paragrafo successivo ne sarà esaminata l’applicazione in relazione ai singoli servizi digitali.

Il comma 40-bis della norma primaria collega la localizzazione del dispositivo al territorio dello Stato «con riferimento principalmente all’indirizzo di protocollo internet (IP) del dispositivo stesso o di altro sistema di geolocalizzazione».

Al riguardo, nel punto 4.5 del Provvedimento si stabilisce che «Il dispositivo si considera localizzato nel territorio italiano sulla base dell’indirizzo di protocollo internet (IP) del dispositivo stesso o facendo ricorso a qualsiasi altra informazione disponibile per i soggetti passivi dell’imposta che consenta la geolocalizzazione del predetto dispositivo».

L’indirizzo IP, espressamente richiamato anche nella norma primaria, è un codice numerico che viene assegnato a un’interfaccia che identifica l’host di rete, che può essere un personal computer, uno smartphone, un tablet, un router o anche un elettrodomestico.

La localizzazione di un indirizzo IP è generalmente legata alle informazioni sull’area territoriale in cui è presente la centralina a cui fa capo la connessione di riferimento. Ogni utente che naviga su internet, infatti, invia in rete un indirizzo IP di partenza, ovvero il proprio indirizzo IP, ogniqualvolta avviene una trasmissione dati tramite HTTP (Hypertext Transfer Protocol).

Sebbene la localizzazione tramite indirizzo IP non raggiunga un livello di precisione tale da individuare l’esatta posizione del dispositivo, si tratta di un criterio che consente, comunque, di collegare il dispositivo con il territorio dello Stato. Inoltre, i database di indirizzi IP sono una risorsa ampiamente utilizzata dalle


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imprese multinazionali per determinare la localizzazione dell’utente per finalità imprenditoriali.

Il criterio di localizzazione basato sull’IP, tuttavia, non è l’unico ammesso dalla normativa italiana per stabilire la geolocalizzazione del dispositivo. Il dato, infatti, potrebbe essere non disponibile o non attendibile, come avviene nel caso di utilizzo di reti private virtuali ("VPN”) che consentono agli utenti di nascondere e modificare il loro indirizzo IP36.

Di seguito, si esaminano gli ulteriori criteri di geolocalizzazione che possono essere utilizzati ai fini della ISD, distinguendo tra quelli che consentono l’individuazione della posizione dell’utente in un dato momento (in real-time), da quelli che, pur basandosi su metodi induttivi, permettono comunque di risalire alla verosimile localizzazione dell’utente.

Per quanto concerne la prima categoria, un ulteriore criterio di geolocalizzazione è quello basato sul GPS. Il GPS Targeting determina la localizzazione connettendosi a un satellite tramite il quale è possibile determinare la posizione di un dispositivo con estrema precisione. I ricevitori GPS sono attualmente presenti in quasi ogni dispositivo mobile, mentre i computer fissi non sono solitamente localizzabili tramite questo sistema.

Un ulteriore criterio è rappresentato dalle stazioni radio base. Si tratta di un procedimento di geolocalizzazione di dispositivi di telefonia mobile che può funzionare tramite il provider di servizi di telecomunicazione, un modem GSM o tramite un’interfaccia di programmazione per applicazioni che funziona sul browser, come l’application programming interface (API) per il rilevamento della posizione geografica. I dispositivi connessi alle reti di telefonia mobile interamente digitale

36 Tramite VPN, gli utenti possono, attraverso l’assegnazione di un nuovo indirizzo IP, cambiare la loro localizzazione per ragioni di sicurezza, per esigenze professionali o per accedere a specifici contenuti disponibili soltanto in determinati Paesi.


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possono essere localizzati tramite le antenne radio che si trovano nelle vicinanze, la cui diffusione incide anche sull’accuratezza della posizione.

Una geolocalizzazione connotata da un certo grado di precisione è consentita anche grazie al segnale delle diverse fonti WiFi a cui si connette il dispositivo, le quali vengono a loro volta localizzate tramite la rete internet.

Un buon livello di accuratezza è garantito anche dai beacon, ossia trasmettitori di localizzazione a bassa potenza che inviano un segnale in un raggio fino a 50 metri. I beacon, sfruttando la tecnologia Bluetooth Low Energy, inviando dei dati ai dispositivi che si trovano nel raggio di copertura e che hanno un’applicazione attraverso cui veicolano i contenuti utilizzando la posizione dell’utente.

Come anticipato, oltre ai metodi di geolocalizzazione che consentono di determinare con sufficiente precisione la posizione fisica dell’utente in un dato momento, vi sono anche sistemi che giungono a tale risultato sulla base di metodi induttivi.

La localizzazione, in primo luogo, può essere dedotta dalle informazioni personali dell’utente a disposizione dell’impresa. Tali informazioni possono essere rese direttamente dall’utente, spesso in occasione di un processo di iscrizione o di creazione di un account, ovvero raccolte dall’impresa stessa nell’ambito di un monitoraggio automatizzato da remoto dell’attività dell’utente (ad esempio, attraverso i cookies).

Si tratta di informazioni piuttosto variegate, spaziando dalle caratteristiche demografiche alle abitudini comportamentali, che assumono rilevanza anche ai fini della personalizzazione della pubblicità e della vendita di dati a parti terze.

Tra i dati che si riferiscono all’utente, alcuni possono essere utilizzati per individuare un collegamento con il territorio dello Stato.


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Analogamente, un altro metodo induttivo consiste nel valorizzare l’indirizzo di consegna di un bene o di prestazione di un servizio, che, nella gran parte dei casi, tenderà a coincidere con quello di localizzazione dell’utente.

Così sintetizzati i criteri di collegamento per la geolocalizzazione dell’utente, occorre precisare che, ai fini di un riscontro più accurato, l’impresa può decidere di impiegare più di un metodo di rilevazione della posizione.

Il singolo soggetto passivo, in sintesi, può scegliere il criterio più adeguato per la localizzazione dell’utente, ai fini della determinazione dei ricavi imponibili in Italia. A tal fine, tuttavia, è necessario predisporre un adeguato sistema interno di due diligence finalizzato al controllo della qualità dei dati e alla prevenzione del rischio che consenta di verificare la robustezza e la coerenza dei criteri utilizzati.

Del metodo utilizzato e delle risultanze dell’impiego deve, in ogni caso, essere tenuta traccia, per ciascun anno solare, ai fini di un’esibizione in sede di un controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, le imprese sono tenute a conservare apposita documentazione da cui si possano desumere:

il funzionamento delle procedure implementate per la localizzazione dell’utente;

i dati aggregati o periodici sulle risultanze dei criteri di collegamento adottati;

i criteri di collegamento utilizzati in relazione a ciascun servizio digitale;

le motivazioni che hanno indotto l’impresa a utilizzare criteri diversi dall’indirizzo IP.


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5.2 Criteri di collegamento rilevanti in relazione a ciascun servizio digitale

Il Provvedimento, ai punti da 4.2 a 4.4, individua il momento temporale cui fare riferimento per stabilire se sussiste il collegamento con il territorio dello Stato in relazione a ciascun servizio digitale.

Per il servizio di veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia, il punto 4.2 del Provvedimento stabilisce che l’utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se la pubblicità figura sul suo dispositivo nel momento in cui il dispositivo stesso è utilizzato nel territorio nello Stato, nell’anno solare, per accedere ad una interfaccia digitale.

Il momento rilevante per stabilire il collegamento territoriale coincide quindi con la comparsa della pubblicità mirata sul dispositivo di un utente nel corso dell’anno solare, momento nel quale se il dispositivo è localizzato in Italia, il ricavo derivante dal servizio è soggetto all’imposta sui servizi digitali.

Per quanto riguarda i criteri di localizzazione, come già evidenziato, oltre all’indirizzo IP, possono essere impiegati anche gli altri metodi di geolocalizzazione che consentono di individuare con un buon grado di approssimazione la posizione del dispositivo in Italia.

