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Circolare Agenzia Entrate n. 6/E del 04/06/2021

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Circolare N. 6/E



Roma, 1 marzo 2022


Oggetto: Chiarimenti in merito alle discipline della rivalutazione e del riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, e della rivalutazione per i settori alberghiero e termale di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40


Sommario

Premessa 5

Parte I La disciplina della rivalutazione e del riallineamento 6

  1. Inquadramento generale 6

  2. Ambito Oggettivo 11

    1. Rivalutazione dei diritti immateriali giuridicamente tutelati ma non iscritti in bilancio 11

    2. Rivalutazione dei diritti immateriali derivanti dall'adesione a un consorzio di tutela per la produzione di un prodotto alimentare 13

    3. Rivalutazione di un diritto all'uso di spazi per l'esercizio di attività commerciale ottenuto gratuitamente 14

    4. Rivalutazione di una porzione di fabbricato conseguente a un frazionamento operato nel 2021 15

    5. Rivalutazione di un impianto fotovoltaico con opzione di riscatto prevista entro il 2019, ma esercitata nel 2020 16

    6. Rivalutazione di un bene da parte di una società che ha sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis del Regio Decreto n. 267 del 1942. 17

      2.7 Esercizio dell'opzione per la rivalutazione/riallineamento in ipotesi di fusione per incorporazione, effettuata nel corso dell'esercizio 2020, di una società controllata, acquisita nel corso dell'esercizio 2019 19

  3. Riserva da rivalutazione/riallineamento 21

    1. Trattamento della riserva da rivalutazione/riallineamento in caso di operazioni straordinarie 21

    2. Disciplina del saldo attivo di rivalutazione di un bene immobile da parte di società in contabilità ordinaria che ha rivalutato il bene, ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008, in un periodo d'imposta precedente, in cui adottava la contabilità semplificata 25

    3. Affrancamento parziale delle riserve in sospensione d'imposta vincolate a seguito del riallineamento dei maggiori valori: natura riserve affrancate e individuazione delle stesse 27

  4. Riallineamento 28

    1. Riallineamento delle divergenze di valore di cespiti il cui costo storico risulta già riallineato in base a precedenti discipline 28

    2. Riallineamento delle divergenze derivanti da cessioni infragruppo determinate in applicazione dell'articolo 123, comma 1, del TUIR 31

    3. Incapienza di patrimonio netto rispetto ai maggiori valori da riallineare 33

    4. Irrilevanza degli incrementi delle divergenze di valore verificati nell'esercizio di riferimento del riallineamento (2020) 36

    5. Modalità di determinazione del piano di ammortamento del valore riallineato in presenza di valori fiscali residui al 31 dicembre 2019 37

    6. Possibilità di apporre il vincolo di sospensione fiscale su riserve vincolate sotto il profilo civilistico 39

    7. Determinazione della base imponibile per l'affrancamento della riserva da riallineamento 40

    8. Apposizione del vincolo su riserve di capitali e loro successiva distribuzione in assenza di affrancamento 42

    9. Riallineamento delle divergenze di valore derivanti sia da deduzioni fiscali operate per cassa sia da FTA 44

    10. Riallineamento delle divergenze di valore relative alle c.d. operazioni pregresse per le quali non è stata esercitata la facoltà prevista dall'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 46

    11. Riallineamento delle divergenze di valore del marchio derivanti da deduzioni effettuate ai fini IRES e IRAP 51

    12. Riallineamento delle divergenze derivanti dall'applicazione dell'IFRIC 12

      52

    13. Riallineamento dell'avviamento attribuibile a diverse CGU, iscritto in bilancio a seguito di un'operazione di riorganizzazione 55

Parte II La rivalutazione dei beni prevista per i settori alberghiero e termale 57

  1. Inquadramento generale 57

    1. Società holding che affitta immobili alle controllate per lo svolgimento di attività nel settore alberghiero 58

    2. Rivalutazione degli immobili detenuti da una società che opera nei settori alberghiero e termale in maniera non prevalente 60

    3. Rivalutazione dei beni posseduti dal conduttore mediante contratto d'affitto di un'azienda che opera nel settore alberghiero 62

    4. Rivalutazione dei beni posseduti da una società che svolge attività riconducibile al codice Ateco 55.30 - "Aree di campeggio ed aree attrezzate per camper e roulotte" 63

    5. Decorrenza della deduzione degli ammortamenti relativi a beni rivalutati di società operante nel settore alberghiero 64

    6. Rivalutazione dei beni posseduti da società operante nel settore alberghiero con contestuale riallineamento del valore dell'avviamento 65

    7. Trasformazione progressiva, modifica della durata dall'esercizio e rivalutazione nel settore alberghiero 66

    8. Esercizio "a cavallo", modifica della durata dell'esercizio sociale e rivalutazione dei beni 67

Parte III Gli aspetti procedurali 71

  1. Perfezionamento dell'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110, comma 8 e 8-bis, del decreto agosto 71

  2. Ammissibilità in sede di dichiarazione c.d. "tardiva" dell'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110, comma 8 e 8-bis, del decreto agosto 72

  3. Rinuncia alla rivalutazione operata ai sensi della legge di bilancio 2020 per aderire alla rivalutazione di cui all'articolo 110 del decreto agosto 74

  4. Rinuncia al riallineamento di cui all'articolo 15, commi 10 e ss., del decreto-legge n. 185 del 2008 per aderire al riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto. 76

  5. Apposizione del vincolo di sospensione d'imposta in sede di approvazione (nel 2022) del bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2021 78


Premessa


La presente circolare fornisce - nella Parte I (per quanto attiene ai profili sostanziali) e III (per quanto riguarda gli aspetti procedurali) - chiarimenti in relazione al regime fiscale della rivalutazione e del riallineamento contenuto nell'articolo 110 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 (di seguito, decreto agosto) utilizzando lo schema della circolare domanda-risposta, alla luce delle criticità rappresentate dai contribuenti nelle istanze di interpello lavorate e di quelle sollevate dagli ordini professionali e dalle associazioni di categoria.

Al riguardo, si precisa che tenuto conto che la disciplina prevista dal citato articolo 110 rinvia a previsioni già presenti nei precedenti regimi di rivalutazione e riallineamento, si applicano, in quanto compatibili, i chiarimenti già forniti dai diversi documenti di prassi (cfr., da ultimo, circolare n. 14/E del 27 aprile 2017, a commento della misura analoga contenuta nei commi da 556 a 563 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 - di seguito Legge di bilancio 2017 - che, a sua volta, rinvia alle precedenti circolari n. 18/E del 13 giugno 2006, n. 11/E del 19 marzo 2009 e n. 13/E del 14 giugno 2014).

La Parte II - articolata sempre secondo il suddetto schema domanda-risposta - contiene, invece, specifici chiarimenti in ordine alla disciplina della rivalutazione dei beni prevista per i settori alberghiero e termale di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (di seguito, decreto liquidità), convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40.


Parte I

La disciplina della rivalutazione e del riallineamento


  1. Inquadramento generale

    L'articolo 110 del decreto agosto, come anticipato, ha reintrodotto la disciplina di rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni per i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio d'esercizio ed ha dato ingresso alla disciplina del riallineamento vale a dire la possibilità di riconoscere ai fini fiscali i maggiori valori iscritti nel bilancio relativo all'esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2020, in tal caso anche a beneficio dei soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (IAS/IFRS adopter).

    La facoltà di rivalutazione opera sia solo sul piano civilistico che anche su quello fiscale, previo pagamento - a tale ultimo fine - di un'imposta sostitutiva con l'aliquota del 3 per cento per i beni ammortizzabili e per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del 10 per cento (comma 3).

    Più in particolare:

    • il comma 1 del predetto articolo 110 dispone che «i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, possono, anche in deroga all'articolo 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000,

      n. 342, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019»;


    • il comma 2 dell'articolo 110 prevede che «La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello di cui al comma 1 (N.d.R., quello in corso al 31 dicembre 2019), può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa. Le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, se approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, a condizione che i beni d'impresa e le partecipazioni di cui al comma 1 risultino dal bilancio dell'esercizio precedente»;

    • il comma 4 del medesimo articolo dispone che «il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive a decorrere dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili»;

    • il comma 4-bis, inserito a seguito delle modifiche apportate con l'articolo 1-bis, comma 1, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, prevede che la rivalutazione può essere eseguita anche nel bilancio relativo all'esercizio immediatamente successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, con esclusivo riferimento ai beni non rivalutati nel bilancio precedente e «senza la possibilità di affrancamento del saldo attivo e di riconoscimento degli effetti a fini fiscali, rispettivamente ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo»;

    • il comma 8 stabilisce che «Le previsioni di cui all'articolo 14, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (...) anche con riferimento alle partecipazioni, in società ed enti, costituenti immobilizzazioni


      finanziarie ai sensi dell'articolo 85, comma 3-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

    • il comma 8-bis - inserito dall'articolo 1, comma 83, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 - prevede che «le disposizioni dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano anche all'avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019». Il comma 7 prevede che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni:

      • degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (di seguito, legge n. 342 del 2000);

      • del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001,

        n. 162 (di seguito, D.M. 2001);

        • del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86 (di seguito, D.M. 2002);

        • i commi 475, 477 e 478 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (di seguito, legge n. 311 del 2004).

        Si fa presente che l'articolo 1, commi 622, 623 e 624 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (di seguito, Legge di bilancio 2022) ha introdotto alcune rilevanti modifiche ai regimi di rivalutazione e di riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto.

        In particolare, l'articolo 1, comma 622, della citata Legge di bilancio 2022, inserendo il comma 8-ter all'articolo 110, ha previsto che il maggior valore

        «imputato ai sensi dei commi 4, 8 e 8-bis» (ossia, in occasione dell'adesione ai regimi di rivalutazione e/o di riallineamento ivi disciplinati,) alle attività immateriali le cui quote di ammortamento, ai sensi dell'articolo 103 del TUIR, sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo o del valore (come, ad esempio, i marchi e l'avviamento), deve essere dedotto, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, in almeno 50 anni.

        Al riguardo giova osservare che, nonostante il mancato richiamo puntuale


        da parte del nuovo comma 8-ter alle previsioni contenute nel precedente comma 7, per esigenze di coerenza logico-sistematica, le nuove previsioni si applicano ai maggiori valori delle attività immateriali le cui quote di ammortamento - ai sensi dell'articolo 103 del testo unico delle imposte sui redditi - sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo o del valore, detenute sia dai soggetti che adottano i principi contabili IAS/IFRS sia dai soggetti cd. OIC adopter.

        Lo stesso comma 8-ter precisa che detto regime non muta qualora il soggetto interessato perda la disponibilità del bene rivalutato/riallineato ovvero non presenti più in bilancio il costo relativo all'attività immateriale oggetto di riallineamento (cfr. in tal senso la relazione illustrativa al disegno di legge relativo al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, AS n. 2448, XVIII Legislatura, pagine 236 e ss. dello stampato).

        Il successivo comma 8-quater, introdotto sempre del citato comma 622 della Legge di bilancio 2022, consente, in deroga al comma 8-ter, ai soggetti interessati di non allungare il periodo di ammortamento sopra descritto (con possibilità, quindi, di procedere alla deduzione degli ammortamenti nelle modalità originarie) previo pagamento di un'imposta sostitutiva corrispondente a quella stabilita dall'articolo 176, comma 2-ter, del TUIR, al netto dell'imposta sostitutiva del 3 per cento determinata ai sensi del comma 4 dell'articolo 110 del decreto agosto. In altre parole, per effetto della previsione del citato comma 8-quater, il contribuente può continuare la deduzione ordinaria degli ammortamenti sulle attività immateriali in questione applicando un'imposta sostitutiva sui maggiori valori imputati con le aliquote, suddivise per scaglioni, del 9 per cento sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro, dell'11 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni e fino a 10 milioni di euro e del 13 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 10 milioni di euro.

        Il comma 623 chiarisce che la decorrenza degli effetti delle nuove disposizioni contenute nei richiamati commi 8-ter e 8-quater è contestuale a quella


        disposta dalla disciplina dell'articolo 110 del decreto agosto.


        Il comma 624, in considerazione dei rilevanti impatti sulle decisioni di investimento delle imprese, in via opzionale, consente agli interessati di revocare, anche parzialmente, l'applicazione della disciplina dell'articolo 110 del decreto agosto, esercitando il diritto alla restituzione delle imposte sostitutive versate secondo modalità e termini che saranno resi noti con un Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate in corso di predisposizione.

        Al riguardo, si precisa che la locuzione «anche parzialmente» deve riferirsi alla facoltà di revocare la rivalutazione/riallineamento avendo riguardo anche solo ad alcuni dei beni materiali e immateriali oggetto della precedente scelta operata dai contribuenti di aderire alla disciplina agevolativa in esame.

        Una interpretazione diversa, infatti, non consentirebbe il rispetto del divieto di riallineamento parziale delle differenze di valore (cfr. circolari n. 18/E del 2006 e n. 57/E del 18 giugno 2001, punto 2.1).

        Si ricorda, infine, che con il documento interpretativo 7 «Legge 13 ottobre 2020, n. 126 Aspetti contabili della rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni» (di seguito, documento interpretativo 7), emanato il 31 marzo 2021, l'Organismo Italiano di Contabilità (di seguito, OIC) ha fornito importanti chiarimenti di natura contabile, ma con riflessi - come si dirà - anche sul piano fiscale, in merito alla disciplina della rivalutazione, applicabile alle società che redigono il bilancio d'esercizio in base alle disposizioni del codice civile.

        Tanto premesso in generale, si forniscono di seguito i principali chiarimenti che sono stati resi in sede di risposta ad istanze di interpello e consulenza giuridica, riportando una sintesi del quesito posto e della relativa risposta, suddividendo i chiarimenti in paragrafi dedicati ai singoli temi.


  2. Ambito Oggettivo

    1. Rivalutazione dei diritti immateriali giuridicamente tutelati ma non iscritti in bilancio

      Quesito

      Una società, che redige il bilancio secondo i principi contabili nazionali, non ha mai iscritto nell'attivo del proprio stato patrimoniale, tra le immobilizzazioni immateriali, alcuni marchi, brevetti e know-how, anche se i relativi costi sono stati rilevati al conto economico.

      Al riguardo, la società chiede di sapere se sia possibile applicare il regime della rivalutazione di cui all'articolo 110 del decreto agosto anche a tali beni immateriali che esistono nel patrimonio aziendale, in quanto giuridicamente tutelati e aventi un valore economico apprezzabile, ancorché non siano mai stati valorizzati alla stregua di asset nello stato patrimoniale.


      Risposta


      Con il documento interpretativo 7, paragrafo 5 della sezione "Oggetto", l'OIC ha chiarito che «possono inoltre essere oggetto di rivalutazione i beni immateriali ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio in cui è effettuata la rivalutazione anche se i relativi costi, seppur capitalizzabili nello stato patrimoniale, sono stati imputati interamente a conto economico».

      Al punto 7 della sezione riservata alle "Motivazioni", poste alla base dell'interpretazione fornita, (sebbene le stesse non formino espressamente parte integrante del documento), l'OIC ha precisato che «per la rivalutazione che si intende operare la disposizione contenuta nel paragrafo 5 rileva ai fini civilistici».

      La possibilità di procedere alla rivalutazione dei beni immateriali i cui costi sono stati contabilizzati a conto economico anche se avevano i requisiti per essere iscritti tra i beni immateriali viene motivata dall'OIC alla luce della necessità di evitare una ingiustificata disparità di trattamento «tra le società che ad esempio


      hanno deciso di iscrivere a conto economico i costi di registrazione di un marchio rispetto a quelle che, a parità di condizioni, hanno deciso invece di capitalizzare tali costi tra i beni immateriali» (cfr. sempre il richiamato punto 7).

      Preso atto dei chiarimenti forniti dall'OIC ai fini civilistici-contabili, va rilevato che la disciplina della rivalutazione contenuta nell'articolo 110 del decreto agosto nasce dall'esigenza civilistica di derogare ai criteri ordinari di valutazione al costo (articolo 2426 del codice civile) dei beni materiali e immateriali nella rappresentazione in bilancio, a cui si aggiunge la facoltà di ottenere, previo pagamento di un'imposta sostitutiva, il riconoscimento, anche ai fini fiscali, dei maggior valori emergenti dalla rivalutazione.

      Tanto premesso, alla luce dei rapporti tra la rivalutazione sul piano tecnico contabile e il riconoscimento dei maggiori valori dal punto di vista fiscale, non si ravvisano elementi né sul piano della formulazione letterale delle norme, né su quello della ratio legis, che giustifichino, sotto il profilo fiscale, scostamenti in via interpretativa rispetto alle conclusioni cui è pervenuto l'OIC nel citato documento interpretativo.

