Circolare Agenzia Entrate n.8 del 10.04.2019

Commento alle novità fiscali. Legge 30 dicembre 2018, n. 145 - "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021" (Legge di bilancio 2019). Primi chiarimenti e risposte a quesiti posti in occasione di eventi in videoconferenza organizzati dalla stampa specializzata.

INDICE

PREMESSA

1. FLAT TAX, REGIMI FORFETARI E IMPOSTE SOSTITUTIVE

1.1 Estensione del regime forfetario (commi da 9 a 11)

1.2 Imposta sostitutiva per imprenditori individuali ed esercenti arti e professioni (commi da 17 a 22)

1.3 Abrogazione IRI (comma 1055)

1.4 Regime fiscale per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi e di piante officinali spontanee (commi da 692 a 698)

1.5 Regime fiscale per i produttori agricoli di prodotti selvatici non legnosi (comma 699)

1.6 Estensione al familiare coadiuvante dei benefici fiscali del coltivatore diretto (comma 705)

1.7 Imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno (commi 273 e 274)

1.8 Imposta sostitutiva sui compensi derivanti dalla attività di lezioni private e ripetizioni (commi da 13 a 16)

1.9 Cedolare secca sul reddito da locazione di immobili ad uso commerciale (comma 59)

1.10 Acconto cedolare secca (comma 1127)

2. MISURE IN MATERIA DI IMPOSTE SUI REDDITI E IRAP RIGUARDANTI LE IMPRESE

2.1. Tassazione agevolata del reddito corrispondente agli utili reinvestiti per l'acquisizione di beni materiali strumentali e per l'incremento dell'occupazione (commi da 28 a 34)

2.2. Abrogazione ACE (comma 1080)

2.3. Proroga e rimodulazione della disciplina di maggiorazione dell'ammortamento (iper ammortamento) e Cloud computing (commi da 60 a 65 e comma 229)42

2.4. Deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell'avviamento e di altri beni immateriali (comma 1079)

2.5. Estromissione agevolata immobili strumentali (comma 66)

2.6. Rivalutazione beni d'impresa e partecipazioni (commi da 940 a 950)

2.7. Proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni (commi 1053 e 1054)

2.8. Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti (comma 1056 e 1065)

2.9. Deducibilità delle perdite su crediti in sede di prima applicazione dell'IFRS 9 (commi da 1067 a 1069)

2.10. Facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali (commi 1070 e 1071)

2.11. Deducibilità ai fini IRES e IRPEF dell'IMU sugli immobili strumentali (comma 12)

2.12 Regime fiscale imprese immobiliari (commi 7 e 8)

2.13 Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti IRPEF (commi da 23 a 26)

2.14 Abrogazione deduzioni e credito d'imposta IRAP (commi da 1085 a 1087)

3 CREDITI D'IMPOSTA

3.1 Modifiche alla disciplina del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo (commi 70 e 72)

3.2 Modifiche alla disciplina del credito d'imposta formazione 4.0 (commi da 78 a 81)

3.3 Sport bonus (commi da 621 a 628)

3.4 Credito d'imposta erogazioni liberali per interventi su edifici e terreni pubblici (commi da 156 a 161)

3.5 Incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici e detrazioni fiscali sulle spese per le infrastrutture di ricarica (commi da 1031 a 1047)

3.5.1 Le misure incentivanti (commi da 1031 a 1041)

3.5.2 Le misure disincentivanti (commi da 1042 a 1045)1

3.5.3 Disposizioni comuni alle misure incentivanti e disincentivanti (commi 1046 e 1047)

3.6 Incentivi alla rottamazione per l'acquisto di motoveicoli non inquinanti (commi da 1057 a 1064)

3.7 Limite de minimis per gli incentivi all'editoria e all'emittenza locale (comma 762)

3.8 Agevolazioni per la vendita al dettaglio di giornali e periodici (commi da 806 a 809)

3.9 Quote percentuali di fruizione di taluni crediti d'imposta (comma 805)

3.10 Credito di imposta per le imprese che acquistano prodotti riciclati o imballaggi compostabili o riciclati (commi da 73 a 77)

3.11 Credito d'imposta adeguamento tecnologico per invio telematico corrispettivi (comma 55)

4. DEDUZIONI E DETRAZIONI FISCALI

4.1 Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili (comma 67)

4.2 Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di sistemazione a verde (comma 68)

4.3 Investimenti in start-up innovative (comma 218)

4.4 Incentivi per l'assunzione di giovani conducenti nel settore dell'autotrasporto (commi da 291 a 295)

4.5 Detrazioni fiscali in materia di mantenimento dei cani guida per i non vedenti (comma 27)

5. DISPOSIZIONI IN MATERIA IVA

5.1 Sterilizzazione clausole di salvaguardia IVA (comma 2)

5.2 Aliquota IVA dispositivi medici (comma 3)

5.3 Aliquota IVA prodotti di panetteria (comma 4)

5.4 Contributi dello Stato a società partecipate (commi da 91 a 94)

5.5 Regime speciale IVA per i produttori agricoli - percentuali di compensazione legno e legna da ardere (comma 662)

5.6 Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo (commi 1099 e 1100)

5.7 Fatturazione elettronica e dati fiscali trasmessi al Sistema tessera sanitaria (commi 53 e 54)

5.8 Esonero obbligo di fatturazione elettronica nei contratti di sponsorizzazione stipulati da soggetti passivi con opzione per il regime di cui alla legge n. 398 del 1991 (comma 56)

5.9 Consultazione delle fatture elettroniche (comma 354)

5.10 Estensione dell'istituto del gruppo IVA ai Gruppi Bancari Cooperativi (articolo 20 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136)

6. REGISTRO, BOLLO E ALTRI TRIBUTI INDIRETTI

6.1 Imposta di registro (comma 1084)

6.2 Esenzione imposta di bollo in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche non lucrative riconosciute dal CONI (comma 646)

6.3 Imposta di bollo virtuale per banche e intermediari finanziari (comma 1128)

6.4 Imposta servizi digitali (commi da 35 a 50)

6.5 Rideterminazione dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni (comma 1066)

6.6 Canone TV (commi 89 e 90)

7. DISPOSIZIONI AGEVOLATIVE VARIE E ALTRE NOVITA'

7.1. Definizione agevolata dei debiti tributari dei contribuenti in difficoltà economica - saldo e stralcio (commi da 184 a 199)

7.2. Riduzione a metà dell'IRES ai sensi dell'articolo 6 del DPR n. 601 del 1973 (commi 51, 52 e 52-bis)

7.3. Terzo settore (commi 82 e 83)

7.4. Regime fiscale IRES strutture periferiche di natura privatistica di enti pubblici non economici (comma 1022)

7.5. Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia (comma 759)

7.6. Zona Franca Urbana della Città Metropolitana di Genova (comma 1020)

7.7. Proroga termini sisma centro Italia (commi 991, da 993 a 995, 997 e 998)

7.8. Modifiche alla normativa in materia di limiti all'utilizzo del denaro contante (comma 245)

7.9. Fondi di Venture capital (commi da 210 a 217 e da 219 a 220)

7.10. Modifica della soglia di accesso all'interpello sui nuovi investimenti (articolo 01 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136)

7.11. Estensione del regime di cui al titolo III del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, nel caso di società partecipanti al gruppo IVA (articolo 20, comma 1 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136)

PREMESSA

La presente circolare fornisce primi chiarimenti in merito alle novità recate dalle disposizioni di carattere fiscale contenute nell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (di seguito "legge di bilancio 2019"), con lo scopo di illustrarne il contenuto complessivo ed agevolarne la lettura.

Tali chiarimenti tengono conto anche delle risposte fornite dall'Agenzia delle entrate ai quesiti della stampa specializzata posti in occasione degli eventi Videoforum Italia Oggi e Telefisco Sole24ore 2019, con particolare riferimento alle novità normative concernenti l'estensione del regime forfetario, l'imposta sostitutiva per imprenditori individuali e lavoratori autonomi, la disciplina del riporto delle perdite per i soggetti IRPEF, il bonus ristrutturazioni, la disciplina dell'iper ammortamento e del Cloud computing e la definizione agevolata dei debiti tributari per i contribuenti in difficoltà economiche.

L'illustrazione delle disposizioni di interesse fiscale della legge di bilancio 2019 tengono conto dei contenuti della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2018 deliberata dal Consiglio dei Ministri il 27 Settembre 2018 e della documentazione relativa ai lavori parlamentari, con particolare riguardo alle relazioni illustrativa e tecnica al disegno di legge di bilancio 2019 presentato dal Ministro dell'economia e delle finanze il 31 ottobre 2018 e ai Dossier della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Tenuto conto dell'impatto su istituti e regimi di particolare rilevanza, sono presenti anche taluni commenti a previsioni fiscali recate dal decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, relativamente all'estensione dell'istituto del Gruppo IVA ai Gruppi Bancari Cooperativi, alla modifica della soglia di accesso all'interpello sui nuovi investimenti e all'estensione del regime di "adempimento collaborativo" nel caso di società partecipanti al Gruppo IVA.

Ulteriori chiarimenti interpretativi e soluzioni a questioni applicative saranno oggetto di approfondimenti in successivi documenti di prassi tematici.

1. FLAT TAX, REGIMI FORFETARI E IMPOSTE SOSTITUTIVE

1.1 Estensione del regime forfetario (commi da 9 a 11)

I commi da 9 a 11 recano specifiche previsioni che modificano, con portata estensiva, il regime forfetario introdotto dall'articolo 1, commi 54 e seguenti, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) in favore di persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni in possesso di determinati requisiti. In particolare, con la legge di bilancio 2019, mediante la modifica delle previsioni della legge di stabilità 2015, è stato ampliato l'ambito applicativo del predetto regime forfetario mediante l'innalzamento della soglia limite dei ricavi/compensi e sono state modificate le altre condizioni di fruibilità.

In merito all'innalzamento della soglia di ricavi/compensi, la legge di bilancio 2019 ha elevato a 65.000 euro il limite dei ricavi conseguiti e dei compensi percepiti nell'anno precedente per l'applicazione del regime forfetario. Tale soglia è valida per tutti i contribuenti interessati e sostituisce i limiti dei ricavi e dei compensi percepiti che la previgente disciplina fissava tra i 25.000 e i 50.000 euro a seconda della tipologia di attività esercitata.

Si precisa che anche il nuovo limite di ricavi/compensi di 65.000 euro va verificato, come si evince dall'espressa previsione normativa, con riferimento al limite dei ricavi conseguiti e dei compensi percepiti nell'anno precedente all'applicazione del regime forfetario. Da ciò consegue che, ad esempio, nel caso in cui il contribuente abbia superato la soglia di 30.000 euro di ricavi/compensi al 31 dicembre 2018 ma abbia conseguito/percepito, nel medesimo periodo d'imposta, ricavi/compensi non superiori alla soglia di 65.000 euro (quindi superiori ai limiti imposti dalla vecchia normativa ma inferiori a quelli indicati dalla nuova previsione della legge di bilancio 2019), può rimanere nel regime forfetario, applicando le disposizioni introdotte dalla legge di bilancio 2019.

Si precisa, inoltre, che in correlazione con l'innalzamento della soglia dei ricavi conseguiti e dei compensi percepiti, la legge di bilancio 2019 ha sostituito con l'allegato n. 2 il precedente allegato n. 4 annesso alla legge di stabilità 2015, il quale, tenendo conto delle novità appena illustrate, non prevede l'indicazione dei valori soglia dei ricavi e dei compensi ma solamente i coefficienti di redditività relativi alle varie attività esercitate.

Il meccanismo applicativo del regime forfetario prevede, infatti, che i soggetti che vi ricadono determinano il reddito imponibile applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività nella misura indicata nel citato allegato n. 2, diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata. Sul reddito imponibile così calcolato si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), pari al 15 per cento.

La legge di bilancio 2019 ha eliminato gli ulteriori requisiti in precedenza previsti per l'applicazione del regime forfetario riguardanti il costo del personale (le spese per lavoro accessorio, per lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche assunti per l'esecuzione di specifici progetti, non dovevano essere complessivamente superiori a 5.000 euro lordi) e quello dei beni strumentali (il costo complessivo dei beni strumentali, assunto al lordo degli ammortamenti, non doveva superare, alla data di chiusura dell'esercizio, i 20.000 euro).

La stessa legge di bilancio 2019 ha previsto che, ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l'accesso al regime forfetario, non rilevano gli ulteriori componenti positivi indicati nelle dichiarazioni fiscali ai sensi della disciplina degli indici sintetici di affidabilità fiscale (di cui al comma 9 dell'articolo 9-bisdel decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96). Sotto tale profilo, la legge di bilancio 2019 ha, pertanto, aggiornato il riferimento alla disciplina degli indici sintetici di affidabilità che la previgente disposizione normativa operava, invece, agli studi di settore di cui all'articolo 62-bisdel decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e ai parametri di cui all'articolo 3, commi da 181 a 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

Resta invece identica, rispetto alla previgente disciplina del regime forfetario, la previsione secondo cui, nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, è assunta, sempre ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l'applicazione del regime forfetario, la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

La legge di bilancio 2019 è poi intervenuta sulle lettere d) e d-bis) del comma 57 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 stabilendo rispettivamente che non possono avvalersi del regime forfetario:

? gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli stessi esercenti attività d'impresa, arti o professioni (la disciplina previgente alla legge di bilancio 2019 precludeva l'applicazione del regime forfetario in caso di partecipazione, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone o associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR, ovvero a società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria di cui all'articolo 116 dello stesso TUIR);

? le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro. Con l'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, sono state inserite in fine alla lettera d-bis) del comma 57 in esame, le seguenti parole "ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatorio per l'esercizio di arti o professioni" consentendo, quindi, l'accesso al regime forfetario alle persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro - attuali o precedenti - ove si tratti di attività di nuova iscrizione ad un ordine o ad un collegio professionale (la disciplina previgente alla legge di bilancio 2019 precludeva l'applicazione del regime forfetario in caso di percezione nell'anno precedente di redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del TUIR, eccedenti l'importo di 30.000 euro, anche in caso di rapporto di lavoro cessato).

Come chiarito nella relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2019 le "modifiche alle cause di esclusione di cui alle lettere d) e d-bis) del comma 57 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (...) rispondono alla duplice ratio di evitare artificiosi frazionamenti delle attività d'impresa o di lavoro autonomo svolte o artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo".

Per quanto attiene alla causa ostativa all'applicazione del regime forfetario di cui alla lettera d-bis) del comma 57 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, riguardante le attività esercitate prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, i parametri cui fare riferimento per il calcolo della prevalenza sono i ricavi conseguiti e i compensi percepiti nei confronti dei datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro oppure nei confronti dei quali il contribuente abbia svolto la propria attività lavorativa negli ultimi due periodi d'imposta.

La verifica della prevalenza va effettuata solo al termine del periodo d'imposta.

Si consideri, ad esempio, un contribuente che abbia avuto un rapporto di lavoro concluso nel 2018; lo stesso può applicare il regime forfetario nel 2019, ma se alla fine del 2019 risulta che ha fatturato prevalentemente nei confronti del suo datore di lavoro o di soggetti direttamente o indirettamente ad esso riconducibili, dovrà fuoriuscire dal regime forfetario nel 2020.

Restano invariati, in quanto non oggetto di modifica da parte della legge di bilancio 2019, le seguenti ulteriori cause ostative all'applicazione del regime forfetario per:

? le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito;

? i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto;

? i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, o di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge n. 331 del 1993.

Ai sensi del comma 71 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, il regime forfetario che trova applicazione in base alla nuova disciplina recata dalla legge di bilancio 2019 cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno il requisito del limite di ricavi/compensi di 65.000 euro ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 del citato articolo 1 della legge di stabilità 2015.

In base all'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.M. 23 marzo 2018 e all'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.M. 28 dicembre 2018, ai contribuenti che applicano il regime forfetario non si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale istituiti con l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni.

L'articolo 1, comma 11, della legge di bilancio 2019 prevede, infine, che per quanto non diversamente disposto dalla stessa, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in tema di regime forfetario recate dai commi da 56 a 75 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015.

Si precisa che, poiché il regime forfetario è un regime c.d. naturale, i contribuenti che già svolgono un'attività di impresa, arte o professione, lo applicano senza dover fare alcuna comunicazione preventiva o successiva e non è necessario esercitare una specifica opzione.

Per quanto attiene poi ai rapporti tra il regime forfetario in esame e il regime semplificato di cassa di cui agli articoli 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 66 del TUIR, si fa presente quanto segue. Come già precisato con circolare n. 11/E del 13 aprile 2017, il regime di cassa rappresenta il regime naturale dei soggetti che esercitano un'attività di impresa e che siano in possesso dei requisiti previsti dal comma 1 dell'articolo 18 del d.P.R. n. 600 del 1973.

Possono accedere al regime semplificato per cassa anche i soggetti il cui regime naturale è quello forfetario. Tali contribuenti devono a tal fine esprimere una specifica opzione secondo quanto previsto dal comma 70 dell'articolo 1 della legge

n. 190 del 2014. Di regola, l'opzione per un regime di determinazione dell'imposta vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, trascorso il quale si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime scelto. Tuttavia, con risoluzione n. 64/E del 14 settembre 2018, è stato chiarito che il contribuente che, pur possedendo i requisiti previsti per l'applicazione del regime forfetario di cui alla legge n. 190 del 2014, abbia optato per i regimi di contabilità semplificata di cui all'articolo 18 del d.P.R. n. 600 del 1973, può passare al regime forfetario senza attendere il decorso di un triennio, anche qualora abbia scelto la particolare modalità di registrazione di cui al comma 5 del predetto articolo 18, in quanto trattasi di due regimi naturali dei contribuenti minori.

Pertanto, i contribuenti possono sempre transitare dal regime semplificato al forfetario se in possesso dei requisiti per la sua applicazione. In tal caso, infatti, il contribuente passa da un regime naturale a un altro regime naturale.

Peraltro, qualora un contribuente nell'anno 2018 era in regime semplificato perché non presentava i requisiti ai fini dell'applicazione del regime forfetario (ricavi/compensi superiori alle soglie previste oppure perché vi erano elementi inibenti - non più previsti dalla nuova normativa - come la presenza di beni strumentali il cui costo complessivo era superiore a 20.000 euro), lo stesso contribuente può applicare il regime forfetario a partire dal 2019, essendo venute meno le cause di esclusione. A tal fine, come già detto, non occorre alcuna comunicazione preventiva o successiva e non è necessario esercitare una specifica opzione.

Tenuto conto delle significative modifiche apportate al regime forfetario dalla legge di bilancio 2019, i soggetti che nel 2018 erano in regime ordinario possono effettuare il passaggio dalla contabilità ordinaria, scelta per opzione, al regime forfetario, senza attendere il decorso del triennio previsto per gli esercizi delle opzioni IVA. Infatti, come chiarito con circolare n. 11/E del 2017 "...l'opzione per un regime di determinazione dell'imposta vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, trascorso il quale si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime scelto. L'articolo 1 del d.P.R. n. 442 del 1997, tuttavia, consente 'la variazione dell'opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative'".

Per completezza, si ricorda che qualora, nel passaggio dal regime ordinario al forfetario, dalla dichiarazione relativa all'ultimo anno in cui l'imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi ordinari, una volta eseguite le opportune rettifiche previste dall'articolo 19-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972, emerga una eccedenza di credito IVA, l'articolo 1, comma 63, della legge di stabilità 2015, specifica che l'IVA suddetta può essere chiesta a rimborso ai sensi dell'articolo 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 oppure utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

1.2 Imposta sostitutiva per imprenditori individuali ed esercenti arti e professioni (commi da 17 a 22)

Il comma 17 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, è istituita un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'imposta regionale sulle attività produttive per le persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni che, nell'anno precedente, abbiano conseguito ricavi oppure percepito compensi, compresi tra 65.001 e 100.000 euro, ragguagliati ad anno.

L'imposta sostitutiva, per la quale è prevista l'aliquota del 20 per cento, può essere applicata - in luogo della tassazione progressiva per scaglioni - al reddito determinato secondo le vigenti disposizioni in materia di reddito d'impresa e di lavoro autonomo; pertanto, poiché la determinazione del reddito è effettuata nei modi ordinari, si applica il regime fiscale delle perdite disposto dall'articolo 8 del TUIR.

Il comma 18 individua le modalità di computo delle soglie di reddito che danno diritto all'applicazione dell'imposta sostitutiva. In particolare, ai fini del calcolo delle suddette soglie:

a) non rilevano gli ulteriori componenti positivi indicati nelle dichiarazioni fiscali ai sensi del comma 9 dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, (si tratta delle disposizioni in materia di indici sintetici di affidabilità che consentono ai soggetti interessati di indicare in dichiarazione ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili, con effetto ai fini dell'imposta sui redditi, dell'IVA e dell'IRAP, allo scopo di migliorare la propria affidabilità ed accedere ai benefici premiali);

b) nel caso di esercizio contemporaneo di differenti attività, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Il successivo comma 19, nel disciplinare le esclusioni dal regime di imposizione sostitutiva in commento, dispone, in particolare, che non possono applicare l'indicato regime:

a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito;

b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito da essi complessivamente prodotto;

c) i soggetti che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, o di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge n. 331 del 1993;

d) gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del TUIR, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni;

e) le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.

Il comma 20 stabilisce che i ricavi conseguiti e i compensi percepiti dai soggetti che applicano l'imposta sostitutiva non sono assoggettati a ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta; a tal fine, i contribuenti interessati rilasciano un'apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto all'imposta sostitutiva.

Ai sensi del comma 21, i contribuenti persone fisiche che applicano l'imposta sostitutiva di cui al comma 17 non sono tenuti ad operare le ritenute alla fonte obbligatorie per legge, di cui al titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti persone fisiche indicano il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali, all'atto del pagamento, non è stata operata la ritenuta e l'ammontare dei redditi stessi.

Il comma 22 statuisce che i contribuenti persone fisiche che applicano l'imposta sostitutiva di cui al comma 17 sono esonerati dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e dai relativi adempimenti, analogamente a quanto previsto per gli aderenti al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014, fermo restando l'obbligo di fatturazione elettronica previsto dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.

1.3 Abrogazione IRI (comma 1055)

La disposizione abroga il regime opzionale dell'imposta sul reddito d'impresa (IRI), di cui all'articolo 55-bis del TUIR, che consentiva, ad imprese individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria e società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria di cui all'articolo 116 del TUIR, la tassazione proporzionale e separata del reddito d'impresa, con l'aliquota IRES.

L'applicazione di detto regime, introdotto dall'articolo 1, commi 547 e 548, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), era stata già differita al 1° gennaio 2018 in base alla previsione dell'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018).

Per effetto del comma 1055 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, l'abrogazione di tale regime è stabilita - in deroga all'articolo 3 della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) - a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

Conseguentemente, per effetto dell'iniziale differimento dell'entrata in vigore e della successiva abrogazione a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, il regime non ha mai esplicato effetti.

Al riguardo, come si evince dalla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2018, deliberata dal Consiglio dei Ministri il 27 Settembre 2018, "in conseguenza dei cambiamenti dell'imposizione su piccole imprese e utili reinvestiti, si prevede l'abrogazione dell'Imposta sul Reddito Imprenditoriale (IRI), (...) che è ora superata dalla flat tax per le piccole imprese e lavoratori autonomi".

1.4 Regime fiscale per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi e di piante officinali spontanee (commi da 692 a 698)

I commi da 692 a 695 introducono, a decorrere dal 1° gennaio 2019, un nuovo regime fiscale per i redditi derivanti dallo svolgimento, in via occasionale, delle attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30 (ossia: funghi, tartufi, bacche, frutta in guscio, balata e altre gomme simili al caucciù, sughero, gommalacca e resine, balsami, crine vegetale, crine marino, ghiande, frutti dell'ippocastano, muschi e licheni), nonché di piante officinali spontanee di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 75. Detto regime, rivolto alle persone fisiche, consiste nell'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali, pari a euro 100, a condizione che i corrispettivi percepiti dalla vendita del prodotto non superino il limite annuo di euro 7.000.

L'imposta sostitutiva è versata entro il 16 febbraio dell'anno di riferimento da coloro che sono in possesso del titolo di raccolta per uno, o più prodotti, rilasciato dalla regione o altri enti subordinati. A tal fine, con risoluzione n. 10/E del 13 febbraio 2019 è stato istituito il codice tributo 1853, che consente il versamento dell'imposta sostitutiva tramite il modello "F24 versamenti con elementi identificativi" (c.d. F24 ELIDE). Sono esclusi dal versamento dell'imposta i soggetti che effettuano la raccolta esclusivamente per autoconsumo.

Per espressa previsione normativa, i soggetti che, in possesso dei requisiti richiesti, hanno versato l'imposta sostitutiva con riferimento all'anno in cui la cessione del prodotto è stata effettuata, non subiscono la ritenuta di cui all'articolo 25-quater del d.P.R. n. 600 del 1973.

Tale ultima disposizione prevede l'applicazione di una ritenuta a titolo di imposta, con obbligo di rivalsa, sui compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi non identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, in relazione alle cessioni di detti prodotti. Tale ritenuta è pari all'aliquota prevista dall'articolo 11 del TUIR per il primo scaglione di reddito (23 per cento) ed è commisurata all'ammontare dei corrispettivi pagati, ridotto del 22 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese per la produzione del reddito.

La ritenuta di cui all'articolo 25-quater del d.P.R. n. 600 del 1973 continua, pertanto, a trovare applicazione nelle ipotesi in cui non ricorrano le condizioni per l'accesso al regime agevolato di nuova introduzione.

Inoltre, in base a quanto previsto nel comma 697 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, per le operazioni di acquisto di prodotto effettuate senza l'applicazione della ritenuta di cui all'articolo 25-quater del d.P.R. n. 600 del 1973, il soggetto acquirente emette un documento d'acquisto dal quale risultino la data di cessione, il nome e il cognome, il codice fiscale del cedente, il codice ricevuta del versamento dell'imposta sostitutiva, la natura e la quantità del prodotto ceduto e l'ammontare del corrispettivo pattuito.

Nella richiamata risoluzione n. 10/E del 2019 è stato precisato che, ai fini di quanto previsto dal comma 697,"il codice ricevuta del versamento dell'imposta sostitutiva" è rappresentato dalla data del versamento dell'imposta sostitutiva in argomento, dal codice fiscale del soggetto che ha effettuato il pagamento, dal codice tributo 1853, dall'importo versato e dall'anno di riferimento, indicati nel modello F24.

Il comma 696 ha sostituito, al comma 109 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), le parole "la cessione di tartufo" con le parole "la cessione di prodotti selvatici non legnosi generati dall'attività di raccolta descritta dalla classe ATECO 02.30, a cui si aggiunge la raccolta di piante officinali spontanee come regolata dall'articolo 3 del testo unico di cui al decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 75".

In base all'intervento normativo in esame, pertanto, il nuovo testo dell'articolo 1, comma 109, della legge n. 311 del 2004 risulta essere il seguente: "La cessione di prodotti selvatici non legnosi generati dall'attività di raccolta descritta alla classe ATECO 02.30, a cui si aggiunge la raccolta di piante officinali spontanee come regolata dall'articolo 3 del testo unico di cui al decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 75 non obbliga il cedente raccoglitore occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile. I cessionari sono obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione".

Per effetto della novella in commento, quindi, nessun obbligo contabile sussiste in capo al cedente raccoglitore occasionale, non soggetto passivo IVA, per le cessioni dei prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, nonché delle piante officinali spontanee.

Si evidenzia, in proposito, che a seguito delle modifiche già operate dall'articolo 29 della legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016) sull'articolo 1, comma 109, della legge finanziaria 2005, i cessionari soggetti passivi IVA che acquistano tartufi nell'esercizio della loro attività di impresa (ad es. ristoratori), dal 1° gennaio 2017, non sono più tenuti ad emettere autofattura e a porre in essere i relativi adempimenti ai fini IVA (registrazioni, liquidazione, versamento e dichiarazione annuale dell'imposta).

Tale modifica è stata necessaria al fine di evitare la procedura di infrazione EU-Pilot 8123/15/TAXU, avviata dalla Commissione UE, che aveva evidenziato profili di incompatibilità fra il regime dell'autofatturazione vigente fino al 31 dicembre 2016 - connotato, peraltro, dal mancato riconoscimento del diritto alla detrazione dell'IVA - con le disposizioni della Direttiva CE del Consiglio n. 112/2006/CE (Direttiva IVA), per le seguenti ragioni:

- la cessione dei tartufi effettuata dai raccoglitori occasionali non muniti di partita IVA non può rientrare nel campo di applicazione dell'imposta, in quanto il cedente non è un soggetto passivo ai fini IVA;

- non appare coerente con le disposizioni dettate dalla Direttiva IVA un regime di fatturazione che non riconosca, in capo all'operatore economico (nella specie, l'acquirente che emette autofattura), il diritto alla detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti di beni e servizi.

I cessionari sono, comunque, obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili, nonché a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.

Il comma 698 modifica alcune disposizioni del d.P.R. n. 633 del 1972.

In primo luogo, viene inserito l'articolo 34-ter che reca il regime IVA applicabile alla vendita di determinati prodotti selvatici derivanti dalla raccolta occasionale, prevedendo che "I raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, a cui si aggiungono i raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 75, che nell'anno solare precedente hanno realizzato un volume d'affari non superiore ad euro 7.000, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale".

Sotto il profilo soggettivo, sono riconducibili nel regime in esame i raccoglitori occasionali di funghi, tartufi, bacche, frutta in guscio, balata e altre gomme simili al caucciù, sughero, gommalacca e resine, balsami, crine vegetale, crine marino, ghiande, frutti dell'ippocastano, muschi e licheni, e i raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, che nell'anno solare precedente hanno realizzato un volume d'affari non superiore a 7.000 euro.

Il legislatore, per esigenze di semplificazione, stabilisce che per i raccoglitori dei prodotti sopra indicati, il requisito dell'occasionalità, ai fini IVA, sussiste qualora gli stessi realizzino un volume di affari inferiore o uguale a 7.000 euro. Ciò appare coerente, peraltro, con il criterio dettato dal comma 694 del medesimo articolo 1 della legge di bilancio 2019, il quale, ancorché con riferimento all'imposta sostitutiva applicabile al reddito derivante dalla raccolta occasionale di prodotti selvatici non legnosi, definisce occasionale l'attività di raccolta in relazione alla quale i corrispettivi conseguiti non superino il limite annuo di 7.000 euro. Il superamento del predetto limite in capo ai raccoglitori dei prodotti sopra indicati comporta la perdita del requisito dell'occasionalità in relazione all'attività dagli stessi svolta, con la conseguente applicazione dell'IVA secondo le regole ordinarie.

Pertanto, a titolo esemplificativo, i raccoglitori occasionali dei prodotti in argomento che, per l'anno 2019, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, sono coloro che, nell'anno solare 1° gennaio - 31 dicembre 2018, hanno conseguito un volume d'affari non superiore a 7.000 euro.

Lo stesso comma 698 interviene, altresì, sulla Tabella A, parte I, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, modificando l'elenco dei prodotti agricoli e ittici oggetto del regime speciale previsto per i produttori agricoli di cui all'articolo 34 del medesimo d.P.R. n. 633.

In particolare, viene introdotto il numero 15-bis) che include nel predetto elenco i "tartufi, nei limiti delle quantità standard di produzione determinate con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze".

Al riguardo, si evidenzia che in base alla formulazione utilizzata dalla disposizione in commento, che fa riferimento ai quantitativi di produzione di tartufi determinati con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, emanato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, i soggetti che applicano il regime speciale di cui all'articolo 34 del d.P.R. n. 633 del 1972 sono i produttori agricoli e non i soggetti che effettuano la mera raccolta di tali prodotti.