Si pensi, ad esempio, al caso in cui Beta sia un residente tedesco, abbonato a un giornale online, tramite un proprio account per l’apertura del quale ha reso talune informazioni anche riferite alla sua residenza e al suo domicilio. L’apparizione del messaggio pubblicitario sul dispositivo di Beta può avvenire in qualunque luogo lo stesso si trovi, rendendo pertanto necessaria una localizzazione geografica. In altri termini, se Beta visualizza il messaggio pubblicitario mentre si trova in Italia, il servizio di veicolazione sarà rilevante ai fini dell’imposta sui servizi digitali nazionale.


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Per quanto concerne la messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale, occorre distinguere tra le due fattispecie in cui si declina il servizio digitale.

Se l’interfaccia facilita le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, il punto 4.3 del Provvedimento prevede che l’utente si considera localizzato nel territorio italiano quando ivi utilizza, nell’anno solare, un dispositivo per accedere all’interfaccia digitale e conclude un’operazione corrispondente su tale interfaccia in detto periodo.

Per tale servizio digitale, il collegamento è determinato avendo riguardo al momento in cui un dispositivo è utilizzato per accedere all’interfaccia digitale su cui viene conclusa un’operazione di cessione di beni o prestazione di servizi. Il momento rilevante, quindi, si individua nella conclusione dell’operazione a prescindere dall’esecuzione della prestazione. A tal fine, l’operazione si considera conclusa nel momento in cui sorge a favore dell’impresa che gestisce la piattaforma digitale il diritto al corrispettivo, indipendentemente dall’effettiva percezione.

A titolo esemplificativo, si ipotizzi il caso di Alfa, in viaggio in treno sulla tratta Torino-Parigi, che all’altezza di Bardonecchia (Italia) decide di accedere, mediante il suo smart-phone, a un sito che offre servizi di food delivery e conclude l’ordine della cena programmata per l’arrivo a Parigi. In questo caso, la circostanza che l’utente si trovasse in Italia al momento di conclusione dell’operazione, determina l’assoggettamento del servizio all’imposta sui servizi digitali, anche se la prestazione è eseguita in Francia.

Come già evidenziato nel paragrafo precedente, oltre ai metodi di geolocalizzazione, si può ricorrere efficacemente anche a sistemi induttivi. Riprendendo l’esempio precedente, qualora l’impresa di food delivery abbia scelto di utilizzare una combinazione di dati contrattuali e di profilo, dai quali risulti che Alfa è residente a Parigi e che la consegna è prevista in tale città, potrebbe


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legittimamente concludere che l’intermediazione non rientri nell’ambito dell’imposta sui servizi digitali italiana.

Peraltro, il riferimento alla nozione di utente include sia il fruitore del servizio/acquirente del bene, sia il fornitore del servizio/cedente del bene, con la conseguenza che la localizzazione di uno solo di questi in Italia determina la rilevanza del servizio digitale rispetto applicazione dell’ISD.

Si ipotizzi il caso in cui un utente decida di mettere in vendita su una piattaforma digitale dischi d’epoca di cui è collezionista e che, a tal fine, acceda da un suo dispositivo localizzato in Italia. In tal caso, a prescindere dalla localizzazione dell’acquirente, il servizio di messa a disposizione dell’interfaccia digitale è comunque imponibile in Italia.

L’accesso dell’utente tramite un dispositivo localizzato in Italia non implica che per tutte le operazioni riferite al medesimo utente questi sarà considerato localizzato nel territorio dello Stato. Occorrerà operare di volta in volta una verifica per stabilire la localizzazione dell’utente.

Nel caso di servizio di messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che non facilita la cessione di beni e la prestazione di servizi (la c.d. "rete sociale” trattata nel paragrafo 3.2.1), lo stesso punto 4.3 del Provvedimento stabilisce che l’utente si considera localizzato nel territorio italiano quando dispone di un conto per la totalità o una parte dell’anno solare che gli consente di accedere all’interfaccia digitale e il log-in a tale conto è stato creato utilizzando un dispositivo localizzato nel territorio dello Stato.

In particolare, le disposizioni richiamate fanno letteralmente riferimento alla "creazione” del conto, per cui si deve ritenere che, ai fini del collegamento con il territorio dello Stato, rilevi il momento di creazione dello stesso attraverso un dispositivo localizzato in Italia. Ciò è in linea con la natura dei ricavi di tale tipologia di servizi che, come già indicato, sono generalmente commissioni di


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iscrizione, per cui non sarebbe possibile fare riferimento al momento di utilizzo che potrebbe essere anche ripetuto (a fronte dell’unicità del ricavo). Nelle ipotesi di eventuali commissioni di "rinnovo”, occorrerà applicare il medesimo principio e, quindi, ai fini del collegamento con il territorio dello Stato rileverà il momento in cui avviene il predetto rinnovo.

Per i servizi digitali di trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale, l’utente si considera localizzato nel territorio italiano nell’anno solare in cui sono trasmessi i dati dallo stesso generati utilizzando un dispositivo localizzato nel territorio dello Stato per accedere a una interfaccia digitale nel medesimo anno solare o in periodi precedenti.

Il collegamento con il territorio dello Stato nel periodo d’imposta della trasmissione, quindi, sussiste se i dati relativi all’utente sono stati raccolti quando lo stesso ha effettuato l’accesso all’interfaccia utilizzando un dispositivo localizzato in Italia, a prescindere dalla circostanza che tra la raccolta e la trasmissione dei dati vi sia una discrasia temporale che può coprire anche più periodi d’imposta.

Si ipotizzi, ad esempio che Delta abbia effettuato l’accesso all’interfaccia mediante il suo tablet nell’anno 2020, mentre si trovava in Italia, e che, in tale occasione, l’impresa abbia raccolto i dati dell’utente. Successivamente, nel 2023, gli stessi dati vengono ceduti a titolo oneroso dall’impresa. In tal caso, il servizio di trasmissione dei dati avvenuto nel 2023 si considera soggetto a imposta sui servizi digitali, sebbene la raccolta dei dati sia avvenuta nel 2020.

Anche per questa tipologia di servizi digitali, si ritiene che oltre all’indirizzo IP e agli ulteriori criteri di geolocalizzazione, la localizzazione dell’utente possa essere stabilita sulla base delle informazioni personali a disposizione dell’impresa in occasione della raccolta dei dati.


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6 Base imponibile

Le regole per la determinazione della base imponibile e il calcolo dell’imposta sono previste nel punto 3 del Provvedimento. In particolare, l’imposta si ottiene applicando l’aliquota del 3 per cento ai ricavi imponibili.

A tal fine rilevano i corrispettivi percepiti nel corso dell’anno solare da ciascun soggetto passivo dell’imposta. I ricavi imponibili sono assunti al lordo dei costi sostenuti per la fornitura dei servizi digitali e al netto dell'imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette.

Considerato che i ricavi imponibili non derivano necessariamente da operazioni poste in essere con soggetti residenti in Italia o comunque territorialmente rilevanti in Italia a fini IVA, i servizi digitali resi ben potrebbero essere assoggettati a IVA in un altro Paese o scontare un’altra imposta indiretta estera, secondo le disposizioni vigenti in ordinamenti fiscali europei o extra UE. In tal caso si ritiene che, ai fini ISD, siano da considerare solo i corrispettivi riferibili alla prestazione fornita, senza tener conto dell’importo addebitato in fattura, a titolo di rivalsa, all’utente o agli utenti del servizio digitale dal soggetto passivo per l’IVA estera o per altra imposta indiretta dovuta sullo specifico servizio.

Nella determinazione della base imponibile non devono essere considerati, ai sensi del comma 38 della norma primaria, i ricavi derivanti dai servizi digitali resi a soggetti, sia residenti sia non residenti nel territorio dello Stato, che si considerano controllati, controllanti o controllati dallo stesso soggetto controllante ai sensi dell’articolo 2359 c.c. nel medesimo anno solare. A questo riguardo, si evidenzia come il rapporto di controllo preso in considerazione nel citato comma 38 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019 differisca dal concetto di gruppo rilevante ai fini della verifica del superamento delle soglie.


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Il citato comma 38, infatti, fa riferimento all’articolo 2359 c.c. per escludere, dai ricavi imponibili, quelli derivanti da servizi digitali resi nei confronti di soggetti controllanti, controllati o controllati dallo stesso soggetto controllante.