      Il riconoscimento dei maggiori valori fiscali non è, infatti, subordinato alla ricorrenza di presupposti oggettivi e soggettivi autonomi, ma è legato - in presenza di una rivalutazione tecnico-contabile dell'asset a una scelta del contribuente e al versamento dell'imposta sostitutiva prevista, in coerenza alla finalità della disciplina che, come sopra evidenziato, resta sempre collegata alla volontà di consentire alle imprese un adeguamento ai valori effettivi della rappresentazione contabile dei beni.

      In altri termini, in assenza di espresse disposizioni di segno contrario rilevanti ai fini fiscali, l'iscrizione dei maggiori valori emergenti dalla rivalutazione contabile crea il presupposto per il riconoscimento degli stessi anche ai fini fiscali, previo, ovviamente, pagamento dell'imposta sostitutiva.

      Pertanto, deve ritenersi che possono costituire oggetto di rivalutazione anche i beni immateriali (come, marchi, i brevetti, e il know-how), i quali risultino essere


      esistenti e nella titolarità del soggetto interessato nonché ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio in cui è effettuata la rivalutazione, anche se i relativi costi, pur capitalizzabili nello stato patrimoniale, sono stati imputati interamente a conto economico.

      Per completezza, va sottolineato che la tutela giuridica del bene immateriale risulta un requisito imprescindibile ai fini della rivalutazione come richiesto dall'articolo 2 del D.M. 2001, attuativo della legge n. 342 del 2000, specificamente richiamata dall'articolo 110, comma 7, del decreto agosto, il quale prevede che «ai fini della rivalutazione, i beni completamente ammortizzati si intendono posseduti se risultanti dal bilancio o rendiconto (...) ovvero, relativamente ai beni immateriali completamente ammortizzati, se gli stessi siano tuttora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia» (cfr. circolari n. 18/E del 2006, n. 13/E del 2014 e n. 14/E del 2017).


    2. Rivalutazione dei diritti immateriali derivanti dall'adesione a un consorzio di tutela per la produzione di un prodotto alimentare

      Quesito


      Una società aderisce da tempo a un consorzio di tutela di prodotti alimentari, in occasione dell'approvazione dell'originario piano di produzione del consorzio è risultata assegnataria a titolo originario e gratuito di un diritto immateriale costituito da un insieme di «punti di riferimento», che attribuiscono al soggetto assegnatario il diritto a produrre una determinata quantità del prodotto oggetto del consorzio di tutela. La medesima società ha successivamente acquisito a titolo oneroso ulteriori «punti di riferimento» da altri consorziati. Al riguardo, la società chiede se possa operare la rivalutazione ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto di tutti i predetti diritti posseduti, anche quelli ottenuti a titolo gratuito in sede di accesso al consorzio, entro il limite massimo del loro valore di mercato.


      Risposta


      Sulla base delle medesime motivazioni di cui al precedente paragrafo 2.1. e tenuto conto della circostanza che parte dei diritti immateriali risulta iscritta in bilancio, deve ritenersi che, nel caso in esame, può costituire oggetto di rivalutazione un diritto immateriale costituito da un insieme di «punti di riferimento», sia nel caso in cui tale diritto sia acquisito a titolo originario e gratuito dalla società in occasione dell'approvazione dell'originario piano di produzione del consorzio, sia nel caso in cui la medesima società lo abbia successivamente acquisito a titolo oneroso.

      Ciò ovviamente nel presupposto che tali diritti siano ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio in cui è effettuata la rivalutazione di tutti i «punti di riferimento» posseduti (anche quelli ottenuti a titolo gratuito).


    3. Rivalutazione di un diritto all'uso di spazi per l'esercizio di attività commerciale ottenuto gratuitamente

      Quesito

      Una società risulta concessionaria di un diritto esclusivo all'utilizzo degli spazi di mercato di prodotti alimentari, ottenuto senza l'esborso di alcuna somma iniziale, ma remunerato attraverso il pagamento di canoni periodici regolarmente registrati in conto economico. La società chiede se sia possibile procedere alla rivalutazione del predetto diritto ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto.


      Risposta

      A seguito di una specifica richiesta (che riprende quanto chiarito nel documento interpretativo 7), l'OIC ha precisato che sono esclusi dall'ambito oggettivo di applicazione della rivalutazione i beni immateriali ricevuti a titolo gratuito, che, ai sensi del paragrafo 53 dell'OIC 24, non sono capitalizzabili, proprio perché non è stato sostenuto alcun costo di acquisto. In tal caso, inoltre, eventuali costi accessori sostenuti per l'ottenimento di detti beni non sono


      comunque capitalizzabili perché associati a un bene non capitalizzabile in quanto ricevuto gratuitamente.

      In definitiva, i diritti immateriali che sulla base delle loro peculiarità non sono capitalizzabili nell'attivo dello stato patrimoniale, non possano formare oggetto di rivalutazione ai fini della normativa agevolativa in argomento in quanto l'impossibilità di iscrivere, in bilancio, un maggior valore contabile fa venir meno il presupposto essenziale per il loro riconoscimento fiscale.

      Nel caso di specie, dunque, una società che risulta concessionaria di un diritto esclusivo all'utilizzo degli spazi del mercato di prodotti alimentari in concessione, ottenuto senza l'esborso di alcuna somma iniziale, ma remunerati attraverso il pagamento di canoni periodici regolarmente registrati in conto economico, non può procedere alla rivalutazione del predetto diritto ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto.


    4. Rivalutazione di una porzione di fabbricato conseguente a un frazionamento operato nel 2021

      Quesito

      Una società immobiliare di gestione chiede di poter rivalutare una porzione di un fabbricato commerciale, classificato tra gli «immobili patrimonio», tenuto conto che questo è indicato come unico bene nel bilancio dell'esercizio 2019. La società rileva che la zona ufficio, annessa al bene stesso, risulta individuata mediante un frazionamento che, per ragioni diverse dalla rivalutazione, sarà in ogni caso operato nel corso dei primi mesi dell'anno 2021.


      Risposta

      Il comma 2 dell'articolo 110 del decreto agosto, a differenza delle precedenti leggi di rivalutazione, consente di rivalutare anche singoli beni mobili o immobili (ammortizzabili e non ammortizzabili) e non necessariamente tutti quelli appartenenti alla medesima categoria omogenea.


      Per quanto concerne la classificazione in bilancio, nell'OIC 16 si precisa che le immobilizzazioni materiali, ai sensi dell'articolo 2424 del codice civile, sono iscritte nell'attivo dello stato patrimoniale alla voce BII con la seguente classificazione: 1) terreni e fabbricati (cfr. paragrafo 19).

      I fabbricati identificati univocamente tramite il sistema catastale sono considerati come un bene unico sia per le regole di classificazione in bilancio (OIC 16), sia avendo riguardo ai chiarimenti forniti in merito alle precedenti discipline di rivalutazione.

      Nel caso in esame, dunque, la società può fruire della rivalutazione di cui all'articolo 110 del decreto agosto esclusivamente in relazione al predetto fabbricato integralmente considerato, non essendo consentita dall'articolo 110 del decreto agosto una rivalutazione parziale (nella specie, la zona ufficio) dei singoli beni.


    5. Rivalutazione di un impianto fotovoltaico con opzione di riscatto prevista entro il 2019, ma esercitata nel 2020

      Quesito

      Una società chiede se può procedere alla rivalutazione di un impianto fotovoltaico oggetto di contratto di leasing per il quale ha esercitato la relativa opzione di riscatto solo nel corso del 2020 ancorché detta opzione - secondo quanto stabilito contrattualmente - avrebbe dovuto essere esercitata entro il 31 dicembre 2019.


      Risposta

      L'articolo 110 del decreto agosto prevede che ai fini della rivalutazione sia necessario che i beni oggetto di rivalutazione siano iscritti sia nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, sia in quello relativo all'esercizio successivo (ossia, quello del 2020 per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare). In particolare, in coerenza con i chiarimenti contenuti nei


      documenti di prassi relativi alle precedenti leggi di rivalutazione (cfr. circolari n. 14/E del 2017, n. 13/E del 2014, n. 11/E del 2009 e n. 18/E del 2006), possono essere rivalutati i soli beni in proprietà.

      Infatti, l'articolo 2, comma 3, del D.M. 2001 stabilisce che, ai fini della rivalutazione, i beni si considerano acquisiti alla data del trasferimento del diritto di proprietà o altro diritto reale o della consegna con clausola di riserva della proprietà. Per quanto riguarda i beni detenuti in leasing, i medesimi documenti di prassi evidenziano che la rivalutazione può essere eseguita dall'utilizzatore solo se abbia esercitato il diritto di riscatto (ossia, solo se sia divenuto proprietario del bene) entro l'esercizio in corso alla data di riferimento della specifica legge di rivalutazione invocata dal contribuente (quindi, nel caso in esame, entro la data del 31 dicembre 2019).

      Nel caso - come quello prospettato nel quesito - in cui non sia stato esercitato il diritto di riscatto alla data del 31 dicembre 2019, ancorché fosse decorsa la data dell'opzione per il riscatto contrattualmente prevista, l'impianto fotovoltaico non risultava acquisito in proprietà dalla società, considerato che il trasferimento della proprietà è avvenuto solo nel corso del 2020; pertanto, il predetto impianto non può essere oggetto di rivalutazione.


    6. Rivalutazione di un bene da parte di una società che ha sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis del Regio Decreto n. 267 del 1942.

      Quesito

      Una società chiede se la circostanza di aver sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis del Regio Decreto 16 giugno 1942,

      n. 267 sia ostativa alla possibilità di rivalutare un proprio asset (nella specie, un marchio) ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto.


      Risposta


      In via preliminare, si sottolinea che l'articolo 110 del decreto agosto non prevede alcuna esclusione soggettiva, consentendo la rivalutazione dei beni d'impresa a tutti i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.

      In precedenza, il Decreto Ministeriale del 13 febbraio 1992, che dava attuazione alle previsioni della legge 30 dicembre 1991, n. 413, avente ad oggetto l'obbligo, in capo a determinati soggetti (tra cui le società per azioni), di procedere alla rivalutazione di determinati fabbricati, o aree fabbricabili, risultanti dal bilancio dell'esercizio 1990, statuiva che «non sono obbligate alla rivalutazione le imprese che, alla data di chiusura dell'esercizio con riferimento al quale la rivalutazione deve essere eseguita, sono state dichiarate fallite o sottoposte a liquidazione coatta amministrativa».

      In base alle citate previsioni (relativa a una rivalutazione obbligatoria), la ratio del mancato obbligo di procedere alla rivalutazione in capo alle società dichiarate fallite o sottoposte a liquidazione coatta amministrativa era collegato alla natura liquidatoria delle procedure stesse, la quale non si conciliava, da un lato, con l'esigenza di rivalutazione di beni destinati a essere mantenuti nel patrimonio dell'impresa e, da un altro lato, con le diverse modalità di determinazione del reddito da parte di dette società.

      La successiva legge n. 342 del 2000 ha introdotto, con gli articoli da 10 a 16, una rivalutazione, su base volontaria e onerosa, dei beni materiali e immateriali, nonché delle partecipazioni in società controllate e collegate, risultanti dal bilancio relativo all'esercizio chiuso entro il 31 dicembre 1999, senza prevedere alcuna (espressa) esclusione soggettiva.

      Nel caso prospettato nel quesito, dunque, la società non è soggetta alla procedura di fallimento né a liquidazione coatta amministrativa, ma ha solo sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis del R.D. n. 267 del 1942.


      Simili accordi, come si evince anche dalla collocazione dell'istituto nel Capo V del richiamato R.D. n. 267 del 1942, dedicato al concordato preventivo, sono volti al risanamento della crisi e al riequilibrio della situazione finanziaria, con il fine di garantire la prosecuzione dell'attività dell'impresa differenziandosi, quindi, dalle procedure concorsuali.

      Ai fini fiscali, peraltro, il reddito delle società che hanno stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti viene determinato in via ordinaria.

      Pertanto, si ritiene che la stipula dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis del D.R. n. 267 del 1942 (omologato dal competente Tribunale) da parte della società, in assenza di un'esplicita esclusione prevista dall'articolo 110 del decreto agosto ed alla luce della sua ratio, non sia ostativa all'accesso alla rivalutazione in questione.


      2.7 Esercizio dell'opzione per la rivalutazione/riallineamento in ipotesi di fusione per incorporazione, effettuata nel corso dell'esercizio 2020, di una società controllata, acquisita nel corso dell'esercizio 2019

      Quesito


      Una società - costituita nel corso del 2019 per porre in essere un'operazione di leveraged buy out (LBO) - ha acquistato il 100 per cento delle quote di una società immobiliare. Nel corso del 2020 è stata posta in essere una fusione per incorporazione della società partecipata nel veicolo societario costituito per l'acquisizione. La differenza di fusione (disavanzo da annullamento) è stata interamente attribuita agli immobili posseduti dalla società acquisita. Ciò descritto, la società chiede se sia possibile, con riferimento ai maggiori valori attribuiti in bilancio per effetto dell'imputazione del disavanzo da annullamento agli elementi patrimoniali ricevuti a seguito della predetta operazione di fusione, optare per la rivalutazione/riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto.


      Risposta


      Con la circolare n. 14/E del 2017 è stato chiarito, al paragrafo 2, che «per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare l'adeguamento dei valori deve essere eseguito nel bilancio o rendiconto chiuso il 31 dicembre 2016 [rectius, 31 dicembre 2020], in relazione ai beni risultanti dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2015 [rectius, 31 dicembre 2019]».

      Nello stesso paragrafo è stato, altresì, precisato che «nell'ipotesi di fusione o scissione realizzate nel corso del 2016 [rectius, nel corso del 2020]», «la società incorporante o risultante dalla fusione e la società beneficiaria possono rivalutare i beni acquisiti se gli stessi figuravano iscritti nei bilanci della società incorporata o della scissa al 31 dicembre 2015 [rectius, al 31 dicembre 2019]» (cfr. in tal senso anche circolari n. 18/E del 2006 e n. 11/E del 2009).

      Al riguardo, si evidenzia che, stanti i chiarimenti forniti con i sopra menzionati documenti di prassi, la società incorporata non può accedere al regime agevolativo in commento con riferimento ai valori iscritti nel bilancio infra-annuale "di chiusura" alla data di efficacia giuridica della fusione, trattandosi di una situazione patrimoniale chiusa in una data anteriore a quella a cui le disposizioni in argomento fanno riferimento (come sopra evidenziato, infatti, la rivalutazione e/o il riallineamento devono essere eseguiti nel bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31 dicembre 2020).

      La società incorporante potrà procedere al riallineamento degli immobili (acquisiti a seguito dell'incorporazione della suddetta società) iscritti nel bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31 dicembre 2020, ancorché i predetti beni immobili non figurino nel bilancio della stessa chiuso al 31 dicembre 2019, ma in quello della società incorporata, limitatamente ai disallineamenti esistenti al 31 dicembre 2019.

      La società incorporante non potrà, invece, accedere al regime del riallineamento - ai sensi del comma 8 dell'articolo 110 del decreto agosto - con


      riferimento ai valori relativi ai suddetti beni iscritti per effetto dell'imputazione del disavanzo di fusione. Ciò in quanto il regime del riallineamento opera limitatamente ai disallineamenti esistenti con riferimento al bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31 dicembre 2019 e tenuto conto dei decrementi verificatisi nell'esercizio 2020 (cfr. circolare n. 14/E del 2017, par. 9).

      La medesima società non potrà, altresì, optare per la rivalutazione - ai sensi dei commi da 1 a 7 del menzionato articolo 110 - dei suddetti valori, non avendo

      - nel bilancio di riferimento relativo all'esercizio chiuso il 31 dicembre 2020 -iscritto alcuna riserva di rivalutazione ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto né incrementato il proprio capitale sociale in contropartita dei maggiori valori degli asset iscritti in bilancio, i quali risultano accresciuti solo in conseguenza dell'imputazione del disavanzo di fusione e, più in generale, della contabilizzazione dell'operazione stessa.

      Qualora, tuttavia, il valore economico complessivo attribuito agli immobili di cui si tratta, quale indicato nella apposita perizia di stima, risultasse superiore rispetto al valore contabile iscritto sui predetti asset per effetto dell'operazione di fusione, la società incorporante potrebbe unicamente accedere, con riferimento all'importo differenziale, al regime della rivalutazione dei beni d'impresa in argomento, iscrivendo "nuovi" maggiori valori sui predetti immobili e, in contropartita, una riserva di rivalutazione appositamente denominata a tal fine.