Lo stesso comma 698, inoltre, opera le seguenti modifiche:

- inserisce il nuovo numero 1-quater) alla tabella A parte II-bis, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, in base al quale i "tartufi freschi o refrigerati" rientrano fra i beni e servizi a cui si applica l'aliquota IVA del 5 per cento;

- riformula il n. 20-bis) della tabella A, parte III, prevedendo l'applicazione dell'aliquota IVA del 10 per cento alle cessioni di "tartufi congelati, essiccati o preservati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurare temporaneamente la conservazione, ma non preparati per il consumo immediato".

Per effetto di tale intervento normativo, quindi, dal 1° gennaio 2019, le cessioni di tartufi freschi o refrigerati - precedentemente ricomprese nel numero 20-bis) della tabella A, parte III - sono assoggettate ad IVA con l'applicazione dell'aliquota del 5 per cento anziché di quella del 10 per cento.

In base alla nuova formulazione del citato numero 20-bis) della medesima tabella A, parte III, inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2019, alle cessioni di tartufi congelati si applica l'aliquota del 10 per cento in luogo di quella ordinaria, applicabile fino al 31 dicembre 2018.

L'aliquota ordinaria, infatti, trovava applicazione in relazione alle cessioni di tartufi congelati, atteso che tali prodotti non erano espressamente annoverati nell'allora vigente numero 20-bis) della tabella A, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972. Ciò era stato precisato anche con la risoluzione n. 59/E del 2 agosto 2018 che, alla luce delle modifiche operate dal comma 698 in commento, con riferimento alle cessioni dei tartufi congelati deve, pertanto, considerarsi superata.

Si precisa, al riguardo, che - ai fini della disciplina doganale - in base alle considerazioni generali contenute nel Capitolo 7 delle Note Esplicative del Sistema Armonizzato (NESA), rubricato "ortaggi o legumi, piante, radici e tuberi mangerecci", per "refrigerato" si intende "un prodotto la cui temperatura è stata abbassata, generalmente, sino a circa 0° C senza raggiungere il congelamento del prodotto stesso (...)", mentre per "congelato" si intende "un prodotto che è stato raffreddato al di sotto del suo punto di congelamento fino al congelamento delle parti più interne".

Le nuove norme introdotte dal comma 698 sono applicabili alle cessioni dei beni effettuate dal 1° gennaio 2019.

Si rammenta, in proposito, che in forza dei principi generali in materia di esigibilità dell'IVA per le cessioni di beni mobili (v. articolo 6 del d.P.R. n. 633 del 1972), ai fini dell'individuazione del momento di effettuazione delle operazioni, occorre fare riferimento al momento della consegna o spedizione dei beni. Come noto, l'imposta diviene esigibile anteriormente a tale momento qualora, in relazione alla cessione del prodotto, sia stata emessa fattura o sia stato pagato, in tutto o in parte, il corrispettivo.

In estrema sintesi, le modifiche intervenute a partire dal 1° gennaio 2019 possono essere così sintetizzate:

PRODOTTO

ALIQUOTA IVA

APPLICABILE

FINO AL 31/12/2018

ALIQUOTA IVA

APPLICABILE DAL

01/01/2019

Tartufi freschi o refrigerati

10%

5%

Tartufi congelati

22%

10%

1.5 Regime fiscale per i produttori agricoli di prodotti selvatici non legnosi

(comma 699)

Il comma 699 prevede che i produttori agricoli che gestiscono la produzione dei prodotti selvatici non legnosi - non ricompresi nella classe ATECO 02.30 e non riconducibili all'articolo 3 del decreto legislativo n. 75 del 2018 - che non ricadono nell'esonero stabilito dall'articolo 34, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972, possono applicare il regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 75, della legge n. 190 del 2014.

Tale regime prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'imposta regionale sulle attività produttive, pari al 15 per cento.

In deroga alle regole di determinazione della base imponibile sulla quale si applica l'imposta sostitutiva, dettate dai commi 64 e seguenti del citato articolo 1 della legge n. 190 del 2014,il reddito dei produttori agricoli in commento è determinato su base catastale.

1.6 Estensione al familiare coadiuvante dei benefici fiscali del coltivatore diretto (comma 705)

Ai sensi del comma 705, i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della disciplina fiscale propria dei titolari dell'impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente.

In relazione alle novità introdotte dalla legge di bilancio per il 2019, la disposizione in commento estende al familiare coadiuvante del coltivatore diretto i benefici fiscali previsti per quest'ultimo anche ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale e dell'imposta di successione, nonché, per l'anno 2019, ai fini dell'IRPEF, al ricorrere delle seguenti condizioni:

- appartenenza al medesimo nucleo familiare;

- iscrizione nella gestione assistenziale e previdenziale agricola in qualità di coltivatori diretti;

- partecipazione attiva all'esercizio dell'impresa familiare.

Con particolare riferimento alle imposte sul reddito, si rammenta che l'articolo 1, comma 44, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), ha stabilito che, per gli anni 2017, 2018 e 2019, i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola.

Tale agevolazione, pertanto, in forza dell'equiparazione dei regimi fiscali introdotta dall'articolo 1, comma 705, della legge di bilancio per il 2019, compete, per il 2019, anche ai familiari coadiuvanti del coltivatore diretto.

Relativamente ai trasferimenti di terreni agricoli, si rappresenta che ai sensi dell'articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, è stabilito che: "Gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento". Il comma 705 in commento estende, quindi, il trattamento agevolato previsto dal predetto articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009, agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti, posti in essere in favore dei familiari coadiuvanti del coltivatore diretto titolare di impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti.

Tale agevolazione si affianca a quella attualmente prevista dall'articolo 1, comma 907, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), che prevede che le disposizioni di cui al citato articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009 sono applicabili anche a favore del coniuge e dei parenti in linea retta di soggetti aventi i requisiti di cui al medesimo articolo 2, comma 4-bis, conviventi con i predetti soggetti (coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali-IAP iscritti nella relativa gestione previdenziale), purché già proprietari di terreni agricoli.

1.7 Imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno (commi 273 e 274)

I commi in commento introducono un regime opzionale per le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a) del TUIR erogati da soggetti esteri, che trasferiscono in Italia la propria residenza in uno dei comuni appartenenti al territorio del Mezzogiorno, con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti.

La disciplina del nuovo regime avviene attraverso l'introduzione nel TUIR dell'articolo 24-ter.

Le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione, erogati da soggetti esteri, che trasferiscono in Italia la propria residenza, in uno dei comuni appartenenti al territorio del Mezzogiorno, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, possono optare per l'assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, percepiti da fonte estera o prodotti all'estero, a un'imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7 per cento per ciascuno dei periodi di imposta di validità dell'opzione.

I redditi di pensione cui la norma in commento fa riferimento sono quelli individuati dall'articolo 49, comma 2, lettera a) del TUIR, vale a dire le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati.

Il trasferimento della residenza è definito mediante riferimento all'articolo 2, comma 2, del TUIR, per cui si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

I comuni appartenenti al territorio del Mezzogiorno con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, sono quelli situati nelle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia.

I redditi da fonte estera o prodotti all'estero, assoggettabili all'imposta sostitutiva prevista dal nuovo articolo 24-ter del TUIR sono quelli individuati secondo i criteri di cui all'articolo 165, comma 2, del medesimo testo unico. In base all'articolo 165, comma 2, del TUIR, i redditi si considerano prodotti all'estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'articolo 23 dello stesso testo unico per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti.

L'opzione in esame è esercitabile dalle persone fisiche che:

a) non siano state fiscalmente residenti in Italia nei cinque periodi d'imposta precedenti a quello in cui l'opzione diviene efficace;

b) trasferiscono la residenza da Paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa (v. articolo 24-ter, comma 2, del TUIR). E' previsto che le persone fisiche che intendono esercitare l'opzione prevista dal nuovo articolo 24-ter del TUIR indicano la giurisdizione o le giurisdizioni in cui hanno avuto l'ultima residenza fiscale prima dell'esercizio di validità dell'opzione. A seguito di tale indicazione, l'Agenzia delle entrate trasmette tali informazioni, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fiscali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fiscale prima dell'esercizio di validità dell'opzione (v. articolo 24-ter, comma 2, del TUIR).

L'opzione per l'imposta sostitutiva di cui trattasi è esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ed è efficace a decorrere da tale periodo d'imposta. L'opzione è valida per i primi cinque periodi d'imposta successivi a quello in cui diviene efficace (v. articolo 24-ter, commi 4 e 5, del TUIR).

Il comma 7 del nuovo articolo 24-ter del TUIR disciplina la revoca dell'opzione nonché la cessazione degli effetti di quest'ultima stabilendo che:

- l'opzione è revocabile dal contribuente;

- nel caso di revoca da parte del contribuente sono fatti salvi gli effetti prodotti nei periodi d'imposta precedenti;

- gli effetti dell'opzione cessano laddove sia accertata l'insussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo o il venir meno degli stessi e in ogni caso di omesso o parziale versamento dell'imposta sostitutiva nella misura e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge;

- la revoca o la decadenza dal regime precludono l'esercizio di una nuova opzione.

L'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 24-ter del TUIR non è deducibile da nessun'altra imposta o contributo, è versata in unica soluzione entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi, applicandosi per quanto attiene l'accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni le disposizioni previste per l'IRPEF in quanto compatibili (v. articolo 24-ter, comma 6, del TUIR).

Il comma 8 del nuovo articolo 24-ter stabilisce che persone fisiche comprese tra quelle destinatarie della disciplina in argomento - ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 24-ter - possono manifestare la facoltà di non avvalersi dell'applicazione dell'imposta sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio dell'opzione ovvero con successiva modifica della stessa. Soltanto in tal caso, per i redditi prodotti nei suddetti Stati o territori esteri si applica il regime ordinario e compete il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero. Ai fini dell'individuazione dello Stato o territorio estero in cui sono prodotti i redditi si applicano i medesimi criteri di cui all'articolo 23 del TUIR.

Va ricordato, inoltre, che il comma 1 del nuovo articolo 24-ter del TUIR fa espressamente salva la possibilità di optare, in presenza delle condizioni normativamente stabilite, per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia disposta dall'articolo 24-bisdel medesimo testo unico.

Il comma 274 dell'articolo 1, della legge di bilancio 2019, stabilisce una serie di esenzioni per i soggetti che esercitano l'opzione prevista dall'articolo 24-ter del TUIR introdotta dal comma 273. In particolare, gli stessi soggetti:

- non sono tenuti a presentare la dichiarazione annuale degli investimenti e delle attività di natura finanziaria che detengono all'estero suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, prevista dall'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227;

- sono esenti dall'imposta sul valore degli immobili situati all'estero e dall'imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero previste dall'articolo 19, commi 13 e 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

1.8 Imposta sostitutiva sui compensi derivanti dalla attività di lezioni private e ripetizioni (commi da 13 a 16)

Il comma 13 dispone che - a decorrere dal 1° gennaio 2019 - ai compensi derivanti dall'attività di lezioni private e ripetizioni, svolta dai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado, si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali, con l'aliquota del 15 per cento, salva l'opzione per l'applicazione dell'imposta sul reddito nei modi ordinari.

Le somme tassate con l'imposta sostitutiva non concorrono alla formazione del reddito complessivo né rilevano, in assenza di una specifica diversa disposizione, ai fini del riconoscimento e della determinazione di detrazioni, deduzioni e altre agevolazioni fiscali.

I redditi soggetti a imposta sostitutiva rilevano, invece, ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE) in quanto, in mancanza di una previsione normativa che ne escluda espressamente la rilevanza, restano applicabili le regole generali in base alle quali il reddito rilevante ai fini ISEE è ottenuto sommando anche i redditi assoggettati a imposta sostitutiva (articolo 4 del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, recante "Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)".

Ai sensi del successivo comma 15, è stabilito che l'imposta sostitutiva in commento è versata entro il termine previsto per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche alla cui disciplina, altresì, si rinvia per quanto concerne la regolamentazione della liquidazione, dell'accertamento, della riscossione, dei rimborsi, delle sanzioni, degli interessi e del contenzioso afferenti alla medesima imposizione sostitutiva.

Rimane ferma la possibilità per il contribuente di far concorrere i suddetti compensi alla formazione del reddito complessivo, sulla base dell'esercizio di una specifica opzione le cui modalità saranno stabilite con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate di approvazione dei modelli di dichiarazione dei redditi. Per il versamento in acconto e a saldo dell'imposta sostitutiva si applicano le disposizioni in materia di versamento in acconto e a saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

I codici tributo per il versamento di acconto e saldo saranno istituiti con apposita risoluzione.

1.9 Cedolare secca sul reddito da locazione di immobili ad uso commerciale (comma 59)

La disposizione in esame estende il regime opzionale della cedolare secca sugli affitti degli immobili destinati all'uso abitativo, con l'aliquota del 21 per cento, previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, anche ai canoni di locazione derivanti dai nuovi contratti che saranno stipulati nell'anno 2019 dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di un'attività d'impresa o di arti e professioni, aventi ad oggetto gli immobili destinati all'uso commerciale, classificati nella categoria catastale C/1 - Negozi e botteghe - e le relative pertinenze, che sono quelle classificate nelle categorie catastali C/2 - Magazzini e locali di deposito - C/6 - Stalle, scuderie e rimesse - e C/7 - Tettoie chiuse e aperte - se congiuntamente locate.

Per usufruire del regime opzionale in questione, l'unità immobiliare commerciale oggetto della locazione deve avere una superficie complessiva, al netto delle pertinenze, non superiore a 600 metri quadrati.

Si rammenta che il regime della cedolare secca costituisce un sistema di tassazione, alternativo a quello ordinario, il quale, per il periodo di durata dell'opzione, esclude l'applicazione:

? dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) secondo le aliquote progressive per scaglioni di reddito, e delle relative addizionali, sul reddito fondiario prodotto dall'immobile locato;

? dell'imposta di registro e dell'imposta di bollo dovute sul contratto di locazione.

La cedolare secca sostituisce le imposte di registro e di bollo, ove dovute, anche sulle risoluzioni e sulle proroghe del contratto di locazione.

Al fine di evitare che i soggetti, con contratti già in corso, stipulino un nuovo contratto per avvalersi del regime opzionale della cedolare secca, è previsto che quest'ultimo regime non si applichi ai contratti conclusi nell'anno 2019, qualora al 15 ottobre 2018 risulti già in essere tra i medesimi soggetti un contratto di locazione per lo stesso immobile, poi interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale. Si ricorda che l'opzione per il regime facoltativo della cedolare secca deve essere esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione ed esplica effetti per l'intera durata del contratto, salvo revoca.

Qualora non sia stata esercitata l'opzione in sede di registrazione del contratto, è possibile accedere al regime della cedolare secca per le annualità successive, esercitando l'opzione entro il termine previsto per il versamento dell'imposta di registro dovuta annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno (30 giorni dalla scadenza di ciascuna annualità). Entro lo stesso termine è possibile revocare l'opzione per il regime della cedolare.

L'esercizio o la modifica dell'opzione può essere effettuata:

? utilizzando i servizi telematici dell'Agenzia (software RLI o RLI-web);

? presentando il modello RLI, debitamente compilato, allo stesso ufficio dove è stato registrato il contratto.

Chiarimenti in ordine al regime fiscale oggetto di estensione con la disposizione in commento sono stati forniti dalla scrivente, tra l'altro, con le circolari n. 26/E del 1° giugno 2011, n. 20/E del 4 giugno 2012, n. 47/E del 20 dicembre 2012, n. 13/E del 9 maggio 2013 e con la risoluzione n. 115/E del 1° settembre 2017.

1.10 Acconto cedolare secca(comma 1127)

Il comma 1127 interviene in materia di determinazione dell'acconto della c.d. cedolare secca, disciplinata dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011. Le previsioni in tema di cedolare secca prevedono per il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari locate, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini IRPEF, la possibilità di optare per la tassazione del canone di locazione applicando un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. Il regime della cedolare secca, previsto in origine solo in relazione ad unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo, è stato esteso, dal comma 59 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (oggetto di commento al precedente paragrafo 1.9), anche ai contratti di locazione relativi ai locali commerciali normativamente individuati.

Il comma 1127 in esame innalza al 100 per cento la misura dell'acconto della cedolare secca a decorrere dal 2021, rispetto all'attuale 95 per cento.

Per quanto riguarda gli aspetti relativi alle modalità e termini di versamento della cedolare secca (sia in acconto che a saldo) si rinvia alle schede informative consultabili sul sito www.agenziaentrate.gov.it.

2. MISURE IN MATERIA DI IMPOSTE SUI REDDITI E IRAP RIGUARDANTI LE IMPRESE

2.1. Tassazione agevolata del reddito corrispondente agli utili reinvestiti per l'acquisizione di beni materiali strumentali e per l'incremento dell'occupazione (commi da 28 a 34)

Le disposizioni in commento prevedono l'applicazione di un'aliquota IRES agevolata nella misura del 15 per cento (in luogo dell'aliquota IRES ordinaria del 24 per cento) ad una parte del reddito dei soggetti IRES che incrementano i livelli occupazionali ed effettuano nuovi investimenti, nonché l'applicazione di tale agevolazione anche ai fini IRPEF per il reddito d'impresa dichiarato dagli imprenditori individuali e dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice.

In particolare, viene previsto che a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, il reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti soggetti passivi IRES ai sensi dell'articolo 73 del TUIR può essere assoggettato all'aliquota del 15 per cento, per la parte corrispondente agli utili del periodo d'imposta precedente a quello per il quale è presentata la dichiarazione, conseguiti nell'esercizio di attività commerciali, accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, entro determinati limiti di importo normativamente determinati (v. comma 28).

L'importo massimo assoggettabile ad aliquota ridotta corrisponde alla somma:

a) degli investimenti in beni strumentali materiali nuovi (di cui all'articolo 102 del TUIR);

b) del costo del personale dipendente assunto con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato.

Il comma 29 reca le definizioni rilevanti ai fini del computo degli importi sottoposti a tassazione agevolata, con specifico riferimento alle nozioni di "riserve di utili non disponibili", "investimento" e "costo del personale dipendente".

Agli effetti della disciplina agevolativa in argomento si considerano "riserve di utili non disponibili" le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell'articolo 2433 del codice civile in quanto derivanti da processi di valutazione (l'articolo 2433 del codice civile disciplinando le modalità di distribuzione degli utili, prevede, in linea generale, che la relativa delibera è adottata dall'assemblea che approva il bilancio, che non possono essere pagati dividendi sulle azioni se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato e che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente).

Rilevano gli utili realizzati a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 e accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, al netto delle riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti.

Per quanto attiene alla nozione di "investimento", s'intende per tale:

- la realizzazione di nuovi impianti nel territorio dello Stato;

- il completamento di opere sospese;

- l'ampliamento, la riattivazione, l'ammodernamento di impianti esistenti;

- l'acquisto di beni strumentali materiali nuovi, anche mediante contratti di locazione finanziaria, destinati a strutture situate nel territorio dello Stato.

Sono esclusi gli investimenti in immobili e in veicoli di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b-bis), del TUIR (veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta).

Per ciascun periodo d'imposta, l'ammontare degli investimenti è determinato in base all'importo degli ammortamenti dei beni strumentali materiali, acquisiti a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, deducibili a norma dell'articolo 102 del TUIR, nei limiti dell'incremento del costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali, ad eccezione degli immobili e dei veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta, assunto al lordo delle quote di ammortamento dei beni strumentali materiali nuovi dedotte nell'esercizio, rispetto al costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali, ad eccezione degli immobili e dei veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta, assunto al netto delle relative quote di ammortamento dedotte, del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018.

In merito al "costo del personale dipendente" rilevante a fini del computo dell'agevolazione in argomento, rileva il costo del personale dipendente - assunto con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato - in ciascun periodo d'imposta, a condizione che, congiuntamente:

- tale personale sia destinato per la maggior parte del periodo d'imposta a strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato;

- si verifichi l'incremento del numero complessivo medio dei lavoratori dipendenti impiegati nell'esercizio di attività commerciali rispetto al numero dei lavoratori dipendenti assunti al 30 settembre 2018, nel limite dell'incremento complessivo del costo del personale classificabile nelle voci del conto economico relative ai costi per il personale (salari e stipendi, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili e altri costi) ed agli oneri diversi di gestione [v. articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile] rispetto a quello del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018.

L'incremento è considerato, limitatamente al personale impiegato per la maggior parte del periodo d'imposta nelle strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato, al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

A tal fine, per gli enti non commerciali residenti [di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR], la base occupazionale è individuata con riferimento al personale dipendente impiegato nell'attività commerciale e il beneficio spetta solo con riferimento all'incremento dei lavoratori utilizzati nell'esercizio di tale attività.

Per tali enti non commerciali, in caso di lavoratori impiegati anche nell'esercizio di attività non commerciale si considera, sia ai fini dell'individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della rilevazione del costo, il solo personale dipendente riferibile all'attività commerciale, individuato in base al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi relativi all'attività commerciale e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Per i soggetti che assumono la qualifica di datore di lavoro a decorrere dal 1° ottobre 2018, ogni lavoratore dipendente assunto costituisce incremento della base occupazionale.

Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, il beneficio spetta limitatamente al numero dei lavoratori assunti in più rispetto a quello dell'impresa sostituita.

I datori di lavoro possono usufruire dell'aliquota ridotta solo se rispettano, anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto all'agevolazione, le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro e delle norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni.

I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono computati nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore di lavoro prestate rispetto a quelle previste dal contratto collettivo nazionale. I soci lavoratori di società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

Con il comma 30 sono previste ulteriori modalità di calcolo delle somme agevolabili ai sensi dei precedenti commi 28 e 29. In particolare, ai sensi delle previsioni di cui ai citati commi 28 e 29, per ciascun periodo d'imposta è previsto, alternativamente, che:

a) la parte degli utili accantonati a riserva e dell'importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 28) che eccede l'ammontare del reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento, rispettivamente, degli utili accantonati a riserva e dell'importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 28) dell'esercizio successivo;

b) la parte degli utili accantonati a riserva (di cui al comma 28) che eccede l'importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui allo stesso comma 28) è computata in aumento degli utili accantonati a riserva (di cui allo medesimo comma 28) dell'esercizio successivo;

c) la parte dell'importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 28) che eccede gli utili accantonati a riserva (di cui allo stesso comma 28) è computata in aumento dell'importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui allo medesimo comma 28) dell'esercizio successivo.

Il comma 31 reca le disposizioni valide per i soggetti che partecipano al consolidato nazionale (di cui agli articoli da 117 a 129 del TUIR). Per tali soggetti l'importo su cui spetta l'aliquota ridotta, è utilizzato dalla società o ente controllante, ai fini della liquidazione dell'imposta dovuta, fino a concorrenza del reddito eccedente le perdite computate in diminuzione. Tali norme si applicano anche per l'importo determinato dalle società e dagli enti che esercitano l'opzione per il consolidato mondiale.

Il successivo comma 32 reca le disposizioni applicabili in caso di opzione per la trasparenza fiscale (articolo 115 TUIR). In tal caso, l'importo su cui spetta l'aliquota ridotta determinato dalla società partecipata è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili. La quota attribuita non utilizzata dal socio è computata in aumento dell'importo su cui spetta l'aliquota ridotta dell'esercizio successivo determinato ai sensi delle norme in esame. Inoltre, come accennato in premessa, il regime agevolativo in esame si applica anche, ai fini IRPEF, per il reddito d'impresa dichiarato dagli imprenditori individuali e dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria (v. comma 33).

A tale ultimo riguardo, infatti, viene stabilito che le previsioni dei commi da 28 a 32 sono applicabili, anche ai fini IRPEF, al reddito d'impresa dichiarato dagli imprenditori individuali e dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria.

Viene precisato poi che, se i predetti soggetti operano in regime di contabilità semplificata, le disposizioni stesse si applicano a condizione che le scritture contabili previste dall'articolo 2217, secondo comma, del codice civile siano integrate con apposito prospetto da cui risultino la destinazione a riserva dell'utile di esercizio e le vicende della riserva.

L'IRPEF è determinata applicando alla quota parte del reddito complessivo attribuibile al reddito d'impresa le aliquote di cui all'articolo 11 del TUIR, ridotte di nove punti percentuali a partire da quella più elevata.

Il comma 34 prevede, come disposizione di chiusura, che le agevolazioni previste dai commi da 28 a 33 sono cumulabili con altri benefìci eventualmente concessi, ad eccezione di quelli che prevedono regimi forfetari di determinazione del reddito. Si ritiene, pertanto, che uno stesso investimento possa ordinariamente fruire, ad esempio, sia del regime in commento, che dell'iper ammortamento (di cui ai commi da 60 a 65, oggetto di analisi al paragrafo 2.3).

Va da sé che l'importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore al costo sostenuto per l'investimento.

Con separato documento di prassi, saranno forniti chiarimenti specifici sulla disposizione in esame.

2.2. Abrogazione ACE (comma 1080)

L'articolo dispone l'abrogazione della disciplina relativa all'aiuto alla crescita economica (ACE) introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 e successivamente oggetto di ulteriori interventi modificativi.

Tale disciplina agevolativa era finalizzata a rafforzare la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano riducendo lo squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio.

La misura agevolativa dell'ACE si sostanziava nel riconoscimento, ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società e degli enti commerciali residenti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b),del TUIR, della deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, determinato secondo le specifiche disposizioni recate dall'articolo 1 dello stesso decreto-legge n. 201 del 2011. Per le società e gli enti commerciali non residenti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), del citato testo unico le disposizioni ACE si applicavano relativamente alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

Le disposizioni di attuazione della normativa primaria ACE, di cui al citato articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011, ivi comprese le disposizioni aventi finalità antielusiva specifica, sono state dettate dapprima dal decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 14 marzo 2012 e successivamente dal decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 3 agosto 2017, con il quale è stata operata la revisione delle disposizioni di attuazione della disciplina concernente l'ACE; a tale ultimo riguardo, per quanto attiene alla decorrenza del nuovo regime di determinazione dell'agevolazione ACE, con particolare riferimento alle disposizioni antielusive speciali in esso contenute, si rinvia ai chiarimenti già forniti con circolare n. 27 /E del 27 ottobre 2017.

L'abrogazione dell'ACE disposta dal comma 1080 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, come si rileva dalla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2018 deliberata dal Consiglio dei Ministri il 27 Settembre

2018, è stata prevista in conseguenza dell'introduzione, con la legge di bilancio 2019, della misura di riduzione dell'aliquota sugli utili reinvestiti (trattasi della misura, prevista dai commi da 28 a 34 dell'articolo 1 della legge di bilancio - oggetto di commento al precedente paragrafo 2.1 - relativa alla tassazione agevolata del reddito corrispondente agli utili reinvestiti per l'acquisizione di beni materiali strumentali e per l'incremento dell'occupazione).

Ciò posto, va precisato, tuttavia, che il comma 1080 in esame consente l'utilizzo delle eccedenze ACE pregresse stabilendo che continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 3 del citato DM 3 agosto 2017 relativamente all'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018.

2.3. Proroga e rimodulazione della disciplina di maggiorazione dell'ammortamento (iper ammortamento) e Cloud computing (commi da 60 a 65 e comma 229)

Il comma 60 dispone che al fine di favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», le disposizioni dell'articolo 1, comma 9, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) - relative all'iper ammortamento, con previsione di una maggiorazione del costo di acquisizione dei beni pari al 150 per cento - si applicano, nelle misure previste dal successivo comma 61, anche agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, destinati a strutture produttive situate nel territorio dello Stato, effettuati entro il 31 dicembre 2019, ovvero entro il 31 dicembre 2020, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

Ai sensi del comma 61, la maggiorazione del costo di acquisizione degli investimenti si applica:

- nella misura del 170 per cento, per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro; - nella misura del 100 per cento, per gli investimenti oltre 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;

- nella misura del 50 per cento, per gli investimenti oltre 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro.

La maggiorazione del costo non si applica sulla parte di investimenti complessivi eccedente il limite di 20 milioni di euro; inoltre, la stessa non si applica agli investimenti che beneficiano delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 30, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).

In proposito, si precisa che i limiti introdotti dal nuovo regime dell'iper ammortamento, relativi agli investimenti complessivi ai quali sono commisurate le diverse percentuali di maggiorazione, riguardano solo i "nuovi" investimenti, ossia quelli effettuati ai sensi del comma 60. Pertanto, gli investimenti rilevanti ai fini dell'applicazione delle diverse percentuali di maggiorazione di cui al comma 61, sono quelli effettuati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, ovvero dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 risulti sussistente la duplice condizione relativa all'ordine e all'acconto minimo del 20 per cento.

Dunque, gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019 che, ai sensi del comma 61, beneficiano delle disposizioni dell'articolo 1, comma 30, della legge n. 205 del 2017 (ossia quelli per i quali entro la data del 31 dicembre 2018 l'ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento) rientrano nella normativa precedente, oggetto di proroga nella legge di bilancio 2018 e, di conseguenza, oltre ad essere agevolabili nella misura del 150 per cento, non rientrano nel computo degli investimenti complessivi rilevanti ai fini della determinazione delle percentuali di maggiorazione applicabili ai sensi della nuova normativa (dal 170 allo 0 per cento).

Sul punto si evidenzia, tuttavia, che l'articolo 1, comma 30, della legge n. 205 del 2017, pur fissando il termine di scadenza per l'"effettuazione" di un investimento agevolabile al 31 dicembre 2018, stabilisce, altresì, che qualora alla data suddetta esistano un impegno all'acquisizione del bene e il pagamento di un acconto minimo - pari al 20 per cento del prezzo pattuito - da parte dell'acquirente, l'"effettuazione" dell'investimento (i.e. la consegna del bene in caso di compravendita o l'accettazione definitiva dell'opera in caso di appalto) può "slittare" fino al 31 dicembre 2019, senza che ciò comporti la perdita dell'agevolazione.

Il comma 62 proroga la maggiorazione, nella misura del 40 per cento, del costo di acquisizione dei beni immateriali (software) funzionali alla trasformazione tecnologica in chiave Industria 4.0 (beni ricompresi nell'Allegato B alla legge n. 232 del 2016), per i soggetti che usufruiscono dell'iper ammortamento di cui al comma 60, per gli investimenti effettuati nel medesimo periodo previsto dallo stesso comma 60. Quindi, per quanto riguarda l'estensione del periodo di agevolazione al 31 dicembre 2020, anche per tali beni immateriali devono essere soddisfatte, entro il 31 dicembre 2019, le due condizioni sopra indicate (ordine accettato dal venditore e pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento).

Il comma 63, richiedendo la produzione della documentazione prevista dall'articolo 1, comma 11, della legge di bilancio 2017, dispone che, ai fini dell'applicazione della maggiorazione del costo dei beni materiali e immateriali, di cui agli allegati A) e B) alla medesima legge di bilancio 2017, l'impresa è tenuta ad acquisire una dichiarazione del legale rappresentante resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per i beni aventi ciascuno un costo di acquisizione superiore a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali, ovvero un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, attestanti che il bene: (i) possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo nell'elenco di cui all'allegato A e/o all'allegato B, e (ii) è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. La dichiarazione del legale rappresentante, l'eventuale perizia e l'attestato di conformità devono essere acquisiti dall'impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Deve essere precisato che, in quest'ultimo caso, l'agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui si realizza il requisito dell'interconnessione.

Al riguardo si precisa che, con la circolare n. 48160 del 1° marzo 2019, il Ministero dello Sviluppo Economico ha affermato che in caso di perizia giurata è sufficiente che entro la data di chiusura del periodo d'imposta si proceda al giuramento della perizia medesima, non essendo necessario dimostrare in altri modi la data certa di acquisizione da parte dell'impresa.