Si ricorda che, in base all’articolo 2359, primo comma, c.c., sono considerate società controllate:

1.le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2.le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3.le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1. e 2., si computano anche i voti

spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta, mentre non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Proprio perché il citato comma 38 fa riferimento al solo rapporto di controllo, si ritiene che non si applichi il secondo comma dell’articolo 2359 c.c., riferito alle società collegate. Come è stato anticipato, il rapporto di controllo ex articolo 2359 c.c., oltre a incidere sulla determinazione della base imponibile, rileva indirettamente anche nel riscontro della soglia di 5,5 milioni di euro.

Si ricorda che, ai fini della determinazione della base imponibile, non rilevano i corrispettivi percepiti a fronte dei servizi esclusi ai sensi del comma 37-bis dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, già esaminati al paragrafo 4.

Inoltre, per espressa previsione normativa, non sono da considerare neanche i corrispettivi della messa a disposizione di un’interfaccia digitale che facilita la vendita di prodotti soggetti ad accisa ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/ 118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime


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generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE, quando hanno un collegamento diretto e inscindibile con il volume o il valore di tali vendite.

Come precisato nel punto 3.8 del Provvedimento, poiché l’ISD intende gravare sul valore delle prestazioni digitali creato sul territorio italiano, le somme da assoggettare al tributo (c.d. ricavi imponibili) sono calcolate moltiplicando il totale dei ricavi dei servizi digitali ovunque realizzati da ciascun soggetto passivo dell’imposta per la percentuale rappresentativa della parte di tali servizi collegata al territorio dello Stato (per i criteri di collegamento si rinvia al paragrafo 5). Resta inteso che i servizi che non rilevano ai fini della ISD (es. servizi esclusi, infragruppo, a titolo gratuito etc.) non dovranno influenzare neanche il computo della suddetta percentuale.

Ciò premesso, di seguito si forniscono chiarimenti in merito alla determinazione della base imponibile dei singoli servizi digitali previsti della normativa primaria.

6.1 Servizi di veicolazione della pubblicità mirata

Ai fini del computo dei ricavi imponibili, in relazione alla prestazione dei servizi in commento, rilevano i corrispettivi (anche non monetari) percepiti dai soggetti passivi dell’imposta che si occupano di collocare, quali intermediari tramite interfaccia digitale, il contenuto pubblicitario mirato su siti di terzi e i corrispettivi percepiti (anche non monetari) dai soggetti passivi dell’imposta che ospitano nell’interfaccia digitale tale contenuto pubblicitario. I ricavi da considerare sono quelli percepiti dalle interfacce digitali che hanno veicolato pubblicità mirata su interfacce digitali di terzi soggetti e i ricavi percepiti dai soggetti che hanno ospitato su una interfaccia la predetta pubblicità. Conseguentemente, nella base imponibile dell’imposta rientra sia il corrispettivo che un’interfaccia digitale riceve in controprestazione dell’attività di intermediazione effettuata tra l’inserzionista (che


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intende pubblicizzare un prodotto) e l’editore (che offre lo spazio pubblicitario), sia il ricavo percepito dall’editore che colloca il messaggio pubblicitario sull’altra interfaccia digitale.

Occorre, tuttavia, considerare che nella filiera della pubblicità mirata online il ricavo ritratto dalla fornitura di un servizio pubblicitario e corrisposto dall’inserzionista viene normalmente ripartito tra i diversi soggetti che vi intervengono a vario titolo.

Ciò avviene, ad esempio, nel caso di ricorso a meccanismi di condivisione dei ricavi (revenue share) nella fruizione di servizi digitali agli utenti, prassi piuttosto frequente nell’economia digitale.

Nell’ipotesi più semplice, in cui intervengono solo un intermediario che utilizza un’interfaccia digitale (a cui accedono sia l’advertiser che il publisher) e il publisher, può verificarsi la situazione di seguito descritta:

1.l’inserzionista paga 10.000 euro a un intermediario per collocare la pubblicità sull’interfaccia di un publisher;

2.l’intermediario corrisponde al publisher 7.000 euro per la pubblicazione della pubblicità e trattiene una fee di 3.000 euro.

Al fine di evitare che il medesimo ricavo sia soggetto a doppia imposizione,

una volta in capo all’intermediario e una volta in capo al publisher, i ricavi imponibili riferiti a ciascun soggetto passivo sono considerati limitatamente alla parte dallo stesso trattenuta.

Pertanto, riprendendo l’esempio appena illustrato, l’intermediario sarà soggetto all’imposta sui servizi digitali per 3.000 euro, mentre il publisher sarà soggetto all’imposta sui servizi digitali per 7.000 euro.

L’obiettivo perseguito non è quello di sterilizzare i costi di produzione ma di evitare plurime imposizioni del medesimo ricavo in capo a soggetti diversi.


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In altri termini, l’imposta sui servizi digitali complessivamente dovuta da tutti i partecipanti alla filiera non potrà superare il 3 per cento del pagamento effettuato dall’advertiser in relazione al servizio digitale.

Come precisato nel punto 3.9 del Provvedimento, i ricavi imponibili relativi al servizio digitale in commento sono determinati in base al rapporto dei messaggi pubblicitari apparsi, nell’anno solare, su un’interfaccia digitale in funzione di dati relativi ad un utente che consulta tale interfaccia mentre è localizzato nel territorio dello Stato e il totale dei messaggi pubblicitari mirati apparsi su un’interfaccia digitale nel medesimo periodo.

Al denominatore del rapporto, quindi, vengono indicati tutti i messaggi pubblicitari mirati apparsi sull’interfaccia digitale nell’anno solare di riferimento, mentre al numeratore sono da considerare solamente i messaggi pubblicitari mirati che, nel medesimo periodo, sono apparsi sull’interfaccia digitale mentre era consultata dall’utente localizzato in Italia sulla base dei criteri di localizzazione indicati nel paragrafo 5.

Il risultato della frazione consente di ottenere la percentuale da applicare ai ricavi complessivi derivanti dalla veicolazione di pubblicità mirata per stabilire l’ammontare dei ricavi imponibili ai fini dell’imposta sui servizi digitali.

Anno solare

2021

A. Totale messaggi di pubblicità mirata apparsi sull’interfaccia

8.000.000

digitale

B. Totale messaggi di pubblicità mirata apparsi sull’interfaccia

200.000

digitale consultata dall’utente localizzato in Italia

C. Quota riferibile all’Italia

2,5% (B/A)


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D. Totale ricavi da veicolazione di pubblicità mirata

10.000.000

E. Ricavi imponibili

250.000 (D*C)

In merito a questa tipologia di servizio digitale, si osserva che ai fini del conteggio, sia al numeratore che al denominatore, rilevano tutti i messaggi di pubblicità mirata che hanno concorso a generare i ricavi in quanto sono comparsi sull’interfaccia digitale, a prescindere quindi dalla circostanza che gli utenti abbiano interagito sull’interfaccia stessa (ad esempio, cliccando sulla pubblicità). Ciò a condizione, appunto, che i ricavi non siano percepiti sulla base dei soli messaggi pubblicitari effettivamente "cliccati” dagli utenti. In tal caso, ai fini del calcolo della quota dei corrispettivi collegabili con il territorio italiano, sarà necessario far riferimento a tali ultimi dati (ossia rapportando il totale messaggi di pubblicità mirata visualizzati sull’interfaccia digitale consultata dall’utente localizzato in Italia/totale messaggi di pubblicità mirata visualizzati dagli utenti sull’interfaccia digitale).

6.2 Servizi resi dalle interfacce multilaterali

Come osservato nel paragrafo 3.2, la categoria di servizi digitali di cui alla lettera b) del comma 37 della legge di bilancio 2019 può generare due diverse tipologie di ricavi: quelli collegati alle c.d. "reti sociali”, vale dire i corrispettivi derivanti dalla messa a disposizione di una interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti che vi accedono di trovare altri utenti e di interagire tra di loro; quelli percepiti dall’interfaccia per l’attività di intermediazione (formale o sostanziale) svolta nella fornitura diretta di beni o servizi tra gli utenti.


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Con riferimento alla prima attività, nella base imponibile dell’imposta sui servizi digitali rientrano i corrispettivi pagati dagli utenti che utilizzano l’interfaccia digitale per entrare in contatto e/o interagire tra loro. Corrispettivi che, di norma, sono costituiti da fee di ingresso, abbonamenti o simili remunerazioni.