  3. Riserva da rivalutazione/riallineamento

    1. Trattamento della riserva da rivalutazione/riallineamento in caso di operazioni straordinarie

      Quesito


      Una società ha iscritto il saldo attivo derivante dalla rivalutazione operata ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 110 del decreto agosto, in un'apposita


      riserva del proprio patrimonio netto che, sotto il profilo fiscale, risulta in sospensione d'imposta non essendo stata affrancata. La società rappresenta di essere parte, nel periodo d'imposta successivo all'esercizio dell'opzione, in qualità di società incorporata, di una operazione di fusione dalla quale emergerà un disavanzo.

      In proposito, la società chiede di conoscere se la riserva di rivalutazione in questione sia qualificabile come una riserva in sospensione d'imposta tassabile solo in occasione della sua distribuzione, e se la stessa riserva, alla luce di quanto richiesto dall'articolo 172, comma 5, del TUIR, possa non essere ricostituita dal momento che, a seguito della fusione, non si genera un avanzo capiente.


      Risposta


      L'articolo 110, comma 7, del decreto agosto rinvia, in quanto compatibili, alle disposizioni degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000 e a quelle del D.M. 2001 e del D.M. 2002; in particolare, per quanto qui di interesse, il citato articolo 13 della legge n. 342 del 2000 prevede, al primo comma, che «il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite ai sensi di tale legge deve essere imputato al capitale o accantonato in un'apposita riserva, con esclusione di ogni diversa utilizzazione».

      Il successivo comma 2 dispone che «la riserva, ove non venga imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l'osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell'articolo 2445 del codice civile», cioè mediante deliberazione dell'assemblea straordinaria; unica eccezione è rappresentata dall'utilizzo della riserva per la copertura di perdite, fattispecie, quest'ultima, che non richiede l'osservanza delle formalità indicate nel secondo e terzo comma dell'articolo 2445 del codice civile, anche se non si potrà procedere alla distribuzione di utili, fino a quando la riserva stessa non venga interamente reintegrata o ridotta in misura corrispondente all'importo utilizzato mediante deliberazione dell'assemblea


      straordinaria (cfr. circolare n. 207/E del 16 novembre 2000).


      Inoltre, ai sensi del comma 3 dell'articolo 13 già citato, nell'ipotesi in cui il saldo attivo venga attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva designata con riferimento alla legge citata ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale (dopo l'imputazione a capitale del saldo attivo in questione), le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell'imposta sostitutiva corrispondente all'ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell'ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti.

      In tal caso, per presunzione assoluta, si considera che le riduzioni del capitale deliberate dopo l'imputazione al capitale delle riserve di rivalutazione, comprese quelle già iscritte in bilancio a norma di precedenti leggi di rivalutazione monetaria, abbiano anzitutto per oggetto, fino al corrispondente ammontare, la parte del capitale formata con l'imputazione di tali riserve.

      Ciò posto, si ritiene che, dal punto di vista fiscale, il vincolo di sospensione di cui all'articolo 13 della legge n. 342 del 2000, cessa esclusivamente nel caso in cui il saldo attivo di rivalutazione sia attribuito, anche indirettamente o di fatto, al socio o al partecipante, in assenza dell'affrancamento delle riserve gravate dal predetto vincolo in sospensione d'imposta.

      Conseguentemente, in linea di principio, devono considerarsi fenomeni rilevanti ai fini impositivi gli utilizzi della riserva che sottendono (o da cui consegue), anche indirettamente o di fatto un effetto di sostanziale attribuzione di tali riserve ai soci e/o ai partecipanti.

      Nel caso rappresentato nel quesito in esame, la società, che ha iscritto nel proprio bilancio un saldo attivo di rivalutazione - derivante dal corretto esercizio dell'opzione prevista dall'articolo 110 del decreto agosto - prende parte, in qualità di incorporata, ad una operazione straordinaria di fusione che, in presenza di un disavanzo, pone un problema sulla ricostituzione della suddetta riserva e sui


      conseguenti effetti fiscali.


      Al riguardo, giova ricordare che l'articolo 172, comma 5, del TUIR prevede nello specifico che le riserve «tassabili solo in caso di distribuzione» devono essere ricostituite, nel patrimonio netto dell'avente causa dell'operazione straordinaria (di fusione o di scissione), «se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre».

      Di conseguenza, tenuto conto che le riserve in esame rientrano tra le riserve tassabili solo in caso di distribuzione (cfr., al riguardo, circolare n. 57/E del 18 giugno 2001) qualora dalla contabilizzazione dell'operazione di fusione non emerga, in capo alla società avente causa, un avanzo, la stessa società avente causa non deve ricostituire le riserve in sospensione d'imposta ad essa attribuite ai sensi del comma 5 dell'articolo 172 del TUIR, fermo restando che la mancata ricostituzione di tali riserve, anche per quanto si dirà in seguito, non può comunque conseguire da operazioni in contrasto con la ratio di presidio del vincolo di sospensione d'imposta sulle predette riserve.

      L'inclusione delle riserve c.d. da rivalutazione tra quelle «tassabili solo in caso di distribuzione» si desume avendo riguardo al tenore letterale delle previsioni dell'articolo 13 della legge n. 342 del 2000 che al comma 3 disciplina in maniera espressa, ai fini fiscali, gli effetti impositivi dell'utilizzo della riserva riconoscendo, come detto, rilevanza a tal fine solo al fenomeno di distribuzione della riserva ai soci e/o ai partecipanti.

      Tale conclusione trova conferma nelle previsioni dell'articolo 14 della legge

      n. 342 del 2000 a proposito delle riserve di riallineamento, secondo cui si applicano a dette riserve le previsioni del comma 3 dell'articolo 13 e non anche quelle dei commi 1 e 2 della disposizione da ultimo citata (cfr., in tal senso, la circolare n. 18/E del 2006, secondo cui «si applica la disciplina di sospensione d'imposta tipica dei saldi di rivalutazione e la cui allocazione comporta un intervento in sede


      di formazione ed approvazione del bilancio relativo all'esercizio in cui il riallineamento è operato»).

      Da ultimo, si ricorda che, fermi restando i principi sopra affermati, non viene meno, al ricorrere dei relativi presupposti, la facoltà dell'Amministrazione finanziaria di contestare la natura abusiva, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (recante lo Statuto dei diritti del contribuente), di operazioni straordinarie che determinano il venir meno di riserve in sospensione d'imposta a fronte di fenomeni che comportino la loro sostanziale attribuzione ai soci o ai partecipanti in contrasto con la già richiamata ratio di presidio del vincolo di sospensione d'imposta.

      Pertanto, in seno al sindacato antiabuso, ferme restando le valutazioni da compiere, caso per caso, sui diversi presupposti previsti dal citato articolo 10-bis, potrà essere considerata espressione di un vantaggio fiscale indebito ogni forma di utilizzo delle suddette riserve (ivi inclusa la loro evaporazione per effetto di operazioni straordinarie, pure tra parti correlate) che sia espressiva, in generale, di fenomeni di attribuzione ai soci o ai partecipanti dei maggiori valori per i quali le menzionate riserve sono state sottoposte al vincolo fiscale.

      Al riguardo, a tali fini, nella valutazione del suddetto indebito potranno assumere rilevanza anche atti dispositivi dei beni rivalutati o delle partecipazioni detenute nella società che ha proceduto alla rivalutazione o al riallineamento.


    2. Disciplina del saldo attivo di rivalutazione di un bene immobile da parte di società in contabilità ordinaria che ha rivalutato il bene, ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008, in un periodo d'imposta precedente, in cui adottava la contabilità semplificata

      Quesito


      Una società che ha optato per la contabilità ordinaria (dal 1° gennaio 2020) rappresenta di aver fruito della rivalutazione di cui al decreto-legge n. 185 del 2008


      mentre era in contabilità semplificata (senza affrancare il relativo saldo attivo di rivalutazione). Al fine di assegnare ai soci, ovvero cedere a terzi, l'unico immobile di proprietà, per poi procedere alla liquidazione, la società chiede se possa applicare la disciplina di cui all'articolo 110 del decreto agosto.


      Risposta


      Per effetto del rinvio contenuto nel comma 23 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 all'articolo 15 della legge n. 342 del 2000 sono ammesse alla rivalutazione anche le società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, le imprese individuali e le società di persone in contabilità semplificata.

      Con riferimento ai soggetti in contabilità semplificata, invece, in assenza del bilancio, non opera la disciplina della sospensione d'imposta sul saldo attivo di rivalutazione con tassazione anche in caso di distribuzione (cfr. circolari n. 13/E del 2014, n. 11/E del 2009 e n. 18/E del 2006).

      Con la circolare n. 57/E del 18 giugno 2001, è stato precisato che, nell'ipotesi di passaggio dal regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria, la mancanza di una contabilità generale e del bilancio non consente ai soggetti che si avvalgono di regimi semplificati di effettuare accantonamenti a riserva e, pertanto, non è configurabile in nessun caso la distribuzione di una riserva.

      Al momento della successiva attivazione della contabilità sistematica, il contribuente dovrà costituire i saldi patrimoniali di partenza secondo le disposizioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689. In tal caso, l'iscrizione in contabilità dei beni rivalutati non comporterà la ricostruzione di alcuna riserva di rivalutazione.

      Inoltre, con la circolare. n. 37/E del 2016 - seppur in tema di «Disciplina dell'assegnazione e cessione di beni ai soci, della trasformazione in società semplice e dell'estromissione dei beni dell'imprenditore individuale» - è stato precisato che la rivalutazione effettuata dai contribuenti in regime di contabilità


      semplificata non genera - a differenza di quanto accade per gli altri contribuenti in contabilità ordinaria - la "creazione" di una corrispondente riserva in sospensione d'imposta (cfr. circolari n. 11/E del 2009 e n. 22/E del 6 maggio 2009), anche nel caso in cui il contribuente, successivamente alla rivalutazione, transiti dal regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria.

      Considerato che la rivalutazione effettuata in regime di contabilità semplificata non comporta l'iscrizione di una riserva in sospensione d'imposta, il maggior valore del bene rivalutato troverà la sua contropartita, nel passaggio al regime ordinario, in una riserva - qualificabile fiscalmente come riserva di utili -libera da vincoli, con la conseguenza che il successivo annullamento di tale riserva

      - per consentire l'assegnazione dei beni ai soci - non sarà assoggettato a imposta sostitutiva prevista in materia di assegnazione agevolata.

      In considerazione di ciò, in sede di assegnazione dei beni ai soci, il valore fiscale includerà gli effetti della rivalutazione operata ai sensi dell'articolo 15 del menzionato decreto-legge n. 185 del 2008 e, nella medesima misura, non risulta alcun saldo attivo di rivalutazione da affrancare riferibile ai beni in esame.

      Restano fermi gli effetti ordinari derivanti dall'annullamento della riserva di cui si tratta in sede di assegnazione del bene.


    3. Affrancamento parziale delle riserve in sospensione d'imposta vincolate a seguito del riallineamento dei maggiori valori: natura riserve affrancate e individuazione delle stesse

      Quesito

      Una società ha sottoposto al vincolo di sospensione d'imposta alcune riserve di capitali e di utili al fine di beneficiare del riallineamento. Ora la società intende procedere all'affrancamento parziale delle stesse e, pertanto, chiede (i) se le riserve in sospensione da affrancare possano essere liberamente individuate e (ii) quale natura (di capitali o di utili) assumano tali riserve successivamente al loro affrancamento.


      Risposta

      Posto che in sede di apposizione del vincolo di sospensione di imposta al momento del riallineamento la società è libera di scegliere quali riserve (di capitale o di utili) sottoporre al predetto vincolo, si ritiene che, parimenti, la medesima società potrà determinare, senza particolari obblighi, quali riserve siano oggetto di affrancamento ai sensi dell'articolo 110, commi 3 e 6, del decreto agosto. Il pagamento della relativa imposta sostitutiva (da affrancamento) corrisponderà al ripristino della situazione originaria del patrimonio della stessa società, vale a dire all'assenza di vincoli sulle riserve.

      Per effetto dell'affrancamento ancorché "parziale" delle riserve in sospensione d'imposta, la parte affrancata delle stesse ri-acquista la natura originaria di riserve di utili o di capitale, ossia, quella che aveva al momento dell'apposizione del vincolo fiscale derivante dal riallineamento.

      Va da sé che la società nel determinare, senza particolari obblighi, quali riserve affrancare ai sensi dell'articolo 110, commi 3 e 6, del decreto agosto e, al contempo, sarà tenuta a conservare tutta la documentazione contabile ed extracontabile idonea a indentificare le riserve oggetto di affrancamento, da esibire in sede di eventuali controlli da parte dell'Amministrazione finanziaria.


  4. Riallineamento


    1. Riallineamento delle divergenze di valore di cespiti il cui costo storico risulta già riallineato in base a precedenti discipline


      Quesito


      Una società IAS/IFRS adopter intende riallineare il valore fiscale di determinati cespiti (marchio e avviamento) ai sensi dell'articolo 110, commi 8 e 8-bis, del decreto agosto. La società precisa che il costo storico di tali cespiti ha


      già trovato, in passato, riconoscimento fiscale per effetto di specifiche e differenti discipline di riallineamento/affrancamento e che l'attuale disallineamento si è formato perché i valori affrancati (non sottoposti al processo di ammortamento in bilancio) hanno concorso medio tempore alla formazione del reddito imponibile e del valore netto della produzione attraverso il ciclo di ammortamento fiscale extracontabile.

      La società chiede di sapere se sia possibile procedere al riallineamento delle divergenze di valori contabili e fiscali che insistono sugli asset iscritti in bilancio al 31 dicembre 2019 e ancora esistenti al 31 dicembre 2020, "indipendentemente dalla genesi e successivo trattamento contabile e fiscale" di dette divergenze.


      Risposta


      Con riferimento all'ambito oggettivo del riallineamento, l'articolo 14 della legge n. 342 del 2000, richiamato dall'articolo 110 del decreto agosto, prevede che i beni i cui valori sono suscettibili di essere riallineati sono gli stessi beni indicati dall'articolo 10 della medesima legge e, cioè, quelli per i quali è possibile avvalersi della rivalutazione, ossia i beni materiali e immateriali, ammortizzabili e non ammortizzabili, le partecipazioni di controllo e di collegamento costituenti immobilizzazioni e, per i soggetti IAS/IFRS adopter, anche le partecipazioni che si considerano immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell'articolo 85, comma 3-bis, del TUIR (e cioè le partecipazioni che non si considerano detenute per la negoziazione) anche ove non si tratti di partecipazioni di controllo o di collegamento (cfr. circolare n. 28/E dell'11 giugno 2009 e n. 207/E del 2000).

      Per quanto concerne le tipologie di divergenze riallineabili, come precisato nell'articolo 10 del D.M. 2001 - richiamato dall'articolo 110, comma 7, del decreto agosto - la disciplina del riallineamento «può essere richiesta indipendentemente dalla fruizione della disciplina di rivalutazione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni, anche singolarmente considerati, di cui


      all'articolo 10 della legge, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo».


      In altri termini, stante l'ampia formulazione delle previsioni di carattere generale contenute nell'articolo 14 della legge n. 342 n. 2000 e nell'articolo 10 del

      D.M. 2001, il riallineamento è possibile in tutti i casi in cui i valori iscritti in bilancio risultino superiori ai corrispondenti costi fiscalmente riconosciuti alla data di chiusura dell'esercizio di riferimento (cfr. circolare n. 18/E del 2006 e n. 14/E del 2017).

      Non sono dunque ostative al riallineamento, le circostanze che (a) il costo storico dei beni abbia già trovato, in passato, riconoscimento fiscale (per effetto di precedenti discipline di riallineamento/affrancamento) e che (b) tale valore abbia già concorso medio tempore alla formazione del reddito e del valore della produzione attraverso il ciclo di ammortamento fiscale gestito extra contabilmente.

      In particolare, per i soggetti IAS/IFRS adopter, è da ritenersi che siano riallineabili anche le divergenze relative all'avviamento e ai marchi che si siano generate per effetto della deduzione in via extra-contabile delle quote di ammortamento, così come previsto, ai fini IRES, dall'articolo 103, comma 2-bis, del TUIR e, ai fini IRAP, dall'articolo 5 del decreto legislativo 15 dicembre 1997

      n. 446 (cfr. circolare n. 18/E del 2006).