Il comma 64 prevede che resta confermata la disposizione di cui all'articolo 1, comma 93, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016). In tal modo, sono esclusi dalla possibilità di maggiorare il valore del bene da ammortizzare i beni per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 prevede coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5 per cento, i fabbricati e le costruzioni, nonché i beni di cui all'allegato 3 annesso alla legge n. 208 del 2015.

Restano confermate anche le disposizioni in materia di investimenti sostitutivi, previste dall'articolo 1, commi 35 e 36, della legge n. 205 del 2017, che intendono evitare che il beneficio dell'iper ammortamento interferisca, negli esercizi successivi, con le scelte di investimento più opportune che l'impresa possa avere l'esigenza di compiere al fine di mantenere il livello di competitività raggiunto. Non può escludersi, infatti, che in determinati casi l'impresa abbia la necessità di sostituire i beni agevolati con beni più performanti e pur sempre nella prospettiva di accrescere il livello di competitività tecnologica perseguito e raggiunto in logica "industria 4.0".

In tali casi, si prevede che la sostituzione non determini la revoca dell'agevolazione a condizione che il bene nuovo abbia caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall'allegato A alla legge n. 232 del 2016 e che siano soddisfatte le condizioni documentali previste per l'investimento originario dall'articolo 1, comma 11, della medesima legge (dichiarazione resa dal legale rappresentante, perizia tecnica giurata o attestato di conformità).

Alla proroga del regime di favore si applicano anche le disposizioni dell'articolo 7 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9

agosto 2018, n. 96 (cd. decreto dignità), in considerazione della circostanza che le stesse trovano applicazione per gli investimenti effettuati dal 15 luglio 2018, ossia successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (in tal senso il comma 3 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 87 del 2018, relativo agli investimenti individuati dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 232 del 2016, oggetto di proroga).

In tema di iper ammortamento, l'articolo 7, comma 2, del decreto dignità introduce un meccanismo di recaptureche si attiva nel caso in cui, nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione, i beni agevolati siano "ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa".

Al riguardo si osserva che sia il tenore letterale della rubrica dell'articolo 7 ("Recupero del beneficio dell'iper ammortamento in caso di cessione o delocalizzazione dei beni"), sia il contenuto dell'articolo stesso e della relativa relazione illustrativa ("Il comma 2 introduce nella disciplina dell'iper ammortamento un meccanismo di recupero delle agevolazioni concesse per i casi in cui, nel corso della fruizione del beneficio, i beni agevolati formino oggetto di cessione a titolo oneroso o di delocalizzazione") inducono a ritenere che le fattispecie disciplinate dalla disposizione normativa siano quelle della "cessione a titolo oneroso" tout court e della "delocalizzazione" (termine usato nella rubrica, nella disposizione normativa e nella relazione illustrativa, come sinonimo di "destinazione a strutture produttive situate all'estero").

Pertanto, si è del parere che il recupero dell'iper ammortamento previsto dall'articolo 7, comma 2, del decreto dignità si applichi a tutte le cessioni dei beni agevolati, indipendentemente dal fatto che queste siano effettuate verso l'Italia o verso l'estero, oltreché alle destinazioni a strutture produttive situate all'estero. In ordine all'applicabilità del meccanismo di recapture in caso di cessione d'azienda o di ramo d'azienda, si svolgono le seguenti considerazioni.

Come affermato nella circolare n. 4/E del 30 marzo 2017, redatta dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero dello Sviluppo Economico, l'obiettivo dell'iper ammortamento è quello di incentivare e sostenere gli investimenti finalizzati alla trasformazione tecnologica e digitale delle aziende in chiave "4.0".

Con la cessione del singolo bene si distoglie il cespite dalla originaria funzione ad esso attribuita dalla norma agevolativa nel contesto aziendale e si vanifica, di fatto, la finalità dell'incentivo. Per tale ragione, la cessione effettuata prima della completa fruizione del beneficio viene penalizzata dal comma 2 dell'articolo 7 del decreto dignità attraverso il recupero dell'agevolazione.

Tale recupero non scatta, invece, nell'ipotesi in cui il bene iper ammortizzabile ceduto venga sostituito da un altro bene dalle caratteristiche uguali o superiori: in tal caso, il livello tecnologico raggiunto dall'azienda non si riduce e l'agevolazione viene mantenuta (cfr. in tal senso il comma 4 del richiamato articolo 7).

Si ritiene che la fattispecie della cessione del singolo bene debba essere separata dalla diversa ipotesi del trasferimento del bene agevolato all'interno di un compendio aziendale oggetto di un'operazione straordinaria (indipendentemente dal fatto che questa sia fiscalmente neutrale o realizzativa).

In quest'ultima ipotesi, infatti, il trasferimento del bene nell'ambito di un'azienda o di un ramo d'azienda, diversamente dall'ipotesi del trasferimento del singolo cespite, non vanifica la finalità sottesa alle disposizioni agevolative: in tal caso, infatti, l'azienda mantiene, sotto il profilo tecnologico e digitale, sempre lo stesso livello "qualitativo". In altre parole, i beni agevolati e l'azienda in cui essi sono inseriti continuano ad essere utilizzati come un complesso unitario, tecnologicamente trasformato, in coerenza con la ratio della norma agevolativa.

Pertanto, il mutamento della titolarità di un'azienda (o di un ramo d'azienda) che contiene uno o più beni agevolati non comporta il venir meno dell'iper ammortamento, la cui fruizione continuerà, in capo all'avente causa, secondo le regole, i costi e la dinamica temporale originariamente determinati in capo al dante causa, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento di proprietà del complesso aziendale.

Il comma 65, al pari delle precedenti norme agevolative analoghe, sterilizza la determinazione degli acconti dovuti per il 2019 e il 2020, nel senso che essi vanno calcolati senza tenere conto delle disposizioni agevolative del presente articolo. Ai sensi del comma 229, la disciplina di cui all'articolo 1, comma 10, della legge n. 232 del 2016, si interpreta nel senso che si considerano agevolabili anche i costi sostenuti a titolo di canone per l'accesso, mediante soluzioni di cloud computing, a beni immateriali di cui all'allegato B della medesima legge, limitatamente alla quota del canone di competenza del singolo periodo d'imposta di vigenza della disciplina agevolativa.

Si rileva, infine, in merito alla cumulabilità dell'iper ammortamento con altre misure di favore, che la già richiamata circolare n. 4/E del 2017, al paragrafo 6.4, ha precisato che la maggiorazione, in quanto misura generale, deve ritenersi fruibile anche in presenza di altre misure di favore, salvo che le norme disciplinanti queste ultime non prevedano un espresso divieto di cumulo con misure generali.

Va da sé che, in dette ipotesi, l'importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore al costo sostenuto per l'investimento.

Con separato documento di prassi saranno forniti più puntuali chiarimenti sulle disposizioni in esame.

2.4. Deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell'avviamento e di altri beni immateriali (comma 1079)

Il comma 1079 rinvia al 2019 la possibilità di dedurre le quote di ammortamento del valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, che hanno dato luogo all'iscrizione di attività per imposte anticipate - DTA - cui si applicano le disposizioni del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, in materia di conversione in credito d'imposta, che non sono state ancora dedotte fino al periodo d'imposta 2017. In materia, si rinvia alle considerazioni svolte dalla scrivente con la circolare n. 32/E 22 luglio 2016.

In particolare, la deducibilità dei suddetti componenti si articola dal 2019 al 2029, con percentuali individuate puntualmente dalle norme in esame in deroga alla disciplina generale.

Per il 2018 non viene concessa alcuna deducibilità.

Si ricorda che le divergenze tra la normativa civilistica in materia di redazione del bilancio e la normativa fiscale per la determinazione della base imponibile possono fare emergere una differenza tra il risultato economico e il reddito imponibile in un determinato esercizio.

Tale differenza è temporanea quando è destinata ad annullarsi negli esercizi successivi.

Nel caso in cui alla differenza temporanea consegua il pagamento anticipato di un'imposta rispetto all'esercizio di competenza, nel conto economico e nello stato patrimoniale vengono registrate delle poste di "rettifica" che hanno lo scopo di riconciliare l'imposta dovuta a fini fiscali con quella di competenza.

Le attività per imposte anticipate rappresentano la voce contabile che, nello stato patrimoniale del bilancio, compensa la voce dei debiti tributari per la quota di competenza di esercizi futuri.

L'articolo 2, commi 55, 56-bis, 56-bis.1 e 56-ter, del decreto-legge n. 225 del 2010 consente di trasformare in credito d'imposta le DTA, se nel bilancio individuale sia rilevata una perdita d'esercizio ai fini dell'IRES, ovvero qualora emerga un valore della produzione netta negativo ai fini dell'IRAP.

Con riferimento all'ammortamento dei beni immateriali, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi - articolo 103 del TUIR - chiarisce che le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, delle formule e delle informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili - in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge - per un ammontare non superiore al 50 per cento del costo; quelle relative al costo dei marchi d'impresa sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del costo. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge. Per quanto riguarda le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio, esse sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso. La rimodulazione è riferita alle quote non ancora dedotte nel periodo d'imposta in corso fino al 31 dicembre 2017 e prevede la seguente articolazione: sono deducibili per il 5 per cento del loro ammontare complessivo nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, per il 3 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2020, per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021, per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2027, per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2028 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2029. Nell'ultimo periodo del comma si chiarisce che restano ferme le quote di ammortamento precedenti, ove di minore ammontare rispetto a quelle rideterminate in base al predetto rinvio/rimodulazione. La differenza di ammontare tra le quote precedenti e quelle rideterminate è resa deducibile nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2029.

2.5. Estromissione agevolata immobili strumentali (comma 66)

Il comma 66 stabilisce che le disposizioni dell'articolo 1, comma 121, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), si applicano anche alle esclusioni dal patrimonio dell'impresa dei beni ivi indicati, posseduti alla data del 31 ottobre 2018, poste in essere dal 1° gennaio 2019 al 31 maggio 2019. I versamenti rateali dell'imposta sostitutiva, di cui al citato comma 121 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015,sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2019 e il 16 giugno 2020. Per i soggetti che si avvalgono delle disposizioni del presente comma, gli effetti dell'estromissione decorrono dal 1° gennaio 2019.

Il citato comma 121 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 - riproponendo una disciplina già nota all'ordinamento tributario (articolo 58 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, articolo 3, commi da 4 a 6 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e articolo 1, comma 37, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) - ha attribuito agli imprenditori individuali la facoltà di procedere all'esclusione dei beni immobili strumentali - di cui all'articolo 43, comma 2, del TUIR - dal patrimonio dell'impresa mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva.

La suddetta facoltà è stata originariamente concessa con riguardo agli immobili strumentali posseduti dall'imprenditore individuale alla data del 31 ottobre 2015 e, successivamente, per effetto del comma 566 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), è stata estesa alla medesima tipologia di immobili posseduti dall'imprenditore individuale alla data del 31 ottobre 2016.

La disposizione attualmente in commento abilita all'estromissione dal patrimonio dell'impresa - mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva - gli immobili strumentali ex articolo 43, comma 2, del TUIR, siano essi per natura o per destinazione, detenuti al 31 ottobre 2018.

Mutuando le conclusioni alle quali è pervenuta la scrivente con la circolare n. 26/E del 1° giugno 2016, n. 26/E, Capitolo IV rubricato "Estromissione degli immobili strumentali dall'impresa individuale", la fruizione della disciplina in esame richiede l'esercizio di un'apposita opzione, con riguardo alle esclusioni intervenute nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 maggio 2019, ed ha effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2019.

L'agevolazione spetta a coloro che rivestano la qualifica di imprenditori individuali alla data del 31 ottobre 2018 e la conservino al 1° gennaio 2019, data a decorrere dalla quale spiega effetto l'esercizio dell'opzione per l'esclusione; in caso contrario - perdita della qualità di imprenditore individuale alla data del 1° gennaio 2019 - è già venuto a verificarsi il presupposto per l'attribuzione alla sfera patrimoniale individuale dell'ex imprenditore degli immobili strumentali, con la conseguente applicazione dell'imposizione ordinaria sulle plusvalenze eventualmente realizzate. Così come precisato con la già richiamata circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 1, la concessione in affitto o in usufrutto dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, in data anteriore al 1° gennaio 2019, determinando la perdita della qualifica di imprenditore (argomento deducibile dall'articolo 67, lettera h), del TUIR), non consente l'esercizio dell'opzione; in tale ipotesi, i beni facenti parte dell'azienda concessa in affitto o in usufrutto restano relativi all'impresa e concorrono alla formazione dell'eventuale plusvalenza nell'ipotesi di cessione dell'azienda medesima.

La facoltà di estromissione in oggetto compete all'erede dell'imprenditore individuale, deceduto successivamente al 31 ottobre 2018, purché l'erede ne abbia continuato l'attività in forma individuale

Analoga facoltà è concessa al donatario dell'azienda che abbia proseguito l'esercizio dell'impresa del donante.

Nelle suddette ipotesi, l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa (de cuius/donante), così come disposto dall'articolo 58, comma 1, secondo capoverso, del TUIR.

La disciplina agevolativa in esame riguarda gli immobili strumentali previsti dall'articolo 43, comma 2, del TUIR e, precisamente:

- i beni immobili strumentali per destinazione, vale a dire utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'impresa, indipendentemente dalle loro specifiche caratteristiche; - i beni immobili strumentali per natura i quali, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni e che si considerano strumentali anche se non utilizzati direttamente dall'imprenditore oppure se concessi in affitto o in comodato.

Sono strumentali per natura gli immobili rientranti nei gruppi catastali B, C, D ed E e nella categoria A/10 qualora la destinazione ad ufficio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria.

Ai fini dell'esclusione:

- gli immobili strumentali per natura devono essere annotati nell'inventario o, per le imprese in contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili;

- gli immobili strumentali per destinazione: - se acquisiti a partire dal 1° gennaio 1992 (data di entrata in vigore della legge n. 413 del 1991, che ha modificato il previgente articolo 77 del TUIR corrispondente all'attuale articolo 65), devono essere annotati nell'inventario o, per le imprese in contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili; - se acquisiti anteriormente al 1° gennaio 1992, non necessitano di iscrizione nell'inventario (cfr. la circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 2).

Le disposizioni normative in commento hanno riguardo alle estromissioni dal patrimonio dell'impresa degli immobili strumentali, poste in essere dal 1° gennaio al 31 maggio 2019, e prescrivono l'esercizio di un'apposita opzione che si perfeziona con l'indicazione in dichiarazione dei redditi dei valori dei beni estromessi e della relativa imposta sostitutiva.

L'eventuale mancata compilazione della corrispondente sezione del Modello Unico PF può essere sanata entro i termini di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, vale a dire entro novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

L'omesso, insufficiente e/o tardivo versamento dell'imposta sostitutiva non rileva ai fini dell'esercizio dell'estromissione: in tale ipotesi, l'imposta sostitutiva non versata è iscritta a ruolo ai sensi degli articoli 10 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, salva la possibilità di avvalersi delle disposizioni in materia di cosiddetto "ravvedimento operoso", contenute nell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (cfr. la circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 3, che richiama anche la risoluzione n. 82/E del 30 marzo 2009).

Si rammenta che l'articolo 1 del d.P.R. n. 442 del 1997, nel disciplinare le modalità di esercizio delle opzioni e delle revoche di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili, attribuisce rilevanza al comportamento concludente del contribuente, vale a dire alla condotta espressiva della volontà di avvalersi dello specifico regime opzionale; nel caso in esame, può essere significativa la contabilizzazione dell'estromissione dei beni immobili strumentali per destinazione sul libro giornale - per le imprese in contabilità ordinaria - oppure sul registro dei beni ammortizzabili - per le imprese in contabilità semplificata - (in tal senso, la circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 3).

L'estromissione dal patrimonio dell'impresa comporta il pagamento di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e dell'IRAP, nella misura dell'8 per cento della differenza tra il valore normale degli immobili strumentali ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.

Quest'ultimo è determinato assumendo il valore iscritto nel libro degli inventari oppure nel registro dei beni ammortizzabili, al netto delle quote di ammortamento fiscalmente dedotte fino al periodo di imposta 2018, e tenendo conto di eventuali rivalutazioni fiscalmente rilevanti.

Poiché, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza, ai fini della determinazione del valore fiscalmente riconosciuto dei fabbricati strumentali, occorre tenere conto del valore attribuito alle aree occupate dalla costruzione al lordo degli ammortamenti fiscalmente non deducibili.

Per effetto del rinvio contenuto nel comma 121 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 al precedente comma 117, si ritiene che l'imprenditore individuale possa determinare il valore normale degli immobili, in luogo della disciplina ordinaria prevista dall'art. 9 del TUIR, in base all'applicazione all'ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell'articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (cfr. la circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 4, che richiama sul punto le precisazioni contenute nel capitolo I, parte I, paragrafo 4).

L'imposta sostitutiva è versata dagli imprenditori individuali, nella misura del 60 per cento, entro il 30 novembre 2019 e, per la restante parte, entro il 16 giugno 2020 (conclusioni in linea con la circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 5, che rinvia anche alle indicazioni contenute nel capitolo I, parte I, paragrafo 5).

Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, l'esclusione da parte dell'imprenditore individuale di beni immobili strumentali dal patrimonio dell'impresa realizza un'ipotesi di destinazione a finalità estranee all'esercizio d'impresa, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, numero 5), del d.P.R. n. 633 del 1972.

Ai sensi della norma citata, infatti, costituisce una cessione di beni "la destinazione di beni all'uso o al consumo personale o familiare dell'imprenditore (...) o ad altre finalità estranee all'impresa (...) con esclusione di quelli per i quali non è stata operata, all'atto dell'acquisto, la detrazione dell'imposta di cui all'art. 19" (in proposito, la circolare n. 26/E del 2016, capitolo IV, paragrafo 6, che richiama altresì il capitolo I, parte II, paragrafo 7).

2.6. Rivalutazione beni d'impresa e partecipazioni (commi da 940 a 950)

Le disposizioni di cui ai commi dal 940 al 950 consentono la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni per le imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.

Tale disciplina è stata, a più riprese, introdotta dal legislatore come misura a carattere facoltativo e oneroso[1].

La rivalutazione ha per oggetto i beni di impresa e le partecipazioni, iscritti in bilancio al 31 dicembre 2017, ed è effettuata attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con l'aliquota del 16 per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del 10 per cento.

Ai sensi del comma 940, i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, possono, anche in deroga all'articolo 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni di impresa e le partecipazioni di cui alla sezione II del capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2017. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello di cui al comma 940, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2019, deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa (comma 941).

Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento, da versare con le modalità indicate al comma 945 (comma 942). Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 16 per cento per i beni ammortizzabili e del 12 per cento per i beni non ammortizzabili (comma 943).

Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione (comma 944).

Le imposte sostitutive di cui ai commi 942 e 943 sono versate in un'unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi della sezione I del capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (comma 945).

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000, quelle del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, nonché quelle del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86, e dei commi 475, 477 e 478 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (comma 946).

Limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 342 del 2000, si considerano riconosciuti con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° dicembre 2020 (comma 947).

Le previsioni di cui all'articolo 14, comma 1, della legge n. 342 del 2000, si applicano anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, anche con riferimento alle partecipazioni, in società ed enti, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell'articolo 85, comma 3bis, del TUIR. Per tali soggetti, per l'importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell'imposta sostitutiva di cui al comma 943, è vincolata una riserva in sospensione d'imposta ai fini fiscali che può essere affrancata ai sensi del comma 942 (comma 948).

La formulazione adottata dal legislatore della legge di bilancio 2019 è analoga a quella prevista nelle precedenti leggi di rivalutazione; pertanto avuto riguardo alla definizione dell'ambito soggettivo ed oggettivo della misura in commento, delle modalità della rivalutazione, della disciplina del saldo attivo di rivalutazione, della rivalutazione per categorie omogenee, degli effetti fiscali della rivalutazione, della disciplina dell'imposta sostitutiva, dell'affrancamento del saldo attivo di rivalutazione, del riallineamento per le imprese non IAS/IFRS e del riallineamento per le imprese IAS/IFRS, si rimanda alle considerazioni svolte dalla scrivente, da ultimo, con la circolare n. 14/E del 27 aprile 2017, a commento della misura analoga contenuta nella legge di bilancio 2017, che a sua volta rinvia alle precedenti circolari n. 13/E del 14 giugno 2014, n. 11/E del 19 marzo 2009 e n. 18/E del 13 giugno 2006.

2.7. Proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni (commi 1053 e 1054)

Con i commi 1053 e 1054, è stata prorogata la facoltà per i contribuenti, che possiedono, alla data del 1° gennaio 2019, titoli, quote o diritti, non negoziati in mercati regolamentati, nonché terreni edificabili e con destinazione agricola, di rideterminare il loro costo o valore di acquisto alla predetta data.

Come noto, il valore rideterminato può essere utilizzato in caso di cessione onerosa dei terreni e delle partecipazioni in luogo del costo storico ai fini del calcolo dei redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere a), b), c) e c-bis), del TUIR.

In particolare, ai sensi del comma 1053, all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27,sono apportate le seguenti modificazioni: "a) al primo periodo, le parole: «1° gennaio 2018» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2019»; b) al secondo periodo, le parole: «30 giugno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2019»; c) al terzo periodo, le parole: «30 giugno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2019»".

Il successivo comma 1054 ha stabilito che sui valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola, rideterminati con le modalità e nei termini indicati dal comma 2 dell'articolo 2 del citato decreto-legge n. 282 del 2002, come da ultimo modificato dal comma 1053 del presente articolo, le aliquote delle imposte sostitutive di cui all'articolo 5, comma 2, della legge n. 448 del 2001, sono pari all'11 per cento per le partecipazioni che risultano qualificate, ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, alla data del 1° gennaio 2019, e al 10 per cento per le partecipazioni che, alla medesima data, non risultano qualificate, e l'aliquota di cui all'articolo 7, comma 2, della medesima legge (relativa alla rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola) è aumentata al 10 per cento.

La facoltà di rideterminare il valore delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (edificabili e con destinazione agricola) è stata riconosciuta, in origine, dagli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001, con riferimento al possesso di partecipazioni in società non quotate e di terreni detenuti da persone fisiche e da società semplici alla data del 1° gennaio 2002, ora fissata al 1° gennaio 2019. Il termine entro il quale redigere la perizia giurata (cui si applica l'articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti all'albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonché nell'elenco dei revisori contabili) ed effettuare il pagamento dell'imposta, inizialmente fissato alla data del 30 settembre 2002, è stato più volte modificato con disposizioni successive che hanno variato la data cui fare riferimento per il possesso dei beni, i termini per la redazione della perizia di stima e l'effettuazione dei relativi versamenti.

Da ultimo, l'articolo 1, comma 1053, della legge di bilancio 2019 ha fissato, al 1° gennaio 2019, la data in cui deve essere verificato il possesso dei predetti beni ai fini di una nuova rideterminazione del loro costo o valore di acquisto e, al 30 giugno

2019, il termine entro il quale deve essere redatta dai professionisti precedentemente indicati la relativa perizia di stima.

La procedura di rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni si perfeziona con il versamento di un'imposta sostitutiva, che per effetto delle modifiche introdotte dal citato comma 1054 è dovuta nella misura dell'11 per cento del valore risultante dalla perizia qualora la rideterminazione abbia ad oggetto partecipazioni qualificate, nella misura del 10 per cento per le non qualificate e per i terreni (edificabili o con destinazione agricola).

Il termine per provvedere al pagamento dell'imposta è il 30 giugno 2019 e resta ferma la possibilità per il contribuente di effettuare il versamento in un'unica soluzione ovvero rateizzare gli importi dovuti fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data.

In tale evenienza, su ciascuna rata successiva alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo da versare contestualmente a ciascuna rata (30 giugno 2020 e 30 giugno 2021).

Si riassumono di seguito le fonti normative e gli interventi interpretativi in materia.

Riferimenti normativi

Interventi interpretativi

Articolo 5 legge 28 dicembre 2001, n. 448

Circolare n. 12/E del 31 gennaio 2002

Circolare n. 47/E del 5 giugno 2002

Articolo 7 legge 28 dicembre 2001, n. 448

Circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002, par. 7.1 e

7.2

Circolare n. 15/E del 1° febbraio 2002, par. 3

Circolare n. 55/E del 20 giugno 2002, par. 12

Articolo 4, comma 3, decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 265

Circolare n. 81/E del 6 novembre 2002

Risoluzione n. 372/E del 26 novembre 2002

Articolo 2, comma 2, decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27

Circolare n. 27/E del 9 maggio 2003

Articolo 39, comma 14-undecies, decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326

Articolo 6-bis decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47 (successivamente prorogata dall'articolo 1, comma 376 e comma 428, della legge 30 dicembre 2004, n.

311)

Comunicato stampa dell'11 marzo 2004

Circolare n. 35/E del 4 agosto 2004

Circolare n. 16/E del 22 aprile 2005

Articolo 11-quaterdecies decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

Circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 8

Circolare n. 10/E del 13 marzo 2006, par. 17

Articolo 1 legge 24 dicembre 2007, n. 244

Risoluzione n. 144/E del 10 aprile 2008

Risoluzione n. 158/E del 17 aprile 2008

Circolare n. 47/E del 18 giugno 2008, par. 7.4

Articolo 2 legge 23 dicembre 2009, n. 191

Risoluzione n. 111/E del 22 ottobre 2010

Articolo 7, comma 2, lettere da dd) a gg), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106

Circolare n. 47/E del 24 ottobre 2011

Articolo 1, comma 473, della legge 24 dicembre 2012, n. 228

Circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, cap. 4

Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, cap. I, par. 6

Articolo 1, comma 156, della legge 27 dicembre 2013, n. 147

Risoluzione n. 91/E del 17 ottobre 2014

Articolo 1, commi 626 e 627, della legge n. 23 dicembre 2014, n. 190

Risoluzione n. 40/E del 20 aprile 2015

Risoluzione n. 53/E del 27 maggio 2015

Articolo 1, commi 887 e 888, della legge 28 dicembre 2015, n. 208

Circolare n. 20/E del 18 maggio 2016, par. 11

Articolo 1, commi 554 e 555, della legge 11 dicembre 2016, n. 232

Articolo 1, commi 997 e 998, della legge 27 dicembre 2017, n. 205

Articolo 1, commi 1053 e 1054, della legge 30 dicembre 2018, n. 145

2.8. Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti (comma 1056 e 1065)

Il comma 1056 dispone che la deduzione della quota del 10 per cento dell'ammontare dei componenti negativi, prevista, ai fini dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, rispettivamente dai commi 4 e 9 dell'articolo 16 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, è differita al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026. La disposizione differisce al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026, sia ai fini dell'imposta sul reddito delle società che dell'imposta regionale sulle attività produttive, la deducibilità della quota del 10 per cento dell'ammontare dei componenti negativi di cui all'articolo 16, comma 4, del citato decreto-legge n. 83 del 2015, originariamente prevista per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018.

Si fa riferimento, in particolare, alla deducibilità, per gli enti creditizi e finanziari, dalla base imponibile IRES ed IRAP, nell'esercizio di rilevazione in bilancio, delle svalutazioni e delle perdite su crediti verso la clientela e delle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso, disciplina recata rispettivamente dagli articoli 106 del TUIR (IRES) e dall'articolo 6 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (IRAP), come modificati dal menzionato decreto-legge n. 83 del 2015, che ha previsto una disciplina transitoria per il primo periodo di applicazione della novella normativa (2015), nonché per le svalutazioni e perdite su crediti iscritte in bilancio fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2014 e non ancora dedotte.

La norma sancisce percentuali annue di deducibilità delle svalutazioni e perdite su crediti afferenti ad esercizi anteriori all'entrata in vigore della modifica normativa ai suddetti articoli 106 del TUIR e 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997, nonché dell'eccedenza delle suddette svalutazioni e perdite non dedotta nel primo periodo d'imposta di applicazione della novella normativa.

La scrivente ha fornito chiarimenti in materia con la circolare n. 32/E del 22 luglio 2016.

Ai sensi del successivo comma 1065, ai fini della determinazione dell'acconto dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, dovuto per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, non si tiene conto delle disposizioni del comma 1056. Conseguentemente, il predetto differimento disposto dal comma 1056 non incide sulla determinazione dell'acconto dell'IRES e dell'IRAP dovuto per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018.

2.9. Deducibilità delle perdite su crediti in sede di prima applicazione dell'IFRS 9 (commi da 1067 a 1069)

I commi dal 1067 al 1069 stabiliscono che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall'adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti, di cui allo standard internazionale International financial reporting standard (IFRS) 9, iscritti in bilancio da enti creditizi e finanziari, in sede di prima adozione del medesimo principio, sono deducibili dalla base imponibile dell'IRES e dell'IRAP, per il 10 per cento del loro ammontare, nel periodo d'imposta di prima adozione dell'IFRS 9 e, per il restante 90 per cento, in quote costanti nei nove periodi d'imposta successivi.

La valutazione contabile del deterioramento delle attività creditizie è una delle fondamentali problematiche che hanno caratterizzato la gestione di banche e altri intermediari finanziari durante la crisi finanziaria iniziata nel biennio 2007-2009.

Per evitare che la registrazione delle perdite sia tardiva e non in grado di stimare l'effettiva erosione del valore degli attivi, nel 2014, l'International accounting standards board (IASB) ha pubblicato il documento "IFRS 9 Financial instruments", comprendente un nuovo standard contabile per gli accantonamenti per perdite su crediti.

Il modello contabile per la rilevazione delle perdite su crediti utilizzato fino al 1° gennaio 2018, comunemente definito come "incurred loss model" (modello basato sulle perdite subite), richiedeva la contabilizzazione delle perdite su crediti subite alla data di chiusura del bilancio, e non delle probabili perdite future. Il nuovo standard IASB è, invece, basato sulle "perdite attese su crediti" e ha sostituito il precedente proponendo un approccio incentrato sulla probabilità di registrare perdite future su crediti.

Le novità derivanti dall'introduzione, a far data dal 1° gennaio 2018, del principio internazionale IFRS 9 comportano, pertanto, che i valori contabili delle attività deteriorate per l'esercizio in corso debbano essere calcolati considerando non più le perdite creditizie registrate, come richiesto dal previgente IAS 39, bensì le perdite creditizie attese (expected credit losses, ECL), proiettando tale stima sull'intera durata residua dell'attività stessa.

Tali perdite attese sono oggetto di periodica revisione determinando la rilevazione di rettifiche o riprese di valore.

Tale innovazione metodologica dovrebbe garantire una maggiore capacità del bilancio di rappresentare il deterioramento degli attivi e il relativo impatto patrimoniale.

In tale contesto, il comma 1067 stabilisce che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall'adozione del modello di rilevazione del fondo a copertura delle perdite per perdite attese su crediti, di cui al paragrafo 5.5 dell'IFRS 9, iscritti in bilancio in sede di prima adozione del medesimo IFRS 9, nei confronti della clientela, sono deducibili dalla base imponibile dell'imposta sul reddito delle società, per il 10 per cento del loro ammontare, nel periodo d'imposta di prima adozione dell'IFRS 9 e, per il restante 90 per cento, in quote costanti nei nove periodi d'imposta successivi.

Tali norme, che modulano la deducibilità dei componenti reddituali derivanti dall'applicazione degli standard contabili internazionali, si applicano agli enti creditizi e finanziari, per i quali le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono integralmente deducibili (ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR).

Il comma 1068 estende la deducibilità all'IRAP, disponendo che le banche, gli altri enti finanziari e le imprese di assicurazione possano dedurre i componenti negativi definiti dal comma 1067, relativi ai crediti verso la clientela, dalla base imponibile ai fini dell'IRAP, per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta di prima adozione dell'IFRS 9 e, per il restante 90 per cento, in quote costanti nei nove periodi d'imposta successivi.