Nel caso di compravendite di beni o prestazioni di servizi (facilitate dalla interfaccia digitale), si ritiene rilevino i corrispettivi versati dal venditore/fornitore e/o dall’acquirente/committente per l’intermediazione resa dall’interfaccia digitale multilaterale (quale prezzo per l’utilizzo dell’interfaccia al fine di realizzare la transazione). Nel caso in cui quest’ultima, pur agendo da intermediario, fornisca direttamente il bene o la prestazione del servizio all’utente per poi retrocedere il valore della fornitura o del servizio al fornitore effettivo, i ricavi assoggettati a ISD sono solo quelli trattenuti dall’interfaccia per il servizio di intermediazione prestato. In altri termini, non sono da considerare i corrispettivi per i beni e servizi venduti che, sul piano economico, costituiscono operazioni indipendenti dall’accesso e dall’utilizzazione del servizio digitale37.

Per "operazioni indipendenti, sul piano economico” devono intendersi quelle operazioni che, indipendentemente dalla loro accessorietà o autonomia funzionale rispetto al medesimo servizio digitale:

i.non sono necessariamente poste in essere ogni qual volta l’utente fruisca del servizio digitale di accesso e di utilizzazione dell’interfaccia digitale multilaterale e che

ii.si caratterizzano per un contenuto essenzialmente differente rispetto a quello proprio del servizio di natura digitale.

Ciò chiarito, ai fini della determinazione dei ricavi imponibili, occorre distinguere tra le due categorie in cui si sviluppa il servizio di messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale.

37Comma 39-bis della legge di bilancio 2019.


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Nell’ipotesi in cui l’interfaccia faciliti le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, il punto 3.10 del Provvedimento stabilisce che la percentuale di ricavi imponibili è data dal rapporto tra le operazioni di cessione di beni o prestazioni di servizi, realizzate nell’anno solare, per le quali uno degli utenti dell’interfaccia digitale è localizzato nel territorio dello Stato e il totale delle operazioni di cessioni di beni o prestazioni di servizi concluse nel medesimo periodo.

Al denominatore del rapporto, quindi, sono indicate tutte le operazioni di cessione di beni o prestazione di servizi realizzate nell’anno solare, mentre al numeratore del rapporto sono indicate solo le operazioni di cessione di beni o prestazioni di servizi, realizzate nel medesimo periodo, per le quali uno degli utenti dell'interfaccia digitale è localizzato nel territorio dello Stato sulla base dei criteri di localizzazione indicati nel paragrafo 5.

Si osserva che per il numeratore occorre prendere in considerazione tutte le operazioni concluse da un utente localizzato in Italia, indipendentemente dalla circostanza che si tratti del fornitore del servizio/cedente del bene o del fruitore del servizio/acquirente del bene e, comunque, indipendentemente dal fatto che lo stesso agisca nell’esercizio di un’attività economica.

L’operazione, inoltre, si considera realizzata nel momento in cui sorge a favore dell’impresa che mette a disposizione l’interfaccia digitale multilaterale il diritto a un corrispettivo, indipendentemente dall’effettiva percezione dello stesso.

Di seguito, si propone un esempio numerico.


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Anno solare

2022

A. Operazioni di cessione di beni/prestazione di servizi

600.000

complessivamente realizzate tramite l’interfaccia digitale

multilaterale

B. Operazioni di cessione di beni /prestazioni di servizi per le

3.000

quali uno degli utenti dell'interfaccia digitale è localizzato

nel territorio dello Stato

C. Quota riferibile all’Italia

0,5% (B/A)

D. Ricavi complessivi da messa a disposizione di

5.000.000

un’interfaccia digitale multilaterale

E. Ricavi imponibili

25.000 (D*C)

Per il servizio di messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che non faciliti le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi, il medesimo punto 3.10 del Provvedimento prevede che la percentuale di ricavi imponibili sia data dal rapporto tra gli utenti che dispongono di un conto aperto nel territorio dello Stato (a fronte del pagamento di un corrispettivo) che consente di fruire di tutti o parte dei servizi disponibili dell’interfaccia digitale multilaterale e che hanno utilizzato tale interfaccia durante l’anno solare e il numero di utenti complessivi che dispongono di un conto ed hanno utilizzato tale interfaccia nel medesimo periodo, sempre a fronte del pagamento di un corrispettivo.

Al denominatore del rapporto, quindi, occorre inserire tutti gli accessi degli utenti ovunque localizzati che hanno utilizzato l’interfaccia digitale multilaterale nell’anno solare, mentre al numeratore andranno inseriti solo gli accessi degli utenti che (i) dispongono di un conto aperto in Italia, secondo i criteri di localizzazione


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illustrati nel paragrafo 5, e (ii) che hanno utilizzato tale interfaccia nel medesimo

periodo.

Di seguito si illustra un caso esemplificativo.

Anno solare

2023

A. Totale utenti che dispongono di un conto ed hanno

2.000.000

utilizzato l’interfaccia digitale multilaterale durante l’anno

solare

B. Utenti che dispongono di un conto aperto in Italia che

400.000

consente di accedere a tutti o parte dei servizi

dell’interfaccia digitale multilaterale e che hanno utilizzato

tale interfaccia nel medesimo periodo

C. Quota riferibile all’Italia

20% (B/A)

D. Totale ricavi derivanti dall’utilizzo della piattaforma

6.000.000

digitale multilaterale

E. Ricavi imponibili

1.200.000 (D*C)

6.3Trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia

Ai fini del computo dei ricavi imponibili, in relazione alla prestazione dei servizi in commento, rilevano i corrispettivi derivanti dalla trasmissione a titolo oneroso dei dati ottenuti dall’attività degli utenti sulle interfacce digitali. Come osservato nel paragrafo 3.4 ai fini della base imponibile rilevano i corrispettivi, anche non monetari, derivanti dalla vendita/trasmissione del dato.


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Per determinare i ricavi imponibili, il punto 3.11 del Provvedimento stabilisce che occorre calcolare il rapporto tra gli utenti i cui dati, venduti parzialmente o totalmente e trasmessi nell’anno solare, sono stati generati o raccolti durante la consultazione di un'interfaccia digitale quando erano localizzati nel territorio dello Stato e gli utenti complessivi cui si riferiscono i dati venduti e trasmessi.

Al denominatore del rapporto, quindi, è inserito il numero complessivo di utenti, ovunque localizzati, i cui dati siano stati raccolti e trasmessi a titolo oneroso nell’anno solare, mentre al numeratore è inserito il numero di utenti i cui dati, venduti parzialmente o totalmente e trasmessi nel medesimo periodo, sono stati generati o raccolti durante la consultazione di un'interfaccia digitale quando erano localizzati nel territorio dello Stato in base ai criteri di localizzazione indicati nel paragrafo 5.

A titolo esemplificativo, si consideri il seguente caso.

Anno solare

2024

A. Totale utenti i cui dati siano stati venduti,

4.000.000

parzialmente o totalmente, e trasmessi a titolo oneroso

nel 2024

B. Utenti i cui dati, venduti parzialmente o totalmente e

100.000

trasmessi nel 2024, sono stati generati o raccolti durante

la consultazione di un'interfaccia digitale quando erano

localizzati nel territorio dello Stato (anche ante 2024)

C. Quota riferibile all’Italia

2,5% (B/A)

D. Totale ricavi da trasmissione di dati raccolti dagli

25.000.000

utenti

E. Ricavi imponibili

625.000 (D*C)


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7 Obblighi strumentali

In relazione al concreto operare del meccanismo applicativo dell’imposta, il punto 7 del Provvedimento disciplina gli obblighi strumentali correlati all’assolvimento dell’imposta sui servizi digitali.

7.1 Identificazione dei soggetti passivi

I soggetti passivi sono tenuti preliminarmente a identificarsi di fronte all’Amministrazione fiscale.

A prescindere dal fatto che sia stabilita in Italia, in uno Stato membro o in una giurisdizione terza, un’impresa che soddisfa i criteri stabiliti dal punto 1, lettera b), del Provvedimento si configura quale soggetto passivo, indipendentemente dalla sussistenza di una stabile organizzazione in Italia.