      Stante l'assenza di disposizioni che limitano espressamente le tipologie di divergenze riallineabili e alla luce del richiamo contenuto all'articolo 14 della legge n. 342 del 2000 e all'articolo 10 del D.M. 2001, la società potrà beneficiare della disciplina del riallineamento in esame con riferimento a tutte le tipologie di disallineamento esistenti sull'avviamento e sul marchio di impresa iscritti in bilancio al 31 dicembre 2019, indipendentemente dalle cause che hanno dato origine al disallineamento di valori.

      Per completezza, va rilevato che se l'avviamento iscritto presso l'avente causa deriva da operazioni di conferimento di azienda, il riallineamento di cui al citato articolo 110 opera senza tener conto dei valori fiscali e/o contabili


      dell'originario avviamento che ancora residua presso il soggetto conferente poiché

      - come sopra evidenziato - la predetta disciplina è applicabile con riferimento a tutte le tipologie di disallineamento esistenti.


    2. Riallineamento delle divergenze derivanti da cessioni infragruppo determinate in applicazione dell'articolo 123, comma 1, del TUIR


      Quesito

      Una società immobiliare di gestione partecipa unitamente ad altre controllate a un consolidato fiscale di cui agli articoli 117 e ss. del TUIR. In vigenza del menzionato consolidato è stata effettuata un'operazione infragruppo di cessione di beni (diversi da quelli produttivi di ricavi o di plusvalenze esenti) i cui effetti fiscali risultano "sospesi" in applicazione dell'articolo 123, comma 1, del TUIR (vigente al momento dell'operazione). La società, cessionaria degli asset, chiede di fruire del riallineamento del loro valore ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto.


      Risposta


      In base all'articolo 123, comma 1, del TUIR (nella sua originaria formulazione), in caso di esercizio dell'opzione per il consolidato nazionale, «le cessioni di beni diversi da quelli di cui agli articoli 85 e 87, possono avvenire in regime di continuità di valori fiscali riconosciuti su opzione congiunta della società cedente e cessionaria» (cfr. circolare n. 53/E del 20 dicembre 2004, par. 6.2.2.). Tale disposizione è stata successivamente abrogata dall'articolo 1, comma 33, lettera v), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (di seguito, legge finanziaria 2008), con efficacia, ai sensi del successivo comma 34, per i trasferimenti effettuati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.


      Come precisato nella circolare n. 53/E del 2004, per effetto dell'opzione per la neutralità fiscale di cui all'articolo 123 del TUIR, i beni oggetto di cessione mantengono il valore fiscalmente riconosciuto in capo al cedente senza generare, pertanto, alcuna plusvalenza tassabile.

      Nella ipotesi di interruzione del regime di consolidato o di mancato rinnovo della opzione, l'articolo 124, comma 1, lettera b), del TUIR - richiamato dall'articolo 125 ai fini del mancato rinnovo - stabilisce che il reddito del soggetto consolidante venga aumentato per un importo pari «alla residua differenza tra il valore di libro e quello fiscale riconosciuto» dei beni trasferiti in regime di neutralità fiscale. Diversa è l'ipotesi di interruzione del regime di neutralità a seguito di successiva cessione (o atto ad essa equiparato) del bene a soggetti non inclusi nel perimetro di consolidamento. In tal caso, infatti, è lo stesso cedente che ha acquisito il bene in continuità fiscale (i.e. l'ultimo cessionario nella fiscal unit) che dovrà determinare la plusvalenza nel periodo d'imposta in cui è avvenuta la successiva cessione tenendo conto anche del disallineamento ancora esistente tra il valore di libro e il valore fiscale del bene stesso.

      Sempre la circolare n. 53/E del 2004 chiarisce che la partecipazione al consolidato fiscale consentiva di trasferire beni (diversi da quelli produttivi di ricavi o di plusvalenze esenti) tra le società che hanno esercitato l'opzione per la tassazione di gruppo in regime di continuità di valori fiscali riconosciuti (cfr. l'articolo 123 del TUIR), al fine di realizzare una migliore allocazione delle risorse economiche a livello di gruppo.

      Ne consegue che tale divergenza non può essere inclusa tra i valori riallineabili ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto poiché il realizzo della stessa è collegato al peculiare meccanismo di funzionamento allora vigente per i trasferimenti di beni nell'ambito dei soggetti aderenti al medesimo consolidato in relazione al quale continuano a prodursi effetti al ricorrere delle relative condizioni, nonostante l'abrogazione dello stesso regime di neutralità dettato dall'articolo 123 del TUIR ad opera della legge finanziaria 2008.


    3. Incapienza di patrimonio netto rispetto ai maggiori valori da riallineare

      Quesito


      Una società chiede di sapere se sia consentito riallineare solo una parte del disallineamento esistente al 31 dicembre 2019, fino a concorrenza delle riserve di patrimonio netto disponibili al 31 dicembre 2020 per apporre il vincolo in sospensione d'imposta richiesto dall'articolo 110, comma 8, ultimo periodo, del decreto agosto e dall'articolo 14, comma 2, della legge n. 342 del 2000.

      In subordine, la società chiede di sapere se sia consentito riallineare integralmente il differenziale esistente tra il minor valore fiscalmente riconosciuto e il maggior valore contabile, nella misura esistente al 31 dicembre 2019, mediante il pagamento dell'imposta sostitutiva del 3% e il contestuale versamento dell'imposta sostitutiva del 10%, prevista per l'affrancamento della riserva in sospensione d'imposta, su un importo pari alla differenza tra:

      1. il disallineamento affrancato, al netto della relativa imposta sostitutiva del 3%, e

      2. le riserve di patrimonio netto vincolabili in sospensione d'imposta al 31 dicembre 2020 e ancora esistenti nel bilancio 2021 (con queste ultime che rimarrebbero naturalmente vincolate in sospensione d'imposta).


      Risposta


      La disciplina del riallineamento è caratterizzata dall'obbligo di colmare per intero il divario tra costo fiscale e civile dei beni, non essendo consentito il riallineamento solo parziale delle differenze di valore (cfr. circolari n. 18/E del 2006 e n. 57/E del 2001, punto 2.1).

      Deve, pertanto, ritenersi preclusa, la possibilità di procedere a un


      riallineamento solo parziale delle differenze esistenti al 31 dicembre 2019 ovvero fino a concorrenza delle riserve di patrimonio netto disponibili al 31 dicembre 2020.

      Non risulta, inoltre, possibile colmare la mancanza di riserve disponibili per apporre il vincolo a fronte della disallineamento tra valore contabile e valore fiscale dei beni mediante contestuale pagamento dell'imposta sostitutiva del 3% sul disallineamento e dell'imposta sostitutiva del 10%, di cui al comma 3 dell'articolo 110 del decreto agosto, su un importo pari alla differenza tra il disallineamento stesso (più alto) e le riserve di patrimonio netto vincolabili in sospensione d'imposta al 31 dicembre 2020 e ancora esistenti nel bilancio 2021.

      A tale riguardo si ricorda che il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, è condizionato all'accantonamento, per ammontare corrispondente ai valori da riallineare, in un'apposita riserva a cui si applica la disciplina di sospensione d'imposta tipica dei saldi di rivalutazione e la cui allocazione comporta un intervento in sede di formazione ed approvazione del bilancio.

      In caso di incapienza o di assenza di riserve è possibile rendere indisponibile una quota del capitale sociale (cfr. circolare n. 14/E del 2017, par. 9). Non è, invece, possibile procedere al riallineamento nel caso in cui nel patrimonio netto del bilancio con riferimento al quale si effettua il riallineamento non vi sia capienza per vincolare una riserva pari ai valori da riallineare. Inoltre, i soggetti che effettuano il pagamento dell'imposta sostitutiva dopo l'approvazione del bilancio possono fruire della disciplina del riallineamento anche se non hanno stanziato l'apposita riserva nel detto bilancio, potendo quest'ultima essere iscritta nel bilancio relativo all'esercizio successivo, a condizione che la riserva da vincolare sia, comunque, «già presente e utilizzabile nel bilancio con riferimento al quale è stato effettuato il riallineamento dei maggiori valori» (cfr. circolari n. 18/E del 2006, n. 13/E del 2014 e n. 14/E del 2017).

      A ciò va aggiunto che la ratio dell'affrancamento è di garantire la liberazione,


      a partire dall'esercizio successivo, di una riserva già presente e capiente al momento dell'esercizio dell'opzione e non quella di affrancare una porzione ideale di patrimonio netto che non è mai venuta a esistenza.

      Pertanto la società non potrà beneficiare del riallineamento in assenza di poste di patrimonio netto sufficienti a vincolare una riserva in misura almeno pari ai valori oggetto di riallineamento.

      Da ultimo, va evidenziato che gli utili maturati nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2020 (per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare) potranno essere portati a incremento dell'ammontare delle riserve utilizzabili per l'apposizione del vincolo di sospensione d'imposta ai fini del riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto, nel presupposto della assenza di una contestuale distribuzione ai soci, al fine di garantire l'esistenza, sostanziale e non solo formale, di risorse patrimoniali equivalenti ai medesimi maggiori valori contabili riallineati fiscalmente.

      Al pari, anche le perdite (comprese quelle relative al periodo d'imposta chiuso al 31 dicembre 2020) che non hanno trovato ancora copertura formale rappresentano un elemento di cui tenere conto ai fini del calcolo della capienza delle riserve di patrimonio netto complessivamente utilizzabili per apporre il vincolo di sospensione. Infatti, considerato che tale vincolo nasce anche dall'esigenza di garantire l'esistenza di risorse patrimoniali equivalenti ai medesimi maggiori valori contabili oggetto di riallineamento, l'ammontare delle perdite deve essere portato a riduzione dell'importo del patrimonio netto utilizzabile per l'apposizione del vincolo di sospensione. Pertanto, non sarà possibile procedere al riconoscimento dei maggiori valori contabili ai fini fiscali nel caso in cui il patrimonio netto del bilancio in cui si intende effettuare il riallineamento risulti "incapiente" rispetto ai maggiori valori da "riconoscere" per effetto della presenza di perdite portate a nuovo.

      Per completezza, infine, si rileva che, per assolvere all'obbligo di vincolare una posta ideale del patrimonio netto, è possibile utilizzare anche la quota di una


      riserva (positiva) di First Time Adoption (FTA) evidenziando tale circostanza in sede di nota integrativa (cfr. circolare n. 18/E del 13 giugno 2006). In coerenza con questa interpretazione, si ritiene che una riserva negativa di FTA rilevi ai fini della quantificazione in diminuzione del patrimonio netto da utilizzare per l'apposizione del vincolo di sospensione allo stesso modo in cui una riserva positiva (di FTA) rileva in aumento del patrimonio netto utilizzabile ai fini del suddetto vincolo.

      Invece, per quanto riguarda le riserve da fair value [sia positive che negative

      • come, ad esempio, Riserva da Fair Value TFR (IAS 19), Riserva Fair Value Terreni e Fabbricati, etc.], si ritiene che non sia possibile tenerne conto ai fini dell'apposizione del vincolo di sospensione d'imposta. Dette riserve, essendo costituite da utili derivanti da atti valutativi in corso di formazione e finché i valori non risulteranno effettivamente realizzati (tenuto conto del loro carattere di temporaneità), non assolvono la funzione di garanzia che le poste di patrimonio netto sono deputate ad avere, nella logica della normativa in esame, a fronte dei maggiori valori dell'attivo riconosciuti.


    4. Irrilevanza degli incrementi delle divergenze di valore verificati nell'esercizio di riferimento del riallineamento (2020)

      Quesito


      Una società chiede conferma che l'importo da assoggettare a riallineamento sia quello risultante dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2019 senza necessità di considerare gli incrementi derivanti dalle modifiche del valore contabile e fiscale registrate dai cespiti nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2020.


      Risposta


      Si conferma che il disallineamento che può formare oggetto di riallineamento (rectius, la base imponibile su cui applicare l'imposta sostitutiva dovuta) è quello esistente al 31 dicembre 2019, non assumendo rilievo gli eventuali incrementi


      dello stesso intervenuti nell'esercizio successivo a quello di riferimento (cfr. risoluzione n. 198/E del 2001).

      Una divergenza di valori individuata al 31 dicembre 2019 (per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare) può, alla fine del 2020, ridursi o non modificarsi (in caso di riduzione potrà essere riallineabile solo il minor importo esistente alla fine del 2020) oppure incrementarsi; in tale ultimo caso sarà riallineabile solo per la parte pari alla divergenza esistente al 31 dicembre 2019.

      In pratica, la società potrà ottenere il riconoscimento solamente dei maggiori valori iscritti nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2019, relativi ai beni e attività risultanti dal bilancio stesso, sempreché tali maggiori valori siano ancora presenti nel bilancio cui si riferisce la dichiarazione dei redditi nella quale è richiesto il riconoscimento fiscali dei maggiori valori iscritti ai sensi dell'articolo 10 del D.M. 2001 (i.e. nella dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta 2020).


    5. Modalità di determinazione del piano di ammortamento del valore riallineato in presenza di valori fiscali residui al 31 dicembre 2019

      Quesito

      Una società IAS/IFRS adopter intende esercitare l'opzione per il riallineamento del valore fiscale dell'avviamento al maggiore valore contabile, ai sensi dell'articolo 110, comma 8 e 8-bis, del decreto agosto. In caso di avviamento con valore fiscale residuo si pone il problema di definire il nuovo valore fiscale da ammortizzare in 18 anni. La società chiede di sapere se sia corretto rideterminare il nuovo valore fiscale del cespite come sommatoria algebrica del valore fiscale residuo da ammortizzare e del maggior valore contabile da riallineare, procedendo, quindi, alla deduzione di un nuovo e unico piano di ammortamento fiscale sull'importo riallineato al 31 dicembre 2020.


      Risposta

      L'articolo 110 del decreto agosto prevede che i differenziali oggetto di


      riallineamento siano riconosciuti a partire dal periodo d'imposta 2021, anche ai fini della deduzione delle quote di ammortamento.

      In proposito, va evidenziato che dalle esemplificazioni numeriche contenute nella relazione illustrativa al disegno di legge relativo alla Legge di bilancio 2022 (AS n. 2448, XVIII Legislatura, pag. 236 dello stampato) che - come premesso -ha introdotto i commi 8-ter e 8-quater nell'articolo 110 del decreto agosto, concernenti, in particolare, l'applicazione dei richiamati commi, emerge chiaramente che, ai fini dell'ammortamento del maggior valore fiscalmente riconosciuto a seguito dell'adesione al regime del riallineamento, tale maggior valore non concorre all'individuazione di un unico valore ammortizzabile sommandosi con quello eventualmente già esistente al momento del riallineamento sullo stesso bene. Risulta, invece, che il maggior valore emergente dal riallineamento operato è dedotto, a decorrere dal periodo d'imposta 2021, in base a un proprio autonomo piano di ammortamento, in conformità alla disciplina vigente ai fini dell'IRES e dell'IRAP.

      In altre parole, il maggior valore riallineato ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto è autonomamente ammortizzabile, anche nel caso in cui il soggetto interessato non opti, ricorrendone i presupposti, per l'applicazione dell'imposta sostitutiva di cui al comma 8-ter del citato articolo 110.

      Coerentemente, la deduzione delle quote di ammortamento del valore fiscale già esistenti al momento del riallineamento sarà effettuata o continuerà sull'importo (fiscale) residuo. Ne consegue, dunque, che gli ammortamenti in corso saranno effettuati o proseguiranno con le aliquote specifiche previste dalle rispettive normative applicate.

      Deve, pertanto, ritenersi superata la posizione espressa sul punto nella risposta pubblica n. 539 del 2021.


    6. Possibilità di apporre il vincolo di sospensione fiscale su riserve vincolate sotto il profilo civilistico

      Quesito

      In materia di riallineamento le disposizioni di cui all'articolo 110 del decreto agosto impongono l'apposizione di un vincolo su una riserva corrispondente al differenziale tra il valore contabile e quello fiscale al netto dell'imposta sostitutiva alla quale, ai fini fiscali, si applica il regime di sospensione d'imposta. Una società chiede di sapere se sia possibile vincolare, ai fini della disposizione in oggetto, riserve già vincolate ai fini civilistici ma libere da vincoli di natura fiscale.


      Risposta


      L'apposizione di un vincolo di sospensione d'imposta sulle riserve o sul capitale sociale costituisce una condizione necessaria per il riallineamento tra valori fiscali e valori contabili, previsto dall'articolo 110 del decreto agosto.