Il comma 1069 chiarisce, infine, che in deroga al principio dell'irretroattività delle norme tributarie stabilito dallo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 3 della legge n. 212 del 2000), le norme introdotte si applicano in sede di prima applicazione del principio contabile IFRS 9, ancorché effettuata prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame (dunque, anche se il suddetto principio sia stato applicato anteriormente al 1° gennaio 2019).

2.10. Facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali (commi 1070 e 1071)

I commi 1070 e 1071 in esame introducono la facoltà, anziché l'obbligo, per i soggetti non quotati, di applicare i principi contabili internazionali.

Il comma 1070 inserisce nel decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, un nuovo articolo 2-bis, volto a concedere la facoltà, in luogo dell'obbligo attualmente previsto, di applicare i principi contabili internazionali ad alcuni dei soggetti ? individuati dall'articolo 2 del medesimo decreto legislativo ? i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.

Si ricorda che l'articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005 individua i soggetti cui si applicano i principi contabili internazionali, in ottemperanza alle disposizioni europee, le quali (articolo 4 del regolamento UE 1606/2002) dispongono che le società quotate applichino i principi contabili internazionali.

In particolare, la norma comunitaria dispone che le società soggette al diritto di uno Stato membro redigano i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro.

Viene fatta salva la possibilità (successivo articolo 5) che gli Stati membri estendano l'applicazione di detti principi anche ad altre società, benché non quotate.

L'Italia (articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005) ha esercitato detta opzione scegliendo di applicare i principi contabili internazionali alle scritture di una platea più ampia delle sole società quotate.

Ai sensi del richiamato articolo 2 decreto legislativo n. 38 del 2005, sono obbligati alla redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali:

1) le società quotate (cioè che emettono strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell'Unione europea);

2) le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, sebbene non quotati in mercati regolamentati;

3) le banche, le società finanziarie italiane e le società di partecipazione finanziaria mista italiane che controllano banche o gruppi bancari; le SIM, le SGR, le società finanziarie, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento;

4) le società consolidate da quelle per le quali vige l'obbligo di adozione dei principi contabili internazionali, fatta eccezione per le società minori che possono redigere il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell'art. 2435-bis del codice civile;

5) le imprese di assicurazione quotate, ovvero quelle che redigono il bilancio consolidato del gruppo assicurativo (articolo 95 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, "Codice delle assicurazioni private"). Ad essi si applica il relativo provvedimento IVASS (ex ISVAP) n. 3 del 13 luglio 2007, come successivamente modificato nel tempo.

Il comma 1071 consente ai predetti soggetti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005, ove non quotati (ovvero i cui titoli non sono ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato) di avvalersi della facoltà di utilizzo dei predetti principi contabili internazionali a partire dal periodo di imposta precedente al 1° gennaio 2019 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).

2.11. Deducibilità ai fini IRES e IRPEF dell'IMU sugli immobili strumentali (comma 12)

Il comma 12 stabilisce che all'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, le parole: «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «40 per cento ».

La disposizione in commento eleva dal 20 al 40 per cento la misura della deducibilità dell'imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali, ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni.

L'imposta in analisi è indeducibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.

Le regole in commento si applicano anche all'imposta municipale immobiliare (IMI) della provincia autonoma di Bolzano, istituita con legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, e all'imposta immobiliare semplice (IMIS) della provincia autonoma di Trento, istituita con legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14.

2.12 Regime fiscale imprese immobiliari (commi 7 e 8)

Il comma 7 introduce una deroga per le società esercenti, in via effettiva e prevalente, attività immobiliare: le regole e i limiti dettati - in materia di deducibilità degli interessi passivi - dall'articolo 96 del TUIR, nella versione novellata dal decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142, non si applicano con riguardo agli interessi passivi relativi ai finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione.

In particolare, la norma in commento stabilisce che, "nelle more della mancata adozione della revisione della normativa sulla fiscalità diretta ed indiretta delle imprese immobiliari, si applicano e sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 36, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.".

In altri termini, è stata abrogata la previsione contenuta nell'articolo 14, comma 2 del decreto legislativo n. 142 del 2018, che aveva apportato modifiche al citato articolo 1, comma 36, della legge n. 244 del 2007, in quanto la disposizione della legge di bilancio 2019 è entrata in vigore il 1° gennaio 2019.

2.13 Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti IRPEF (commi da 23 a 26)

I commi in esame modificano la disciplina del riporto delle perdite da parte dei soggetti IRPEF nell'ambito della determinazione del reddito d'impresa, con l'obiettivo di avvicinare il relativo regime fiscale a quello previsto per i soggetti IRES, a prescindere dal regime contabile adottato. In particolare, il comma 23 modifica gli articoli 8, commi 1 e 3, 56, comma 2, 101, comma 6, e 116, commi 2 e 2-bis, del TUIR.

Si ricorda che in base alla formulazione dell'articolo 8, comma 3, del TUIR, precedente alle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2019, le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice erano computabili in diminuzione dai redditi d'impresa conseguiti nei periodi successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trovava capienza in essi. Tale regola non trovava applicazione per le perdite determinate dalle imprese minori a norma dell'articolo 66 del TUIR; tuttavia, per tali soggetti, ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 8, le perdite di periodo potevano essere computate in diminuzione degli altri redditi, anche di altre categorie.

A seguito delle accennate modifiche, la disciplina della descritta compensazione cd. orizzontale resta, allo stato, applicabile solo alle perdite derivanti dall'esercizio di arti e professioni, considerato che il comma 23 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, alla lettera a), ha previsto la soppressione di parte del comma 1 dell'articolo 8 del TUIR. La formulazione vigente, quindi, prevede che: "Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di arti e professioni".

Come risulta dalla relazione illustrativa, la riformulazione dell'articolo 8 del TUIR ha la finalità di rendere omogeneo il trattamento fiscale delle perdite delle imprese in contabilità semplificata con quelle in contabilità ordinaria e, più in generale, anche con quello previsto dall'articolo 84 del TUIR per i soggetti IRES.

L'intervento normativo sull'articolo 8 in commento ha determinato, con particolare riferimento alle imprese minori di cui all'articolo 66 del TUIR, la possibilità di scomputare le perdite d'impresa esclusivamente dai redditi d'impresa e non anche dagli altri redditi (di categoria diversa) che concorrono alla formazione del reddito complessivo; inoltre, le predette perdite di periodo potranno essere utilizzate in compensazione dei redditi dei periodi d'imposta successivi, senza limiti di tempo, ma in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito d'impresa relativo a ciascun periodo d'imposta (per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare). Si rammenta che, per i predetti soggetti, a partire dal periodo d'imposta 2017 è in vigore un regime improntato al criterio di cassa introdotto con l'articolo 1, commi da 17 a 23, della legge n. 232 del 2016 (cfr. circolare n. 11/E del 2017). Per espressa previsione del comma 3 dell'articolo 8, le perdite riportabili devono essere utilizzate nei periodi d'imposta successivi fino a compensare la misura dell'80 per cento del reddito d'impresa conseguito e per l'intero importo che trova capienza in esso. Non è, perciò, possibile utilizzare in compensazione perdite d'impresa in misura superiore all'80 per cento del reddito d'impresa del/i periodo/i d'imposta successivo/i e, allo stesso tempo, non è possibile eseguire una parziale riduzione del reddito di impresa/reddito di partecipazione, rinviando ai periodi d'imposta successivi la parte di perdite utilizzabile e non utilizzata.

Le modifiche agli articoli 56, comma 2, 101, comma 6, e 116, commi 2 e 2-bis, del TUIR, previste dal comma 23 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, sono di mero coordinamento.

In particolare, l'articolo 101, comma 6, del TUIR nella sua formulazione previgente stabiliva che, in caso di quote di s.n.c. e s.a.s. detenute da società di capitali, le perdite attribuite dalle società personali erano utilizzabili solo a riduzione degli utili assegnati dalle medesime società nei successivi cinque periodi d'imposta. L'articolo 1, comma 23, lettera c), della legge di bilancio 2019 prevede che "all'articolo 101, comma 6, le parole «nei successivi cinque periodi d'imposta» sono soppresse". A seguito della modifica, quindi, in caso di quote di S.n.c. e S.a.s. detenute da società di capitali, le perdite attribuite dalle società personali sono utilizzabili solo a riduzione degli utili assegnati dalle medesime società in esercizi successivi senza limiti di tempo. Viene, quindi, cancellato il precedente limite quinquennale di riportabilità delle perdite (in linea con le modifiche effettuate all'articolo 8 del TUIR).

Un ulteriore intervento riguarda l'articolo 116, comma 2, del TUIR che disciplina le perdite delle società a responsabilità limitata trasparenti. Tale disposizione, nella sua formulazione previgente (attraverso un richiamo delle disposizioni del primo e terzo periodo del comma 3 dell'articolo 8 del TUIR), prevedeva la compensazione delle perdite maturate solo con eventuali redditi di impresa dell'anno e il rinvio delle perdite in eccedenza ai successivi esercizi, ma non oltre il quinto, con la possibilità di compensarle con redditi della stessa tipologia.

L'articolo 1, comma 23, lettera d), della legge di bilancio 2019, stabilisce che "all'articolo 116 al comma 2, le parole del «del primo e terzo periodo» sono soppresse". A seguito della novella legislativa, quindi, viene effettuato un richiamo in toto alle nuove regole del comma 3 dell'articolo 8 del TUIR. Quindi, le perdite attribuite ai soci dalle S.r.l. trasparenti adesso sono riportabili senza limiti di tempo, sempre nei limiti dell'80 per cento degli altri redditi d'impresa conseguiti in ciascun anno e per l'intero importo che trova capienza in essi. Di fatto, dunque, la nuova disciplina delle perdite delle imprese soggette ad IRPEF si estende anche alle perdite generate dalla partecipazione in società trasparenti ai sensi dell'articolo 116 del TUIR.

Un'ulteriore modifica riguarda il comma 2-bis dell'articolo 116 del TUIR ove viene aggiunto un richiamo all'articolo 84, comma 3, del TUIR. L'articolo 1, comma 23, lettera d), numero 2, della legge di bilancio 2019 stabilisce che "all'articolo 116, al comma 2-bis, sono aggiunti in fine i seguenti periodi: si applicano le disposizioni dell'articolo 84, comma 3...".

In altri termini, anche alle imprese che aderiscono al regime della trasparenza di cui all'articolo 116 del TUIR si applicano le previsioni di contrasto al commercio delle cd. bare fiscali. L'articolo 84, comma 3, stabilisce che: "Le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori...".

L'articolo 1, comma 23, lettera d), numero 2, della legge di bilancio 2019 stabilisce, altresì, che: "Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile, la perdita è riportabile nei limiti di cui all'articolo 84, comma 1, secondo periodo".

In deroga alle previsioni dello Statuto dei diritti del contribuente, il comma 24 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 stabilisce che le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

Il comma 25 del medesimo articolo 1 della legge di bilancio 2019 stabilisce, in via transitoria, una deroga al nuovo comma 3 dell'articolo 8 del TUIR esclusivamente per le imprese commerciali di cui all'articolo 66 del TUIR.

In relazione alle imprese commerciali e alle società in nome collettivo e in accomandita semplice in contabilità ordinaria, alle perdite maturate prima dell'entrata in vigore delle disposizioni di cui alla legge di bilancio 2019, in assenza di un regime transitorio, si applica la nuova regola di riporto. Tale soluzione risponde a ragioni di ordine logico-sistematico e appare coerente con le finalità dell'intervento normativo finalizzato a semplificare il sistema evitando la gestione di un doppio binario in relazione alle perdite maturate in vigenza dell'articolo 8 ante e post modifica. Si ritiene quindi che possano essere riportate in avanti senza vincoli temporali anche le perdite con riferimento alle quali il quinquennio non sia già scaduto anteriormente al periodo d'imposta 2018.

Per quanto riguarda le imprese commerciali e le società in nome collettivo e in accomandita semplice in contabilità semplificata, come evidenziato dalla relazione illustrativa, la modifica normativa all'articolo 8 del TUIR ritrova la sua ratio altresì nella volontà del legislatore di superare il problema verificatosi per le imprese in contabilità semplificata che applicano il nuovo regime di cassa e che ha comportato l'imputazione integrale del costo dell'importo delle rimanenze iniziali nel primo esercizio in cui il reddito è determinato secondo il principio di cassa, consentendo loro il riporto delle perdite.

In particolare, la rilevazione di grandi volumi di perdite attribuibili alla rilevanza assunta dalle rimanenze di magazzino che nel primo anno di applicazione del nuovo regime, esercizio 2017, hanno concorso alla determinazione del reddito come costi, ha indotto il legislatore a ridurre gli squilibri che potevano generarsi prevedendo un regime transitorio di utilizzo delle predette perdite finalizzato a contemperare sia gli interessi dei soggetti che le hanno prodotte, consentendo il riporto delle perdite, sia gli interessi erariali riducendo il loro impatto sul gettito, consentendo un riporto parziale delle stesse.

Tale regime disciplinato nei commi 25 e 26 introduce quindi delle puntuali regole di riporto delle perdite relative ai periodi di imposta 2017-2019, negli esercizi successivi dal 2018 al 2020.

Più precisamente, con il comma 25, è stata prevista una deroga alla regola generale di riporto delle perdite contenuta nel nuovo articolo 8, comma 3, TUIR, disponendo che per le imprese commerciali di cui all'articolo 66 del TUIR:

a) le perdite del periodo 2018 sono computate in diminuzione dei redditi d'impresa:

? per il periodo d'imposta 2019, in misura non superiore al 40 per cento, per l'intero importo che trova capienza in essi;

? per il periodo d'imposta 2020, in misura non superiore al 60 per cento, per l'intero importo che trova capienza in essi;

b) le perdite del periodo 2019 sono computate in diminuzione dei redditi d'impresa:

?per il periodo d'imposta 2020, in misura non superiore al 60 per cento per l'intero importo che trova capienza in essi.

Il comma 26 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 prevede a sua volta che: "Le perdite del periodo d'imposta 2017, per la parte non compensata ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti: a) nei periodi d'imposta 2018 e 2019, in misura non superiore al 40 per cento dei medesimi redditi e per l'intero importo che trova capienza in essi; b) nel periodo d'imposta 2020, in misura non superiore al 60 per cento dei medesimi redditi e per l'intero importo che trova capienza in essi".

Per quanto concerne le perdite prodotte da tali imprese nel 2017 ed eccedenti le quote delle stesse utilizzate per compensare i redditi prodotti nel triennio 2018-2020, si osserva che nella relazione illustrativa è stato precisato che "l'utilizzo delle perdite del 2017, 2018 e 2019 avviene entro percentuali di redditi [...] inferiori alla misura ordinaria dell'80 per cento che opererà solo a decorrere dai redditi maturati per il periodo d'imposta 2021".

Alla luce di ciò, si ritiene che le perdite 2017, non compensate nel triennio 2018- 2020 in applicazione delle disposizioni normative sopra esposte, saranno compensate negli esercizi successivi secondo il nuovo meccanismo di riporto, ovvero, senza limiti di tempo, nella misura ordinaria dell'80 per cento.

Si precisa che le limitazioni previste dal regime transitorio in relazione all'utilizzo delle perdite prodotte negli anni 2017, 2018 e 2019 dalle imprese in contabilità semplificata si applicano anche se l'impresa abbia successivamente adottato la contabilità ordinaria. Infatti, la limitazione prevista dalla disposizione normativa intende colpire l'ammontare delle perdite maturate nel 2017 dalle imprese in contabilità semplificata per effetto delle modifiche all'articolo 66 del TUIR e, quindi, opera indipendentemente dall'eventuale e successiva opzione per il regime di contabilità ordinaria.

La disciplina di cui al citato comma 3 dell'articolo 8 del TUIR è altresì da coordinare con riferimento alle disposizioni che riguardano le imprese commerciali che fruiscono:

A) del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, ai sensi del comma 68 del citato articolo 1;

B) del regime fiscale di vantaggio disciplinato dall'articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, e dall'articolo 1, commi da 96 a 117, della legge n. 244 del 2007, in vigore dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2014 (ovvero nel regime dei contribuenti minimi, che il regime di vantaggio ha assorbito, in vigore dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011, nonché per le ipotesi di continuazione facoltativa dei predetti regimi disposte con l'articolo 1, comma 88, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (c.d. "legge di stabilità 2015") e con l'articolo 10, comma 12-undecies, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11).

In particolare, avendo riguardo alla disciplina del regime forfetario [sub A)], si osserva che il comma 68 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, consente al contribuente, che adotta il regime forfetario, di utilizzare le perdite pregresse maturate nei periodi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario in deduzione dal reddito determinato secondo le modalità indicate nel comma 64 (cfr. circolare n. 10/E del 4 aprile 2016).

Alla luce delle modifiche del comma 3 dell'articolo 8 del TUIR, le perdite d'impresa realizzate dai predetti soggetti prima dell'ingresso nel citato regime, realizzate nei periodi di applicazione della contabilità ordinaria, risultano utilizzabili esclusivamente in abbattimento del reddito d'impresa e sono riportabili senza limiti di tempo, in misura non superiore all'80 per cento dei relativi redditi conseguiti in detti periodi d'imposta.

Diversamente, qualora le perdite realizzate dai predetti soggetti prima dell'ingresso nel citato regime si riferiscano a periodi d'imposta in cui gli stessi possedevano i requisiti delle imprese minori, di cui all'articolo 66 del TUIR, si ritiene che solo le perdite maturate a partire dal periodo d'imposta 2017 - in considerazione delle precisazioni contenute nella relazione illustrativa della legge di bilancio 2019 - possano essere oggetto di riporto sulla base delle nuove modalità indicate nell'articolo 8, comma 3, del TUIR e nel rispetto del peculiare regime transitorio. Le perdite maturate nel periodo di applicazione del "regime dei contribuenti minimi" [sub B)], ai sensi dell'articolo 1, comma 108, della legge n. 244 del 2007, nella formulazione pro tempore vigente, con riferimento alle perdite fiscali generatesi nel corso dell'applicazione del regime dei minimi, si prevede che esse "sono computate in diminuzione del reddito conseguito nell'esercizio d'impresa, arte o professione dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi".

In considerazione di quanto disposto dall'articolo 1, comma 108, della legge n. 244 del 2007, le modifiche operate all'articolo 8 del TUIR non si riflettono sulla disciplina speciale pro tempore vigente per i soggetti che fruiscono del cd. regime dei minimi.

2.14 Abrogazione deduzioni e credito d'imposta IRAP (commi da 1085 a 1087)

I commi 1085-1086 abrogano la deduzione dall'IRAP prevista dall'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3), del decreto legislativo n. 446 del 1997, e il credito d'imposta previsto dall'articolo 1, comma 21, della n. 190 del 2014 (legge di bilancio 2015).

In particolare, il comma 1085 modifica le disposizioni comuni per la determinazione, agli effetti dell'IRAP, del valore della produzione netta, mediante l'abrogazione del numero 3) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997, recante norme per la deduzione di importi nella determinazione della base imponibile.

La norma di cui si prevede l'abrogazione stabilisce che i soggetti menzionati nell'articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), con l'esclusione delle banche, degli altri enti finanziari, delle imprese di assicurazione e delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, possono dedurre dalla base imponibile un importo fino a 15.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato, impiegato nel periodo d'imposta, nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, importo aumentato a 21.000 euro, per i lavoratori di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; tale deduzione è alternativa a quella di cui al numero 2) della lettera a) del comma 1 del menzionato articolo 11, e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, e successive modificazioni.

Il citato numero 2) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede anch'esso la deducibilità di un importo pari a 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato, impiegato nel periodo di imposta, aumentato a 13.500 euro, per i lavoratori di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore a 35 anni.

In conseguenza del venire meno della facoltà di deduzione prevista dall'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3), viene prevista, dallo stesso comma 1085 in commento, una modifica di coordinamento al comma 4-bis.2 del medesimo articolo, nel quale i riferimenti al numero 3) vengono abrogati.

Il comma 1086 dispone l'abrogazione del comma 21 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).

La norma in argomento prevede che ai soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del decreto legislativo n. 446 del 1997, e che non si avvalgono di lavoratori dipendenti, spetti un credito d'imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione, pari al 10 per cento dell'imposta lorda (IRAP).

3 CREDITI D'IMPOSTA

3.1 Modifiche alla disciplina del credito d'imposta per attività di ricerca esviluppo (commi 70 e 72)

Il comma 70 e seguenti operano una risistemazione della disciplina del credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, introdotta a partire dall'anno 2015 dall'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, come interamente sostituito dall'articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).

La disciplina agevolativa, si ricorda, ha già formato oggetto di importanti interventi modificativi e integrativi per opera dell'articolo 1, commi 15 e 16, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) e per opera del decreto-legge n. 87

del 2018 (c.d. decreto dignità). Si ricorda inoltre che con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015, sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al funzionamento del credito d'imposta per ricerca e sviluppo, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione in caso di fruizione indebita; la scrivente ha fornito chiarimenti in materia con le circolari n. 5/E del 16 marzo 2016, n. 13/E del 27 aprile 2017 e n. 10/E del 16 maggio 2018.

Le modifiche apportate con la legge di bilancio 2019 toccano vari profili dell'agevolazione, pur lasciandone invariati i presupposti applicativi e la natura incrementale. Viene, in particolare, disposta la riduzione dell'ammontare massimo del beneficio attribuibile in ciascun periodo d'imposta, la rimodulazione delle intensità del beneficio in ragione della tipologia delle spese ammissibili, l'inclusione tra le spese ammissibili del costo dei materiali necessari per lo svolgimento delle attività di laboratorio o per la realizzazione dei prototipi o degli impianti pilota di ricerca e sviluppo sperimentale. Vengono, poi, integrate le disposizioni relative agli oneri documentali a carico delle imprese, in particolare, rendendo generale l'obbligo della certificazione della documentazione contabile delle spese (in precedenza circoscritto, di fatto, soltanto alle "piccole imprese") e subordinando l'utilizzo in compensazione del credito maturato all'avvenuta certificazione della documentazione delle spese rilevanti agli effetti del meccanismo di calcolo del beneficio. Viene, inoltre, introdotto a carico dell'impresa che intende avvalersi del credito d'imposta l'onere della predisposizione di una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte.

Nel dettaglio delle norme in parola, con la lettera a) del citato comma 70, viene reintrodotta una differenziazione del beneficio in ragione della tipologia di spese ammissibili. In particolare, la percentuale del 50 per cento, attualmente applicabile su tutta l'eccedenza agevolabile (i.e., eccedenza delle spese ammissibili rispetto alla media del triennio 2012-2014) viene mantenuta, nel caso di attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente dall'impresa, solo per le spese del personale titolare di un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, direttamente impiegato in tali attività e, nel caso di attività di ricerca e sviluppo commissionate a terzi, solo per i contratti stipulati con Università, enti e organismi di ricerca, nonché con start-up e PMI innovative indipendenti.

Al contempo, con la modifica prevista dalla lettera b) del comma 70, viene disposta la riduzione da venti a dieci milioni di euro dell'importo massimo del credito d'imposta spettante per ciascun periodo d'imposta; tale importo massimo, si ricorda, originariamente fissato a cinque milioni di euro per gli anni d'imposta 2015 e 2016 e poi elevato a venti milioni per i periodi 2017 e 2018, deve essere ragguagliato in caso di periodi d'imposta di durata inferiore o superiore ai dodici mesi.

Con le modifiche recate dalla lettera c) al comma 6 dell'articolo 3 del citato decretolegge n. 145 del 2013, viene disposta la differenziazione, nell'ambito delle spese per il personale, tra il personale titolare di rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, e il personale titolare di altri rapporti di lavoro diversi dal lavoro subordinato (lavoratori autonomi, collaboratori, etc.), prevedendosi, in questo secondo caso (nuova lettera a-bis) del citato comma 6), la percentuale del 25 per cento.

Analoga differenziazione di aliquota viene operata, come si è detto, per le spese relative ad attività di ricerca e sviluppo commissionate all'esterno (c.d. "ricerca extra-muros"). In particolare, con le modifiche apportate dalla lettera c), numero 2, la ricerca commissionata viene distinta tra quella affidata a Università, enti e organismi equiparati, nonché a imprese rientranti nella definizione di start-up e PMI innovative, alla quale si applicherà dunque l'aliquota del 50 per cento, e quella affidata ad altri soggetti, alla quale si applicherà l'aliquota ridotta del 25 per cento. Anche nel nuovo assetto, viene però confermato, per il caso in cui il contratto di ricerca sia stipulato con un'altra impresa, la condizione che deve trattarsi di impresa non appartenente al gruppo dell'impresa committente; resta ferma, infatti, la regola, agli effetti dell'applicazione del credito d'imposta, della riqualificazione in ricerca intra-muros dei contratti di ricerca infra-gruppo, stipulati cioè con altre imprese appartenenti al medesimo gruppo. Sul punto, si rinvia a quanto già chiarito nella circolare n. 5/E del 2016 (par. 2.2.3) e nella successiva circolare n. 13/E del 2017 (par. 4.4).

In merito alla definizione di organismo di ricerca, nel precisare che non esiste un elenco di soggetti accreditati come tali presso il Ministero dello sviluppo economico agli effetti del credito d'imposta in oggetto, si ricorda che ai fini in questione possono assumere tale qualifica esclusivamente i soggetti in possesso dei requisiti di cui ai punti da 17 a 20 del paragrafo 2 della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01), a prescindere dalla natura giuridica e dalla denominazione formalmente assunta dal soggetto. Peraltro, si ricorda che, anche in presenza di un organismo di ricerca con i requisiti fissati dalla citata Comunicazione, ai fini dell'ammissibilità delle spese sostenute è pur sempre necessario verificare, sulla base del contratto stipulato tra l'impresa e l'organismo di ricerca e delle altre risultanze fattuali e documentali, che le attività svolte rientrino tra quelle di ricerca e sviluppo ammissibili.

Per quanto concerne le tipologie di spese ammissibili per il calcolo del beneficio, con la modifica introdotta dal numero 3 della citata lettera c) del comma 70, viene ora data rilevanza anche ai costi sostenuti per l'acquisto di materiali, forniture e altri prodotti analoghi direttamente impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota relativi alle fasi della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale; si precisa che tale novità produce effetto a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, restando ferma l'esclusione di tali spese nei periodi di imposta precedenti.

Naturalmente, ai fini del calcolo del beneficio, stante il principio di omogeneità dei dati da porre a raffronto, a partire dal periodo d'imposta 2019, tenuto conto dell'inclusione, tra le voci rilevanti, anche delle spese per i materiali, il parametro storico dovrà essere conseguentemente ricalcolato aggiungendo i medesimi costi sostenuti nel triennio 2012-2014. Tuttavia, per espressa previsione della nuova norma, nell'ipotesi in cui l'inclusione della nuova tipologia di spese nel calcolo della media storica e dei nuovi investimenti determini uno svantaggio (vale a dire una riduzione dell'eccedenza agevolabile) è data facoltà all'impresa di rinunciare a tale inclusione.

La modifica recata dalla lettera d) del comma in esame consiste nell'introduzione di un nuovo criterio di calcolo del beneficio spettante, resosi necessario per tener conto della differenziazione delle aliquote applicabili sulle diverse tipologie di spese ammissibili. Il nuovo criterio non interferisce con la formazione del parametro storico (media del triennio 2012-2014), nel senso che non si rende necessario procedere alla sua distinzione in ragione delle diverse aliquote applicabili sulle categorie di spese ammissibili. In particolare, il nuovo criterio opera direttamente sull'eccedenza agevolabile (differenza tra l'ammontare complessivo delle spese ammissibili sostenute nel periodo agevolato e media del triennio 2012-2014), individuando la quota di essa su cui applicare l'aliquota del 50 per cento e la restante quota su cui applicare l'aliquota del 25 per cento in ragione della diversa incidenza delle varie tipologie di spese sulle spese complessive sostenute nel periodo agevolabile.

Esempio

Si ipotizzi, per semplicità, che un'impresa, nel periodo di imposta 2019, svolga attività di ricerca e sviluppo ammissibili sostenendo solo spese di personale per un ammontare complessivo pari a euro 500, così suddivise:

a) 300 (pari al 60 per cento della spesa totale) a titolo di spese per il personale dipendente;

b) 200 (pari al 40 per cento della spesa totale) a titolo di spese per il personale titolare di un rapporto di lavoro autonomo.

Si ipotizzi, inoltre, che la media degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuati nel periodo 2012-2014 sia pari a 100 e che, dunque, l'eccedenza agevolabile (investimenti incrementali) risulti pari a 400 (500-100).

Ai fini del calcolo del beneficio, in considerazione della circostanza che nel 2019 le spese agevolabili con la percentuale del 50 per cento (personale dipendente) incidono nella misura del 60 per cento sulle spese totali agevolabili e quelle agevolabili al 25 per cento (personale titolare di un rapporto di lavoro autonomo) incidono nella restante misura del 40 per cento, si ha: investimenti complessivi del periodo agevolabile = 500 incidenza percentuale delle diverse voci di spese ammissibili:

- 300 (500*60 per cento) agevolabile con aliquota al 50 per cento; - 200 (500*40 per cento) agevolabile con aliquota al 25 per cento. Pertanto, nell'esempio ipotizzato, il credito d'imposta spettante sarà pari a 160 [(240*50per cento)+(160*25 per cento).

Le modifiche introdotte dalle lettere e), f), g) e h) del comma in esame riguardano gli adempimenti che le imprese devono rispettare per l'applicazione del credito d'imposta. Al riguardo, in coerenza con quanto previsto in relazione alle altre misure agevolative rientranti nel Piano Nazionale Impresa 4.0, tali adempimenti vengono meglio definiti, anche al fine di garantire la stessa impresa in sede di successivi controlli sulla corretta applicazione del beneficio. In particolare, le nuove disposizioni estendono l'obbligo di certificazione della documentazione contabile delle spese rilevanti ai fini del calcolo del beneficio (sia del periodo agevolato e sia dei periodi di media), in precedenza previsto solo per le imprese non soggette per legge al controllo legale dei conti, a tutti soggetti beneficiari e, dunque, anche di fatto alle imprese di grandi dimensioni. All'avvenuta certificazione della documentazione contabile delle spese, inoltre, viene subordinata anche la fruizione del credito, nel senso che l'utilizzo in compensazione del credito maturato in un determinato periodo agevolabile (a decorrere dal successivo) non potrà iniziare, se non a partire dalla data in cui viene adempiuto l'obbligo di certificazione. Tale previsione si rende applicabile, è il caso di precisare, già a partire dal credito d'imposta maturato in relazione al periodo d'imposta 2018.

Con riferimento alla natura e alla funzione della certificazione richiesta si rinvia anche a quanto precisato con la Circolare 15 febbraio 2019, n. 38584, della Direzione Generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese del Ministero dello Sviluppo Economico, con particolare riguardo al fatto che: "non è richiesta al soggetto incaricato della revisione legale dei conti (ovvero, nel caso di imprese non tenute al controllo legale dei conti, al soggetto qualificato cui viene richiesta la certificazione) alcuna valutazione di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità al credito d'imposta delle attività di ricerca e sviluppo svolte dall'impresa."

L'attività di certificazione della documentazione contabile delle spese, quindi, deve assicurare la verifica della regolarità formale dei documenti e dei contratti rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina agevolativa e la loro corrispondenza alle scritture contabili e alle risultanze di bilancio. Quanto alla procedura con cui deve essere svolta l'attività di certificazione, si ritiene, stante la natura e le finalità della stessa, che tale attività non possa essere svolta, in analogia con le attività di revisione del bilancio, con criteri di selezione a campione dei documenti o dei contratti da verificare.