In funzione del luogo di stabilimento del soggetto passivo, variano le modalità di identificazione stabilite dal comma 43 della norma primaria e ulteriormente regolate dai punti da 7.1 a 7.5 del Provvedimento.

Nel dettaglio, i soggetti passivi dell’imposta residenti o con stabile organizzazione in Italia provvedono ad adempiere gli obblighi di versamento e dichiarativi e a presentare istanza di rimborso, mediante il proprio codice fiscale rilasciato dall’amministrazione finanziaria italiana. A tal fine, l’indicazione della sola partita IVA rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana deve intendersi sufficiente.

I soggetti passivi dell’imposta non residenti individuati nel punto 1, lettera e) del Provvedimento, che non abbiano già un codice fiscale o che non siano già in


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possesso di un numero di partita IVA, devono ottenere un codice fiscale secondo le modalità descritte nel punto 7.2 del Provvedimento, distinte a seconda che il richiedente sia o meno una persona fisica. Peraltro, come avviene per l’assolvimento degli adempimenti IVA, l’identificazione può avvenire tramite la nomina di un rappresentante fiscale o, nei casi infra dettagliati, anche mediante identificazione diretta.

In relazione agli obblighi gravanti sui soggetti passivi non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia e localizzati in uno Stato collaborativo, l’ultimo periodo del comma 43 della norma primaria, replicato dal punto 9 del Provvedimento, introduce una responsabilità solidale dei soggetti residenti appartenenti allo stesso gruppo.

Pertanto, in caso di errore o omissione negli adempimenti dichiarativi o di versamento da parte di un soggetto passivo non residente (privo di stabile organizzazione e non localizzato in uno Stato non collaborativo), del minore o mancato pagamento dell’imposta rispondono anche i soggetti residenti nel territorio dello Stato, a prescindere dalla circostanza che siano a loro volta soggetti passivi ai fini dell’imposta sui servizi digitali, purché appartenenti al medesimo gruppo.

Per la nozione di gruppo rilevante ai fini della solidarietà si rinvia alla definizione resa nel punto 1, lettera d), del Provvedimento, come precisata nel paragrafo 2 della presente circolare, secondo cui vi sono ricomprese «tutte le entità, residenti e non residenti, incluse nel bilancio consolidato redatto in conformità ai principi internazionali d’informativa finanziaria o a un sistema nazionale d’informativa finanziaria».

L’appartenenza al gruppo, ai fini della solidarietà passiva dei soggetti residenti, viene valutata, in base al punto 9 del Provvedimento, alla fine dell’anno solare in cui sono realizzati i ricavi imponibili.


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Per identificarsi, i soggetti passivi dell’imposta stabiliti in uno Stato non collaborativo (di cui al punto 1, lettera f), del Provvedimento), e privi di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, devono nominare un rappresentante fiscale in Italia individuato tra i soggetti indicati nell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, secondo le modalità descritte nel punto

7.5del provvedimento. Si precisa che il rappresentante fiscale può essere sia un terzo indipendente che un soggetto appartenente al gruppo.

In tal caso, il rappresentante fiscale provvede alla richiesta di attribuzione di un codice fiscale ai soggetti passivi rappresentati secondo le modalità specificate nel citato punto 7.5.

La presenza del rappresentante fiscale in Italia rende superflua la previsione di una responsabilità solidale dei soggetti residenti in Italia, facenti parte del medesimo gruppo, per gli adempimenti dichiarativi e di versamento relativi

all’imposta sui servizi digitali. Tale rapporto di solidarietà, come già osservato, è previsto solo per i soggetti passivi non residenti privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato che siano localizzati in Stati collaborativi.

Si fa presente che nella nozione di Stato "collaborativo” declinata al punto 1, lettera f), del Provvedimento rientrano, in conformità con quanto previsto dal comma 43 della legge di bilancio 2019, esclusivamente gli Stati che, in virtù degli accordi conclusi con l’Italia, sono tenuti a fornire cooperazione amministrativa per la lotta contro l’evasione e la frode fiscale e assistenza al recupero dei crediti fiscali derivanti dalla ISD.

Al momento, sono da considerare "collaborativi” gli Stati Membri dell’Unione Europea, con i quali sono in vigore la direttiva 2010/24/UE del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure, e la direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale.


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7.2 La designazione ai fini degli adempimenti

Al fine di gestire gli aspetti amministrativi relativi all’imposta, il comma 42 della norma primaria ha previsto un meccanismo di semplificazione: la designazione di una società del gruppo per l’assolvimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali.

Il funzionamento della designazione, disciplinato nei punti da 7.6 a 7.10 del Provvedimento, implica che un soggetto passivo debitore dell’imposta in Italia possa servirsi di un unico punto di contatto (la c.d. società designata) per provvedere a tutti gli adempimenti relativi all’imposta sui servizi digitali.

Nello specifico, la designazione consente ai soggetti passivi d’imposta di delegare a una consociata gli adempimenti relativi a:

a)l’identificazione secondo le modalità stabilite nei punti 7.2 e 7.3 del

Provvedimento;

b)la presentazione della dichiarazione secondo le modalità previste dal punto 6 del Provvedimento che, a sua volta, rinvia al provvedimento 25 gennaio 2021, prot. n. 22879;

c)il versamento dell’imposta, secondo le modalità indicate nel punto 5 del

Provvedimento;

d)la presentazione dell’istanza di rimborso, come disciplinata nel punto 10 del Provvedimento.

Possono optare per il meccanismo di designazione tutte le imprese, residenti e non residenti, che, al termine dell’anno solare in cui sono riscontrati i requisiti per essere qualificati come soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali, risultino appartenenti a un gruppo.

Per potersi avvalere della designazione non è necessario che il gruppo si componga esclusivamente di soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali, né che tutti i soggetti passivi del gruppo aderiscano o possano aderire a detto meccanismo;


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nel caso di gruppi "misti”, la designata provvederà a porre in essere gli adempimenti solamente per le consociate soggetti passivi che abbiano optato per la designazione. Resta inteso che i membri del gruppo che non integrano la qualifica di soggetti passivi non sono tenuti agli obblighi di identificazione.

Il punto 7.6 del Provvedimento precisa che la società designata deve essere, a sua volta, un soggetto passivo dell’imposta sui servizi digitali e che deve essere individuata prioritariamente tra i membri del gruppo residenti o stabiliti in Italia.

Solamente nel caso in cui nel gruppo non vi siano soggetti passivi residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, la società designata può essere individuata tra i non residenti, purché, però, non si tratti di soggetti passivi, privi di stabile organizzazione in Italia, localizzati in Stati non collaborativi come definiti nel paragrafo 7.1 della presente circolare.

Per i membri del gruppo che siano localizzati in uno Stato non collaborativo, privi di stabile organizzazione in Italia, la norma primaria, al comma 43, e il Provvedimento, al punto 7.4, prevedono già la nomina di un rappresentante fiscale a cui competono gli adempimenti per conto dei soggetti rappresentati. Ne consegue che, in tale caso, ossia di designante localizzato in uno Stato non collaborativo e privo di stabile organizzazione in Italia, la società designata (che, ai sensi del punto

7.6del Provvedimento, deve comunque essere un soggetto passivo dell’ISD) deve

essere anche nominata quale rappresentante fiscale. Un soggetto passivo stabilito in uno Stato non collaborativo e privo di una stabile organizzazione in Italia non può essere designato.

La designazione è unica per ciascun gruppo e ha validità annuale, con riferimento agli obblighi da adempiere nell’anno in cui è effettuata.

A titolo esemplificativo si ipotizzi che le società A, B, C e D riscontrino di essere tutte soggetti passivi d’imposta e facciano parte del medesimo gruppo al 31 dicembre 2021.


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Delle quattro società, solo A risulta residente in Italia e pertanto, in ossequio all’ordine di priorità previsto nel Punto 7.6 del Provvedimento, viene indicata come società designata nella dichiarazione presentata nell’anno solare 2023 riferita al periodo d’imposta 2022.

Nel corso dell’anno solare 2023, la società A, in qualità di designata dal gruppo, provvederà a porre in essere gli adempimenti relativi all’imposta sui servizi digitali per l’anno 2022 per suo conto e per conto delle consociate B, C e D.