      La facoltà di riallineare è, infatti, subordinata all'allocazione di un vincolo di sospensione d'imposta sulle riserve (di utili o capitale) ovvero sul capitale sociale, per un ammontare corrispondente alla differenza tra i (maggiori) valori contabili e i (minori) valori fiscali, al netto dell'imposta sostitutiva (3%).

      In particolare, l'articolo 10, comma 4, del D.M. 2001 prevede che «in caso di incapienza delle riserve utilizzabili» il vincolo possa apporsi anche sul capitale sociale. Possono, pertanto, essere vincolate non solo le riserve di utili presenti in bilancio, ma anche le riserve di capitale, quali ad esempio, riserve da sovrapprezzo, da versamenti a fondo perduto e simili.

      Sarà possibile apporre il vincolo anche sulle riserve da First Time Adoption (FTA), ancorché si tratti di riserve indisponibili, ai fini civilistici, ex commi 2 e 7 dell'articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2005 n. 38 (cfr. circolare n. 18/E del 2006). Non risulta, invece, possibile vincolare riserve già in sospensione d'imposta ad altro titolo (cfr. circolare n. 27/E del 2005).


      Pertanto, la presenza di vincoli civilistici (indisponibilità o non distribuibilità) sulle riserve non osta all'apposizione di un diverso vincolo avente natura esclusivamente fiscale, come quello del regime di sospensione d'imposta, purché le modalità di apposizione dello stesso siano conformi alle disposizioni di natura civilistica previste dalla legge e/o dallo statuto sociale che regolano la redazione e l'approvazione del bilancio d'esercizio.


    7. Determinazione della base imponibile per l'affrancamento della riserva da riallineamento

      Quesito


      Una società chiede di sapere se, in caso di esercizio dell'opzione per l'affrancamento della riserva da riallineamento in sospensione d'imposta, la relativa imposta sostitutiva dovuta del 10%, prevista dal comma 3 dell'articolo 110 del decreto agosto vada calcolata assumendo come base imponibile l'importo della riserva medesima al netto dell'imposta sostitutiva del 3% versata in sede di riallineamento dei valori fiscali a quelli civilistici.


      Risposta


      L'articolo 110 del decreto agosto consente di affrancare le riserve vincolate al regime di sospensione di imposta per effetto del riallineamento versando un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP e delle eventuali addizionali nella misura del 10% del suo ammontare, rendendola, in tal modo, disponibile agli usi civilisticamente consentiti (tra cui la distribuzione ai soci, senza oneri impositivi aggiuntivi in capo alla società distributrice).

      Ai fini dell'affrancamento di dette riserve, il comma 8 richiama l'applicazione dei termini e delle modalità dettate dal comma 3 del medesimo articolo 110 stabilendo, quindi, che questo avvenga con le stesse modalità e negli stessi termini previsti per il saldo attivo di rivalutazione.


      Su questo specifico aspetto si è pronunciata la Corte Suprema di Cassazione con l'ordinanza n. 9509 del 18 aprile 2018, la sentenza n. 32204 del 10 dicembre

      2019 e, da ultimo, le sentenze nn. 11326 del 12 giugno 2020 e 19772 del 22

      settembre 2020.


      Secondo i giudici di legittimità, la base imponibile dell'imposta sostitutiva dovuta per l'affrancamento della riserva da rivalutazione va assunta tenendo conto dell'importo così come risultante in bilancio, ossia al netto dell'imposta sostitutiva versata per la rivalutazione.

      In particolare, nella richiamata sentenza n. 32204 del 2019, la Corte ha affermato che «dovendo il saldo attivo di rivalutazione trovare collocazione in bilancio "al netto" e non "al lordo" dell'imposta sostitutiva pagata per la rivalutazione medesima, ed essendo costituita dal saldo attivo di rivalutazione così descritto la base imponibile per la diversa imposta sostitutiva di affrancamento, anche tale imposta sostitutiva di affrancamento deve essere calcolata al netto della precedente imposta sostitutiva di rivalutazione».

      A tale riguardo, già nell'ordinanza n. 9509 del 2018 la Corte, in relazione alle previsioni dell'articolo 13, comma 3, della legge n. 342 del 2000, aveva chiarito che «l'imposta sostitutiva rientri nella base imponibile solo in ipotesi di effettiva distribuzione ai soci del saldo attivo non affrancato di rivalutazione; là dove, qualora ciò non si verifichi, non può operare il richiamo normativo all'ipotesi di cui al 3^ comma dell'articolo 13 cit.. In quest'ultima situazione, pertanto, deve trovare applicazione la regola generale secondo cui: a. l'imposta sostitutiva di affrancamento del fondo colpisce il saldo attivo di rivalutazione; b. il saldo attivo di rivalutazione è iscritto "al netto" dell'imposta sostitutiva di rivalutazione».

      Nella richiamata ordinanza, il cui contenuto è stato ripreso anche dalle decisioni a questa successive, la Corte era giunta alla conclusione che il differente trattamento fiscale fosse giustificato «dall'elemento di diversificazione intercorrente tra la fattispecie di distribuzione e quella di affrancamento. Atteso che soltanto nella prima ipotesi (distribuzione ai soci della riserva di rivalutazione


      ancora in sospensione d'imposta, in quanto non affrancata) si pone la finalità, per l'amministrazione finanziaria, di recuperare a tassazione ordinaria l'intero ammontare della rivalutazione; costituito sia dal saldo attivo di questa sia dall'importo già versato a titolo di imposta sostitutiva. Nel caso di affrancamento (che può essere anche parziale), l'inserimento nella base imponibile dell'imposta sostitutiva di rivalutazione finirebbe invece con il colpire un valore superiore (per l'importo di tale imposta) rispetto a quello iscritto a riserva in bilancio, e non distribuibile».

      Alla luce dei chiarimenti forniti dai giudici di legittimità nelle pronunce innanzi indicate, si ritiene pertanto che, ai fini dell'affrancamento, la riserva da riallineamento, così come la riserva da rivalutazione, concorra a formare l'imponibile nel suo importo contabile, ovvero "al netto" dell'imposta sostitutiva versata.

      Pertanto, devono ritenersi superati sul punto i chiarimenti forniti in senso diverso dai documenti di prassi riferiti alle precedenti analoghe disposizioni agevolative (cfr. circolari n. 14/E del 2017, n. 13/E del 2014 e n. 18/E del 2006).


    8. Apposizione del vincolo su riserve di capitali e loro successiva distribuzione in assenza di affrancamento

      Quesito


      Una società intende riallineare i valori fiscali ai maggiori valori contabili e prevede di apporre il vincolo di sospensione d'imposta, previsto dal comma 8 dell'articolo 110 del decreto agosto, sulle riserve di capitali. La società chiede di sapere se, in assenza di affrancamento, la distribuzione delle predette riserve determini la successiva imposizione in capo ai soci percipienti delle somme distribuite.


      Risposta


      I commi 7 e 8 dell'articolo 110 del decreto agosto stabiliscono, tra l'altro, l'applicabilità delle previsioni di cui all'articolo 14 della legge n. 342 del 2000, il quale, a sua volta, al comma 2, ai fini del regime applicabile alla distribuzione delle riserve in sospensione d'imposta, opera un rinvio all'articolo 13, comma 3, della medesima legge riguardante il saldo attivo di rivalutazione.

      Nel dettaglio, il citato articolo 13, comma 3, prevede che «se il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva prevista dal comma 1 ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell'imposta sostitutiva corrispondente all'ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell'ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti».

      Ciò detto, appare opportuno osservare che la disciplina dettata dal su menzionato articolo 13, comma 3, riguarda, espressamente, il "saldo attivo da rivalutazione". Quest'ultimo costituisce una posta incrementativa del patrimonio netto generatosi a fronte della rivalutazione dei beni dell'attivo che assume, fisiologicamente, natura di riserva di utile, concorrendo in caso di distribuzione a formare il reddito imponibile dei soci secondo il regime dei dividendi ad essi di volta in volta applicabile.

      Nell'ipotesi di riallineamento, il comma 8 dell'articolo 110 dispone invece che, a fronte dell'adeguamento dei valori fiscali ai valori contabili, venga apposto uno specifico vincolo di sospensione d'imposta su una o più riserve di patrimonio netto "già esistenti", per un importo corrispondente ai differenziali allineati, al netto dell'imposta sostitutiva.

      In tali occasioni non si genera un incremento di patrimonio netto tale da poter dar luogo all'emersione di riserve di utili ma ci si limita a porre un vincolo di natura fiscale sulle riserve "esistenti", le quali, a differenza del saldo attivo di rivalutazione, possono indifferentemente avere natura di riserve di utili o di capitale. In quest'ultimo caso l'eventuale successiva distribuzione non muta la


      natura originaria della riserva né il relativo regime fiscale.


      Si ritiene, pertanto, che, in caso di riallineamento, le disposizioni dettate dall'articolo 13, comma 3, della legge n. 342 del 2000 debbano essere coordinate con la disciplina fiscale prevista in caso di restituzione degli apporti di capitale e con le relative regole di raccordo tra la fiscalità della società e dei soci, con la conseguenza che il regime di tassazione in capo ai quest'ultimi delle somme distribuite, previsto dal citato articolo, troverà applicazione solo ove l'originario vincolo di sospensione sia stato posto su una riserva di utili.

      Nel caso in cui il vincolo riguardi una riserva di capitale, ferma restando la tassazione (ai soli fini delle imposte sui redditi ex articolo 9, comma 2 del D.M. 2001) in capo alla società delle somme distribuite, rimarrà, invece, applicabile, in capo ai soci, il regime impositivo proprio della restituzione degli apporti.

      Deve, pertanto, ritenersi superata la posizione espressa sul punto nella risposta pubblica n. 539 del 2021.


    9. Riallineamento delle divergenze di valore derivanti sia da deduzioni fiscali operate per cassa sia da FTA

      Quesito


      Una società presenta un disallineamento tra valori civilistici e fiscali dei fabbricati determinato dalla deduzione fiscale, per cassa, delle spese di restauro su immobile di interesse storico od artistico ex articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598. La stessa società ha altresì proceduto, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, con effetto dall'anno 2006, a iscrivere nel proprio bilancio le poste e i valori secondo i precetti contenuti nei principi contabili internazionali (c.d. First Time Adoption - FTA).

      Per effetto della FTA, con specifico riferimento ai fabbricati iscritti nell'attivo patrimoniale, sono emerse divergenze tra i valori contabili e quelli fiscali che non hanno avuto riconoscimento fiscale.


      La società chiede se sia applicabile l'articolo 110, comma 8, del decreto agosto all'intera divergenza sussistente al 31 dicembre 2020 tra i valori civilistici e fiscali dei fabbricati.


      Risposta

      L'articolo 110, comma 8, del decreto agosto consente, anche ai soggetti IAS/IFRS adopter, di "riallineare" i valori fiscali ai maggiori valori dei beni relativi all'impresa che risultano iscritti nel bilancio secondo la disciplina contenuta nell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000.

      Oggetto di riallineamento, in particolare, sono i maggiori valori civili rispetto a quelli fiscali iscritti nel bilancio in corso al 31 dicembre 2019; i beni devono essere presenti anche nel bilancio dell'esercizio successivo (2020) e l'adeguamento è effettuato nel bilancio 2020 tenendo conto dei decrementi verificatisi in tale ultimo esercizio.

      Come precisato nell'articolo 10 del D.M. 2001 - richiamato dall'articolo 110, comma 7, del decreto agosto - la disciplina del riallineamento «può essere richiesta indipendentemente dalla fruizione della disciplina di rivalutazione per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni, anche singolarmente considerati, di cui all'articolo 10 della legge, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo».

      In altri termini, stando la previsione di carattere generale contenuta nell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000, il riallineamento è possibile in tutti i casi in cui i valori iscritti in bilancio risultino superiori ai corrispondenti costi fiscalmente riconosciuti alla data di chiusura dell'esercizio di riferimento (cfr. circolare n. 18/E del 13 giugno 2006).

      Ciò considerato, la società può beneficiare della disciplina del riallineamento in esame con riferimento sia al disallineamento generato da FTA sia a quello determinato dalla deduzione delle spese di restauro ex articolo 6 del

      d.P.R. n. 598 del 1973.


      Per completezza, va rilevato che per quanto riguarda i disallineamenti da FTA, laddove la società fosse transitata ai principi contabili internazionali (IAS/IFRS) nell'esercizio/periodo d'imposta 2020, la stessa non avrebbe potuto beneficiare del riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto sui maggiori valori dei beni generati in sede di transizione poiché tali divergenze di valori non risultano presenti al 31 dicembre 2019.


    10. Riallineamento delle divergenze di valore relative alle c.d. operazioni pregresse per le quali non è stata esercitata la facoltà prevista dall'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008

      Quesito

      La società nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2019 ha adottato l'IFRS 16 utilizzando il metodo di adozione retrospettico e ha iscritto tra le immobilizzazioni materiali i "Right of Use" (RoU) relativi ai contratti di locazione, nonché i RoU relativi ai contratti di noleggio delle auto assegnate in uso promiscuo ai dipendenti. Tra le passività finanziarie è stato iscritto il valore attuale del debito riferito ai suddetti contratti di locazione. Il saldo netto negativo tra le citate attività e passività è stato iscritto nel patrimonio netto alla voce Altre riserve. Nel conto economico sono stati iscritti gli ammortamenti relativi ai RoU e gli interessi passivi impliciti dei contratti di locazione degli stabilimenti e dei contratti di noleggio delle auto.

      La società non ha optato per il riallineamento delle differenze civilistico-fiscali né secondo la metodologia del saldo globale (non consentita, nel caso di specie) né secondo la metodologia per singole fattispecie, previsto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008.

      La società ha effettuato la ripresa in aumento degli ammortamenti dei RoU e degli interessi passivi impliciti dei canoni di locazione e quella in diminuzione dei canoni di locazione relativi ai contratti di affitto degli stabilimenti e ai contratti di noleggio delle auto.


      Ciò premesso, la società chiede se il riallineamento ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto delle divergenze tra i valori contabili e fiscali conseguenti alla FTA dell'IFRS 16 consenta anche di dedurre integralmente ai fini IRES e IRAP l'ammortamento dei RoU relativi alla locazione degli stabilimenti.


      Risposta

      L'articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 185 del 2008 stabilisce, tra l'altro, che «continuano ad essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente gli effetti reddituali e patrimoniali sul bilancio di tale esercizio e di quelli successivi delle operazioni pregresse che risultino diversamente qualificate, classificate, valutate e imputate temporalmente ai fini fiscali rispetto alle qualificazioni, classificazioni, valutazioni e imputazioni temporali risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007. Le disposizioni dei periodi precedenti valgono anche ai fini della determinazione della base imponibile dell'IRAP».

      Tale disposizione, applicabile anche in caso di «variazioni che intervengono nei principi contabili IAS/IFRS adottati, rispetto ai valori e alle qualificazioni che avevano in precedenza assunto rilevanza fiscale» (cfr. articolo 15, comma 8 del decreto-legge n. 185 del 2008), prevede un regime transitorio finalizzato ad evitare che il passaggio dalle vecchie alle nuove regole contabili possa determinare salti ovvero duplicazioni d'imposta.

      Come precisato nella circolare n. 33/E del 10 luglio 2009, l'applicazione del regime transitorio riguarda le c.d. operazioni pregresse, ossia quelle operazioni che si caratterizzano per la coesistenza dei seguenti tre requisiti:

      • risultano qualificate, classificate, valutate, imputate temporalmente nel bilancio relativo al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007 in modo differente rispetto alla qualificazione, classificazione, valutazione e imputazione temporale previste dalla normativa fiscale vigente al momento in cui le medesime operazioni sono state realizzate;


      • continuano a produrre effetti reddituali e patrimoniali fiscalmente rilevanti nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007;

      • i predetti effetti reddituali e patrimoniali, qualora rilevati fiscalmente secondo le "nuove disposizioni", determinano fenomeni di tassazione anomala (doppia/nessuna deduzione ovvero doppia/nessuna tassazione).

        Si tratta, pertanto, di operazioni che - nel passaggio al nuovo sistema di tassazione basato sulla "derivazione rafforzata" introdotto dalla legge finanziaria 2008 - sarebbero assoggettate a regole fiscali "confliggenti" con quelle in vigore nel precedente regime del "doppio binario".

        Nel caso in esame, l'applicazione dell'IFRS 16 ha determinato una diversa rappresentazione contabile delle operazioni descritte nel quesito.