Infine, sempre in materia di adempimenti formali, con la lettera g) del citato comma 70 viene introdotto l'onere, da parte dell'impresa, di predisporre una relazione tecnica illustrativa del progetto o dei progetti di ricerca e sviluppo intrapresi, del loro avanzamento e di tutte le altre informazioni rilevanti per l'individuazione dei lavori ammissibili al credito d'imposta. Al riguardo, il nuovo comma 11-bis) dell'art. 3 stabilisce che tale relazione, in caso di attività svolte direttamente dall'impresa, deve essere redatta a cura del responsabile aziendale delle attività di ricerca e sviluppo o del responsabile del singolo progetto o sotto-progetto e deve essere controfirmata dal rappresentante legale dell'impresa, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 2000, n. 445. Nel caso di "ricerca extra-muros", invece, la redazione della relazione tecnica è posta a cura dello stesso soggetto cui sono state commissionate le attività di ricerca e sviluppo; con la precisazione che anche nel caso di attività commissionate all'interno del gruppo all'adempimento in questione deve comunque provvedere il soggetto commissionario.

In particolare, dalla relazione tecnica devono risultare, a titolo esemplificativo, la descrizione del progetto o del sotto-progetto intrapreso, l'individuazione delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alla capacità che formano lo stato dell'arte del settore e per il cui superamento si è reso appunto necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo, gli elementi rilevanti per la valutazione della "novità" dei nuovi prodotti o dei nuovi processi o, nel caso di attività relative a prodotti e processi esistenti, gli elementi utili per la valutazione del grado di significatività dei miglioramenti ad essi apportati ai fini della distinzione rispetto alle modifiche di routine o di normale sviluppo prodotto e ai fini della distinzione dei lavori di ricerca e sviluppo dalle ordinarie attività dell'impresa, quali, ad esempio, la progettazione industriale o la produzione personalizzata di beni o servizi su commessa, escluse in via di massima dalle attività ammissibili; a meno che per la loro realizzazione non si rendano necessarie attività di ricerca e sviluppo, nel qual caso, comunque, sarebbero pur sempre le sole attività ammissibili ai fini della disciplina agevolativa.

Sul punto, si ritiene opportuno sottolineare che l'attività di controllo della corretta applicazione della disciplina del credito di imposta non consiste solo nella verifica dell'effettività e dell'ammissibilità delle spese indicate dall'impresa, nonché della loro pertinenza e congruità, presupponendo anche la previa analisi dei contenuti di ricerca e sviluppo delle attività svolte ai fini della loro ammissibilità al beneficio

Si ricorda, inoltre, che, trattandosi di analisi per le quali si può rendere necessario il supporto di competenze specialistiche nei vari ambiti scientifici e tecnologici, l'Agenzia delle entrate, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del decreto attuativo della misura, potrà avvalersi del supporto del Ministero dello sviluppo economico per ricevere pareri tecnici in ordine sia alla qualificazione delle attività svolte dall'impresa sia in ordine alla pertinenza e alla congruità delle spese sostenute.

Il comma 71 fissa la decorrenza delle nuove disposizioni. In particolare, le modifiche di ordine sostanziale si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 e, quindi, nella generalità dei casi, dall'anno agevolabile 2019. Le modifiche concernenti gli aspetti formali e documentali hanno, invece, effetto già a partire dagli adempimenti relativi al credito d'imposta maturato nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018.

Il comma 72 reca una disposizione di carattere interpretativo riferita alla portata della disposizione contenuta nel comma 1-bis del citato articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013. Si rammenta che tale disposizione consente, a partire dal 2017, di attribuire il credito d'imposta anche al soggetto commissionario residente che effettui lavori di ricerca e sviluppo per conto di un soggetto non residente ed è stata introdotta con la finalità di rendere comunque rilevanti, ai fini del beneficio, le attività di ricerca e sviluppo eseguite presso laboratori italiani. L'intervento operato con la norma interpretativa serve a chiarire che la fattispecie agevolativa, in questo caso, presuppone necessariamente che le attività siano eseguite direttamente dal soggetto commissionario residente in laboratori e strutture situate sul territorio nazionale, pena una evidente frustrazione della finalità della disciplina.

A tal riguardo, non può escludersi che in alcuni casi i contribuenti possano aver adottato un comportamento difforme da quello indicato, determinando il beneficio per il periodo di imposta 2017 in misura maggiore rispetto a quella spettante. In tale ipotesi, sempre che il maggior credito sia stato già utilizzato in compensazione, si ritiene configurabile l'esimente delle obiettive condizioni di incertezza interpretativa della norma e, pertanto, i contribuenti potranno regolarizzare la propria posizione secondo le ordinarie regole, senza applicazione di sanzioni, provvedendo al versamento dell'importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione e dei relativi interessi e presentando apposita dichiarazione integrativa.

3.2 Modifiche alla disciplina del credito d'imposta formazione 4.0 (commi da 78 a 81)

I commi da 78 a 81 prorogano di un anno l'applicazione del credito d'imposta formazione 4.0, più precisamente estendendolo alle spese di formazione sostenute nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018. Le disposizioni in esame mantengono fermo il limite massimo annuale di 300.000 euro ed effettuano alcune rimodulazioni del credito, secondo la dimensione delle imprese: in particolare, il credito è attribuito alle piccole imprese nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per la formazione (in luogo della precedente misura del 40 per cento); rimane ferma la misura del 40 per cento per le medie imprese e viene ridotta al 30 per cento per le grandi imprese. Per queste ultime vi è anche un limite massimo annuale di 200.000 euro.

In dettaglio, il comma 78 estende l'applicazione della disciplina del credito d'imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano nazionale industria 4.0, di cui all'articolo 1, commi da 46 a 55 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) anche alle spese di formazione sostenute nel periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.

Si ricorda che la legge di bilancio 2018 stabilisce che il credito di imposta è riconosciuto in favore di ogni tipo e forma di impresa, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui opera, nonché dal regime contabile adottato, fino ad un importo massimo annuale di euro 300.000 per ciascun beneficiario, qualora le attività di formazione siano pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali. Il comma 48 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018 prevede, inoltre, che tali attività devono essere svolte per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0, quali big data e analisi dei dati, cloud, fog computing, cyber security, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali. Si ricorda, altresì, che il comma 49 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018 ha escluso in ogni caso dal beneficio le attività di formazione, ordinaria o periodica, organizzata dall'impresa per conformarsi alle norme in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e di protezione dell'ambiente o ad altre norme obbligatorie in materia di formazione.

Inoltre il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di spettanza e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi in cui il credito sia impiegato, e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, e successive modificazioni) a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello di maturazione.

Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini fiscali. Al beneficio in esame non si applicano né il limite annuale di 250.000 euro per l'utilizzo dei crediti di imposta (di cui all'art. 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007), né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi, pari a 700.000 euro (di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni).

Il beneficio si applica nel rispetto delle norme europee ivi richiamate sulla compatibilità degli aiuti con il mercato interno.

Agli adempimenti in ambito europeo provvede il Ministero dello sviluppo economico.

Il comma 53 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018 disciplina i requisiti di certificazione dei costi ai fini del beneficio in esame, anche con riferimento alle imprese non soggette alla revisione legale dei conti.

Per queste ultime, le spese sostenute per l'apposita attività di certificazione contabile sono ammesse al credito d'imposta in oggetto entro il limite massimo di 5.000 euro. Nei confronti del revisore legale dei conti o del professionista responsabile della revisione legale dei conti che incorra in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli siano richiesti per il rilascio della certificazione si applicano le sanzioni penali richiamate dall'articolo 64 del codice di procedura civile (sanzioni relative al consulente tecnico nel processo civile).

Ai sensi del comma 55 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018, con D.M. 4 maggio 2018, sono state emanate le disposizioni applicative del credito d'imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Industria 4.0., con particolare riguardo alla documentazione richiesta, all'effettuazione dei controlli e alle cause di decadenza del beneficio.

Il comma 79 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 effettua alcune rimodulazioni del credito, secondo la dimensione delle imprese, prevedendo che il credito d'imposta, fermo restando il limite massimo annuale di 300.000 euro, è attribuito nella misura del 50 per cento delle spese ammissibili sostenute dalle piccole imprese e del 40 per cento di quelle sostenute dalle medie imprese. Alle grandi imprese, come definite dalla normativa europea, il credito d'imposta è attribuito nel limite massimo annuale di 200.000 euro e nella misura del 30 per cento.

Si ricorda che l'allegato I al Regolamento (UE) 2014/651 della Commissione, del 17 giugno 2014 fornisce i criteri per la definizione di piccole, medie e grandi imprese.

In particolare, l'articolo 2 stabilisce che la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR.

All'interno della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.

Il comma 80 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 dispone che per l'attuazione degli interventi di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del citato decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 maggio 2018, che attua il credito d'imposta per la formazione 4.0.

Infine il comma 81 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 stabilisce che per l'attuazione delle misure previste ai commi precedenti è autorizzata la spesa di 250 milioni di euro per l'anno 2020.

Si dispone, inoltre, che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui il monitoraggio dell'applicazione del credito d'imposta ai fini di quanto previsto in merito alla copertura finanziaria dall'articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Si ricorda che l'articolo 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009, stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.

Si rammenta che, con circolare direttoriale n. 412088 del 3 dicembre 2018, emanata dal Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale per la Politica Industriale, la Competitività e le Piccole e Medie Imprese - sono stati forniti chiarimenti concernenti il "credito d'imposta formazione 4.0".

3.3 Sport bonus (commi da 621 a 628)

I commi 621-628 estendono l'ambito applicativo del credito d'imposta istituito dalla legge di bilancio 2018 (v. articolo 1, commi da 363 a 366 della legge n. 205 del 2017) per le erogazioni liberali destinate a interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici e per la realizzazione di nuove strutture sportive pubbliche (c.d. sport bonus).

Al fine di meglio chiarire la portata delle novità introdotte sul punto dalla legge di bilancio 2019, si sintetizza in premessa il contenuto dello sport bonus recato dalla legge di bilancio 2018.

La disciplina introdotta dai commi 363 e seguenti dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 ha previsto il riconoscimento (nel limite complessivo di spesa pari a 10 milioni di euro) a tutte le imprese, di un contributo, sotto forma di credito d'imposta - utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24 in tre quote annuali di pari importo e non rilevante ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP - nei limiti del 3 per mille dei ricavi annui, pari al 50 per cento delle erogazioni liberali in denaro fino a 40.000 euro effettuate nel corso dell'anno solare 2018 per interventi di restauro o ristrutturazione di impianti sportivi pubblici, ancorché destinati ai soggetti concessionari (con risoluzione n. 65/E del 18 settembre 2018 è stato istituito il codice tributo, per l'utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d'imposta "sport bonus" introdotto dalla legge di bilancio 2018). La stessa disciplina ha regolato gli adempimenti in capo ai soggetti beneficiari delle erogazioni liberali, rinviando per le disposizioni applicative necessarie, anche al fine del rispetto del limite di spesa normativamente fissato, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (al riguardo è stato emanato il DPCM 23 aprile 2018).

Ciò premesso, per quanto attiene alle previsioni di estensione dello "sport bonus" recate dalla legge di bilancio 2019, si rileva che la nuova disciplina stabilisce che per le erogazioni liberali in denaro effettuate da privati nel corso dell'anno solare 2019 per interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici e per la realizzazione di nuove strutture sportive pubbliche spetta un credito d'imposta in misura pari al 65 per cento delle erogazioni effettuate, anche nel caso in cui le stesse siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari degli impianti medesimi. Le nuove norme, quindi, estendono il credito d'imposta al 2019 ed elevano i limiti dell'importo fruibile che, invece, secondo la disciplina recata dalla legge n. 205 del 2017, con valenza solo per il 2018, era limitato al 3 per mille dei ricavi annui (tale limite non è previsto dalla nuova norma) e al 50 per cento della donazione (per il 2019 è fissato nel 65 per cento), con il limite complessivo di 10 milioni di euro di spesa (rispetto ai 13,2 milioni di euro della nuova disposizione).

Il nuovo credito d'imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nel limite del 20 per cento del reddito imponibile e ai soggetti titolari di reddito d'impresa nel limite del 10 per mille dei ricavi annui ed è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

A differenza della precedente disciplina recata dalla legge n. 205 del 2017, riservata alle imprese, il nuovo "sport bonus" consente, quindi, la fruizione del credito d'imposta anche alle persone fisiche e agli enti non commerciali.

Ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, per i soggetti titolari di reddito d'impresa il nuovo credito d'imposta è utilizzabile, nel limite complessivo di 13,2 milioni di euro, tramite compensazione con modello F24, e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP.

Non trovano applicazione, per espressa previsione normativa, i limiti all'utilizzo in compensazione di 700 mila euro, di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

I soggetti che effettuano erogazioni liberali ai sensi della nuova disciplina non possono cumulare il credito d'imposta con altra agevolazione fiscale prevista da altre disposizioni di legge a fronte delle medesime erogazioni.

Anche le nuove disposizioni sullo "sport bonus", introdotte dalla legge di bilancio 2019, regolano, in modo analogo alla disciplina della legge di bilancio 2018, gli adempimenti in capo ai soggetti che ricevono l'erogazione liberale, prescrivendo un doppio ordine di obblighi di comunicazione all'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Sempre in analogia con la precedente disciplina viene fatto rinvio ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per l'individuazione delle disposizioni attuative necessarie.

Si ricorda da ultimo che la legge di bilancio 2018 ha anche previsto - v. articolo 1, comma 352, lettera a), che ha aggiunto il comma 3-bis all'articolo 22 del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 - un credito d'imposta per le società sportive che ristrutturino i propri impianti calcistici, pari al 12 per cento della spesa sostenuta, entro il limite di 25 mila euro e comunque per un limite di spesa complessivo di 4 milioni di euro.

3.4 Credito d'imposta erogazioni liberali per interventi su edifici e terreni pubblici (commi da 156 a 161)

I commi in esame istituiscono e disciplinano un credito d'imposta commisurato in percentuale alle erogazioni liberali effettuate per particolari interventi su edifici e terreni pubblici.

In particolare, viene stabilito che spetta un credito d'imposta, nella misura del 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate, nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018, per interventi su edifici e terreni pubblici, sulla base di progetti presentati dagli enti proprietari, ai fini della bonifica ambientale, compresa la rimozione dell'amianto dagli edifici, della prevenzione e del risanamento del dissesto idrogeologico, della realizzazione o della ristrutturazione di parchi e aree verdi attrezzate e del recupero di aree dismesse di proprietà pubblica.

I soggetti cui spetta la fruizione di tale credito di imposta sono individuati nelle persone fisiche, negli enti non commerciali nonché nei titolari di reddito d'impresa (sia soggetti passivi IRPEF che IRES).

Alle persone fisiche e agli enti non commerciali il credito d'imposta è riconosciuto nei limiti del 20 per cento del reddito imponibile, mentre ai soggetti titolari di reddito d'impresa il credito d'imposta in argomento è riconosciuto nei limiti del 10 per mille dei ricavi annui.

Il credito d'imposta è riconosciuto anche qualora le erogazioni liberali in denaro, per gli interventi indicati dalle disposizioni in argomento, siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto di tali interventi.

Il credito d'imposta in esame:

- è ripartito in tre quote annuali di pari importo;

- per i soggetti titolari di reddito d'impresa è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 e, in ogni caso, non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP;

- non è sottoposto ai limiti all'utilizzo in compensazione di 700 mila euro, di cui alla legge n. 388 del 2000, e a quello annuale di 250 mila euro, di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.

Sotto il profilo procedurale, viene stabilito che i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali in esame, ivi inclusi i soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto degli interventi, comunicano mensilmente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel mese di riferimento e provvedono, altresì, a dare pubblica comunicazione di tale ammontare, nonché della destinazione e dell'utilizzo delle erogazioni stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell'ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e in un apposito portale, gestito dal medesimo Ministero, in cui ai soggetti destinatari delle erogazioni liberali sono associate tutte le informazioni relative all'intervento, i fondi pubblici assegnati per l'anno in corso, l'ente responsabile del bene, nonché le informazioni relative alla fruizione.

La norma primaria rinvia poi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per l'individuazione delle necessarie disposizioni attuative.

3.5 Incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici e detrazioni fiscali sulle spese per le infrastrutture di ricarica (commi da 1031 a 1047)

I commi da 1031 a 1047 introducono misure, da un lato, incentivanti l'acquisto di autovetture nuove a basse emissioni di biossido di carbonio (CO2) e, dall'altro, disincentivanti (sotto forma di imposta) l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2superiori ad una certa soglia.

I commi da 1031 a 1041 disciplinano le misure incentivanti sia a carattere fiscale che extra fiscale, mentre i commi da 1042 a 1045 recano le previsioni disincentivanti. I commi 1046 e 1047 dettano disposizioni comuni ad entrambe le discipline.

Si fa presente che per il versamento dell'imposta sui veicoli inquinanti di cui ai commi 1042 e seguenti con la Risoluzione n. 31/E del 26 febbraio 2019 è stato istituito il codice tributo "3500".

Si fa presente, inoltre, che con risoluzione n. 32/E del 28 febbraio 2019 sono stati forniti primi chiarimenti - che di seguito si riportano - in merito alle disposizioni in commento.

3.5.1 Le misure incentivanti (commi da 1031 a 1041)

La prima misura incentivante è destinata all'acquisto e all'immatricolazione di veicoli nuovi a basse emissioni di CO2. I commi da 1031 a 1041 prevedono il riconoscimento da parte del venditore di tali veicoli di un contributo corrisposto all'acquirente, mediante compensazione con il prezzo di acquisto del veicolo nuovo (ossia, sotto forma di sconto sul prezzo di acquisto ai sensi del comma 1036).

Il comma 1037 prevede che successivamente le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsino al venditore l'importo del contributo e recuperino detto importo quale credito d'imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997 senza applicazione dei limiti stabiliti dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000 e dall'articolo l, comma 53, della legge n. 244 del 2007, presentando il modello F24 esclusivamente in via telematica all'Agenzia delle entrate. I commi 1031 e ss. non definiscono l'impresa costruttrice. Come già evidenziato nella Risoluzione n. 15/E del 5 marzo 2010, tale nozione, tuttavia, si evince sia dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 (in attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 settembre 2000, n. 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso), sia dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo Codice della strada). In particolare, il costruttore del veicolo è colui che detiene l'omologazione del veicolo (cfr. articolo 3 del decreto legislativo n. 209 del 2003) e rilascia all'acquirente, per ciascun veicolo costruito conformemente al tipo omologato, la dichiarazione di conformità, assumendosi la piena responsabilità ad ogni effetto di legge (cfr. articolo 76 del decreto legislativo n. 285 del 1992). Il contributo riconosciuto all'acquirente del veicolo spetta in caso di acquisto, anche in locazione finanziaria, e immatricolazione in Italia, dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, di un veicolo di categoria M1 nuovo di fabbrica, caratterizzato da basse emissioni inquinanti di CO2, inferiori a 70 g/km, con prezzo risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice inferiore a 50.000 euro (IVA esclusa).

In proposito, è bene evidenziare che laddove il listino prezzi ufficiale della casa produttrice indichi prezzi in una valuta diversa dall'euro, al fine di determinare i presupposti per l'applicazione del contributo (ossia, il prezzo inferiore a 50.000 euro), in un'ottica di semplificazione dei rapporti tra privati, si potrà tener conto del cambio delle valute estere accertato, su conforme parere della Banca d'Italia, con provvedimento dell'Agenzia delle entrate, in relazione al mese precedente a quello di acquisto dell'autovettura.

Il contributo, che non è cumulabile con altri incentivi di carattere nazionale, è compreso tra i 1.500 e i 6.000 euro ed è differenziato sulla base di due fasce di emissioni di CO2 e della circostanza per cui l'acquisto avvenga o meno alla contestuale consegna per la rottamazione di un veicolo della medesima categoria omologato alle classi Euro 1, 2, 3, 4.

E' previsto, inoltre, l'adempimento di specifiche condizioni ai fini del riconoscimento della spettanza del contributo in favore dell'acquirente.

Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o importatrici sono obbligate a conservare copia della fattura di vendita e dell'atto di acquisto, i quali devono essere ad esse tempestivamente trasmessi dal venditore. Ancorché non espressamente indicato, si deve ritenere che, al pari di quanto previsto dal comma 1062 in merito agli incentivi per l'acquisto di motoveicoli, unitamente ai predetti documenti, in caso di consegna contestuale all'acquisto per la rottamazione di un veicolo della medesima categoria, il venditore dovrà trasmettere alle imprese costruttrici o importatrici (le quali li debbono conservare) anche la copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato o, in caso di loro mancanza, la copia dell'estratto cronologico e l'originale del certificato di proprietà relativo alla cancellazione per demolizione.

Nel caso in cui il veicolo usato consegnato dall'acquirente non sia, nei termini di cui al comma 1034, dal venditore avviato alla demolizione o non sia, sempre nei termini di cui al citato comma, richiesta dal venditore la cancellazione per demolizione, il comma 1034 prevede il "non riconoscimento del contributo", nel senso che, per quanto di competenza, la casa produttrice o importatrice non potrà beneficiare del corrispondente credito d'imposta.

Rientra tra le misure incentivanti in esame, come sopra anticipato, anche l'introduzione di una nuova detrazione fiscale, ai fini delle imposte sui redditi, per l'acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica per i veicoli alimentati a energia elettrica. Tale beneficio è previsto dal comma 1039 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 mediante l'inserimento dell'articolo 16-ter nel decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90 (recante "Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale").

In base a tali nuove previsioni ai contribuenti è riconosciuta una detrazione dall'imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, relative all'acquisto e alla posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, ivi inclusi i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino ad un massimo di 7 kW.

Considerato che la disposizione in commento non pone alcun vincolo di natura soggettiva (visto il generico richiamo ai "contribuenti"), il suo ambito applicativo deve intendersi in senso ampio poiché la norma intende chiaramente favorire la diffusione di punti di ricarica di potenza standard non accessibili al pubblico come definiti nell'articolo 2, comma 1, lettere d) e h), del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257 (recante "Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi"). Pertanto, possono beneficiare della detrazione i soggetti passivi IRPEF e IRES che sostengono le spese per gli interventi agevolabili, se le spese siano rimaste a loro carico, e possiedono o detengono l'immobile o l'area in base ad un titolo idoneo.

La detrazione di cui trattasi:

- è da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo;

- spetta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute;

- è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 3.000 euro.

Con particolare riferimento a tale ultimo aspetto, si osserva che il limite di 3.000 euro deve intendersi riferito a ciascun intervento di acquisto e posa in opera delle infrastrutture di ricarica e, dunque, nel caso in cui la spesa sia sostenuta da più contribuenti la stessa, per un ammontare complessivo non superiore a 3.000 euro, va ripartita tra gli aventi diritto. Resta fermo che ciascun contribuente può usufruire della detrazione massima di euro 1.500 per periodo di imposta e, pertanto, nel caso in cui il contribuente che ha effettuato l'intervento abbia sostenuto una spesa inferiore a 3.000 euro potrà beneficiare, per il medesimo periodo d'imposta, dell'importo residuo per ulteriori interventi.

Tale soluzione è, peraltro, confermata dalla relazione tecnica di stima degli effetti finanziari della disposizione in esame che, a tal fine, prende in considerazione, per ciascun soggetto beneficiario, una detrazione massima annua di 1500 euro, pari al 50 per cento del limite di spesa di 3000 euro.

Si ritiene, inoltre, che sono ammesse al beneficio in commento, oltre ai costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino a un massimo di 7 kW, espressamente considerati nella previsione agevolativa, anche le opere strettamente funzionali alla realizzazione dell'intervento (quali ad esempio, i costi di allaccio), fermo restando, naturalmente, il limite complessivo di euro 3.000.

Per quanto concerne le infrastrutture di ricarica in argomento, deve trattarsi di infrastrutture dotate di uno o più punti di ricarica di potenza standard non accessibili al pubblico. A tale ultimo riguardo viene fatto riferimento alle definizioni recate dall'articolo 2, comma 1, lettere d) e h), del decreto legislativo n. 257 del 2016.

La detrazione si applica anche alle spese documentate rimaste a carico del contribuente, per l'acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica di cui trattasi sulle parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117bis del codice civile.

Infine, per la disciplina applicativa delle predette disposizioni incentivanti, con particolare riferimento alle procedure di concessione del contributo di cui al comma 1031 e della detrazione di cui al comma 1039, viene fatto rinvio ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze.

3.5.2 Le misure disincentivanti (commi da 1042 a 1045)

Come sopra anticipato, le disposizioni in commento recano previsioni disincentivanti, sotto forma di imposta, per l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ad una certa soglia (la c.d. "ecotassa").

In particolare, viene introdotta, a decorrere dal 1° marzo 2019 e fino al 31 dicembre 2021, un'imposta parametrata alla quantità dei grammi di CO2 emessi per chilometro, a carico di chi acquisti, anche in locazione finanziaria, e immatricoli in Italia un veicolo nuovo di categoria M1 (ivi compreso chi immatricoli in Italia un veicolo di categoria M1 già immatricolato in un altro Stato) con emissioni di CO2 superiori a 160 CO2 g/km.

Ai fini della debenza dell'imposta, l'acquisto (anche in locazione finanziaria) e l'immatricolazione del veicolo debbono avvenire entrambi nell'arco temporale individuato dal comma 1042; di conseguenza, ad esempio, non è assoggettato al pagamento dell'imposta il soggetto che abbia concluso il contratto di acquisto del veicolo in data 28 febbraio 2019 la cui immatricolazione sia avvenuta in data successiva al 1° marzo 2019.

Deve ritenersi che il requisito dell'immatricolazione come indicato nel comma 1042 non sia integrato e, pertanto, non sia assoggettato ad imposta l'acquisto di veicoli nuovi di categoria M1, al ricorrere delle condizioni previste dagli articoli 131 e 138 del Codice della strada poiché, nel primo caso, l'immatricolazione del veicolo avviene su richiesta del Ministero degli Affari Esteri (articolo 131, comma 2, del Codice della strada) e, nel secondo caso, si tratta di un'immatricolazione "speciale" che avviene direttamente da parte dell'ente proprietario del veicolo ovvero su richiesta dello stesso (articolo 138 del Codice della strada).

Per quanto riguarda il requisito dell'acquisto, rileva anche l'acquisto del veicolo nuovo effettuato all'estero purché acquisto e immatricolazione avvengano nell'arco temporale individuato dalla disposizione in commento.

L'importo dovuto dell'imposta è parametrato in base a 4 scaglioni di emissioni di CO2 normativamente indicate.

L'imposta non è applicata ai veicoli per uso speciale di cui all'allegato II, parte A, punto 5 della direttiva 2007/46/CE (ad esempio camper, veicoli blindati, ambulanze, veicoli con accesso per sedia a rotelle, ecc.).

Come già chiarito con la Risoluzione 32/E del 2019, il soggetto passivo della c.d.

"ecotassa" va individuato esclusivamente nell'acquirente del veicolo le cui emissioni rientrano nei parametri indicati dal riportato comma 1042.

Solo in merito alle modalità di versamento della c.d. "ecotassa" è stato chiarito, con la citata Risoluzione n. 32/E, che il versamento dell'imposta in questione può essere effettuato, oltre che dal soggetto passivo (l'acquirente del veicolo), anche da "chi richiede l'immatricolazione in nome e per conto dell'acquirente" (come, ad esempio, il concessionario).

Pertanto, la responsabilità sulla corretta e tempestiva effettuazione del versamento dell'imposta va ricondotta unicamente in capo all'acquirente quale soggetto passivo dell'imposta. Da ciò deriva, pertanto, che è onere di quest'ultimo acquisire dal soggetto che ha provveduto al versamento in suo nome e per suo conto la

documentazione che attesta l'assolvimento dell'imposta ai fini dei futuri controlli da parte dell'amministrazione finanziaria.

In merito al trattamento ai fini IVA della somma erogata dall'acquirente dell'autovettura al concessionario per il pagamento dell'ECOTASSA, si precisa quanto segue.

Come sopra ricordato, con la Risoluzione n. 32/E del 2019 è stato chiarito che "In merito alle modalità di versamento, l'imposta in argomento è versata dall'acquirente o da chi richiede l'immatricolazione in nome e per conto dell'acquirente, con le modalità di cui agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo n. 241 del 1997, successivamente al verificarsi dei due presupposti, entro il giorno di immatricolazione del veicolo stesso".

Al riguardo, l'articolo 15, primo comma, n. 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che non concorrono a formare la base imponibile "le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate".

Si tratta di operazioni inquadrabili nella figura giuridica del "mandato con rappresentanza" previsto dall'articolo 1704 del codice civile, in cui un soggetto (mandante) conferisce ad un altro soggetto passivo (mandatario) l'incarico di acquistare o vendere beni e/o servizi in nome (e per conto) dello stesso mandante: gli effetti dell'atto, pertanto, si riproducono direttamente nella sfera giuridica del mandante ed in capo allo stesso.

In tali rapporti le somme che vengono anticipate dal mandatario nei confronti di terzi, quando sono poi specificatamente rimborsate dal mandante al mandatario, ovvero le somme anticipate dal mandante al mandatario come "provvista di fondi" per l'esecuzione del mandato ai sensi dell'articolo 1719 del codice civile, sono escluse dalla base imponibile e quindi sono fuori dal campo di applicazione dell'IVA. Tali importi, però, devono essere regolarmente documentati e ciò deve rilevarsi da idonea fattura emessa da un terzo ed intestata direttamente al mandante (Risoluzione n. 164/E del 31 luglio 2003), ovvero da un'apposita distinta documentazione di addebito della destinazione di dette somme da parte del mandatario (Risoluzione n. 133/E del 15 novembre 2004).

Pertanto, nel caso specifico, qualora al versamento provveda direttamente il concessionario in nome e per conto dell'acquirente (soggetto obbligato al pagamento dell'imposta), l'importo in questione deve considerarsi escluso dalla base imponibile ai sensi del menzionato articolo 15 del d.P.R. n. 633 del 1972 quale anticipazione effettuata in nome e per conto della controparte.

Per quanto attiene poi alla individuazione della documentazione che l'acquirente è chiamato a conservare per attestare che l'acquisto del veicolo sia avvenuto in data precedente al 1° marzo 2019 in caso di futuri controlli da parte dell'Agenzia delle Entrate ai fini della c.d. "ecotassa", si ritiene che possa essere utile qualunque contratto e/o documento che contenga gli elementi costitutivi del negozio traslativo della proprietà del veicolo; ai fini dell'individuazione della data di acquisto, quindi, occorrerà tener conto di tutte le clausole e delle eventuali condizioni ivi indicate. In relazione alle vetture intestate ai costruttori stessi (le c.d. company car, ossia utilizzati dalla medesima impresa costruttrice), giova evidenziare che, non configurandosi alcun atto di acquisto da parte degli stessi, la c.d. "ecotassa" non è dovuta, non realizzandosi uno dei due presupposti (l'acquisto) previsti dalla legge. Si fa presente, infine, che in materia di accertamento, riscossione e contenzioso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

3.5.3 Disposizioni comuni alle misure incentivanti e disincentivanti (commi 1046 e 1047)

Ai fini della determinazione del contributo incentivante spettante all'acquirente del veicolo a bassa emissione di CO2, nonché per la determinazione della nuova imposta in caso di acquisto di veicolo nuovo con alte emissioni di CO2, è previsto che, fino al 31 dicembre 2020, il numero dei grammi di CO2 emessi per chilometro sia quello relativo al ciclo di prova NEDC (New European Driving Cycle) come riportato nel secondo riquadro al punto V.7 della carta di circolazione di ciascun veicolo ed è quello da utilizzare per determinare il contributo.

E' stabilito, infine, che allo scopo di monitorare lo stato di attuazione delle misure incentivanti e disincentivanti in argomento, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un sistema permanente di monitoraggio, che si avvale anche delle informazioni fornite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

3.6 Incentivi alla rottamazione per l'acquisto di motoveicoli non inquinanti (commi da 1057 a 1064)

I commi in esame prevedono incentivi in caso di acquisto di motoveicoli elettrici o ibridi nuovi e la contestuale consegna per la rottamazione del veicolo appartenente alle categorie Euro 0, Euro 1 o Euro 2, al fine di favorire l'acquisto di veicoli ecologici ed eliminare progressivamente dalla circolazione i mezzi di trasporto più inquinanti.