Al 31 dicembre 2022, occorre verificare nuovamente la composizione del gruppo, la qualifica di soggetti passivi in capo alle consociate e, qualora si voglia nuovamente ricorrere alla designazione, nell’anno 2024 si potrà procedere con una nuova nomina secondo i criteri già descritti. La designazione della consociata avrà di nuovo un anno di validità.

Come precisato nel punto 7.7 del Provvedimento, il ricorso alla designazione

èuna facoltà e non un obbligo per le consociate. Ciò significa che alcuni soggetti passivi del gruppo possono decidere di rinunciarvi e provvedere autonomamente agli adempimenti relativi all’imposta sui servizi digitali.

Riprendendo l’esempio precedente, potrebbe accadere che, al 31 dicembre 2022, le quattro consociate, soggetti passivi d’imposta, facciano ancora parte del

gruppo ma che solo A, B e C decidano di avvalersi della designazione. In questa ipotesi, D provvederà da sola ad adempiere gli obblighi di dichiarazione e versamento o alla richiesta di rimborso. Poiché il punto 7.6 del Provvedimento cristallizza il riscontro della formazione del gruppo alla fine dell’anno solare in cui viene verificato il superamento delle soglie per la qualificazione dei soggetti passivi, eventuali mutamenti nella composizione del gruppo non incidono sul panorama di soggetti designanti.

Riprendendo l’esempio precedente, la verifica del gruppo composto dalle società A, B, C e D viene stabilita al 31 dicembre 2021. Qualora nel corso del 2022,


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la società B esca dal gruppo, la stessa potrà comunque decidere se avvalersi o meno del ricorso alla designazione per cui hanno optato le consociate A, C e D. Ciò nonostante la designazione intervenga nel 2023 relativamente al periodo d’imposta 2022.

D’altra parte, sono le stesse società designanti a fornire alla designata i dati da includere nella dichiarazione relativa all’imposta sui servizi digitali.

Su tale aspetto, il punto 7.10 del Provvedimento stabilisce che ciascun soggetto passivo designante trasmetta alla società designata i dati da inserire in dichiarazione e le informazioni utilizzate per il calcolo dell’imposta da versare entro i rispettivi termini di dichiarazione e di versamento.

L’accuratezza e la completezza di tali informazioni assume particolare rilevanza poiché il medesimo punto 7.10 prevede che la società designata resta solidalmente responsabile, insieme alle consociate designanti, del corretto assolvimento dell’imposta e degli obblighi dichiarativi.

Come già è stato rilevato, sono solidamente responsabili del versamento dell’imposta sui servizi digitali i soggetti residenti nel territorio dello Stato appartenenti al medesimo gruppo delle imprese non residenti, purché non localizzate in uno Stato non collaborativo e prive di stabile organizzazione in Italia.

Pertanto, l’obbligazione solidale si estende anche alle altre consociate italiane, indipendentemente dalla circostanza che siano qualificabili come soggetti passivi d’imposta.

La responsabilità solidale della società designata residente in Italia, tuttavia, assorbe quella delle consociate residenti in Italia prevista dall’ultimo periodo del comma 43 della norma primaria e dal punto 9 del Provvedimento. Pertanto, in presenza di una società designata residente in Italia, l’obbligazione solidale non si estende alle altre eventuali consociate italiane.


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7.3 Dichiarazione e versamento dell’imposta

Con il citato Provvedimento del 25 gennaio 2021, sono stati approvati il modello ISD per la dichiarazione dell’imposta sui servizi digitali e le relative istruzioni.

Si fa presente che il decreto legge n. 41 del 22 marzo 2021 ha modificato i termini relativi al versamento annuale dell’imposta e alla presentazione della dichiarazione indicati nell’articolo 1, comma 42, della legge di bilancio 2019.

A seguito delle predette modifiche, i termini per il versamento dell’imposta e per la presentazione della relativa dichiarazione, originariamente fissati al 16 febbraio e al 31 marzo dell'anno solare successivo a quello in cui si verifica il presupposto per l’applicazione dell’imposta, sono stati fissati al 16 maggio per il versamento dell’imposta e al 30 giugno per la presentazione della relativa dichiarazione. Il differimento di cui sopra si applica anche ai termini che, in sede di prima applicazione della norma, erano stati prorogati al 16 marzo 2021, per quanto concerne i primi versamenti, e al 30 aprile 2021, per la presentazione della dichiarazione.

Pertanto, il riferimento operato al punto 6.1 del Provvedimento del 25 gennaio 2021, relativamente al termine per la presentazione della dichiarazione annuale va inteso non più al 31 marzo ma al 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui sono realizzati i ricavi imponibili.

Sono tenuti alla presentazione della dichiarazione tutti i soggetti passivi d’imposta. Al riguardo, si ricorda che, in caso di assenza di ricavi imponibili, il soggetto passivo non è obbligato alla presentazione della dichiarazione.

I soggetti passivi non residenti possono presentare la dichiarazione con diverse modalità:

a) tramite una stabile organizzazione nel territorio dello Stato;


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b)direttamente, se in possesso di un codice fiscale rilasciato dall’Amministrazione Finanziaria italiana;

c)direttamente, previa richiesta del codice fiscale, qualora ne siano privi;

d)tramite un rappresentante fiscale appositamente nominato;

e)tramite la società designata nei casi consentiti, disciplinati dai punti 7.6 e seguenti del Provvedimento.

Resta inteso che un soggetto passivo residente, oltre a presentare direttamente la dichiarazione, ben potrebbe avvalersi, per tale adempimento, di una società designata (in presenza di un’altra società del gruppo residente in Italia).

Come anticipato nei paragrafi precedenti, nei casi sub d) ed e), l’adempimento è posto in essere, rispettivamente, dal rappresentante fiscale, qualora il non residente sia un soggetto passivo localizzato in uno Stato non collaborativo e privo di stabile organizzazione in Italia o sia comunque un soggetto passivo che abbia scelto di avvalersene, o dalla società designata nei casi previsti dal punto 7.6 del Provvedimento.

Riguardo a quest’ultima fattispecie, la presentazione della dichiarazione relativa all’imposta sui servizi digitali rappresenta anche il momento in cui la designazione viene formalizzata all’Amministrazione. Tuttavia, la designazione della medesima società potrebbe essere intervenuta anche in un momento precedente in base ad accordi interni al gruppo. In virtù di questi stessi accordi, la consociata può procedere all’identificazione dei soggetti passivi non residenti privi di stabile organizzazione in Italia – diversi da quelli localizzati in uno Stato non collaborativo –, che siano privi del codice fiscale o di una partita IVA, anche nell’anno solare precedente a quello di presentazione della dichiarazione.

Si ipotizzi, ad esempio che al 31 dicembre 2021 venga definito il gruppo Alfa, composto interamente da soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali. Tra le società del gruppo, in base ad intese raggiunte tra i membri, viene individuata la


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consociata A, residente in Italia, come designata. A sarà tenuta a presentare la dichiarazione relativa all’imposta sui servizi digitali per sé e per le altre società del gruppo nel 2023. Tuttavia, già dal 2022, avendo individuato la composizione del gruppo e i soggetti passivi che lo compongono sin dal 31 dicembre 2021, A può attivarsi per chiedere il codice fiscale per le consociate che non ne siano in possesso secondo le modalità di cui ai punti 7.2 e 7.3 del Provvedimento, unitamente ad un atto di nomina (delega).

Come previsto nel punto 7.9 del Provvedimento, la società designata è tenuta a elencare nella dichiarazione, dalla stessa presentata, i dati identificativi delle singole società designanti.

Entro il termine di presentazione della dichiarazione, è possibile rettificare o integrare una dichiarazione già presentata, mediante la compilazione di un nuovo modello completo di tutte le sue parti (cosiddetta dichiarazione correttiva nei termini).

Qualora non sia più possibile presentare la dichiarazione correttiva nei termini, è possibile presentare una dichiarazione integrativa, purché sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. A tal fine, si considera valida anche la dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 13, comma 1, lett. c) del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

La dichiarazione integrativa, trasmessa compilando un nuovo modello completo di tutte le sue parti, può essere presentata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria, per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minor imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minor debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, fatta


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salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

In virtù delle modifiche introdotte dal citato DL n. 41 del 22 marzo 2021, anche il termine individuato al punto 5.1 del Provvedimento del 25 gennaio 2021, relativo al versamento annuale dell’imposta va inteso come riferito non più al 16 febbraio ma al 16 maggio dell’anno solare successivo a quello in cui sono realizzati i ricavi imponibili38.