        In particolare, le operazioni oggetto dell'applicazione del nuovo principio contabile in esame rientrano tra quelle pregresse, considerato che:

      • si tratta di operazioni che non hanno ancora esaurito le proprie vicende reddituali e patrimoniali al momento del passaggio all'IFRS;

      • si tratta di operazioni che per effetto dell'applicazione dell'IFRS16 verrebbero ad essere qualificate, classificate, valutate e imputate con differenti criteri temporali, con la rilevazione dell'attività per il diritto d'uso e la passività per il leasing, in luogo della precedente contabilizzazione dei canoni passivi di locazione adottata dalla società;

      • il recepimento fiscale dei nuovi criteri di rappresentazione contabile potrebbe dar luogo ad un fenomeno di tassazione anomala, considerato che i costi sono rilevati a conto economico come ammortamenti e interessi passivi in luogo dei canoni di locazione.

      Pertanto, le operazioni in esame rientrano tra quelle pregresse e ad esse risulta applicabile il regime del riallineamento previsto dal predetto articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008.

      In proposito, al fine di non obbligare le imprese a gestire i disallineamenti presenti in bilancio, il richiamato articolo 15 ha introdotto la facoltà di riallineare le differenze fra valori civili e fiscali che può essere esercitata per:


      1. totalità delle differenze positive e negative ("metodo del saldo globale");

      2. singole fattispecie ("metodo per singola fattispecie").

        La possibilità di operare tale riallineamento è subordinata tanto al pagamento di una imposta sostitutiva, quanto all'esercizio di una specifica opzione da esercitare nella dichiarazione dei redditi.

        Al riguardo, l'articolo 1, comma 2 del Decreto del Ministro dell'Economia e della Finanze 30 luglio 2009 ha stabilito che «i contribuenti possono riallineare, ai fini dell'IRES, dell'IRAP e di eventuali addizionali, secondo le disposizioni dell'art. 15, commi 3, 4, 5, 6, 7, 7-bis e 9, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 (...), le divergenze (...) esistenti all'inizio del periodo d'imposta di prima applicazione dei principi contabili internazionali, con effetto a partire da tale inizio». Lo stesso decreto stabilisce che «l'opzione per il riallineamento delle divergenze è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio precedente a quello di prima applicazione dei principi contabili internazionali».

        Come precisato nella richiamata circolare n. 33/E del 2009 la predetta opzione per la disciplina del riallineamento si intende perfezionata con l'indicazione in dichiarazione, a nulla rilevando l'omesso, insufficiente e/o tardivo versamento della relativa imposta sostitutiva.

        Ciò posto, occorre valutare se il contribuente che abbia deciso di continuare ad applicare il regime transitorio delle operazioni pregresse (deducendo, quindi, il canone di locazione in luogo del diritto d'uso) possa far ricorso alla disciplina del riallineamento prevista dall'articolo 110, comma 8, del decreto agosto, per modificare la precedente scelta, optando per il passaggio dal regime transitorio previsto per le operazioni pregresse al regime di recepimento fiscale della rappresentazione di bilancio, con conseguente deduzione del diritto d'uso derivante dall'applicazione dell'IFRS 16.

        In proposito, occorre evidenziare che non optando per il riallineamento previsto dal predetto articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 la società ha inequivocabilmente scelto di rappresentare fiscalmente le operazioni descritte nel


        quesito secondo le regole del regime transitorio previste per le c.d. operazioni pregresse (ossia, deducendo il canone di locazione passivo,) in luogo di una rappresentazione fiscale che recepisse quella contabile con la conseguente deducibilità del RoU.

        Di conseguenza, la possibilità di poter riallineare il diritto d'uso ai sensi della disciplina prevista nel predetto articolo 110 risulta preclusa dalla circostanza che fiscalmente non risulta possibile individuare l'esistenza del diritto d'uso (RoU), considerato che la società ha optato per la deduzione dei canoni di locazione.

        Tale conclusione è coerente, peraltro, con la considerazione che l'articolo 110 sopra richiamato ha la mera finalità di consentire il riallineamento tra il valore fiscale e quello contabile del bene e non anche quella di consentire al soggetto interessato di poter passare da un regime fiscale transitorio previsto per le c.d. operazioni pregresse, a un regime di recepimento della nuova rappresentazione contabile (basata sui principi contabili internazionali).

        Sul punto, va evidenziato che il passaggio dal regime transitorio alle nuove regole contabili poteva essere esercitato «nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio precedente a quello di prima applicazione dei principi contabili internazionali», secondo il regime previsto appositamente dal legislatore con l'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008.

        Del resto, anche le precedenti discipline sul riallineamento dei valori introdotte dal legislatore non avevano, al pari di quella prevista nel predetto comma 7, la finalità di consentire il transito da un regime fiscale transitorio a un regime di recepimento della nuova rappresentazione contabile (disciplinato, invece, con il predetto articolo 15), ma unicamente la possibilità di riconoscere un maggior valore fiscale sui beni allineato a quello di bilancio.


    11. Riallineamento delle divergenze di valore del marchio derivanti da deduzioni effettuate ai fini IRES e IRAP

      Quesito

      Una società IAS/IFRS adopter è proprietaria in via esclusiva del marchio di impresa registrato, che è iscritto nel libro cespiti e tra le immobilizzazioni immateriali (categoria marchi a vita utile indefinita) nel bilancio dell'esercizio chiuso il 31 dicembre 2019. Tale marchio è legalmente tutelato ai sensi delle vigenti disposizioni in materia e risulta iscritto nel bilancio d'esercizio della società chiuso al 31 dicembre 2019.

      Da un punto di vista fiscale, la società ha operato la deduzione del valore del marchio ai fini IRES (cfr. articolo 103 del TUIR) e ai fini IRAP (cfr. articolo 5 del decreto legislativo n. 446 del 1997) e, pertanto, al 31 dicembre 2019 il valore fiscale del marchio era totalmente azzerato risultando così una divergenza tra il (maggior) valore contabile rispetto al (minor, rectius inesistente) valore fiscale.

      Ciò posto, la società chiede se possa accedere al riallineamento previsto dall'articolo 110, comma 8, del decreto agosto, con riferimento al marchio di impresa registrato il cui disallineamento tra il maggior valore contabile rispetto al valore fiscale deriva dall'applicazione delle norme del TUIR e del decreto legislativo n. 446 del 1997.


      Risposta

      Attesa la previsione di carattere generale contenuta nell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000 e nell'articolo 10 del D.M. 2001, richiamati dall'articolo 110 del decreto agosto, il riallineamento è possibile in tutti i casi in cui i valori iscritti in bilancio risultino superiori ai corrispondenti costi fiscalmente riconosciuti alla data di chiusura dell'esercizio di riferimento (cfr. circolare n. 18/E del 2006).

      Pertanto, la società può beneficiare della disciplina del riallineamento con riferimento al disallineamento del marchio di impresa registrato, iscritto nel libro cespiti e tra le immobilizzazioni immateriali nel bilancio dell'esercizio chiuso il


      31 dicembre 2019 e legalmente tutelato ai sensi delle vigenti disposizioni in materia.

      Infatti, il ricorso alla disciplina del riallineamento in esame è possibile per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni «divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo» e, quindi, anche per riallineare le divergenze derivanti dalla deduzione del valore fiscale dei marchi effettuata ai sensi della disciplina del reddito d'impresa (cfr. articolo 103 del TUIR) e del valore della produzione rilevante ai fini IRAP (cfr. articolo 5 del decreto legislativo n. 446 del 1997).


    12. Riallineamento delle divergenze derivanti dall'applicazione dell'IFRIC 12

      Quesito

      Una società - operante nell'ambito delle concessioni idriche - ha iscritto, a norma del principio OIC 24, alcune immobilizzazioni immateriali tra cui quella rappresentativa del diritto di concessione trentennale delle infrastrutture idriche, sottoposta a processo di ammortamento contabile sulla base della durata della concessione. La società fa presente di aver successivamente adottato i principi contabili internazionali con effetti dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2018 (senza aver provveduto al riallineamento previsto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, pur sussistendo i relativi presupposti). La modifica del set dei principi contabili di riferimento ha comportato una differente modalità di contabilizzazione della concessione la quale, a sua volta, ha determinato una differenza tra il valore civilistico e il relativo valore fiscale.

      Nello specifico, a seguito dell'adozione dei principi contabili IAS/IFRS, la concessione delle infrastrutture idriche è stata rilevata sulla base del metodo dell'attività immateriale (c.d. "modello dell'intangible asset") previsto dall'IFRIC 12 che ha comportato la riclassificazione degli asset materiali e immateriali relativi ai beni in concessione nell'ambito dell'unico bene immateriale "concessione"


      (rilevato in conformità allo IAS 38). Di conseguenza, il processo di ammortamento civilistico dell'asset "concessione" è effettuato sulla base della vita utile del bene. Mentre, sotto il profilo fiscale, la rilevanza dell'ammortamento avviene avendo riguardo delle aliquote del D.M. 31 dicembre 1988 relative ai singoli beni materiali che compongono la concessione (un disallineamento contabile-fiscale determinato, dunque, da un piano di ammortamento fiscale differente da quello contabile).

      La società chiede quali siano gli effetti dell'eventuale opzione per il riallineamento previsto dall'articolo 110, comma 8, del decreto agosto e, in particolare, se il riallineamento del differenziale tra il valore fiscale e il maggiore valore civilistico dell'asset "concessione" effettuato ai sensi del richiamato articolo 110 comporti l'ulteriore effetto di consentire alla società di applicare il principio della derivazione rafforzata di cui all'articolo 83 del TUIR nella determinazione del risultato fiscale di periodo, analogamente a quanto previsto per il riallineamento di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008.


      Risposta

      Alla luce delle previsioni contenute nel comma 8 dell'articolo 110 del decreto agosto, come noto, anche i soggetti IAS/IFRS adopter possono accedere alla disciplina del riallineamento, potendo, quindi, adeguare i valori fiscali ai maggiori valori dei beni relativi all'impresa che risultano iscritti nel bilancio, secondo la disciplina contenuta nell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000 e nell'articolo 10 del D.M. 2001.

      A differenza di quanto previsto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, il riallineamento di cui al citato articolo 110 ha la mera finalità di consentire l'adeguamento del valore fiscale di un determinato asset al suo maggiore valore contabile e non ha l'ulteriore finalità - prevista invece dall'articolo 15 citato e alle condizioni ivi richiamate - di far transitare il soggetto aderente da un regime fiscale che recepisce la rappresentazione contabile OIC compliant a uno che recepisce la nuova rappresentazione contabile IAS/IFRS compliant.


      Si evidenzia, inoltre, che il riallineamento di un'attività immateriale (come l'asset "concessione", nel caso di specie) ai sensi della disciplina prevista dall'articolo 110 del decreto agosto risulterebbe comunque precluso dalla circostanza che fiscalmente non è possibile individuare l'esistenza di alcuna attività immateriale da riallineare; infatti, va sottolineato che da un punto di vista fiscale la società non rileva l'esistenza dell'asset "concessione" ma esclusivamente i singoli beni (materiali e immateriali) strumentali alla concessione medesima nei confronti dei quali vengono dedotte (fiscalmente) le relative quote di ammortamento.

      In altri termini, nei casi in cui in sede di First Time Adoption si renda applicabile il regime transitorio di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, continuano ad essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente gli effetti reddituali e patrimoniali delle cd. operazioni pregresse che risultano diversamente qualificate, classificate, valutate e imputate temporalmente ai fini fiscali rispetto alla rappresentazione contabile precedente (commi da 1 a 9 del citato articolo 15). Pertanto, dall'applicazione del regime transitorio ai diritti (immateriali) di concessione (che abbiano o meno ad oggetto attività regolate), da rilevare in conformità all'IFRIC 12, discende un doppio binario in conseguenza del quale contabilmente viene iscritta un'immobilizzazione immateriale o un'attività finanziaria, mentre fiscalmente continua ad assumere rilevanza la pregressa rappresentazione dell'infrastruttura concessoria come coacervo di singoli asset

      materiali e immateriali.

      Proprio la differenza esistente nel regime transitorio (i.e. contabilmente è presente un unico intangible relativo alla concessione mentre fiscalmente sono individuabili singoli asset relativi alla concessione medesima) costituisce causa ostativa al riallineamento ex articolo 110 citato dell'unico asset immateriale "concessione", non essendo possibile individuare fiscalmente l'esistenza di alcuna attività immateriale da riallineare.


    13. Riallineamento dell'avviamento attribuibile a diverse CGU, iscritto in bilancio a seguito di un'operazione di riorganizzazione

Quesito


Nel corso del 2019 una società holding capogruppo ha avviato e concluso un'operazione di riorganizzazione del proprio assetto societario che ha visto l'aggregazione delle diverse società operative partecipate, che fino a quel momento operavano come entità giuridiche distinte. Dal punto di vista contabile, è emerso un "avviamento" che è stato esposto come un unicum nel prospetto di stato patrimoniale redatto ai sensi dell'articolo 2423 del codice civile, ma è nella sostanza da ricondurre a singoli avviamenti ascrivibili ad una pluralità di società e, di fatto, distintamente ed analiticamente esposti e quantificati, contabilmente, sia a libro giornale sia nel registro cespiti e all'interno della nota integrativa. La società, tenuto conto della possibilità di rivalutare avendo riguardo ai «singoli beni» chiede di sapere se sia possibile fruire del riallineamento ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto in relazione ad alcuni dei "singoli avviamenti" individuati in nota integrativa.


Risposta


Ai sensi del comma 8-bis del citato articolo 110 l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000 è estesa anche

«all'avviamento (...) risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019».

A differenza di altri regimi di riallineamento, l'articolo 110 del decreto agosto non prevede alcun obbligo di effettuare il riallineamento ivi previsto per categorie omogenee consentendolo, dunque, per singoli beni. Ciò implica che i soggetti interessati potranno individuare singoli asset per i quali procedere al riallineamento ai maggiori valori contabili di quelli fiscalmente riconosciuti.

Pertanto, si ritiene che sia legittima la scelta di optare per il riallineamento


con riguardo a uno o più "singoli" avviamenti iscritti a seguito di distinte acquisizioni di aziende o di rami di queste. Considerato che non è ammesso un riallineamento "parziale" (cfr. circolari n. 18/E del 2006 e n. 13/E del 2014), l'opzione per il riallineamento va esercitata per l'intera differenza tra valore contabile e fiscale; pertanto, il riallineamento dovrà interessare l'intera divergenza tra il valore contabile e quello fiscale della singola posta di avviamento iscritta in occasione dell'acquisizione di un'azienda o di un ramo di azienda.

Resta fermo che tale possibilità di riallineamento è subordinata all'univoca individuazione, già dalla nota integrativa del bilancio relativo all'esercizio in cui si è verificata la corrispondente acquisizione dell'azienda o ramo d'azienda, dei valori degli avviamenti iscritti in relazione alle diverse acquisizioni che vanno a formare la voce "avviamento" del bilancio d'esercizio.


Parte II

La rivalutazione dei beni prevista per i settori alberghiero e termale


  1. Inquadramento generale

    L'articolo 6-bis del decreto liquidità dispone che «al fine di sostenere i settori alberghiero e termale, i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, operanti nei settori alberghiero e termale che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio possono, anche in deroga all'articolo 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni di impresa e le partecipazioni di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019».

    La rivalutazione in questione deve (i) essere eseguita in uno o in entrambi i bilanci o rendiconti relativi ai due esercizi successivi a quello dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, (ii) riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e (iii) essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

    In particolare, diversamente dalla rivalutazione di cui ai paragrafi precedenti, il comma 3 del citato articolo 6-bis prevede che «sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio di cui al comma 2 non è dovuta alcuna imposta sostitutiva o altra imposta».

    Anche in relazione a questo peculiare regime di rivalutazione nel successivo comma 7 si precisa che «si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86, e dei commi 475, 477 e 478 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311».


    Da ultimo, occorre ricordare la norma di interpretazione autentica contenuta nell'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69 ha stabilito che « l'articolo 6-bis (...) si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano, alle medesime condizioni, anche per gli immobili a destinazione alberghiera concessi in locazione o affitto di azienda a soggetti operanti nei settori alberghiero e termale ovvero per gli immobili in corso di costruzione, rinnovo o completamento».


    1. Società holding che affitta immobili alle controllate per lo svolgimento di attività nel settore alberghiero

      Quesito


      Una società holding di un gruppo industriale che svolge diverse attività proprie di una holding a beneficio delle proprie controllate, in relazione ad un bene di proprietà a destinazione alberghiera, concesso in locazione a beneficio di una propria controllata che gestisce direttamente l'attività alberghiera e si qualifica, quindi, come soggetto operante in proprio nei settori alberghiero e termale, chiede se possa fruire, in relazione al predetto bene, della rivalutazione di cui all'articolo 6-bis del decreto liquidità.