Al riguardo, si richiamano di seguito i chiarimenti già forniti con risoluzione n. 32/E del 2019.

Tale misura incentivante prevede il riconoscimento da parte del venditore di tali veicoli di un contributo corrisposto all'acquirente, mediante compensazione con il prezzo di acquisto del veicolo nuovo (ossia, sotto forma di sconto sul prezzo di acquisto) ai sensi del comma 1057. Il contributo così erogato verrà successivamente rimborsato al venditore dalle imprese costruttrici o importatrici del veicolo acquistato. A loro volta, alle imprese costruttrici o importatrici del veicolo è riconosciuto un credito d'imposta in misura pari al contributo rimborsato al venditore e da quest'ultimo riconosciuto all'acquirente.

Tale meccanismo, in sostanza, ricalca - ferme restando le differenze di disciplina tra le due misure in quanto a condizioni e presupposti applicativi - quello previsto per gli incentivi all'acquisto di autovetture nuove a basse emissioni di CO2 dai commi 1031 e seguenti dell'articolo 1 della stessa legge di bilancio 2019 (oggetto di commento al precedente paragrafo 3.5).

Ancorché non espressamente previsto, si deve ritenere che, al pari di quanto disposto dal comma 1036 in merito agli incentivi per l'acquisto di autoveicoli nuovi a basse emissione di CO2, l'incentivo in esame non è cumulabile con altri incentivi di carattere nazionale.

Per quanto concerne la misura incentivante, si evidenzia che, secondo il comma 1057, a coloro che, nel corso dell'anno 2019, acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo elettrico o ibrido nuovo di fabbrica, di potenza inferiore o uguale a 11 kW, delle categorie L1 e L3 e che consegnano per la rottamazione un veicolo delle medesime categorie di cui siano proprietari o utilizzatori, in caso di locazione finanziaria, da almeno dodici mesi, è riconosciuto un contributo pari al 30 per cento del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 3.000 euro, nel caso in cui il veicolo consegnato per la rottamazione appartenga alle categorie Euro 0, Euro 1 o Euro 2.

Sono previste specifiche condizioni ai fini del riconoscimento della spettanza del contributo in favore dell'acquirente, con particolare riferimento, fra l'altro, agli obblighi di demolizione del veicolo usato e di richiesta di cancellazione allo sportello telematico dell'automobilista, nonché al divieto di reimmettere in circolazione i veicoli usati (v. commi 1058 e 1059).

Come accennato, la disciplina dell'incentivo in argomento prevede che le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsino al venditore l'importo del contributo e recuperino detto importo quale credito d'imposta. In base a quanto espressamente stabilito dal comma 1061, tale credito d'imposta è utilizzabile per il versamento delle ritenute dell'IRPEF operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'IRPEF, dell'IRES e dell'IVA, dovute, anche in acconto, per l'esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l'originale del certificato di proprietà e per i successivi.

Sono poi disciplinati gli specifici obblighi di conservazione dei documenti da parte delle imprese costruttrici o importatrici (v. comma 1062) le quali, fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita, conservano la seguente documentazione, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore:

a) copia della fattura di vendita e dell'atto di acquisto;

b) copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato o, in caso di loro mancanza, copia dell'estratto cronologico; e

c) originale del certificato di proprietà relativo alla cancellazione per demolizione, rilasciato dallo sportello telematico dell'automobilista.

La disciplina applicativa dei benefici in argomento è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

3.7 Limite de minimis per gli incentivi all'editoria e all'emittenza locale (comma 762)

La disposizione in commento interviene in merito alla disciplina delle agevolazioni fiscali per l'editoria e l'emittenza locale, introdotte dall'articolo 57-bis del decretolegge n. 50 del 2017.

Il citato articolo 57-bisdel decreto-legge n. 50 del 2017 ha istituito, dal 2018, un credito d'imposta per le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali in relazione agli investimenti pubblicitari incrementali effettuati sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali.

Per beneficiare dell'agevolazione è necessario che l'ammontare complessivo degli investimenti pubblicitari realizzati superi almeno dell'1% l'importo degli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi d'informazione nell'anno precedente.

Il credito d'imposta spetta anche in relazione agli investimenti effettuati, esclusivamente sulla stampa (anche online), dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017, rispetto agli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nel corrispondente periodo dell'anno 2016.

Il credito d'imposta è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e startup innovative.

Il medesimo credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, previa istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 maggio 2018, n. 90, sono stati definiti i criteri e le modalità di attuazione della misura agevolativa, e con il provvedimento del Capo del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2018 è stato approvato il modello di comunicazione telematica per la fruizione del credito con le relative modalità di presentazione (per maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria e le specifiche F.A.Q. sull'argomento nonché il sito www.agenziaentrate.gov.it,).

Con il comma 762 si chiarisce che le misure agevolative di cui trattasi devono comunque essere limitate entro gli importi consentiti dalle specifiche disposizioni dell'UE in materia di aiuti c.d. de minimis.

In particolare, il comma 762 prevede che le agevolazioni illustrate sono concesse ai sensi e nei limiti delle seguenti norme unionali:

- regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis";

- regolamento (UE) n. 1408/ 2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore agricolo;

- regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

Si precisa che l'art. 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, al comma 1, terzo periodo, già prescrive che la modalità applicative delle misure di agevolazione e sostegno devono rispettare la normativa europea sugli aiuti di Stato.

Tuttavia, la disposizione in commento appare volta a rendere l'agevolazione pienamente operativa in tempi brevi e superare, di fatto, i rilievi sollevati su diversi aspetti della misura dalla Commissione europea con la "warning letter" del 21 novembre 2018.

3.8 Agevolazioni per la vendita al dettaglio di giornali e periodici (commi da 806 a 809)

Le disposizioni in commento introducono, per gli anni 2019 e 2020, un credito d'imposta per le attività relative alla vendita al dettaglio di giornali e periodici. In particolare, il comma 806 prevede un credito d'imposta, per i predetti anni, in favore degli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici.

Tale credito d'imposta - riconosciuto nel limite di spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2019 e di 17 milioni di euro per l'anno 2020 - è parametrato agli importi pagati a titolo di IMU, TASI, Cosap e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la predetta attività di vendita di giornali, riviste e periodici al dettaglio, nonché ad altre eventuali spese di locazione o ad altre spese da individuarsi con apposito decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche in relazione all'assenza di punti vendita della stampa nel territorio comunale.

Con lo stesso DPCM, peraltro, ai sensi del successivo comma 808, andranno stabilite anche le disposizioni applicative del credito d'imposta in argomento anche con riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa normativamente previsti).

Il comma 806 prevede che il credito d'imposta in esame è stabilito nella misura massima di 2.000 euro.

Per quanto concerne i destinatari dell'agevolazione è previsto che la stessa si estenda anche agli esercenti attività commerciali che non operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici, a condizione che la predetta attività commerciale rappresenti l'unico punto vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici nel comune di riferimento. Per l'individuazione di tali tipologie di soggetti il comma 806 rinvia all'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 (recante il riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica), secondo cui possono esercitare l'attività di vendita della stampa quotidiana e periodica, in regime di non esclusività, le seguenti tipologie di esercizi commerciali: a) le rivendite di generi di monopolio; b) le rivendite di carburanti e di oli minerali; c) i bar, inclusi gli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime, ed esclusi altri punti di ristoro, ristoranti, rosticcerie e trattorie; d) le strutture di vendita come definite dall'articolo 4, comma 1, lettere e), f) e g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (recante la riforma della disciplina relativa al settore del commercio), con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 700; e) gli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di metri quadrati 120; f) gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di identica specializzazione.

La fruizione del credito d'imposta in argomento deve avvenire entro i limiti delle regole del diritto dell'Unione europea sugli aiuti «de minimis». Al riguardo, il comma 807 stabilisce che gli esercizi normativamente individuati come destinatari dell'agevolazione in argomento possono accedere al credito d'imposta nel rispetto dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».

Lo stesso comma 807 prevede che il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, mediante modello F24.

Il comma 809 reca norme di copertura.

3.9 Quote percentuali di fruizione di taluni crediti d'imposta (comma 805)

Il comma 805 interviene in merito alla fruizione dei crediti d'imposta di cui all'elenco n.1 allegato alla legge di bilancio 2019, rispettivamente in favore degli esercenti delle sale cinematografiche, degli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri, nonché delle imprese produttrici di prodotti editoriali che investono in beni strumentali o in programmi di ristrutturazione economica.

La disposizione in commento, in particolare, interviene sull'ammontare delle risorse disponibili in bilancio, rinviando all'adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, la definizione della riduzione delle quote percentuali di fruizione delle singole agevolazioni, in ragione di quanto spettante sulla base della normativa vigente istitutiva dei crediti d'imposta.

Si riepilogano di seguito i crediti d'imposta interessati dall'intervento in esame con l'indicazione della relativa normativa di riferimento:

- credito d'imposta per gli esercenti delle sale cinematografiche (legge 14 novembre 2016, n. 220, articolo 18, comma 1);

- crediti d'imposta, fruiti dagli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri, sugli importi pagati a titolo di IMU, Tasi, Tari e spese di locazione (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 319);

- crediti d'imposta fruiti dalle imprese produttrici di prodotti editoriali che investono in beni strumentali o in programmi di ristrutturazione economica produttiva (legge 7 marzo 2001, n. 62, articolo 8). A tale proposito si rileva tuttavia che la misura in questione non risulta più in vigore.

3.10 Credito di imposta per le imprese che acquistano prodotti riciclati o imballaggi compostabili o riciclati (commi da 73 a 77)

Il comma 73 riconosce, per gli anni 2019 e 2020, un credito d'imposta nella misura del 36 per cento delle spese sostenute dalle imprese per gli acquisti di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica e di imballaggi biodegradabili e compostabili, secondo la normativa UNI EN 13432:2002 (versione ufficiale in lingua italiana della norma tecnica europea EN 13432 del settembre 2000, intitolata "Imballaggi - Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi"), o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio.

La disposizione in commento esplicita la finalità dell'introduzione del credito d'imposta, identificata nell'intento di incrementare il riciclaggio delle plastiche miste e degli scarti non pericolosi dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione e di recupero dei rifiuti solidi urbani, in alternativa all'avvio al recupero energetico, nonché di ridurre l'impatto ambientale degli imballaggi e il livello di rifiuti non riciclabili derivanti da materiali da imballaggio.

Ai sensi del comma 74, il credito d'imposta in questione è riconosciuto fino a un importo massimo annuale di euro 20.000 per ciascun beneficiario, nel limite massimo complessivo di un milione di euro annui per gli anni 2020 e 2021.

Il credito d'imposta è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all'annualità del relativo riconoscimento. Esso non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 (che riguarda la misura della deducibilità degli interessi passivi inerenti al reddito d'impresa, per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi) e 109, comma 5 (che concerne la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi), del TUIR.

Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal 1° gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli acquisti dei prodotti, e non è soggetto al limite di cui al comma 53 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007.

Ai fini della fruizione del credito d'imposta, il modello F24 è presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento (comma 75).

In base al disposto del comma 76, la definizione dei requisiti tecnici e delle certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile dei prodotti e degli imballaggi secondo la vigente normativa europea e nazionale, nonché dei criteri e delle modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, è rimessa ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2019.

3.11 Credito d'imposta adeguamento tecnologico per invio telematico corrispettivi (comma 55)

Il comma 55 in esame, intervenendo sul testo del comma 6-quinquies dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015, comma introdotto dal decreto-legge n. 119 del 2018, modifica la disciplina del contributo - riconosciuto negli anni 2019 e 2020 - per l'acquisto o per l'adattamento degli strumenti con i quali sono effettuate la memorizzazione e la trasmissione telematica dei corrispettivi, prevedendo che il contributo medesimo sia direttamente concesso ai soggetti obbligati alla memorizzazione e alla trasmissione dei corrispettivi, sotto forma di credito d'imposta, in luogo della previsione di uno sconto obbligatorio da praticarsi da parte del fornitore dello strumento medesimo, al quale attribuire un credito d'imposta di corrispondente importo.

Il contributo, pari al 50 per cento della spesa sostenuta per ciascuno strumento, per un massimo di euro 250 in caso di acquisto e di euro 50 in caso di adattamento, è concesso quale credito d'imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, senza l'osservanza dei limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000.

E' poi chiarito che il credito d'imposta può essere utilizzato a decorrere dalla prima liquidazione periodica dell'imposta sul valore aggiunto, successiva al mese in cui è stata registrata la fattura, relativa all'acquisto o all'adattamento degli strumenti mediante i quali effettuare la memorizzazione e la trasmissione dei corrispettivi, ed è stato pagato, con modalità tracciabile, il relativo corrispettivo.

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 28 febbraio 2019, sono state definite le modalità attuative, comprese le modalità per usufruire del credito d'imposta, il regime dei controlli, nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione e per il rispetto del limite di spesa previsto, pari ad euro 36,3 milioni per l'anno 2019 e ad euro 195,5 milioni per l'anno 2020. Per consentire l'utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d'imposta, con la Risoluzione n. 33/E del 1° marzo 2019 è stato istituito il codice tributo 6899.

4. DEDUZIONI E DETRAZIONI FISCALI

4.1 Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili (comma 67)

Il comma 67 interviene sugli articoli 14 e 16 del decreto-legge n. 63 del 2013 disponendo la proroga, per il 2019, delle detrazioni spettanti, ai fini delle imposte sui redditi, per le spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici.

4.2 Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di sistemazione a verde (comma 68)

Il comma 68 interviene sull'art. 1, comma 12, della legge n. 205 del 2017, disponendo la proroga, per il 2019, della detrazione spettante, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per gli interventi di sistemazione a verde.

Anche per il 2019, quindi, è possibile detrarre dall'imposta lorda un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino a un ammontare complessivo non superiore a 5.000 euro per unità immobiliare a uso abitativo, sostenute per la "sistemazione a verde" di aree scoperte private e condominiali di edifici esistenti, comprese le pertinenze, recinzioni, impianti di irrigazione, realizzazione di pozzi, coperture a verde e giardini pensili. Le spese di progettazione e manutenzione sono agevolabili se connesse all'esecuzione degli interventi citati.

Sono, pertanto, detraibili le opere che si inseriscono in un intervento di sistemazione a verde dell'intero giardino o area interessata, consistente nella riqualificazione ex novo dell'area a verde o nel radicale rinnovamento dell'esistente. Non sono agevolabili i lavori eseguiti in economia.

4.3 Investimenti in start-up innovative (comma 218)

Il comma 218 in commento prevede, per l'anno 2019, l'aumento, dal 30 per cento al 40 per cento, delle percentuali delle detrazioni IRPEF e delle deduzioni IRES - previste dai commi 1, 4 e 7 dell'articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 - in relazione agli investimenti effettuati dal contribuente nel capitale sociale di una o più start-up innovative o di start-up a vocazione sociale o di start-up che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico.

E' previsto altresì che nei casi di acquisizione dell'intero capitale sociale di start-up innovative da parte di soggetti passivi IRES, diversi da imprese start-up innovative, le predette aliquote sono incrementate, per l'anno 2019, dal 30 per cento al 50 per cento, a condizione che l'intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno 3 anni.

Per quanto concerne gli altri aspetti relativi alla disciplina delle condizioni e dei limiti di fruibilità dei benefici in argomento, si applicano le specifiche previsioni recate al riguardo dallo stesso articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012, il cui contenuto è stato oggetto di chiarimento con la circolare n. 16/E dell'11 giugno 2014, e si rinvia alle informazioni, aggiornate alla normativa vigente, reperibili sul sito www.agenziaentrate.gov.it.

4.4 Incentivi per l'assunzione di giovani conducenti nel settore dell'autotrasporto (commi da 291 a 295)

I commi in esame recano misure incentivanti per l'assunzione di giovani conducenti nel settore dell'autotrasporto, con previsioni sia di carattere fiscale che extra-fiscale.

In particolare, sotto il profilo extra-fiscale, il comma 291 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2020, a determinate tipologie di conducenti, assunti con regolare contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dalle imprese di autotrasporto appartenenti a specifiche categorie normativamente individuate, spetta un rimborso, erogato da ciascuna impresa di autotrasporto, in misura pari al 50 per cento del totale delle spese sostenute e documentate per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all'esercizio dell'attività di autotrasporto di merci per conto di terzi.

Le tipologie di conducenti e le categorie di imprese di autotrasporto destinatari delle misure di favore recate dal comma 291, individuate dal successivo comma 292, rispettivamente, alle lettere a) e b), sono le seguenti:

a) conducenti che non abbiano compiuto il trentacinquesimo anno di età alla data di entrata in vigore della presente legge, inquadrati con le qualifiche Q1, Q2 o Q3 previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro-Logistica, trasporto merci e spedizione;

b) imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi attive sul territorio italiano, regolarmente iscritte al Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su strada e all'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi.

Nei commi 294 e 295 sono disciplinate le modalità e i termini di erogazione del rimborso spettante ai conducenti e le spese escluse dallo stesso. Viene fatto rinvio, per la definizione delle modalità di richiesta e di erogazione di detto rimborso, ad un apposito provvedimento da emanarsi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Sotto il profilo fiscale, il comma 293 prevede, in favore delle imprese di autotrasporto sopra indicate, il riconoscimento di una detrazione totale dall'imposta lorda per una quota pari ai rimborsi erogati ai conducenti ai sensi delle previsioni sopra richiamate, fino a un ammontare complessivo degli stessi non superiore a 1.500 euro totali per ciascun periodo d'imposta.

Ferme restando le specifiche modalità di richiesta ed erogazione del beneficio, che saranno definite con apposito provvedimento da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la fruizione della detrazione risulta condizionata, stante il tenore letterale della disposizione, alla (preventiva) erogazione del rimborso. Dalla configurazione dell'erogazione del rimborso quale presupposto del diritto alla detrazione discende, altresì, che quest'ultima sarà fruibile nel periodo di imposta di erogazione del rimborso medesimo.

Inoltre, dal momento che il rimborso spetta per le spese "sostenute e documentate" (comma 291), di tali requisiti si dovrà tenere conto in sede di verifica della spettanza della detrazione.

4.5 Detrazioni fiscali in materia di mantenimento dei cani guida per i non vedenti (comma 27)

Il comma 27 sostituisce il comma 1-quater dell'articolo 15 del TUIR, prevedendo che: "Dall'imposta lorda si detrae, nella misura forfetaria di euro 1.000 e nel limite di spesa di 510.000 euro per l'anno 2020 e di 290.000 euro annui a decorrere dall'anno 2021, la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida".

Nella precedente formulazione, il comma 1-quater dell'articolo 15 del TUIR riconosceva una detrazione dall'imposta lorda, ai fini IRPEF, nella misura forfetaria di euro 516,46, per la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida.

Con la disposizione di nuova introduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2019, la misura della detrazione forfetaria è elevata da euro 516, 46 a euro 1.000,00.

Così come precisato con la circolare n. 7/E del 27 aprile 2018, la detrazione spetta unicamente al soggetto non vedente e non anche alle persone delle quali egli risulti fiscalmente a carico (cfr. circolari n. 7/E del 2018 e n. 7/E del 4 aprile 2017, a commento dei righi E81 ed E5 della dichiarazione dei redditi modello 730).

I non vedenti sono le persone colpite da cecità assoluta, parziale, o che hanno un residuo visivo non superiore a un decimo ad entrambi gli occhi con eventuale correzione.

Gli articoli 2, 3 e 4 della legge 3 aprile 2001, n. 138 individuano esattamente le varie categorie di non vedenti aventi diritto alle agevolazioni fiscali, fornendo la definizione di ciechi totali, parziali e ipovedenti gravi.

Unico requisito richiesto per usufruire della detrazione è il possesso del cane guida.

Non è necessario documentare l'effettivo sostenimento della spesa.

Per fruire della detrazione in analisi pertanto bisogna conservare: - la documentazione attestante il possesso del cane guida; - il certificato di invalidità che attesti la condizione di non vedente, rilasciato da una commissione medica pubblica. E' possibile autocertificare il possesso della documentazione attestante il riconoscimento della sussistenza delle condizioni personali di invalidità (cfr. circolari n. 7/E del 2018 e n. 7/E del 2017, a commento del rigo E81 della dichiarazione dei redditi modello 730; ai fini della detrazione delle spese per l'acquisto del cane guida, di cui all'articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR, si rinvia alle medesime circolari, commento al rigo E5 della dichiarazione dei redditi modello 730).

5. DISPOSIZIONI IN MATERIA IVA

5.1 Sterilizzazione clausole di salvaguardia IVA (comma 2)

L'articolo 1, comma 2, prevede la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote IVA (cd. clausole di salvaguardia) per l'anno 2019.

Le clausole di salvaguardia, volte ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e l'aliquota ridotta del 10 per cento, sono state introdotte in origine dalla legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) a tutela dei saldi di finanza pubblica.

Le successive leggi di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) e di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) hanno rinviato la decorrenza degli aumenti IVA e disattivato le clausole di salvaguardia previste per gli anni precedenti al 2019, sterilizzando gli aumenti dell'IVA per tali anni. Anche la legge di bilancio 2019, al comma 2 in commento, elimina per l'anno 2019 l'aumento di 1,5 punti percentuali dell'aliquota IVA ridotta al 10 per cento, che rimane quindi fissata al 10 per cento, e l'aumento di 2,2 punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, che rimane quindi fissata al 22 per cento.

Lo stesso comma 2 in esame disciplina le clausole di salvaguardia per gli anni successivi al 2019 con riferimento all'aumento dell'aliquota IVA ordinaria e dell'aliquota ridotta del 10 per cento.

5.2 Aliquota IVA dispositivi medici (comma 3)

Il comma 3 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 prevede che "Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, devono intendersi compresi nel numero 114) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante l'elenco dei beni e dei servizi soggetti all'aliquota IVA del 10 per cento, anche i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata di cui all'allegato I del regolamento di esecuzione (UE) 2017/1925 della Commissione del 12 ottobre 2017 che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune".

La citata disposizione contiene una norma di interpretazione autentica, in base all'articolo 1, comma 2, della citata legge n. 212 del 2000 ("Statuto dei diritti del contribuente") secondo cui "L'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica". Ciò in quanto, in deroga ai principi generali secondo cui la "legge non dispone che per l'avvenire" e a quanto ribadito dall'articolo 3 dello stesso Statuto per le norme tributarie, le norme di interpretazione autentica esplicano i propri effetti retroattivamente, dal momento che attribuiscono un significato ad una norma preesistente e, dunque, formano con essa un "precetto normativo unitario" (cfr. Corte costituzionale, sentenza 10 novembre 1994, n. 397).

La norma di interpretazione autentica in commento fa rientrare nell'ambito del numero 114) della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, tra i beni soggetti all'aliquota IVA del 10 per cento, "i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata (...)".

Al riguardo, si precisa che il citato numero 114) della Tabella A, parte III, prevede l'aliquota IVA del 10 per cento per "medicinali pronti per l'uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici; sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie debbono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale".

La norma di interpretazione autentica intende risolvere il problema dell'applicazione dell'aliquota ridotta per quei prodotti che, pur classificati - ai fini doganali - tra i prodotti farmaceutici e medicamenti, non sono commercializzati come tali, bensì come dispositivi medici.

Infatti, il Capitolo 30 della Nomenclatura combinata di cui all'allegato I del regolamento di esecuzione (UE) 2017/1925 della Commissione del 12 ottobre 2017, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune, riguarda i "Prodotti farmaceutici" e, in particolare, la voce 3004 i "Medicamenti (esclusi i prodotti della voce 3002, 3005, e 3006) costituiti da prodotti anche miscelati, preparati per scopi terapeutici o profilattici, presentati sotto forma di dosi (compresi i prodotti destinati alla somministrazione per assorbimento percutaneo) o condizionati per la vendita al minuto".

Si tratta, ad esempio, degli sciroppi per la tosse a base di erbe medicinali, commercializzati come dispositivi medici, che siano stati merceologicamente classificati alla predetta voce doganale 3004, come preparazione medicinale a base di erbe, in quanto, secondo il punto 1) delle Considerazioni Generali delle Note Esplicative al citato Capitolo 30, gli estratti di piante devono intendersi come sostanze attive.

5.3 Aliquota IVA prodotti di panetteria (comma 4)

Il comma 4 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 modifica la norma di interpretazione autentica prevista dal comma 2 dell'articolo 75 della legge n. 413 del

1991, che stabilisce cosa debba intendersi per "prodotti della panetteria ordinaria". Secondo la predetta disposizione "Ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto tra i prodotti della panetteria ordinaria devono intendersi compresi, oltre ai crackers e le fette biscottate, anche quelli contenenti ingredienti e sostanze ammessi dal titolo III della legge 4 luglio 1967, n. 580 (...)".

La predetta norma di interpretazione richiama la legge n. 580 del 1967, concernente la disciplina per la lavorazione e il commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari. Quest'ultima disciplina è stata modificata dal decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502, che costituisce il regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane. Nello specifico, sono stati abrogati alcuni articoli del Titolo III della legge n. 580 del 1967 e, di conseguenza, è venuta meno l'indicazione tassativa degli ingredienti e delle sostanze ammesse per la produzione dei prodotti della panetteria.

In seguito alla modifica disposta dal comma 4 della citata legge di bilancio 2019, l'articolo 75, comma 2, della legge n. 413 del 1991, ora recita:

« 2. Ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto tra i prodotti della panetteria ordinaria devono intendersi compresi, oltre ai cracker ed alle fette biscottate, anche quelli contenenti ingredienti e sostanze ammessi dal titolo III della legge 4 luglio 1967, n. 580, con la sola inclusione degli zuccheri già previsti dalla legge n. 580 del 1967, ovvero destrosio e saccarosio, i grassi e gli oli alimentari industriali ammessi dalla legge, i cereali interi o in granella e i semi, i semi oleosi, le erbe aromatiche e le spezie di uso comune (...)".

Coerentemente con la predetta previsione deve essere interpretato il punto 15) della Tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, che prevede l'applicazione dell'aliquota IVA del 4 per cento a "paste alimentari; crackers e fette biscottate; pane, biscotto di mare e altri prodotti della panetteria ordinaria anche contenenti ingredienti e sostanze ammessi dal titolo III della legge 4 luglio 1967, n. 580, senza aggiunta di zuccheri, miele, uova o formaggio".

Ne consegue che a seguito della novella in commento il legislatore chiarisce che l'aliquota IVA del 4 per cento è applicabile ai prodotti della panetteria ordinaria che contengono i seguenti ingredienti:

- gli zuccheri già previsti dalla legge n. 580 del 1967, ovvero destrosio e saccarosio;

- i grassi e gli oli alimentari industriali ammessi dalla legge;

- i cereali interi o in granella e i semi;

- i semi oleosi;

- le erbe aromatiche e le spezie di uso comune.

Anteriormente al chiarimento fornito dal legislatore, i predetti prodotti erano riconducibili tra i prodotti della panetteria fine, le cui cessioni sono assoggettate all'aliquota IVA del 10 per cento, in quanto compresi nel numero 68) della Tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972.

La norma in commento, come già evidenziato, ha natura interpretativa e, dunque, esplica efficacia retroattivamente, con la conseguenza che le eventuali contestazioni aventi ad oggetto un comportamento rivelatosi poi corretto in forza della norma in parola, andranno abbandonate, fatto salvo il limite dei rapporti esauriti, intendendosi per tali quelli per cui sia intervenuto un giudicato o un atto amministrativo definitivo Al riguardo, si evidenzia che il citato articolo 75, comma 2, della legge n. 413 del 1991 dispone che: "Non si dà luogo a rimborsi di imposte già pagate né è consentita la variazione di cui all'articolo 26, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1976, n. 633, e successive modificazioni".

5.4 Contributi dello Stato a società partecipate (commi da 91 a 94)

I commi in commento dettano norme relative all'erogazione di contributi dello Stato a società da esso partecipate, con particolare riferimento al profilo concernente al rimborso o meno dell'IVA in favore del beneficiario del contributo.

Come chiarito, infatti, nella relazione tecnica al disegno di legge di bilancio 2019, le disposizioni in esame intendono disciplinare sia le ipotesi in cui il contributo erogato dallo Stato prevede il rimborso al beneficiario, oltre alla quota imponibile dell'investimento, anche dell'IVA da questi pagata ai propri fornitori per la realizzazione dell'intervento, sia le ipotesi in cui, invece, il contributo copra la sola quota imponibile dell'investimento.

Prima di esaminare nel dettaglio le norme introdotte dai commi da 91 a 94, si precisa, in via generale, che in relazione al corretto trattamento ai fini IVA da riservare alle erogazioni degli enti pubblici, con la circolare n. 20/E dell'11 maggio 2015 è stato precisato, relativamente al rapporto tra l'ente pubblico erogante ed il soggetto percettore, che l'applicazione dell'IVA ad una determinata operazione presuppone l'esistenza di un nesso di reciprocità fra le prestazioni (in senso lato) dedotte nel rapporto che lega le parti (pubbliche o private). Ove sussista il predetto nesso, la prestazione di denaro si qualifica come corrispettivo e l'operazione dovrà essere regolarmente assoggettata ad imposta sul valore aggiunto. Diversamente, vale a dire in mancanza della funzione sinallagmatica tra gli importi erogati dalla parte pubblica o privata e la prestazione resa dalla controparte, le erogazioni di denaro si qualificano come contributi (rectius, mere movimentazioni di denaro) e, in quanto tali, saranno escluse dall'ambito di applicazione dell'IVA (sull'argomento v. anche, circolare n. 34/E del 21 novembre 2013).

Ciò precisato, il con il comma 91 in commento si prevede che i contributi di importo fino a 50 milioni di euro concessi dallo Stato a società partecipate dallo Stato medesimo o ad organismi di diritto pubblico, anche costituiti in forma di società di capitali, finanziati dallo Stato in misura maggioritaria, con la finalità di effettuare investimenti di pubblico interesse, sono erogati dallo Stato, a titolo definitivo, contestualmente alla realizzazione dell'intervento in forma globale, ovvero quota imponibile e IVA, e progressivamente alla realizzazione dell'intervento medesimo, se il provvedimento di concessione del contributo reca la dicitura "comprensivo di IVA".

Il comma 92 stabilisce, invece, che nel caso di contributi concessi senza la dicitura "comprensivo di IVA", lo Stato eroga il contributo con le medesime modalità, ma con finalità di anticipazione relativamente alla sola quota liquidata a titolo di IVA, che dovrà essere rimborsata dal beneficiario allo Stato a conclusione della realizzazione dell'intervento.

Il comma 93 precisa che le citate disposizioni dei commi 91 e 92 si applicano anche ai contributi per i quali la relativa attività di rendicontazione non si sia conclusa e, comunque, ai contributi relativamente ai quali non sia intervenuta la liquidazione del saldo finale, fermo restando che, in ogni caso, non sono presenti oneri aggiuntivi a carico delle finanze pubbliche.

Infine, atteso il carattere di imposta c.d. armonizzata che contraddistingue l'IVA e la conseguente necessità per gli Stati membri di uniformarsi agli ordinari meccanismi applicativi di detta imposta stabiliti a livello unionale dalla Direttiva del Consiglio n. 112/2006/CE, il comma 94 in commento dispone che le disposizioni di cui ai precedenti commi da 91 a 93 si applicano subordinatamente alla preventiva autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 395 della Direttiva n. 112/2006/CE. Tale ultimo articolo della Direttiva n. 112/2006/CE stabilisce, fra l'altro, che il Consiglio dell'Unione europea, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla stessa Direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali.