Il versamento avviene secondo le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, mediante modello F24. Qualora il soggetto passivo non residente non disponga di un conto corrente presso sportelli bancari o postali situati in Italia e non possa eseguire il pagamento con le modalità ordinarie, il punto 5.5 del Provvedimento ammette che il versamento sia eseguito mediante bonifico in "EURO” a favore del Bilancio dello Stato al Capo 8 - Capitolo 1006 (codice IBAN IT43W0100003245348008100600), indicando quale causale del bonifico: il codice fiscale, il codice tributo e l’anno di riferimento.

A questo riguardo, si segnala che con risoluzione del 1° marzo 2021, n. 14/E sono stati istituiti i codici tributo da indicare nel modello F24 per il versamento della ISD. In particolare si tratta dei seguenti codici:

"2700” denominato "IMPOSTA SUI SERVIZI DIGITALI – articolo 1, commi da 35 a 50, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e s.m.”;

"2701” denominato "IMPOSTA SUI SERVIZI DIGITALI – articolo 1, commi da 35 a 50, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e s.m. –

INTERESSI”;

38In merito, si precisa che, in conformità con quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera h) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106), scadendo nel 2021 il termine per il versamento dell’imposta sui servizi digitali di domenica, lo stesso è rinviato al primo giorno lavorativo successivo, ovvero a lunedì 17 maggio 2021.


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"2702” denominato "IMPOSTA SUI SERVIZI DIGITALI – articolo 1, commi da 35 a 50, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e s.m. – SANZIONI”.

Al pari dell’adempimento dichiarativo, anche il versamento può essere posto in essere dal rappresentante fiscale o dalla società designata distintamente con riferimento a ciascun soggetto rappresentato o ciascuna società designante.

8 Obblighi contabili

Il comma 44-bis della norma primaria prevede per i soggetti passivi l’obbligo di tenere «un’apposita contabilità» per la rilevazione mensile delle informazioni sui ricavi dei servizi imponibili e degli elementi quantitativi utilizzati per calcolare la quota parte di detti ricavi realizzati in Italia a seconda del servizio digitale svolto.

Il punto 8.2 del Provvedimento stabilisce che detto obbligo è assolto mediante la tenuta dei seguenti documenti:

prospetto analitico delle informazioni sui ricavi e sugli elementi quantitativi utilizzati per calcolare l’imposta (Prospetto analitico);

nota esplicativa delle informazioni sui ricavi e sugli elementi quantitativi utilizzati per calcolare l’imposta (Nota esplicativa).

Il Prospetto analitico, redatto secondo le indicazioni di cui all’Allegato 1 al

Provvedimento, costituisce un registro in cui riportare su base mensile le informazioni rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile, nonché la liquidazione dell’imposta annuale.


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Più in dettaglio, il Prospetto deve essere intestato al soggetto passivo tenuto all’obbligo di dichiarazione e versamento e, qualora ricorra il caso, deve riportare i dati identificativi del rappresentante fiscale o della società designata.

Il medesimo Prospetto deve riportare su base mensile i ricavi ovunque realizzati distinti per tipologia di servizio imponibile ed i relativi dati necessari per il calcolo dei ricavi imponibili relativi ai servizi prestati in Italia secondo i criteri di cui al punto 3 del Provvedimento (cfr. Sezione I dell’Allegato 1).

Qualora i ricavi siano espressi nella contabilità del soggetto passivo in una valuta diversa dall’euro, il Provvedimento, al punto 8.4, prevede di esprimere l’ammontare anche in euro, applicando «l’ultimo tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, noto il primo giorno del mese nel corso del quale le somme sono percepite».

Qualora tale dato non sia disponibile, sono applicabili i tassi di cambio delle valute estere stabiliti annualmente con provvedimento e pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle entrate o, in alternativa, possono essere altresì utilizzati i tassi di cambio alternativi forniti da operatori internazionali indipendenti, utilizzati dall'impresa nella contabilizzazione delle operazioni in valuta, purché la relativa quotazione sia resa disponibile attraverso fonti di informazione pubbliche e verificabili.

Analogamente a quanto indicato al paragrafo 2.2, la valuta utilizzata ai fini contabili può costituire il riferimento per la conversione in euro. In altri termini, quando il soggetto passivo converte più valute in unica valuta estera a fini contabili, per motivi di semplificazione è accettabile che la conversione sia effettuata partendo direttamente dalla valuta contabile.

Nel caso in cui si ravvisi la necessità di effettuare correzioni totali o parziali in corso d’anno di registrazioni precedentemente effettuate, si dovrà procedere


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all’annullamento della registrazione errata ed alla sostituzione della stessa con quella corretta seguendo la procedura di storno (cfr. Sezione I, campo 7 dell’Allegato 1).

Diversamente dagli storni totali o parziali realizzati in anni solari successivi rispetto a quelli di contabilizzazione dei relativi corrispettivi derivanti da servizi digitali imponibili, dette rettifiche concorreranno alla formazione della base imponibile attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa relativa all’anno solare in cui l’operazione ha generato i corrispettivi imponibili da rettificare.

Le registrazioni relative a ciascun periodo d’imposta si chiudono con la liquidazione dell’imposta dovuta. Al riguardo, nel Prospetto andranno indicati, oltre ai dati riepilogativi dell’anno relativi ai ricavi ovunque realizzati e a quelli necessari per il calcolo delle proporzioni di cui al punto 3 del Provvedimento, anche le proporzioni applicate per il calcolo dei ricavi imponibili, i ricavi imponibili e l’imposta di periodo (cfr. Sezione II dell’Allegato 1).

Il punto 8.5 del Provvedimento prevede che i prospetti analitici debbano essere redatti entro il termine di versamento dell’imposta. In altri termini, ai soggetti passivi non è richiesto di completare la rilevazione mensilmente, essendo sufficiente che tutti i dati richiesti, cosi come sopra indicato, siano rilevati entro il 16 maggio dell’anno successivo a quello di realizzazione dei ricavi imponibili (il 16 maggio 2021 per il primo anno di applicazione dell’imposta: termini così modificati dal decreto legge n. 41 del 22 marzo 2021).

La Nota Esplicativa, che deve contenere in forma descrittiva le informazioni minime richieste dall’Allegato 2 al Provvedimento, è parte integrante della contabilità analitica. Essa ha lo scopo di rendere maggiormente intellegibili i dati riportati nel Prospetto analitico e di fornire informazioni aggiuntive sull’origine e sulle modalità di raccolta delle informazioni poste a base della determinazione della


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base imponibile, anche al fine di dare evidenza dell’attendibilità ed oggettività degli stessi.

A differenza del Prospetto analitico, che deve essere redatto entro il termine di versamento dell’imposta, la Nota esplicativa deve essere predisposta entro quello di presentazione della dichiarazione.

In merito alle modalità di redazione e conservazione della contabilità analitica, il punto 8.3 del Provvedimento prevede che il Prospetto deve essere formato e custodito su un sopporto informatico che ne consenta la conservazione e ne garantisca l’inalterabilità. Il Prospetto analitico e la Nota esplicativa sono firmati dal soggetto passivo o dal suo legale rappresentante o dal suo delegato mediante firma elettronica con apposizione della marca temporale, al fine di conferire data certa ai predetti documenti.

La documentazione relativa all’applicazione dell’imposta deve essere conservata, a cura dei soggetti passivi, fino a quando non siano spirati i termini per la notifica degli avvisi di accertamento.

Ai sensi del punto 8.6, l’Amministrazione finanziaria può chiedere, in sede di controllo, oltre l’esibizione dei documenti sopra descritti, anche estrazioni ed elaborazioni parziali delle rilevazioni in essi contenute e ogni ulteriore documento ritenuto utile a comprovare l’attendibilità e completezza dei ricavi e dei dati utilizzati ai fini della determinazione dell’imponibile e dell’imposta.