      Risposta


      La ratio dell'articolo 6-bis del decreto liquidità è di «sostenere i settori alberghiero e termale», consentendo esclusivamente ai soggetti «operanti nei settori alberghiero e termale» il riconoscimento dei maggiori valori in bilancio senza versamento dell'imposta sostitutiva.

      Con la norma di interpretazione autentica recata dall'articolo 5-bis del decreto-legge n. 41 del 2021, è stato previsto che «ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, comma 2, della Legge 27 luglio 2000, n. 212, l'art. 6-bis del Decreto-Legge 8


      aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano, alle medesime condizioni, anche per gli immobili a destinazione alberghiera concessi in locazione o affitto di azienda a soggetti operanti nei settori alberghiero e termale».

      La disposizione in esame, dunque, per il caso di immobile concesso in locazione, richiede la contestuale presenza di due requisiti, di carattere oggettivo e soggettivo:

      • dal punto di vista oggettivo, deve trattarsi di immobile a destinazione alberghiera;

      • sotto il profilo soggettivo, il locatario deve essere un soggetto operante nei settori alberghiero e termale.

      Alla luce di quanto sopra, considerato che la qualifica di soggetto operante nei settori alberghiero e termale per effetto della norma di interpretazione autentica deve intendersi riferita solo al locatario (e non anche in capo al locatore), si ritiene che la società holding nel caso di specie potrà fruire, in relazione ai predetti immobili, della rivalutazione gratuita in parola.

      Da ultimo, si evidenzia che l'articolo 5-bis sopracitato prevede che «Nel caso di immobili in corso di costruzione, rinnovo o completamento, la destinazione si deduce dai titoli edilizi». Si ritiene, dunque, che anche in relazione ai beni oggetto della rivalutazione e/o riallineamento qui in esame, la destinazione alberghiera debba risultare da titolo edilizio avente data antecedente a quella di chiusura dell'esercizio preso a riferimento, vale a dire quello «in corso al 31 dicembre 2019» (ai sensi del primo comma dell'articolo 6-bis del decreto-legge n. 23 del 2020).


    2. Rivalutazione degli immobili detenuti da una società che opera nei settori alberghiero e termale in maniera non prevalente

      Quesito


      Una società che svolge in via prevalente attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio, è proprietaria di alcuni immobili i quali vengono utilizzati per lo svolgimento (in via non prevalente) di attività nel settore "alberghiero". Considerato che la rivalutazione di cui all'articolo 6-bis del decreto liquidità deve essere operata per categorie omogenee, la società chiede se possa fruire della rivalutazione in questione in relazione a tutti gli immobili iscritti in bilancio.


      Risposta


      Considerato che la ratio legis della rivalutazione per il settore alberghiero è quella di consentire di rivalutare gratuitamente i beni delle imprese che operano nei settori alberghiero e termale che risultano tra quelli maggiormente colpiti dalla crisi economica conseguente alla pandemia da COVID-19, si deve ritenere che la disciplina di cui al menzionato articolo 6-bis trova applicazione nei confronti di:

      1. quei soggetti che operano in ambito «alberghiero e termale», anche in via non prevalente;

      2. limitatamente ai beni o porzioni di beni utilizzati per lo svolgimento di tali attività.

      Tale interpretazione trova, peraltro, conferma nel tenore letterale dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 41 del 2021, secondo la quale «ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, comma 2, della Legge 27 luglio 2000, n. 212, l'art. 6-bis del Decreto-

      Legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano, alle medesime condizioni, anche per gli immobili a destinazione alberghiera concessi in locazione o affitto di azienda a soggetti operanti nei settori alberghiero


      e termale» (sottolineature aggiunte). Tale norma di interpretazione autentica, infatti, contiene un doppio rinvio sia agli immobili a destinazione alberghiera sia ai soggetti operanti nei settori alberghiero e termale.

      Dunque, per quanto concerne il requisito sub a), sono da ritenersi inclusi tutti i soggetti che svolgono effettivamente (ancorché in misura non prevalente) le attività ricomprese nei codici Ateco della sezione 55 e quelle di cui al codice

      96.04.20. A questi si aggiungono anche coloro che possono dimostrare di svolgere le medesime attività in forza di eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento di attività alberghiere e termali.

      Con riferimento alla condizione sub b), è necessario fare riferimento ai beni

      • individuati al menzionato articolo 6-bis del decreto liquidità - utilizzati in via esclusiva per lo svolgimento delle attività dei settori alberghiero e termale.

        In caso di utilizzo promiscuo dei beni, invece, è necessario identificare il valore di mercato del bene attribuibile alla "parte" di bene utilizzate per operare nei predetti settori.

        Tale identificazione può avvenire sulla base della valutazione di stima operata ai sensi dell'articolo 6 del D.M. 2001 cui rinvia il menzionato articolo 6-bis, ovvero, mediante altro criterio che risulti dimostrabile e controllabile in sede di svolgimento delle attività di controllo (si pensi, ad esempio, ai millesimi di immobile destinato ad attività termale ovvero al rapporto tra ricavi prodotti tramite utilizzo della porzione di immobile destinato ad attività alberghiera).

        Pertanto, una società che svolge in via prevalente attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio ed è proprietaria di alcuni immobili che utilizza per lo svolgimento di attività nel settore "alberghiero", può fruire della rivalutazione di cui al citato articolo 6-bis in relazione agli immobili utilizzati per lo svolgimento del settore alberghiero, secondo le modalità sopra descritte.


    3. Rivalutazione dei beni posseduti dal conduttore mediante contratto d'affitto di un'azienda che opera nel settore alberghiero

      Quesito


      Una società che utilizza mediante un contratto d'affitto d'azienda alcuni beni per lo svolgimento delle attività del settore alberghiero, deducendo gli ammortamenti ai sensi dell'articolo 102, comma 8, del TUIR, chiede di poter rivalutare i predetti beni, anche a seguito dell'entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 41 del 2021.


      Risposta


      Considerato il contenuto dell'articolo 6-bis del decreto liquidità possono essere estesi alla rivalutazione gratuita ivi prevista i chiarimenti già forniti in occasione di precedenti leggi di rivalutazione. In particolare, con la circolare n. 13/E del 2014, con riferimento alle operazioni di affitto o usufrutto, di conferimento, di fusione e scissione d'azienda, sono state ribadite le precisazioni fornite nelle precedenti circolari n. 11/E del 2009 e n. 18/E del 2006. In particolare, nell'ipotesi di affitto o usufrutto di azienda - ove non sia stata contrattualmente prevista la deroga alle disposizioni dell'articolo 2561 del codice civile concernenti l'obbligo di conservazione dell'efficienza dei beni ammortizzabili - la rivalutazione può essere eseguita (e il riallineamento può essere operato) solo dall'affittuario o usufruttuario, quale soggetto che calcola e deduce gli ammortamenti. A tal fine occorre considerare anche le modifiche operate medio tempore all'originario contratto di affitto, in relazione alla predetta clausola di conservazione dell'efficienza dei beni ammortizzabili (va da sé che tale impostazione rileva anche ai fini della rivalutazione e/o riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto).

      Nella diversa ipotesi in cui le parti, in deroga all'articolo 2561 del codice civile abbiano previsto che il concedente continui a calcolare gli ammortamenti, la


      rivalutazione può essere effettuata solo da quest'ultimo.

      Con l'interpretazione autentica contenuta articolo 5-bis del decreto-legge n. 41 del 2021, è stato ulteriormente precisato che «in caso di affitto di azienda la rivalutazione è ammessa a condizione che le quote di ammortamento siano deducibili nella determinazione del reddito del concedente ai sensi dell'articolo 102, comma 8, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Nel caso di immobili in corso di costruzione, rinnovo o completamento, la destinazione si deduce dai titoli edilizi e in ogni altro caso dalla categoria catastale».

      Al riguardo, la norma di interpretazione autentica di cui al citato articolo 5-bis, conferma che in caso di affitto di azienda la rivalutazione è ammessa, in capo all'affittuario, solo a condizione che, in assenza di una previsione di deroga all'articolo 2561 del codice civile, le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dello stesso affittuario.


    4. Rivalutazione dei beni posseduti da una società che svolge attività riconducibile al codice Ateco 55.30 - "Aree di campeggio ed aree attrezzate per camper e roulotte"

      Quesito


      Una società che svolge, quale attività principale, quella classificata con codice Ateco 55.30 - "Aree di campeggio ed aree attrezzate per camper e roulotte" e, quale attività secondaria, quella classificata con codice Ateco 55.20.1 - "Villaggi turistici", chiede se possa fruire della rivalutazione di cui all'articolo 6-bis del decreto liquidità.


      Risposta


      Al riguardo, si rileva che, pur non essendo rinvenibile nella normativa fiscale una definizione puntuale di "settore alberghiero", si riscontrano previgenti disposizioni in cui il medesimo non appare strettamente circoscritto alle sole


      attività rientranti nella nozione di "albergo" (codice Ateco 55.10 - "Alberghi e strutture simili"). È il caso, ad esempio, dell'articolo 2 del decreto interministeriale del 20 dicembre 2017, recante disposizioni applicative per l'attribuzione del credito di imposta di cui all'articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, a mente del quale

      «sono strutture alberghiere gli alberghi, i villaggi albergo, le residenze turistico-alberghiere, gli alberghi diffusi, nonché quelle individuate come tali dalle specifiche normative regionali».

      A ciò va aggiunto che la risoluzione n. 12/E del 18 marzo 2020, contenente i primi chiarimenti circa la sospensione dei versamenti disposta dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 a favore, tra l'altro, delle imprese turistico-ricettive, ha indicato i codici Ateco riferibili alle attività economiche esercitate dai beneficiari della sospensione, includendo tutti i codici rientranti nella sezione 55.

      Pertanto, poiché nella fattispecie oggetto del presente quesito la società risulta direttamente "operante" nel settore alberghiero, deve ritenersi realizzata la finalità del menzionato articolo 6-bis - «sostenere i settori alberghiero e termale»

      • con la conseguenza che la medesima potrà fruire della rivalutazione gratuita ivi prevista.


    5. Decorrenza della deduzione degli ammortamenti relativi a beni rivalutati di società operante nel settore alberghiero

      Quesito


      Una società operante nel settore alberghiero chiede come debba calcolare gli ammortamenti per l'annualità 2020 in relazione agli immobili rivalutati tenuto conto della decorrenza della misura in esame disposta dal comma 3 dell'articolo 6-bis del decreto liquidità.

      Risposta


      Con riferimento al calcolo delle quote di ammortamento, si evidenzia che, in forza del secondo periodo del comma 3 dell'articolo 6-bis del decreto liquidità,

      «il maggior valore attribuito ai beni e alle partecipazioni si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, a decorrere dall'esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita».

      In linea generale, dunque, tenuto conto che la società intende operare la rivalutazione nel bilancio dell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2020, i maggiori valori saranno fiscalmente riconosciuti già dall'esercizio 2020.

      Per quanto attiene al calcolo degli ammortamenti, dunque, la previsione contenuta nel citato comma 3 dell'articolo 6-bis consente - a prescindere dal relativo trattamento contabile - di determinare gli ammortamenti deducibili tenendo conto del valore rivalutato, già a partire dal periodo d'imposta chiuso al 31 dicembre 2020.


    6. Rivalutazione dei beni posseduti da società operante nel settore alberghiero con contestuale riallineamento del valore dell'avviamento

      Quesito

      Una società operante nel settore alberghiero chiede se possa utilizzare la disciplina del riallineamento (per il valore dell'avviamento rilevato a seguito di alcune operazioni di riorganizzazione) congiuntamente a quella della rivalutazione per il settore alberghiero disciplinata dall'articolo 6-bis del decreto liquidità.


      Risposta


      Il comma 8-bis dell'articolo 110 del decreto agosto estende l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000 anche

      «all'avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019».

      Per quanto riguarda il quesito posto dalla società, si ritiene che, in linea di


      principio, non sussistano motivi ostativi a un'applicazione congiunta del riallineamento di cui al citato comma 8-bis e della rivalutazione gratuita di cui all'articolo 6-bis del decreto liquidità, cumulandole tra loro, sempreché risultino soddisfatti i requisiti soggettivi e oggettivi di accesso per entrambe le discipline.


    7. Trasformazione progressiva, modifica della durata dall'esercizio e rivalutazione nel settore alberghiero

      Quesito


      Una società che svolge attività contraddistinta dal codice Ateco 55.1 -"Alberghi e strutture simili", nel corso del 2019 è stata oggetto di un'operazione di trasformazione da società di persone in società a responsabilità limitata. In occasione dell'operazione di trasformazione, la società ha deliberato di spostare la data di chiusura dell'esercizio sociale dal 31 dicembre di ogni anno al 31 ottobre. Considerato che il primo esercizio sociale della società di capitali trasformata va dal 1° novembre 2019 al 31 ottobre 2020, la stessa società chiede di sapere se per tale esercizio possa fruire della rivalutazione di cui all'articolo 6-bis del decreto liquidità in relazione al fabbricato strumentale dedicato all'attività alberghiera.


      Risposta


      Ai sensi del comma 2 dell'articolo 6-bis del decreto liquidità, per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l'anno solare, la rivalutazione gratuita può essere eseguita, alternativamente, nel bilancio al 31 dicembre 2020 o nel bilancio al 31 dicembre 2021 in relazione ai beni di cui al comma 1 dell'articolo 6-bis risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

      Al riguardo, si rammenta che la disciplina della rivalutazione di cui all'articolo 110 del decreto agosto ha espressamente previsto che «le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31


      dicembre 2019, se approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, a condizione che i beni d'impresa e le partecipazioni di cui al comma 1 risultino dal bilancio dell'esercizio precedente».

      In considerazione della ratio che ispira le due disposizioni di rivalutazione

      • finalizzata a supportare le imprese a seguito della crisi economica derivante dalla diffusione della pandemia da COVID-19 - pur in assenza di un'identica formulazione, la disciplina destinata alle imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare contenuta nell'articolo 110 del decreto agosto risulta estensibile anche in relazione alla rivalutazione qui in esame.

      Ne consegue che, per una società il cui primo esercizio sociale vada dal 1° novembre 2019 al 31 ottobre 2020, la rivalutazione è operabile sui beni iscritti nel bilancio relativo al periodo d'imposta precedente, se rilevata nei due esercizi successivi determinati in considerazione dell'esercizio non coincidente con l'anno solare.


    8. Esercizio "a cavallo", modifica della durata dell'esercizio sociale e rivalutazione dei beni

      Quesito


      Una società ha chiuso il suo ultimo esercizio sociale il 30 giugno 2020 e il bilancio relativo a tale esercizio (1° luglio 2019-30 giugno 2020) non è stato approvato dall'assemblea dei soci, essendo pendenti i termini di legge per la relativa adozione.

      Con delibera dell'assemblea straordinaria adottata nel corso del 2020 (esercizio 2020-2021), la società ha scelto di spostare la data di chiusura dell'esercizio sociale dal 30 giugno al 31 dicembre di ogni anno, a partire dall'esercizio in corso, che verrà così chiuso anticipatamente il 31 dicembre 2020 (rispetto alla data del 30 giugno 2021).

      Ciò premesso, la società chiede se:


      1. possa beneficiare della rivalutazione prevista dall'articolo 110, comma 2 del decreto agosto nel bilancio chiuso al 30 giugno 2020 (ossia, nell'esercizio non coincidente con l'anno solare);

      2. possa operare la rivalutazione dei propri beni sia nel bilancio in chiusura al 30 giugno 2020, sia nel bilancio immediatamente successivo (quello aperto il 1° luglio 2020 chiuso al 31 dicembre 2020).


Risposta


Occorre evidenziare che l'articolo 110 del decreto agosto consente di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni, a esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2020.

Per le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare, il secondo periodo del comma 2 del citato articolo 110 consente di eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, ove approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto agosto, a specifiche condizioni, ossia, sempreché i beni d'impresa e le partecipazioni risultino iscritti nel bilancio dell'esercizio precedente.

Con la modifica apportata in sede di conversione del predetto decreto (a opera della legge n. 126 del 2020), è stato stabilito che le imprese con esercizio non coincidente con l'anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o nel rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, concedendo, in tal modo, a tali imprese la facoltà di anticipare la rivalutazione al bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

A dette imprese è stata, in altre parole, concessa la possibilità di anticipare la rivalutazione già disposta dal citato articolo 110 nella sua formulazione originaria.