Pertanto, sino a quando non interverrà l'autorizzazione della Commissione dell'Unione europea, le previsioni in tema di contributi dello Stato a società partecipate, contenute nei commi da 91 a 93, non potranno trovare applicazione.

5.5 Regime speciale IVA per i produttori agricoli - percentuali di compensazione legno e legna da ardere (comma 662)

La disposizione in commento, nell'ambito della disciplina del regime speciale per i produttori agricoli, stabilisce che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, le percentuali di compensazione di cui al medesimo art. 34, comma 1, applicabili - ai fini del calcolo della detrazione forfetizzata - al legno e alla legna da ardere sono innalzate nel limite massimo di spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall'anno 2019.

Il citato articolo 34 del d.P.R. n. 633 prevede, ai fini IVA, un regime speciale per i produttori agricoli, i quali possono, comunque, optare per l'applicazione dell'imposta secondo le regole ordinarie.

In particolare, i produttori agricoli che applicano il predetto regime speciale:

- all'atto della vendita dei prodotti agricoli espressamente indicati nella Tabella A, Parte I, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, applicano le aliquote proprie previste per le cessioni di tali prodotti agricoli e ittici;

- all'atto della determinazione dell'imposta dovuta, in sede di liquidazione periodica e di dichiarazione annuale, detraggono un importo corrispondente alle "percentuali di compensazione" calcolate sulle vendite degli stessi prodotti agricoli venduti. In merito ai prodotti oggetto della disposizione in commento, si evidenzia che le percentuali di compensazione a questi applicabili fino all'anno 2018 sono previste dal D.M. 12 maggio 1992 e successive modificazioni. In particolare, l'articolo 1, lettera d), del citato decreto ha stabilito l'applicabilità della percentuale di compensazione in misura pari al 2 per cento per i prodotti di cui ai numeri 43), 44), 45) e 46) della tabella A, parte I, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, ossia:

- legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie o fascine nonché per i cascami di legno compresa la segatura;

- legno rozzo, anche scortecciato o semplicemente sgrossato;

- legno semplicemente squadrato, escluso il legno tropicale;

- sughero naturale greggio e cascami di sughero, sughero frantumato, granulato o polverizzato.

Ai sensi dello stesso comma 662, si osserva che l'innalzamento delle percentuali di compensazione, operato con decreto del MEF da emanarsi di concerto con il MIPAAF, è effettuato nel limite massimo di spesa previsto dalla medesima disposizione (1 milione di euro l'anno), a decorre dall'anno 2019.

5.6 Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo (commi 1099 e 1100)

Le disposizioni in commento recano previsioni modificative e integrative della disciplina volta a contrastare il fenomeno del c.d. secondary ticketing, vale a dire la vendita di "titoli di accesso ad attività di spettacolo" effettuata da soggetti diversi dai titolari dei sistemi di emissione dei titoli di accesso.

Tale disciplina di contrasto al secondary ticketing è stata introdotta dall'articolo 1, commi 545 e 546, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017). In attuazione delle originarie previsioni recate dal comma 545 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, è stato emanato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 12 marzo 2018 recante "Adozione delle specificazioni e regole tecniche attuative in materia di secondary ticketing".

Il citato D.M. del 12 marzo 2018 riguarda in particolare la vendita e le altre forme di collocamento di titoli di accesso ad attività di spettacolo attraverso reti di comunicazione elettronica, prevedendo che:

a) ai fini della disciplina in argomento di contrasto al fenomeno del secondary ticketing, per "titoli di accesso ad attività di spettacolo" devono intendersi i titoli di accesso per ciascuna manifestazione da intrattenimento di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, o ciascuna manifestazione spettacolistica di cui alla tabella C, numeri da 1 a 4, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972.

Tali titoli di accesso rappresentano, sotto il profilo fiscale, la modalità certificativa propria per le attività di spettacolo e di intrattenimento.

Si ricorda, infatti, che, sotto il profilo fiscale, per le attività di spettacolo elencate nella Tabella C allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, nonché per le attività di intrattenimento elencate nella Tariffa allegata al d.P.R. n. 640 del

1972, è previsto un sistema di certificazione proprio costituito dai titoli di accesso emessi mediante gli appositi apparecchi misuratori fiscali o biglietterie automatizzate di cui al decreto del Ministero delle finanze 13 luglio 2000 (v. per le attività di spettacolo, l'articolo 74-quater del d.P.R. n. 633 del 1972 e, per le attività di intrattenimento, l'articolo 6 del d.P.R. n. 640 del 1972).

b) la vendita o le altre forme di collocamento dei titoli di accesso attraverso reti di comunicazione elettronica devono avvenire esclusivamente mediante l'utilizzo di sistemi che impediscano l'acquisto da parte di programmi automatici (cosiddetti "bot") e siano in grado di identificare l'acquirente;

c) le specifiche tecniche per la realizzazione di sistemi che rispettino le condizioni di cui al precedente punto b) sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, previa intesa con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Per quanto attiene alle novità normative recate dalla legge di bilancio 2019, i commi 1099 e 1100 dell'articolo 1 della stessa legge di bilancio 2019 intervengono, rispettivamente, a modificare l'articolo 1, comma 545, della legge di bilancio 2017 e ad introdurre nel citato articolo 1 della legge di bilancio 2019 i commi da 545-bisa 545-quinquies.

Tra le novità si segnala quella recata dal nuovo comma 545-bis dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 - introdotto dal comma 1100 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 - secondo cui, a decorrere dal 1° luglio 2019, ferme restando le specifiche disposizioni in materia di manifestazioni sportive, per le quali continua ad applicarsi la specifica disciplina di settore, i titoli di accesso ad attività di spettacolo in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominativi, previa efficace verifica dell'identità, e riportano la chiara indicazione del nome e del cognome del soggetto che fruisce del titolo di accesso, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Da tale prescrizione sono esclusi, oltre alle manifestazioni sportive, gli spettacoli di attività lirica, sinfonica e cameristica, prosa, jazz, balletto, danza e circo contemporaneo.

Per quanto di interesse in questa sede, si fa presente che lo stesso comma 545-bis in argomento prevede che, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione del comma 545-bis dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, previa intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e sentita l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, siano stabilite le regole tecniche attraverso cui i siti internet di rivendita primari, i box office autorizzati o i siti internet ufficiali dell'evento assicurano la rimessa in vendita dei titoli di ingresso nominativi o il cambio di nominativo.

In ottemperanza di questa disposizione, il 1° marzo 2019 è stato pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate lo schema di provvedimento del direttore dell'Agenzia, che riunisce i contenuti attuativi del D.M. 12 marzo 2018, quelli attuativi del comma 545-bis della legge di bilancio 2017, nonché disposizioni di modifica di precedenti decreti e provvedimenti già emanati dall'Agenzia delle entrate in materia di biglietterie automatizzate. La pubblicazione dello schema di provvedimento è stata effettuata previa notifica alla Commissione europea in ottemperanza alla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 settembre 2015 (recepita nell'ordinamento italiano con d.lgs. 15 dicembre 2017, n. 223), che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione.

5.7 Fatturazione elettronica e dati fiscali trasmessi al Sistema tessera sanitaria (commi 53 e 54)

I commi 53 e 54 in commento integrano la disciplina relativa alla trasmissione dei dati fiscali dei soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria.

In particolare, il comma 53, sostituendo l'articolo 10-bis (recante "Disposizioni di semplificazione in tema di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari") del decreto-legge n. 119 del 2018, impone, per il periodo d'imposta 2019 ai soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, il divieto di emettere fatture elettroniche attraverso il sistema di interscambio con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria.

Va qui ricordato che l'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge n. 135 del 2018, introdotto dalla legge di conversione n. 12 del 2019, ha esteso la disposizione in commento e, quindi, il divieto di fatturazione elettronica "ai soggetti che non sono tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche". Sempre nell'ambito dell'intervento di sostituzione dell'articolo 10-bis del decretolegge n. 119 del 2018, viene poi disciplinata l'utilizzazione dei dati trasmessi al Sistema tessera sanitaria, anche mediante un rinvio, a tale proposito, per la disciplina di dettaglio, ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi di concerto con il Ministero della salute e per la pubblica amministrazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

Il comma 54 sostituisce il comma 6-quater dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015, comma introdotto dal citato decreto-legge n. 119 del 2018, in tema di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, il quale stabilisce che i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, possono adempiere l'obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri direttamente mediante il Sistema tessera sanitaria.

Anche in tale caso, sono introdotte norme per il rispetto delle disposizioni sulla protezione dei dati personali, sempre attraverso un rinvio, a tale proposito, per la disciplina di dettaglio, ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi di concerto con il Ministero della salute e per la pubblica amministrazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

5.8 Esonero obbligo di fatturazione elettronica nei contratti di sponsorizzazione stipulati da soggetti passivi con opzione per il regime di cui alla legge n. 398 del 1991 (comma 56)

Il comma 56 abroga il comma 02 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 119 del 2018, il quale disponeva che gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi a contratti di sponsorizzazione e pubblicità in capo ad associazioni e società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro con opzione per il regime di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, sono adempiuti dai cessionari.

Resta, invece, in vigore il comma 01 dello stesso articolo 10 del decreto-legge n. 119 del 2018, il quale, integrando l'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 127

del 2015, prevede che sono esonerati dagli obblighi di fatturazione elettronica i soggetti passivi che hanno esercitato l'opzione per il regime di cui alla legge n. 398 del 1991, e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000. La stessa norma prevede che tali soggetti, se nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a euro 65.000, "assicurano che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d'imposta".

Si precisa, al riguardo, che i soggetti che hanno esercitato l'opzione per il regime di cui alla legge n. 398 del 1991 applicano, per tutti i proventi conseguiti nell'esercizio delle attività commerciali, connesse agli scopi istituzionali, il regime speciale IVA previsto dall'articolo 74, sesto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 (v. articolo 9, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1999, n. 544). Tale regime speciale prevede, fra l'altro, l'esonero dall'obbligo di fatturazione, tranne che per le prestazioni di sponsorizzazione, per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica e per le prestazioni pubblicitarie.

5.9 Consultazione delle fatture elettroniche (comma 354)

Il comma 354, modificando l'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, dispone che le fatture elettroniche emesse nei confronti dei consumatori finali sono rese disponibili, solo su richiesta, a questi ultimi, dai servizi telematici dell'Agenzia delle entrate.

L'intervento normativo, specificando che le fatture elettroniche sono "rese disponibili" ai consumatori finali da parte dei servizi telematici dell'Agenzia delle entrate "solo su richiesta" di questi ultimi, recepisce le indicazioni espresse dal Garante per la protezione dei dati personali nel Provvedimento in tema di fatturazione elettronica del 20 dicembre 2018.

5.10 Estensione dell'istituto del gruppo IVA ai Gruppi Bancari Cooperativi (articolo 20 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136)

L'articolo 20 del decreto-legge n. 119 del 2018 estende ai Gruppi Bancari Cooperativi, di cui all'art. 37-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario - TUB), la possibilità di optare per la costituzione di un Gruppo IVA di cui al Titolo V-bis del d.P.R. n. 633 del 1972.

In particolare, il citato articolo 20, al comma 1, apporta le seguenti modificazioni agli articoli 70-tere 70-septies del d.P.R. n. 633 del 1972:

a) all'articolo 70-ter, dopo il comma 1, è inserito il seguente: "1-bis. Il vincolo finanziario si considera altresì sussistente tra i soggetti passivi, stabiliti nel territorio dello Stato, partecipanti ad un Gruppo Bancario di cui all'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.".

b) all'articolo 70-septies, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Per i Gruppi IVA costituiti tra i soggetti di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 70-ter, il rappresentante di gruppo è la società capogruppo di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.".

Il comma 2 dell'articolo 20 in commento stabilisce, inoltre, che "Per l'anno 2019, la dichiarazione per la costituzione del Gruppo IVA da parte dei partecipanti ad un Gruppo Bancario di cui all'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385, ha effetto se presentata entro il 31 dicembre 2018 e se a tale data sussistono i vincoli finanziario, economico e organizzativo di cui all'articolo 70-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Il vincolo finanziario si considera sussistere se a tale data è stato sottoscritto il contratto di coesione di cui al comma 3 dell'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385. La dichiarazione per la costituzione del gruppo IVA ha effetto dal 1° luglio 2019 se presentata dai partecipanti ad un Gruppo Bancario di cui all'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385, previa sottoscrizione del contratto di coesione di cui al medesimo articolo 37-bis, successivamente al 31 dicembre 2018 ed entro il 30 aprile 2019".

La novella normativa, attraverso la modifica dell'articolo 70-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, prevede una specifica ipotesi di controllo basato sul vincolo contrattuale, ai sensi del quale risulta integrato il vincolo finanziario necessario per l'applicazione della disciplina del gruppo IVA, prevista dal Titolo V-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, ai Gruppi Bancari Cooperativi.

In proposito, si rappresenta che, in base alla normativa vigente, la costituzione del gruppo IVA presuppone l'esistenza di un vincolo finanziario costituito da un rapporto di controllo di diritto, diretto o indiretto, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, che richiede alla controllante di disporre della maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria della società controllata.

Il Gruppo Bancario Cooperativo (GBC), costituito ai sensi della legge di riforma del settore del credito cooperativo (decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49), si caratterizza per particolari regole di costituzione dettate dal TUB.

La peculiare normativa del settore del credito cooperativo obbliga, infatti, le banche cooperative ad aderire al GBC sulla base del contratto di adesione, pena il mancato rilascio dell'autorizzazione per le BCC-CR neocostituite (ex art. 33, comma 1-bis del TUB) e la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria (ex art. 2, commi 3 e 4, del decreto-legge n.18 del 2016).

In particolare, l'art. 37-bis del decreto legislativo n. 385 del 1993, come modificato in sede di riforma delle BCC, prevede che la società capogruppo eserciti l'attività di direzione e coordinamento sulle banche aderenti al gruppo sulla base al citato contratto. La Capogruppo, in base alla normativa richiamata, deve essere una società costituita in forma di società per azioni, autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria, il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria dalle banche di credito cooperativo appartenenti al gruppo. Il medesimo contratto di coesione deve assicurare, tra l'altro, oltre che l'esistenza di una situazione di controllo, come definito dai princìpi contabili internazionali adottati dall'Unione europea, l'individuazione e l'attuazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi operativi del gruppo, nonché gli altri poteri necessari per l'attività di direzione e coordinamento da parte della capogruppo, ivi compresi i controlli e i poteri di influenza sulle banche aderenti, volti ad assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali e delle altre disposizioni in materia bancaria.

Per effetto della normativa che regola il settore del credito cooperativo, pertanto, il rapporto di controllo, idoneo ad individuare il vincolo finanziario ai fini della costituzione del gruppo IVA, non è ravvisabile all'interno del GBC nell'esercizio maggioritario del voto assembleare, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, bensì nell'esercizio dei poteri esercitati dalla capogruppo per effetto delle condizioni contrattuali dettate dal contratto di coesione.

In proposito, preme evidenziare che il contratto di coesione, disciplinato dall'art. 37bis, commi 3 e 7-bis, del TUB rappresenta lo strumento principale con il quale la capogruppo esercita l'attività di direzione e coordinamento sulle BCC, sulle società bancarie, finanziarie e strumentali e sui sottogruppi territoriali eventualmente costituiti. Il contratto di coesione disciplina la direzione e il coordinamento della capogruppo sul gruppo e indica: a) la banca capogruppo, cui sono attribuiti la direzione e il coordinamento del gruppo; b) i poteri della capogruppo nel rispetto delle finalità mutualistiche e del carattere localistico delle banche di credito cooperativo.

Il comma 3 dell'art. 37-bis, sopra citato, delimita, dunque, i poteri della capogruppo, che devono obbligatoriamente essere ricompresi nel contratto di coesione, mentre il comma 7-bis demanda all'organo di vigilanza la definizione del contenuto minimo del contratto stesso.

È, pertanto, nel contratto di coesione, disciplinato dall'art. 37-bis, commi 3 e 7-bis, del TUB, che si individua la delineazione dell'esercizio del controllo all'interno del GBC. Attraverso tale strumento negoziale si definisce, infatti, il rapporto tra capogruppo e controllate, seppure informato al rispetto delle finalità mutualistiche che caratterizzano il mondo del credito cooperativo.

Considerata la peculiarità del Gruppo Bancario Cooperativo, il contratto di coesione configurerebbe una situazione assimilabile al controllo, diretto o indiretto, previsto dall'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile per le società.

La scelta operata dal Legislatore risulta conforme con le linee guida sulle modalità di attuazione del Gruppo IVA che la Commissione UE ha fornito nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo del 2 luglio 2009.

In particolare, per quanto concerne l'individuazione del vincolo finanziario, la Commissione in tale sede ha ritenuto che possa farsi riferimento ad una percentuale di partecipazione al capitale o ai diritti di voto (oltre il 50 per cento) o sulla base di un vincolo contrattuale consistente nella stipula di un contratto di franchising, chiarendo che ciò garantirebbe che un'impresa ha effettivamente il controllo su un'altra.

L'articolo 20 in commento inserisce, inoltre, nel comma 2 dell'articolo 70-septies del d.P.R. n. 633 del 1972, la disposizione secondo cui, nel GBC, il rappresentante di gruppo è la società capogruppo di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 37-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993.

In conformità con quanto sopra rappresentato, in ragione dei poteri esercitati dalla capogruppo nei confronti delle banche aderenti al GBC, secondo le condizioni dettate dal contratto di coesione, si individua nella capogruppo la società che assumerà il ruolo di rappresentante del Gruppo IVA ex art. 70-septies d.P.R. n. 633 del 1972.

Il comma 2 dell'articolo 20 in commento detta, inoltre, le regole per la disciplina del periodo transitorio.

La norma, per comprendere i GBC nell'ambito della disciplina del Gruppo IVA, prevede che la dichiarazione per la costituzione del Gruppo IVA:

? ha effetto dal 1° gennaio 2019, se presentata entro il 31 dicembre 2018 e se, a tale data, sussistono i vincoli finanziario, economico e organizzativo richiesti dall'art. 70-ter d.P.R. n. 633 del 1972;

? ha effetto dal 1° luglio 2019, se presentata, previa sottoscrizione del contratto di coesione, successivamente al 31 dicembre 2018 ed entro il 30 aprile 2019.

6. REGISTRO, BOLLO E ALTRI TRIBUTI INDIRETTI

6.1 Imposta di registro (comma 1084)

Il comma 1084 stabilisce che "L'articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell'articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.".

L'articolo 1, comma 87, lettera a), della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha modificato l'articolo 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 (testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), la cui attuale formulazione è la seguente: "L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi.".

Come chiarito dalla relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2018, la modifica prevista dall'articolo 1, comma 87, lettera a), della legge n. 205 del 2017 "è volta a dirimere alcuni dubbi interpretativi sorti in merito alla portata applicativa dell'articolo 20 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 (TUR), rubricato 'interpretazione degli atti'".

Nella stessa relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2018 viene affermato che:

- la modifica introdotta dalla legge n. 205 del 2017 "è volta, dunque, a definire la portata della previsione di cui all'articolo 20 del TUR, al fine di stabilire che detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all'atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici 'collegati' con quello da registrare";

- "ove si configuri un vantaggio fiscale che non può essere rilevato mediante l'attività interpretativa di cui all'articolo 20 del TUR, tale vantaggio potrà essere valutato sulla base della sussistenza dei presupposti costitutivi dell'abuso del diritto di cui all'articolo 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n.

212 (Statuto dei diritti del contribuente)".

6.2 Esenzione imposta di bollo in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche non lucrative riconosciute dal CONI (comma 646)

Attraverso l'integrazione dell'articolo 27-bis della tabella di cui all'allegato B annesso al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, l'esenzione dall'imposta di bollo già prevista per gli atti, documenti, istanze, contratti nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti "dalle federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI" viene estesa anche ai medesimi atti, documenti, ecc. posti in essere o richiesti "dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciuti dal CONI".

Si precisa che, relativamente al richiamo, operato dal citato articolo 27-bis, alle "federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI", con circolare n. 18/E del 1° agosto 2018 (cfr. paragrafo 8), è stato chiarito che la previsione di esenzione dall'imposta di bollo recata dal medesimo articolo 27-bis si applica anche in favore delle Discipline Sportive Associate atteso che le norme extra-fiscali che istituiscono e regolamentano le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate sono le stesse e che le attività sportive svolte sia dalle Federazioni Sportive Nazionali che dalle Discipline Sportive Associate sono disciplinate dalle disposizioni degli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 (in tema di riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI).

6.3 Imposta di bollo virtuale per banche e intermediari finanziari (comma 1128)

Il comma 1128 in esame modifica la disciplina della somma da versare prevista a titolo di acconto sull'imposta di bollo assolta in modo virtuale da parte di Poste italiane s.p.a., delle banche e degli altri enti e società finanziari normativamente individuati, nonché dalle imprese di assicurazioni.

In particolare, la percentuale della somma da versare a titolo di acconto sull'imposta di bollo assolta in modo virtuale dai predetti soggetti - nei termini e con le modalità previsti dall'articolo 15-bis del d.P.R. n. 642 del 1972 - passa dal 95 al 100 per cento a partire dagli anni successivi al 2020.

Tale innalzamento è operato attraverso la modifica del comma 9 dell'articolo 82 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che già in precedenza aveva elevato la percentuale dell'acconto stabilita dal citato articolo 15-bis del d.P.R. n. 642 del 1972.

6.4 Imposta servizi digitali (commi da 35 a 50)

Le disposizioni in commento prevedono l'istituzione di un'imposta sui servizi digitali (di seguito, nel presente paragrafo, anche "ISD" o "imposta").

La norma in commento tiene conto delle iniziative in campo internazionale ed europeo con riferimento alla tassazione dell'economia digitale.

Per quanto concerne il profilo internazionale, in ambito Ocse, la relazione "Tax Challenges Arising from Digitalisation - Interim Report 2018: Inclusive Framework on BEPS", evidenzia la necessità di adeguare il sistema fiscale internazionale alla digitalizzazione dell'economia e individua gli elementi di cui devono tenere conto i paesi che intendono introdurre misure per affrontare le sfide fiscali connesse alla digitalizzazione.

Nel contesto dell'Unione Europea, nel marzo 2018 la Commissione europea ha lanciato la Proposta di Direttiva del consiglio relativa al sistema comune d'imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali (Bruxelles, 21.3.2018 COM(2018) 148 final)[2].

Per quanto concerne gli elementi caratterizzanti la disciplina dell'imposta sui servizi digitali introdotta dalle disposizioni in commento della legge di bilancio 2019, si fa presente, in primo luogo, che i soggetti passivi dell'ISD sono individuati dal comma 36 nei soggetti esercenti attività d'impresa che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare, realizzano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a euro 750.000.000;

b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a euro 5.500.000.

La prima soglia intende limitare l'applicazione dell'imposta ai soggetti economici che sono in grado, grazie alla loro struttura, di fornire i servizi digitali in cui si genera un grande traffico di utenti, dati, pubblicità sul web. La seconda soglia, che fa riferimento ai ricavi ottenuti nel territorio dello Stato, consente di tassare solo quei soggetti che in Italia generano un gettito di una certa consistenza.

L'imposta si applica ai ricavi derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi (nel prosieguo definiti, esclusivamente ai fini della descrizione della disciplina dell'ISD, quali "servizi digitali"), individuati dal comma 37, alle lettere a), b) e c):

a) veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;

b) messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;

c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale.

Per espressa previsione normativa del comma 38, non sono tassabili i ricavi derivanti dai servizi digitali resi a soggetti che, ai sensi dell'articolo 2359 del Codice civile, si considerano controllati, controllanti o controllati dallo stesso soggetto controllante.

Nella determinazione della base imponibile dell'ISD, i ricavi tassabili sono assunti al lordo dei costi e al netto dell'IVA e di altre imposte indirette (v. comma 39).

In base alla previsione del comma 40 il periodo d'imposta coincide con l'anno solare. La stessa disposizione disciplina, inoltre, la correlazione temporale tra il ricavo tassabile ed il relativo periodo d'imposta. Viene stabilito a tale riguardo che un ricavo si considera tassabile in un determinato periodo d'imposta se l'utente di un servizio digitale tassabile è localizzato nel territorio dello Stato in detto periodo. La finalità della disposizione in commento è stabilire un nesso tra il luogo dove viene utilizzato il servizio e quello dove viene generato il ricavo.

Ai fini della localizzazione dell'utente, il medesimo comma 40 prevede, in relazione a ciascuna tipologia di servizio digitale indicato dalle lettere a), b) e c) del comma 37, un differente criterio di localizzazione nel territorio dello Stato.

In particolare, nel caso di un servizio di veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia [servizio di cui al comma 37, lettera a)], un utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se la pubblicità figura sul dispositivo dell'utente nel momento in cui il dispositivo è utilizzato nel territorio dello Stato in detto periodo d'imposta per accedere a un'interfaccia digitale.

Nell'ipotesi poi di un servizio di messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi [servizio di cui al comma 37, lettera b)] l'utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se:

1) il servizio comporta un'interfaccia digitale multilaterale che facilita le corrispondenti cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, l'utente utilizza un dispositivo nel territorio dello Stato in detto periodo d'imposta per accedere all'interfaccia digitale e conclude un'operazione corrispondente su tale interfaccia in detto periodo d'imposta;

2) il servizio comporta un'interfaccia digitale multilaterale di un tipo che non rientra tra quelli di cui al numero 1), l'utente dispone di un conto per la totalità o una parte di tale periodo d'imposta che gli consente di accedere all'interfaccia digitale e tale conto è stato aperto utilizzando un dispositivo nel territorio dello Stato.

Infine, nell'ipotesi di un servizio di trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale [servizio di cui al comma 37, lettera c)], l'utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se i dati generati dall'utente che ha utilizzato un dispositivo nel territorio dello Stato per accedere a un'interfaccia digitale, nel corso di tale periodo d'imposta o di un periodo d'imposta precedente, sono trasmessi in detto periodo d'imposta.

Per quanto attiene alle modalità di calcolo dell'ISD, il comma 41 stabilisce che l'imposta dovuta si ottiene applicando l'aliquota del 3 per cento all'ammontare dei ricavi tassabili realizzati dal soggetto passivo in ciascun trimestre.

Il successivo comma 42 reca previsioni in tema di obblighi di versamento e dichiarativi dell'ISD stabilendo che i soggetti passivi sono tenuti al versamento dell'imposta entro il mese successivo a ciascun trimestre e alla presentazione della dichiarazione annuale dell'ammontare dei servizi tassabili prestati entro quattro mesi dalla chiusura del periodo d'imposta.

Per quanto concerne la posizione dei soggetti non residenti il comma 43 stabilisce che questi ultimi, se privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato e di un numero identificativo ai fini dell'IVA, qualora nel corso di un anno solare realizzano i presupposti applicativi dell'ISD indicati al comma 36, devono fare richiesta all'Agenzia delle entrate di un numero identificativo ai fini dell'imposta sui servizi digitali. Lo stesso comma 43 in esame dispone che i soggetti residenti nel territorio dello Stato che appartengono allo stesso gruppo dei soggetti di cui al primo periodo sono solidalmente responsabili con questi ultimi per le obbligazioni derivanti dalle disposizioni relative all'imposta sui servizi digitali.

Ai fini dell'accertamento, delle sanzioni e della riscossione dell'ISD, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni previste in materia di IVA, in quanto compatibili (v. comma 44).

In merito alle disposizioni di attuazione e alle modalità applicative delle disposizioni relative all'ISD, i commi 45 e 46 rinviano, rispettivamente:

- ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali e l'Agenzia per l'Italia digitale (con tale decreto può essere previsto anche, in base al comma 42, che, per le società appartenenti al medesimo gruppo, per l'assolvimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all'imposta sui servizi digitali sia nominata una singola società del gruppo);

- ad uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate (con tale provvedimento, in base al comma 43, sono anche disciplinate le modalità di richiesta all'Agenzia delle entrate di un numero identificativo ai fini dell'imposta sui servizi digitali da parte dei soggetti non residenti secondo quanto stabilito dallo stesso comma 43).

In base a quanto stabilito dal comma 47, le disposizioni relative all'ISD si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al citato comma 45.

Si fa presente, infine, che con il comma 50 viene abrogata la disciplina (recata nell'articolo 1, commi da 1011 a 1019, della legge di bilancio 2018) dell'imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici, le cui previsioni non hanno mai trovato applicazione.

6.5 Rideterminazione dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni (comma 1066)

La disposizione in esame incrementa l'aliquota dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni - da versarsi entro il 16 novembre di ogni anno ai sensi dell'articolo 9, comma 1-bis, della legge 29 ottobre 1961, n. 1216 - all'85 per cento per l'anno 2019, al 90 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Si ricorda che in precedenza, in base all'articolo 1, comma 992, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), l'aliquota dell'acconto della citata imposta era stata già elevata al 59 per cento per l'anno 2019, e al 74 per cento per gli anni successivi.

6.6 Canone TV (commi 89 e 90)

La previsione di interesse è recata dal comma 89 il quale prevede che la misura del canone di abbonamento alla televisione per uso privato è pari complessivamente all'importo di euro 90 anche per gli anni successivi al 2018.

7. DISPOSIZIONI AGEVOLATIVE VARIE E ALTRE NOVITA'

7.1. Definizione agevolata dei debiti tributari dei contribuenti in difficoltà economica - saldo e stralcio (commi da 184 a 199)

I commi da 184 a 199 consentono di definire con modalità agevolate i debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica mediante il pagamento di una somma determinata in misura differenziata e graduale secondo la condizione economica del debitore nonché delle somme spettanti all'agente della riscossione. Il pagamento può avvenire in unica soluzione o in più rate.

Nel dettaglio, il comma 184 stabilisce che i debiti delle persone fisiche risultanti dai singoli carichi affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 e derivanti dall'omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle relative attività di liquidazione di cui all'articolo 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, e all'articolo 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, a titolo di tributi e relativi interessi e sanzioni, possono essere estinti dai debitori che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica mediante il pagamento di una somma determinata sulla base della condizione economica del debitore. Considerato che il citato comma 184 si riferisce precipuamente ai debiti risultanti da carichi affidati all'agente della riscossione, non rientrano nella definizione agevolata le somme non ancora affidate all'agente della riscossione.

Sono esclusi dall'istituto agevolativo in esame i debiti rientranti nell'ambito applicativo dello stralcio dei debiti previsto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 119 del 2018, il quale stabilisce che sono automaticamente annullati i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge n. 119, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di definizione agevolata dei carichi di cui all'articolo 3 del medesimo decreto-legge n. 119 (c.d. rottamazione-ter).

Soggetti beneficiari dell'agevolazione sono unicamente le persone fisiche che si trovano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica con riferimento ai debiti risultanti dalle proprie dichiarazioni annuali e dalla relativa attività di liquidazione.

Può accadere che i debiti risultino imputabili alla persona fisica nella sua qualità di erede del contribuente debitore. In tal caso l'erede può avvalersi dell'agevolazione in quanto, subentrando nell'universalità dei beni che costituiscono il patrimonio del defunto, diviene egli stesso titolare del debito del de cuius (al netto delle relative sanzioni in quanto intrasmissibili agli eredi ai sensi di legge). Nell'ipotesi di più eredi, stante il vincolo di coobbligazione solidale sussistente tra gli stessi, l'accesso al saldo e stralcio da parte di uno degli eredi aventi i requisiti di legge potrà determinare l'estinzione del carico a prescindere dal comportamento assunto dagli altri.

Diversamente, con riguardo ai debiti derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni delle società di persone di cui la persona fisica è socio e, pertanto, soggetto coobbligato in via sussidiaria, il socio-persona fisica non può avvalersi del saldo e stralcio in quanto il soggetto di imposta è la società e, pertanto, il debito è escluso dall'ambito applicativo della definizione agevolata. Il socio-persona fisica potrà comunque accedere all'agevolazione con riguardo ai debiti derivanti dalla liquidazione delle proprie dichiarazioni comprensive anche del reddito di partecipazione imputato per trasparenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del TUIR.