A tal fine, a titolo esemplificativo, potranno essere richieste elaborazioni dei dati registrati nel Prospetto per tipologia di servizio imponibile, estrazioni ed elaborazioni di dati dai sistemi informativi aziendali del soggetto passivo cosi come contratti e documentazione afferente operazioni da cui sono derivati ricavi imponibili.

In tali circostanze, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 5 del Regolamento UE n. 2016/679 in materia di trattamento dei dati personali,


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l’Amministrazione finanziaria avrà cura di effettuare le richieste in maniera coerente con l’oggetto dell’indagine e tenuto conto delle finalità della stessa.

Ad esempio, nel contesto di un controllo sulla corretta determinazione dei ricavi imponibili del servizio digitale consistente nella veicolazione di pubblicità mirata, sarà sufficiente comprovare la corretta determinazione del numero di utenti che hanno consultato l’interfaccia mentre erano localizzati nel territorio dello Stato, senza specificarne i dati anagrafici.

Come precisato nel punto 8.6 del Provvedimento, mediante il rinvio all’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, la documentazione relativa all’applicazione dell’imposta deve essere conservata, a cura dei soggetti passivi, fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta.

Considerate le potenziali difficoltà e le obiettive condizioni di incertezza riscontrabili in sede di prima applicazione degli obblighi contabili previsti dal punto 8 del provvedimento, per il primo anno d’imposta non danno luogo all’applicazione delle sanzioni, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente39 eventuali errori o irregolarità commessi in sede di trasmissione e compilazione dei dati richiesti, fermo restando, in ogni caso, l’assolvimento di tutti gli obblighi stabiliti dal Provvedimento.

Non sono parimenti irrogate sanzioni relativamente alle violazioni commesse anteriormente al 60° giorno successivo alla data di pubblicazione del Provvedimento, come stabilito dall’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.

39Legge 27 luglio 2000, n. 212.


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9 Rimborsi

Nel caso in cui il soggetto passivo abbia versato un’imposta sui servizi digitali eccedente quella effettivamente dovuta, il punto 10.1 del Provvedimento individua nella dichiarazione la sede ordinariamente deputata alla richiesta di rimborso.

In tal caso, in base al successivo punto 10.2, i rimborsi sono disposti con le modalità di cui al decreto del Ministero delle Finanze 22 novembre 2019.

Tuttavia, può accadere che l’impresa avente diritto al rimborso non sia più tenuta a presentare la dichiarazione.

Si ipotizzi, ad esempio, che l’impresa Alfa fosse un soggetto passivo d’imposta in ragione del superamento delle soglie nel 2020, abbia realizzato ricavi imponibili nel 2021 e abbia provveduto a presentare la dichiarazione e a versare l’imposta sui servizi digitali nel 2022. Alla fine del 2021, Alfa non risulta più un soggetto passivo d’imposta perché non supera più le soglie dimensionali, con la conseguenza che non è tenuta né a verificare la realizzazione di ricavi imponibili nel 2022, né presentare la dichiarazione nel 2023.

In simili ipotesi, il rimborso può essere chiesto presentando apposita istanza con modalità che variano a seconda della residenza e dello stabilimento del soggetto richiedente.

Nello specifico, l’istanza di rimborso può essere presentata:

-al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate individuato in base al domicilio fiscale dai soggetti residenti e dai soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia;

-all’indirizzo di posta elettronica dell’Agenzia delle entrate, Centro operativo di Pescara, entrate.isd@agenziaentrate.it, dai soggetti non residenti privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato.


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Nel caso di soggetti passivi dell’imposta appartenenti ad un gruppo, che si sono avvalsi della designazione, la richiesta è presentata dalla società designata.

Qualora il soggetto passivo dell’imposta non si avvalga più della società designata che ha effettuato il versamento dell’imposta per suo conto, la richiesta di rimborso può essere presentata dal medesimo soggetto cui l’eccedenza d’imposta si riferisce.

L’istanza di rimborso deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ossia entro due anni dal versamento eccedente l’imposta sui servizi digitali effettivamente dovuta.

Il termine di due anni decorre dal versamento dell’imposta, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Infine, si precisa che non è possibile utilizzare l’eccedenza di versamento in compensazione orizzontale mediante modello F24, in alternativa alla richiesta di rimborso. Come emerge dal modello di dichiarazione, infatti, il soggetto passivo potrà chiederne rimborso oppure rinviare il credito ed utilizzarlo nel periodo successivo.

10 Convenzioni contro le doppie imposizioni e deducibilità dell’Imposta

L’Italia dispone di una fitta rete di Convenzioni in vigore con altri Stati contraenti, ispirati, principalmente, al modello di Convenzione elaborato in sede OCSE, allo scopo di regolare l’esercizio della propria potestà impositiva ed eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti, nonché prevenire fenomeni di non imposizione o di evasione ed elusione fiscale.


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In presenza di un Trattato, la norma convenzionale prevale sull’eventuale disposizione interna contrastante, proprio in ragione della rinuncia al potere impositivo operata dagli Stati in sede negoziale.

Per tale motivo, occorre verificare se l’introduzione dell’imposta sui servizi digitali possa, in qualche modo, confliggere con gli accordi internazionali dando luogo a fenomeni di doppia tassazione in contrasto con gli impegni internazionali assunti da parte italiana.

L’ambito di applicazione oggettivo delle Convenzioni è individuato dall’articolo 2, paragrafo 1 del Modello OCSE, che fa riferimento alle imposte sul reddito e sul patrimonio applicate da uno Stato contraente.

Il successivo paragrafo 3 chiarisce che sono tali le imposte su tutto il reddito o patrimonio, ovvero su alcuni elementi, mentre il terzo paragrafo attribuisce agli Stati contraenti il compito di elencare le rispettive imposte che si intendono coperte dal Trattato.

Tenuto conto della costante evoluzione dei sistemi fiscali dei singoli Stati contraenti, il paragrafo 4 dello stesso articolo 2 del Modello OCSE prevede che si considerano incluse nel Trattato tutte le imposte identiche o similari introdotte dopo la firma dell’accordo internazionale, in sostituzione o in aggiunta di quelle esistenti ivi elencate.

L’imposta sui servizi digitali non compare nelle Convenzioni concluse dall’Italia e non può neppure ritenersi inclusa nel relativo ambito applicativo per l’assimilazione operata dal citato paragrafo 4.

L’imposta sui servizi digitali, infatti, non si applica sul reddito ma sui corrispettivi lordi percepiti nell’anno solare a fronte di specifici servizi digitali dettagliati nella norma. Più precisamente, il comma 39 della legge di bilancio 2019 specifica che «I ricavi tassabili sono assunti al lordo dei costi e al netto dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette».


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Ad ulteriore conferma dell’estraneità dell’imposta sui servizi digitali rispetto alle imposte sul reddito, il comma 44 prevede che, in quanto compatibili, ai fini dell’accertamento, delle sanzioni, della riscossione e del contenzioso, si applichino le disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto.

Da quanto precede emerge la natura indiretta dell’imposta sui servizi digitali che, pertanto, non rientra nell’ambito applicativo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Ciò comporta, altresì, che l’eventuale assoggettamento dei medesimi ricavi a imposte sui servizi digitali applicate sia dall’Italia sia da altri Stati, in virtù delle rispettive normative nazionali, non attribuisce al soggetto passivo un diritto al riconoscimento del credito d’imposta anche in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni.

Trattandosi di una imposta indiretta si ritiene che questa possa essere portata in diminuzione dal reddito complessivo del soggetto passivo ai fini IRES, ai sensi dell’articolo 99 del TUIR, nell’esercizio in cui avviene il relativo pagamento.

Resta inteso che sarà legittimamente deducibile ai fini IRES l’imposta sui servizi digitali pagata dal soggetto passivo non solo a fronte dell’obbligo previsto dalla legge di bilancio 2019 ma anche da un operatore residente o localizzato in Italia che sia soggetto passivo in base ad altre analoghe disposizioni vigenti in ordinamenti esteri.

Analogamente, si ritiene che la ISD pagata sia deducibile anche dalla base imponibile IRAP se rientrante in una voce che concorre alla determinazione del valore della produzione netta del soggetto passivo.

* * *


88

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

Ernesto Maria Ruffini (firmato digitalmente)

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