La circostanza che il legislatore abbia riconosciuto solo una facoltà di anticipazione della rivalutazione ma non anche la duplicazione del beneficio, fa sì che i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare non possano effettuare la rivalutazione sia nell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, sia in quello successivo, ma possano eseguirla una sola volta, dovendo scegliere se effettuarla nel bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 o, in alternativa, in quello successivo.

La soluzione prospettata trova conferma nella ratio della disposizione che è da rinvenirsi nella volontà di consentire anche alle imprese con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, che non abbiano ancora approvato il bilancio alla data di entrata in vigore della norma, di avvalersi della rivalutazione nel bilancio relativo all'esercizio che ha risentito della crisi derivante dagli eventi epidemiologici Covid-19 per effetto del lockdown dei mesi da marzo a maggio 2020.

Alla luce di tale ratio, dunque, si ritiene che il beneficio dell'anticipazione della rivalutazione spetti a tutti i soggetti che hanno avuto l'esercizio "a cavallo" tra il 2019 e il 2020 indipendentemente dalla durata di quest'ultimo, e anche nel caso - come quello prospettato nel quesito - in cui il soggetto interessato, dopo la chiusura di tale esercizio, ha scelto di spostare la data di chiusura dell'esercizio sociale dal 30 giugno al 31 dicembre di ogni anno.

In conclusione, in base alle considerazioni sopra esposte, la società ha la facoltà di scegliere se effettuare la rivalutazione in esame nel bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 o, in alternativa, nell'esercizio successivo, chiuso al 31 dicembre 2020; non è, invece, consentito effettuare la rivalutazione dei beni d'impresa in entrambi gli esercizi.

Pertanto, con riferimento ai quesiti posti, si ritiene che la società:


  1. abbia la facoltà di scegliere se effettuare la rivalutazione in esame nel bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 o, in alternativa, nell'esercizio


    successivo chiuso al 31 dicembre 2020;


  2. non possa effettuare la rivalutazione dei beni d'impresa in entrambi gli esercizi.


Parte III

Gli aspetti procedurali


  1. Perfezionamento dell'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110, comma 8 e 8-bis, del decreto agosto


    Quesito


    Una società chiede di sapere se l'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto si perfezioni attraverso l'indicazione della relativa opzione e della conseguente imposta sostitutiva dovuta nella dichiarazione dei redditi (nello specifico, nel modello "Redditi SC 2021"), indipendentemente dal fatto che sia stato o meno posto in essere il versamento (integrale) dell'imposta sostitutiva di cui al citato articolo 110, comma 6, alle scadenze ivi previste.


    Risposta


    L'articolo 110, comma 6, del decreto agosto stabilisce che «le imposte sostitutive di cui ai commi 3 e 4 sono versate in un massimo di tre rate di pari importo di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi ».

    Stante l'espresso rinvio operato dall'articolo 110, comma 7, del decreto agosto alla legge n. 342 del 2000 e alle successive disposizioni attuative, si ritiene che trovino applicazione, alla fattispecie rappresentata nel quesito, le disposizioni contenute nel D.M. 2001, nonché i chiarimenti contenuti nei documenti di prassi a commento delle previgenti discipline di riallineamento e, in particolare, le circolari

    n. 14/E del 2017, n. 13/E del 2014, n. 11/E del 2009, e la risoluzione n. 362/E del


    2008.


    In particolare, in relazione al perfezionamento del riallineamento di cui al citato articolo 110 torna applicabile quanto sostenuto nella circolare n. 14/E del 2017 in merito alla rivalutazione secondo cui «l'esercizio dell'opzione per la rivalutazione dei beni d'impresa è senz'altro perfezionato con l'indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della relativa imposta sostitutiva. Pertanto, l'omesso, insufficiente e/o tardivo versamento della relativa imposta sostitutiva non rileva ai fini del perfezionamento della rivalutazione. In tal caso, l'imposta sostitutiva non versata è iscritta a ruolo ai sensi degli articoli 10 e seguenti del DPR 29 settembre 1973, n. 602, fermo restando la possibilità per il contribuente di avvalersi delle disposizioni contenute nell'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cosiddetto "ravvedimento operoso")».

    Pertanto l'opzione per il riallineamento di cui al citato articolo 110 deve ritenersi perfezionata attraverso l'indicazione nella dichiarazione dei redditi (nel caso in esame, nel modello "Redditi SC 2021") dei maggiori valori riallineati e della relativa imposta sostitutiva.

    Ai fini del perfezionamento dell'opzione, dunque, non rileva l'omesso, insufficiente e/o tardivo versamento dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 110, comma 6, del decreto agosto. In tali ipotesi, l'imposta sostitutiva non versata sarà iscritta a ruolo ai sensi dell'articolo 10 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ferma restando la possibilità per il contribuente di avvalersi delle disposizioni contenute nell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (cosiddetto "ravvedimento operoso").


  2. Ammissibilità in sede di dichiarazione c.d. "tardiva" dell'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110, comma 8 e 8-bis, del decreto agosto


    Quesito


    Una società chiede di sapere se l'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto possa essere validamente emendata mediante la presentazione di una dichiarazione c.d. "tardiva", nel termine dei 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario per la presentazione del modello "Redditi SC 2021" (attualmente fissato per il 30 novembre 2021), ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.


    Risposta


    In relazione al caso posto nel quesito, si ritiene applicabile il principio espresso, da ultimo, nella circolare n. 42/E del 12 ottobre 2016, secondo cui «anche la dichiarazione integrativa presentata, entro il medesimo termine di novanta giorni, per correggere errori od omissioni di una precedente dichiarazione tempestivamente presentata, si sostituisce a quella originaria, così rimuovendo, in tale breve finestra temporale, l'infedeltà».

    In tal senso, si era espressa già la risoluzione n. 325/E del 14 ottobre 2002 in tema di rateizzazione delle plusvalenze patrimoniali ex articolo 86 del TUIR, in cui si afferma che «in relazione alle specifiche scelte di natura dispositiva, come quella in commento, la rettifica della dichiarazione a favore del contribuente è sempre legittima se operata prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione stessa. In tale ipotesi, infatti, la seconda dichiarazione si sostituisce integralmente alla prima. (...) Inoltre, per effetto delle disposizioni contenute nel comma 7, dell'articolo 2 più volte richiamato, si considerano valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine legale, con la conseguenza che anche le dichiarazioni rettificative di precise scelte negoziali nel senso sopra illustrato, se presentate entro detto termine, possono efficacemente sostituire la dichiarazione originaria».

    Conformemente a questa, si è espressa anche la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, a commento del regime agevolativo per i c.d. lavoratori impatriati


    introdotto dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.


    Pertanto, si ritiene che l'opzione per il riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto possa essere validamente effettuata mediante la presentazione di una dichiarazione c.d. "tardiva", nel termine dei 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi.


  3. Rinuncia alla rivalutazione operata ai sensi della legge di bilancio 2020 per aderire alla rivalutazione di cui all'articolo 110 del decreto agosto


    Quesito

    Una società che ha rivalutato alcuni beni immobili in applicazione del regime di cui all'articolo 1, comma 696 e seguenti, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (di seguito, Legge di bilancio 2020), provvedendo al versamento della prima delle tre rate previste (senza indicare l'esercizio dell'opzione e della relativa imposta sostitutiva dovuta in sede di dichiarazione dei redditi), chiede se possa rinunciare alla predetta rivalutazione per aderire al regime più favorevole di rivalutazione previsto dall'articolo 110 del decreto agosto, recuperando in compensazione sui nuovi versamenti dell'imposta sostitutiva dovuta quanto versato in applicazione della precedente legge di rivalutazione.


    Risposta


    Il regime della rivalutazione come da ultimo reintrodotto con l'articolo 110 del decreto agosto ha previsto la possibilità di rideterminare il valore dei beni d'impresa e delle partecipazioni di cui alla sezione II del capo I della legge n. 342 del 2000, modificando la data cui fare riferimento per individuare il bilancio di riferimento e stabilendo i termini per l'effettuazione dei relativi adempimenti.

    I suddetti interventi nulla hanno disposto in merito alla possibilità, per il contribuente che si fosse avvalso di una precedente rivalutazione, di scomputare le


    somme già versate con quelle dovute a seguito della rideterminazione dei beni d'impresa in epoca più recente.

    Al riguardo, si ritiene necessario ribadire, al pari di quanto già chiarito (cfr., in tal senso, circolari n. 14/E del 2016, n. 13/E del 2014 e n. 11/e del 2009) con riferimento a precedenti leggi di rivalutazione, che anche l'esercizio dell'opzione per la rivalutazione dei beni d'impresa prevista dalla Legge di bilancio 2020, si considera senz'altro perfezionato con l'indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della relativa imposta sostitutiva.

    Nel caso di specie, poiché la società non ha ancora esercitato nella propria dichiarazione, secondo le modalità appena precisate, l'opzione per il regime della rivalutazione previsto dalla Legge di bilancio 2020, quest'ultima - nonostante il pagamento di una delle tre rate previste - deve intendersi ancora non perfezionata.

    Ne consegue, al verificarsi della predetta condizione (i.e. mancato perfezionamento dell'opzione per un precedente regime di rivalutazione riguardante i medesimi beni di impresa), che il contribuente, che abbia proceduto a rideterminare il valore dei beni di cui al comma 1 dell'articolo 110 del decreto agosto ai sensi delle disposizioni della Legge di bilancio 2020, ove lo ritenga opportuno, può usufruire della norma agevolativa successivamente emanata (nel rispetto delle nuove previsioni normative), nonché procedere al versamento della relativa imposta sostitutiva, richiedendo il rimborso dell'importo precedentemente versato. In tale ipotesi, se il contribuente si è avvalso della rateazione dell'imposta dovuta, non è tenuto a versare la rata o le rate successive relative alla precedente rideterminazione.

    In assenza di disposizioni normative che consentano di detrarre dall'imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l'importo relativo all'imposta sostitutiva già versata [quali, ad esempio, l'articolo 7, comma 2, lettere da dd) a gg), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106], il contribuente è ammesso esclusivamente a richiedere il rimborso dell'imposta sostitutiva precedentemente versata, ai sensi


    dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (si vedano, sul punto, seppur in relazione alla rivalutazione dei terreni, circolari n. 27/E del 9 maggio 2003, n. 35/E del 4 agosto 2004, n. 16/E del 22 aprile 2005 e n. 10/E del 13 marzo 2006, par. 17, nonché risoluzione n. 111/E del 22

    ottobre 2010).


  4. Rinuncia al riallineamento di cui all'articolo 15, commi 10 e ss., del decreto-legge n. 185 del 2008 per aderire al riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto.


    Quesito

    Una società ha affrancato i disallineamenti relativi ad alcuni beni ai sensi dell'articolo 15, commi 10, 11 e 12, del decreto-legge n. 185 del 2008, provvedendo al versamento dell'unica rata della relativa imposta sostitutiva dovuta. Ora, la medesima società chiede se possa rinunciarvi per aderire al regime più favorevole del riallineamento di cui all'articolo 110 del decreto agosto, recuperando in compensazione sui nuovi versamenti quanto già versato o chiedendo il rimborso per l'eccedenza.


    Risposta

    Il regime dell'affrancamento di cui all'articolo 15, commi 10, 11 e 12, del decreto-legge n. 185 del 2008 costituisce un regime opzionale alternativo sia a quello ordinario (nello specifico, quello di neutralità delle fusioni ex articolo 172 del TUIR) sia a quello dell'articolo 176, comma 2-ter, del TUIR, rimesso alla libera scelta del contribuente; regime, quello dell'articolo 15 sopra richiamato, che "si perfeziona" con il versamento della relativa imposta sostitutiva (cfr. circolare n. 28/E del 2009, par. 7).

    Al verificarsi dei suoi presupposti, il contribuente è libero di aderire al regime di affrancamento ex articolo 15, commi 10 e ss., del decreto-legge n. 185 del 2008


    a fronte, in prospettiva, di un risparmio (sotto forma di maggiori ammortamenti o di una minore plusvalenza) dell'imposta ordinaria altrimenti dovuta. Pertanto, una volta che il contribuente ha posto in essere tutte le formalità per aderire a tale regime (il pagamento dell'imposta sostitutiva dovuta entro i termini previsti, come nel caso in specie), questo si è irrevocabilmente perfezionato.

    Giova ricordare che il versamento da parte del contribuente di un'imposta

    c.d. volontaria (come quella sostitutiva ex articolo 15, commi 10 e ss., del decreto-legge n. 185 del 2008) è il frutto di una libera scelta dello stesso contribuente e implica una sua manifestazione di volontà inequivocabile e irretrattabile (salvo il caso di errore obiettivamente riconoscibile ed essenziale ai sensi dell'articolo 1428 del codice civile).

    Ciò comporta che - ove, come nel caso di specie, l'esercizio dell'opzione si sia già perfezionato mediante il versamento della relativa imposta sostitutiva - la scelta esercitata non può essere modificata (nella specie, totalmente resa inefficace) a seguito di mero ripensamento conseguente alla diversa valutazione della convenienza economica derivante dalla sopravvenuta entrata in vigore di un regime di affrancamento più favorevole.

    In definitiva, non è consentito revocare gli effetti giuridici del regime di affrancamento precedentemente opzionato e già perfezionatosi nella sua interezza, in base a una valutazione discrezionale compiuta dal contribuente, fondata sulla sopravvenuta differente convenienza economica di un altro istituto giuridico.

    Di conseguenza, si ritiene che la società non possa riallineare ai sensi dell'articolo 110 del decreto agosto il valore dei beni per i quali ha già aderito al regime dell'affrancamento attraverso il pagamento dell'imposta sostitutiva di cui al citato articolo 15, commi 10 e ss..


  5. Apposizione del vincolo di sospensione d'imposta in sede di approvazione (nel 2022) del bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2021


Quesito


Una società chiede di sapere se possa apporre il vincolo di sospensione fiscale ai fini del riallineamento (ai sensi dell'articolo 110, comma 8, del decreto agosto), su una riserva di patrimonio netto presente nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2021 che sarà approvato dall'assemblea dei soci nel corso del 2022.


Risposta


Il comma 8 dell'articolo 110 del decreto agosto stabilisce che in caso di riallineamento è necessario apporre uno specifico vincolo di sospensione d'imposta ai fini fiscali su una o più riserve di patrimonio netto già esistenti, per un importo corrispondente ai differenziali allineati, al netto dell'imposta sostitutiva.

Con riferimento alle modalità e ai termini di apposizione del vincolo è stato precisato in più occasioni (cfr. circolari n. 18/E del 2006, n. 13/E del 2014 e n. 14/E del 2017) che i soggetti che effettuano il pagamento dell'imposta sostitutiva dopo l'approvazione del bilancio di riferimento (nel caso di specie, del bilancio 2020) possono fruire della disciplina del riallineamento anche se non hanno stanziato l'apposita riserva in detto bilancio, a condizione che tale modalità sia conforme alle disposizioni di natura civilistica previste dalla legge o dallo statuto sociale e dai principi contabili applicati dal contribuente.

Tale riserva dovrà risultare iscritta nel bilancio relativo all'esercizio successivo (nel caso di specie, nel bilancio 2021) però "resta ferma la necessità che la riserva da vincolare sia già presente e utilizzabile nel bilancio con riferimento al quale è stato effettuato il riallineamento dei maggiori valori" (cioè, nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2020 - cfr. circolare n. 57/E del 2001).


Va da sé che, nel caso in cui l'assemblea non dovesse ratificare l'operato dell'organo di amministrazione, non approvando lo stanziamento della riserva nel bilancio successivo, l'opzione per il riallineamento sarà priva di effetti, con la conseguenza, ad esempio, che i maggiori ammortamenti fiscalmente dedotti dovranno essere recuperati a tassazione con l'applicazione delle sanzioni e degli interessi dovuti per legge (cfr. circolare n. 57/E del 2001, pagg. 18-19).

Non essendo intervenute modifiche rispetto alla previgente disciplina, continuano a trovare applicazione le precedenti indicazioni di prassi sul punto, essendo le stesse compatibili con la disciplina in esame.


Gli uffici dell'Agenzia valuteranno, caso per caso, la non applicabilità delle sanzioni, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), qualora riscontrino condizioni di obiettiva incertezza in relazione a comportamenti difformi eventualmente adottati dai contribuenti anteriormente alla pubblicazione del presente documento di prassi.

Si considerano, altresì, superate le risposte alle istanze di interpello già fornite in precedenza non coerenti con quanto chiarito nella presente circolare.


***


Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.


IL DIRETTORE DELL'AGENZIA

Ernesto Maria Ruffini (firmato digitalmente)

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