Il comma 185 - non oggetto di approfondimento in questa sede - consente di definire con modalità agevolate, sempre in caso di grave e comprovata situazione di difficoltà economica, i carichi derivanti dall'omesso versamento di determinati contributi previdenziali, con esclusione di quelli richiesti a seguito di accertamento.

Agli effetti della nuova disciplina di definizione dei debiti tributari in esame vengono distinte due ipotesi di "grave e comprovata situazione di difficoltà economica" in cui deve versare la persona fisica che voglia avvalersi dell'istituto definitorio. In particolare:

- in base al comma 186, sussiste una "grave e comprovata situazione di difficoltà economica" qualora l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare non sia superiore ad euro 20.000;

- in base al comma 188, versano comunque (indipendentemente dall'indicatore ISEE) in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica i soggetti per cui è stata aperta, alla data di presentazione della dichiarazione con cui si richiede l'accesso alla definizione agevolata, una procedura di liquidazione dei beni per sovraindebitamento (di cui all'articolo 14-terdella legge 27 gennaio 2012, n. 3).

A seconda che ricorra una ovvero l'altra delle due situazioni di grave e comprovata difficoltà economica, diverse sono le modalità di calcolo delle somme dovute ai fini del perfezionamento della definizione agevolata.

In particolare, il comma 187 stabilisce che, per i soggetti che si trovano nella situazione di "grave e comprovata situazione di difficoltà economica" ancorata all'indicatore ISEE (come sopra definita dal comma 186), i debiti tributari normativamente individuati possono essere estinti senza corrispondere:

- le sanzioni comprese in tali carichi,

- gli interessi di mora di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602,

- le sanzioni e le somme aggiuntive relative ai crediti previdenziali di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e versando:

a) le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi, in misura pari:

1) al 16 per cento, qualora l'ISEE del nucleo familiare risulti non superiore a euro 8.500;

2) al 20 per cento, qualora l'ISEE del nucleo familiare risulti superiore a euro 8.500 e non superiore a euro 12.500;

3) al 35 per cento, qualora l'ISEE del nucleo familiare risulti superiore a euro 12.500 e non superiore ad euro 20.000;

b) le somme maturate a favore dell'agente della riscossione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

Il comma 188 stabilisce, invece, che, per i soggetti che versano in situazione di "grave e comprovata situazione di difficoltà economica" per cui è stata aperta una procedura di liquidazione dei beni per sovraindebitamento, i debiti tributari normativamente individuati possono essere estinti versando:

a) le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi in misura pari al 10 per cento;

b) le somme maturate a favore dell'agente della riscossione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999) a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

A tal fine, alla dichiarazione con cui si richiede l'accesso alla definizione agevolata va allegata copia conforme del decreto di apertura della predetta liquidazione. La procedura per accedere alla definizione agevolata viene disciplinata nei commi da 189 a 193.

Il debitore manifesta all'agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione agevolata rendendo, entro il 30 aprile 2019, apposita dichiarazione - con le modalità e in conformità alla modulistica pubblicata dallo stesso agente nel proprio sito internet istituzionale - nella quale lo stesso debitore attesta la presenza della "grave e comprovata situazione di difficoltà economica" (correlata all'ISEE o, diversamente, all'apertura di una procedura di liquidazione dei beni per sovraindebitamento) e indica i debiti che intende definire e il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dalla norma. Il versamento delle somme può essere effettuato in unica soluzione entro il 30 novembre 2019, o in rate così ripartite:

- il 35 per cento con scadenza il 30 novembre 2019

- il 20 per cento con scadenza il 31 marzo 2020

- il 15 per cento con scadenza il 31 luglio 2020

- il 15 per cento con scadenza il 31 marzo 2021

- il restante 15 per cento con scadenza il 31 luglio 2021.

In caso di pagamento rateale si applicano, a decorrere dal 1° dicembre 2019, gli interessi al tasso del 2 per cento annuo e non si applicano le disposizioni che disciplinano in via generale la rateazione dei debiti tributari (recate dall'articolo 19 del d.P.R. n. 602 del 1973).

Entro il 31 ottobre 2019, l'agente della riscossione comunica ai debitori che hanno presentato la dichiarazione con cui si richiede l'accesso alla definizione agevolata l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini dell'estinzione nonché quello delle singole rate, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.

Entro la stessa data, l'agente della riscossione comunica, ove sussistenti, il difetto dei requisiti relativi alla "grave e comprovata situazione di difficoltà economica" o la presenza nella predetta dichiarazione di debiti diversi da quelli normativamente ammessi alla definizione agevolata e la conseguente impossibilità di estinguere il debito in base a tale disciplina.

In tali casi, l'agente della riscossione avverte il debitore che i debiti delle persone fisiche inseriti nella dichiarazione con cui si richiede l'accesso alla definizione agevolata, ove definibili con la cd. "rottamazione-ter" (definizione agevolata ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018), sono automaticamente inclusi nell'ambito di tale ultima definizione e indica l'ammontare complessivo delle somme dovute a tal fine, ripartito in diciassette rate, e la scadenza di ciascuna di esse. La prima di tali rate, di ammontare pari al 30 per cento, scade il 30 novembre 2019 mentre il restante 70 per cento è ripartito nelle rate successive, ciascuna di pari importo, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020. Limitatamente ai debiti relativi ai carichi per i quali il debitore aveva presentato la dichiarazione per la cd. "rottamazione-bis" (definizione agevolata ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148) ma non effettuato l'integrale pagamento entro il 7 dicembre 2018, l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della "rottamazione-ter" è invece ripartito in nove rate, di cui la prima, di ammontare pari al 30 per cento, scadente il 30 novembre 2019 e le restanti, ciascuna di pari importo, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre degli anni 2020 e 2021. Si applicano, a partire dal 1° dicembre 2019, gli interessi al tasso del 2 per cento annuo.

Al fine di coordinare tra loro le procedure di definizione agevolata disciplinate dall'ordinamento, il comma 194 consente di estinguere i debiti in commento anche se già oggetto di precedenti "rottamazioni" (di cui, rispettivamente, all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, e all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172) se per tali precedenti "rottamazioni" il debitore non abbia perfezionato la relativa definizione con l'integrale pagamento delle somme dovute. In tali casi, considerato che i versamenti eventualmente effettuati a seguito delle predette "rottamazioni" restano definitivamente acquisiti e non ne è ammessa la restituzione, oggetto della definizione agevolata sarà il debito residuo.

Nei commi da 195 a 197 vengono disciplinati gli aspetti attinenti:

- ai controlli sulle autodichiarazioni dei contribuenti rese a fini ISEE (comma 195): l'agente della riscossione, in collaborazione con l'Agenzia delle entrate e con la Guardia di finanza, procede al controllo sulla veridicità dei dati dichiarati ai fini della certificazione ISEE nei soli casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità dei medesimi (controllo effettuabile fino alla trasmissione degli elenchi dei debitori che si sono avvalsi della rottamazioneter di cui all'articolo 3, comma 19, del decreto-legge n. 119 del 2018);

- alla procedura da seguire in caso di rilevamento di eventuali irregolarità o omissioni non costituenti falsità (comma 196): in tal caso il debitore è tenuto a fornire, entro un termine di decadenza non inferiore a venti giorni dalla relativa comunicazione, la documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella dichiarazione;

- alle conseguenze in caso di mancata o tempestiva produzione da parte del debitore della documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati dichiarati e in caso di irregolarità o omissioni costituenti falsità (comma 197): in detta eventualità non si determinano gli effetti di definizione agevolata e l'ente creditore, qualora sia già intervenuto il discarico automatico, procede, a seguito di segnalazione dell'agente della riscossione, nel termine di prescrizione decennale, a riaffidare in riscossione il debito residuo, fermi restando gli adempimenti conseguenti alle falsità rilevate.

Con una previsione di chiusura, il comma 198, per gli aspetti non oggetto di disciplina da parte delle disposizioni della legge di bilancio 2019 sopra esaminate, rinvia, in quanto compatibili, a talune specifiche previsioni in tema di disciplina della c.d. rottamazione-ter di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018. Il comma 199 disciplina la copertura delle disposizioni sulla definizione agevolata oggetto di disciplina da parte dei commi precedenti.

7.2. Riduzione a metà dell'IRES ai sensi dell'articolo 6 del DPR n. 601 del 1973 (commi 51, 52 e 52-bis)

Il comma 51 in commento dispone l'abrogazione dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 recante la previsione del beneficio della riduzione a metà dell'IRES nei confronti dei seguenti soggetti, a condizione che abbiano personalità giuridica:

- enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;

- istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;

- enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione;

- Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione dell'Unione europea in materia di "in house providing" e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013.

Con il successivo comma 52 della legge di bilancio 2019 è stato stabilito che "la determinazione degli acconti dovuti per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 è effettuata considerando quale imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata applicando la disposizione abrogativa dell'articolo 6 del DPR n. 601 del 1973, di cui al comma 51".

Tale disciplina, tuttavia, è stata da ultimo oggetto di un intervento correttivo ad opera del decreto-legge n. 135 del 2018

In particolare, l'articolo 1 del citato decreto-legge n. 135 del 2018, al comma 8-bis, lettera b), inserito dalla legge di conversione n. 12 del 2019, stabilisce che "La disposizione di cui al comma 51 si applica a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione del regime agevolativo di cui al comma 52-bis", il quale, a sua volta, prevede che "Con successivi provvedimenti legislativi sono individuate misure di favore, compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali nel rispetto dei princìpi di solidarietà e sussidiarietà. È assicurato il necessario coordinamento con le disposizioni del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117."

In sostanza, in base a tale intervento correttivo, l'abrogazione dell'agevolazione della riduzione a metà dell'IRES, prevista dall'articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, anziché avere effetto a decorrere dal 1° gennaio 2019, opererà a partire dal primo periodo d'imposta in cui troverà applicazione il regime agevolativo da definire con successivi provvedimenti legislativi secondo le previsioni contenute nel comma 52bis sopra richiamato.

In definitiva, il beneficio di cui all'articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 continua, anche successivamente al 31 dicembre 2018, a trovare applicazione; questo fino "al periodo d'imposta di prima applicazione" del regime agevolativo da definire con successivi provvedimenti legislativi di cui al citato comma 52-bis.

Per completezza, si fa presente che il Codice del Terzo settore, all'articolo 89, comma 5, reca una previsione di coordinamento con l'articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973.

In particolare, l'articolo 89, comma 5, del D.Lgs. n. 117 del 2017 - mediante l'inserimento nell'articolo 6 del DPR n. 601 del 1973 di una specifica disposizione - stabilisce che la riduzione a metà dell'IRES, ivi prevista, non si applica agli enti iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore e che per gli enti religiosi civilmente riconosciuti (di cui all'articolo 4, comma 3, del Codice del Terzo settore) iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore, la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da quelle di interesse generale elencate all'articolo 5 del medesimo Codice.

Tale previsione di coordinamento recata dall'articolo 89, comma 5, del Codice del Terzo settore troverà applicazione per gli enti iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea (prevista per talune disposizioni fiscali del Codice del Terzo settore dall'articolo 101, comma 10, dello stesso Codice) e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro Unico Nazionale del Terzo settore.

7.3. Terzo settore (commi 82 e 83)

Il comma 82, mediante l'aggiunta della lettera b-bis) al comma 3 dell'articolo 79 del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore), introduce una nuova disposizione in base alla quale sono considerate non commerciali, ai fini IRES, le attività di interesse generale svolte in particolari settori da "fondazioni delle ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza", a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitaria e che non sia deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi.

I settori di attività in relazione ai quali opera la norma agevolativa sono quelli recati dalle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 5 del Codice del Terzo settore, vale a dire:

a) interventi e servizi sociali ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 , e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;

b) interventi e prestazioni sanitarie;

c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni.

Sotto il profilo soggettivo, la nuova previsione fa riferimento alle fondazioni di diritto privato derivanti dalla trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) ai sensi delle previsioni recate dal decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (disciplinante il riordino delle IPAB).

Inoltre, considerato che il comma 82 interviene sull'articolo 79, comma 3, del Codice del Terzo settore e che quest'ultima disposizione prevede, al comma 1, che la disciplina di cui al Titolo X del medesimo Codice trovi applicazione "agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali", si ritiene che nei confronti di tali soggetti il beneficio previsto dalla nuova disposizione si applica a condizione che:

- gli stessi siano iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore (non ancora istituito);

- gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività indicate dalla norma e che non sia deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi;

- risultino rispettati, in generale, tutti i requisiti ai fini del possesso e del mantenimento della qualifica di ente del Terzo settore.

Il comma 83 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 stabilisce che l'agevolazione introdotta dal comma 82 in esame si applica ai sensi e nei limiti della disciplina degli aiuti "de minimis" recata dal diritto dell'Unione europea e, in particolare, del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis», e del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo.

Si precisa che per l'agevolazione in argomento - in quanto contenuta in una disposizione [lettera b-bis) del comma 3 dell'articolo 79 del D.Lgs. n. 117 del 2017] inserita nell'ambito del Titolo X del Codice del Terzo settore - operano i termini applicativi previsti dall'articolo 104, comma 2, dello stesso Codice, secondo il quale le disposizioni del Titolo X, salvo specifiche eccezioni, si applicano agli enti iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea (prevista dall'articolo 101, comma 10, del citato Codice per talune previsioni fiscali in esso contenute) e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro.

Attualmente tali condizioni di operatività non risultano ancora realizzate e, pertanto, la nuova previsione agevolativa contenuta nel comma 82 in argomento non è ancora applicabile.

7.4. Regime fiscale IRES strutture periferiche di natura privatistica di enti pubblici non economici (comma 1022)

Il comma 1022 dell'articolo 1, della legge di bilancio 2019 modifica il comma 3 dell'articolo 148 del TUIR, inserendo tra i soggetti destinatari dell'agevolazione recata da tale ultima disposizione "le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse".

Al fine di chiarire la portata della nuova disposizione occorre preliminarmente richiamare, in sintesi, il contenuto dell'agevolazione prevista dall'articolo 148, comma 3, del TUIR.

Il comma 3 dell'articolo 148 del TUIR prevede un regime agevolativo in favore di particolari categorie di enti non commerciali associativi, consistente nella decommercializzazione, ai fini IRES, delle attività rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali, verso il pagamento di corrispettivi specifici, "nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali (...)" nonché nella decommercializzazione, sempre ai fini IRES, delle cessioni, effettuate da parte degli stessi enti, anche nei confronti di terzi, di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

Detta norma stabilisce, in sostanza, la non imponibilità ai fini IRES di talune operazioni effettuate da specifiche categorie di enti non commerciali associativi, quando sussistono congiuntamente i seguenti presupposti:

a) le attività agevolate devono essere effettuate dagli organismi associativi tassativamente indicati;

b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese in favore degli iscritti, associati o partecipanti ovvero di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

c) le stesse attività devono essere effettuate "in diretta attuazione degli scopi istituzionali".

Il regime agevolativo di cui all'articolo 148, comma 3, del TUIR si applica a condizione che gli enti interessati conformino i loro statuti, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, alle clausole, individuate dal comma 8 dell'articolo 148 del TUIR, dirette a garantire la non lucratività dell'ente nonché l'effettività del rapporto associativo.

Si ricorda, altresì, che, al verificarsi dei presupposti normativamente stabiliti dall'articolo 30 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in capo agli enti che, essendo in possesso dei requisiti qualificanti previsti dalle norme di riferimento, intendano avvalersi delle disposizioni agevolative di cui all'articolo 148 del TUIR, grava l'onere della comunicazione all'Agenzia delle entrate, mediante apposito modello (cd. Modello EAS), dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali.

Per effetto della modifica recata dal comma 1022 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019, sono ricompresi nell'ambito applicativo dell'agevolazione di cui all'articolo 148, comma 3, del TUIR anche "le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse".

La nuova tipologia di enti inserita nell'ambito applicativo dell'articolo 148, comma 3, del TUIR, può beneficiare della decommercializzazione a condizione che tali enti non solo possiedano le caratteristiche previste dal citato comma 1022, ma soddisfino anche i presupposti generali richiesti per la fruizione del beneficio fiscale in esame. In sostanza, ai fini della fruizione del beneficio della decommercializzazione IRES di cui trattasi, è necessario che le "strutture periferiche":

? siano dotate di autonoma soggettività sotto il profilo tributario rispetto agli enti pubblici non economici cui si correlano, vale a dire devono qualificarsi come autonomi soggetti passivi d'imposta ai sensi dell'articolo 73 del TUIR;

? abbiano natura privatistica e la forma giuridica di enti di tipo associativo;

? siano qualificabili, sotto il profilo tributario, quali enti non commerciali ai sensi dell'articolo 73, comma 1, lettera c) del TUIR;

? siano necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse;

? rispettino tutte le condizioni stabilite dal comma 3 dell'articolo 148 del TUIR (svolgimento delle attività decommercializzate ai fini IRES "in diretta attuazione degli scopi istituzionali" ed in favore in favore di iscritti, associati o partecipanti o degli altri soggetti previsti dalla norma) nonché tutte le altre condizioni normativamente stabilite ai fini della fruizione del beneficio di cui trattasi, come sopra descritte.

7.5. Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia (comma 759)

Il comma 759 reca misure estensive delle agevolazioni relative alla disciplina della Zona Franca Urbana (ZFU) Sisma Centro Italia recata dall'articolo 46 del decretolegge n. 50 del 2017, al quale vengono apportate modificazioni.

Attualmente, l'articolo 46, comma 2, del citato decreto-legge n. 50 del 2017 prevede per le imprese che hanno la sede principale o l'unità locale all'interno della ZFU in argomento, e che hanno subito a causa degli eventi sismici la riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 1ş settembre 2016 al 31 dicembre 2016, rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2015, la possibilità di beneficiare, in relazione ai redditi e al valore della produzione netta derivanti dalla prosecuzione dell'attività nei citati Comuni, per quanto attiene ai tributi di competenza dell'Agenzia delle entrate, delle seguenti agevolazioni:

a) esenzione dalle imposte sui redditi del reddito derivante dallo svolgimento dell'attività esercitata dall'impresa nella ZFU fino a concorrenza, per ciascun periodo di imposta, dell'importo di 100.000 euro riferito al reddito derivante dallo svolgimento dell'attività svolta dall'impresa nella stessa ZFU;

b) esenzione dall'IRAP del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell'attività esercitata dall'impresa nella ZFU nel limite di euro 300.000 per ciascun periodo di imposta, riferito al valore della produzione netta.

Le disposizioni del comma 759 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 intervengono, per quanto di interesse, in questa sede, sui seguenti profili.

Anzitutto viene stabilito che le esenzioni perviste dal citato comma 2 dell'articolo 46 del decreto-legge n. 50 del 2017 spettano anche alle imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica all'interno della ZFU in argomento entro il 31 dicembre 2019 (in precedenza il limite temporale era posto al 31 dicembre 2017). Vengono escluse, tuttavia, da tali benefici le imprese che svolgono attività appartenenti alla categoria F della codifica ATECO 2007 (trattasi di imprese operanti nel settore dell'edilizia e dell'impiantistica) che alla data del 24 agosto 2016 non avevano la sede legale o operativa nei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 (trattasi dei c.d. comuni del cratere).

Le nuove disposizioni, inoltre, estendono fino al periodo di imposta 2020 la fruibilità delle agevolazioni riconosciute all'interno della ZFU in esame (in precedenza era previsto che le citate agevolazioni fossero concesse per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decretolegge n. 50 del 2017 e per quello successivo).

7.6. Zona Franca Urbana della Città Metropolitana di Genova (comma 1020)

La disposizione in commento interviene al fine di estendere la disciplina delle agevolazioni in favore delle imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della zona franca urbana (ZFU) istituita all'interno del territorio della Città Metropolitana di Genova dall'articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, al fine di sostenere le imprese colpite dal crollo del tratto del viadotto Polcevera dell'autostrada A10, nel Comune di Genova, noto come ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018 (di seguito "evento").

In particolare, per quanto di interesse in questa sede, con la modifica del comma 3 dell'articolo 8, del decreto-legge n. 109 del 2018, viene prevista, fra l'altro, la proroga, anche per l'esercizio 2019, delle esenzioni dal versamento di talune imposte in favore delle imprese che hanno subito una riduzione del fatturato all'interno della ZFU della Città metropolitana di Genova, attualmente concesse solo per il periodo di imposta in corso alla data del 20 novembre 2018.

Si ricorda che le esenzioni in argomento possono essere richieste, ai fini della prosecuzione delle proprie attività nel Comune di Genova, dalle imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della ZFU in argomento e che hanno subito una riduzione del fatturato a causa dell'evento. In particolare, deve trattarsi di una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 14 agosto 2018 al 30 settembre 2018, rispetto al valore mediano del corrispondente periodo del triennio 2015-2017.

Le agevolazioni di carattere fiscale che possono essere chieste, in alternativa agli altri benefici (anche fiscali) previsti dagli articoli 3 e 4 dello stesso decreto-legge n. 109 del 2018, sono, fra l'altro, per quanto interessa i tributi di competenza dell'Agenzia delle entrate, i seguenti:

a) esenzione dalle imposte sui redditi del reddito derivante dall'attività d'impresa svolta nella ZFU fino a concorrenza, per ciascun periodo di imposta, dell'importo di euro 100.000 riferito al reddito derivante dallo svolgimento dell'attività esercitata dall'impresa nella zona franca;

b) esenzione dall'IRAP del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell'attività esercitata dall'impresa nella ZFU, nel limite di euro 200.000 per ciascun periodo di imposta, riferito al valore della produzione netta.

Il comma 1020, in commento, dell'articolo 1 della legge di bilancio prevede, inoltre, con la modifica del comma 4 dell'articolo 8 del citato decreto-legge n. 109 del 2018, l'estensione del termine di spettanza delle esenzioni in esame previste anche per le imprese che avviano una nuova attività. In particolare, viene stabilito che le esenzioni spettano anche alle imprese che avviano la propria attività all'interno della ZFU entro il 31 dicembre 2019, limitatamente al primo anno di attività (in precedenza il termine di avvio dell'attività era fissato al 31 dicembre 2018).

Si rammenta che le agevolazioni citate sono concesse, in base a quanto stabilito dal comma 6 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 109 del 2018, ai sensi e nei limiti di specifiche norme dell'Unione europea in materia di aiuti "de minimis".

Si fa presente, infine, che per l'attuazione degli interventi agevolativi in esame, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 aprile 2013 recante "Condizioni, limiti, modalità e termini di decorrenza delle agevolazioni fiscali e contributive in favore di micro e piccole imprese localizzate nelle Zone Franche Urbane delle regioni dell'Obiettivo «Convergenza»".

7.7. Proroga termini sisma centro Italia (commi 991, da 993 a 995, 997 e 998)

I commi in argomento recano previsioni in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del Centro Italia del 2016.

Le disposizioni di interesse in questa sede sono recate dai commi 991, 993 e 994. I commi 991 e 993 introducono previsioni modificative dell'articolo 48 del decretolegge n. 189 del 2016, relativo alla proroga e alla sospensione di termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi, nonché alla sospensione di termini amministrativi nell'ambito degli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del Centro Italia del 2016.

In particolare, viene previsto, fra l'altro, mediante la modifica, rispettivamente, dei commi 11 e 16 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016, che:

- la ripresa dei versamenti dei tributi sospesi in favore dei soggetti diversi dai titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, nonché dagli esercenti attività agricole di cui all'articolo 4 del d.P.R. n. 633 del 1972, deve avvenire entro il 1° giugno 2019 anziché entro il 16 gennaio 2019 e che il numero delle rate mensili in cui può essere dilazionato il versamento è elevato da 60 a

120, a decorrere dal 1° giugno 2019;

- l'esenzione da IRPEF e IRES del reddito dei fabbricati, ubicati nelle zone colpite dagli eventi sismici del Centro Italia, distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, operi fino all'anno di imposta 2020 (in luogo del termine relativo all'anno d'imposta 2018).

Il comma 994 introduce delle modifiche all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, concernente la sospensione dei termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli atti di accertamento esecutivo, nonché per le attività esecutive da parte degli agenti della riscossione e dei termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli enti creditori, nell'ambito dei comuni interessati dai terremoti del Centro Italia del 2016. In particolare, la predetta sospensione (in precedenza prevista sino al 31 dicembre 2018 viene prorogata al 31 dicembre 2019).

7.8. Modifiche alla normativa in materia di limiti all'utilizzo del denaro contante (comma 245)

Il comma 245, apportando modifiche all'articolo 3 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16,convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, stabilisce l'innalzamento del limite all'utilizzo del contante, di cui all'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, da euro 3.000 ad euro 15.000, in relazione all'acquisto di beni e di prestazioni di servizi legati al turismo, effettuati presso i soggetti di cui agli articoli 22 e 74-ter del d.P.R. n. 633 del 1972 (i.e. commercianti al minuto e assimilati e agenzie di viaggi e turismo), dalle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e che abbiano residenza fuori del territorio dello Stato, al ricorrere di determinate condizioni.

In particolare, è richiesto che il cedente del bene o il prestatore del servizio provveda ai seguenti adempimenti:

a) all'atto dell'effettuazione dell'operazione, acquisisca una fotocopia del passaporto del cessionario o del committente, nonché un'apposita autocertificazione di quest'ultimo, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. n. 445 del 2000, attestante che lo stesso non è cittadino italiano e che ha la residenza fuori del territorio dello Stato;

b) nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell'operazione, versi il denaro contante incassato in un conto corrente intestato al cedente o al prestatore presso un operatore finanziario, consegnando a quest'ultimo copia della ricevuta della comunicazione all'Agenzia delle entrate della volontà di avvalersi della disciplina recata dall'articolo 3 del richiamato decreto-legge n. 16 del 2012.

7.9. Fondi di Venture capital (commi da 210 a 217 e da 219 a 220)

Le misure adottate sono volte a incentivare la destinazione di risorse finanziarie ai Fondi di Venture Capital.

Si segnala che in alcune disposizioni si fa riferimento, al fine di individuare il criterio della residenza del soggetto in favore del quale avviene l'investimento, al concetto di:

- "Fondi di Venture Capital residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. n. 917 del 1986, o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo" [comma 210, lettera b)];

- "strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917" (comma 212);

- "piccole e medie imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, non quotate, residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917" (comma 213).

7.10. Modifica della soglia di accesso all'interpello sui nuovi investimenti(articolo 01 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136)

L'articolo 01 del decreto-legge n. 119 del 2018, inserito dalla legge di conversione n. 136 del 2018, riduce da trenta a venti milioni di euro la soglia di investimenti per i quali le imprese che intendono effettuare nuovi investimenti nel territorio dello Stato possono presentare lo speciale interpello introdotto nell'ordinamento dall'articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, al fine di dare certezza al contribuente che investe nel territorio dello Stato in merito ai profili fiscali del proprio piano di investimento.

Il citato articolo 01, al comma 2, stabilisce che la nuova formulazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015 si applica con riferimento agli interpelli presentati con decorrenza 1° gennaio 2019.

Come chiarito con circolare n. 25/E del 1° giugno 2016, l'interpello sui nuovi investimenti consente alle imprese (residenti e non residenti, con o senza stabile organizzazione nel territorio) che intendono effettuare investimenti di rilevante entità nel territorio dello Stato, e aventi ricadute occupazionali significative e durature, di ottenere dall'Agenzia delle entrate certezza in merito ai profili fiscali del proprio piano di investimento, attraverso la presentazione di un'unica istanza di interpello.

Nell'originaria formulazione della norma primaria, l'accesso alla tipologia di interpello in commento era circoscritto, sotto il profilo dell'ammontare dell'investimento, ai soggetti che implementassero nel territorio business plan di valore non inferiore a trenta milioni di euro. La disposizione introdotta, nel ridurre la predetta soglia a venti milioni di euro, ha inteso ampliare la platea dei soggetti che possono accedere alla procedura, nell'ottica di incentivare - attraverso la certezza nell'interpretazione delle norme tributarie garantita dalla particolare tipologia di interpello - la realizzazione in Italia di nuovi e importanti investimenti.

Tra gli effetti della risposta resa dall'Agenzia delle entrate agli investitori è ascrivibile l'ingresso "agevolato" al regime di adempimento collaborativo introdotto dagli articoli da 3 a 7 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128 (recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente). L'articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 147 del 2015 stabilisce, infatti, che "il contribuente che dà esecuzione alla risposta, a prescindere dall'ammontare del suo volume d'affari o dei suoi ricavi, può accedere all'istituto dell'adempimento collaborativo al ricorrere degli altri requisiti previsti".

Pertanto, la riduzione della soglia minima di investimenti prevista dall'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015, nel consentire la presentazione dell'istanza di interpello sui nuovi investimenti a una categoria di investitori più ampia, garantisce al contempo a un maggior numero di imprese l'accesso "facilitato" (i.e., a prescindere dal requisito dimensionale di cui alla disciplina di riferimento) al regime di adempimento collaborativo.

In ordine ai criteri di quantificazione dell'investimento si rinvia alle indicazioni fornite con la citata circolare n. 25/E del 2016, con la quale sono stati resi chiarimenti sull'ambito applicativo e sulle modalità di presentazione dell'interpello sui nuovi investimenti.

7.11. Estensione del regime di cui al titolo III del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, nel caso di società partecipanti al gruppo IVA (articolo 20, comma 1 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136)

L'articolo 20, comma 1, del decreto-legge n. 119 del 2018, ha inserito il nuovo comma 6-bis,all'articolo 70-duodecies del d.P.R. n. 633 del 1972, al fine di introdurre una previsione di estensione del regime di "adempimento collaborativo" (di seguito anche "regime") di cui titolo III del decreto legislativo n. 128 del 2015, nel caso di società partecipanti al gruppo IVA. In particolare, è previsto che, nel caso di adesione al regime di adempimento collaborativo, da parte di uno dei soggetti passivi che abbia esercitato l'opzione di cui all'articolo 70-quater del d.P.R. n. 633 del 1972, il predetto regime si estende obbligatoriamente a tutte le società partecipanti al gruppo IVA. Tale estensione si verifica anche nel caso in cui l'opzione per il gruppo IVA venga esercitata da un soggetto che abbia già aderito al regime.

In merito alla ratioe alla portata estensiva della novella inserita con il nuovo comma 6-bis occorre effettuare alcune considerazioni.

In ossequio alle finalità individuate dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 128 del 2015, il regime di adempimento collaborativo si propone l'obiettivo di promuovere forme di cooperazione e collaborazione rafforzata tra Agenzia delle entrate e contribuenti di maggiori dimensioni, basate sul dialogo e sulla fiducia reciproca. L'adozione di tale approccio comporta rilevanti investimenti per i soggetti che intendono aderire.

Infatti, conformemente ai requisiti fondamentali individuati dal successivo articolo 4 del decreto legislativo n. 128 del 2015, ai fini dell'accesso al regime è attualmente richiesto ai contribuenti istanti di rispettare standard di governancedel rischio fiscale particolarmente elevati (possesso di un efficace sistema di gestione del rischio fiscale) che vengono attentamente validati dall'Amministrazione finanziaria in fase di ammissione.

Giova poi ricordare, inoltre, che l'articolo 7, comma 4, lettera b) del decreto legislativo n. 128 del 2015, prevede una fase di prima applicazione del regime (con termine finale fissato al 31 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze del 30 dicembre 2016), alla cui conclusione saranno progressivamente individuati ulteriori contribuenti ammissibili che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a quello di cento milioni di euro o appartenenti a gruppi di imprese.

Da quanto sopra evidenziato, appare evidente come il nuovo comma 6-bis si inserisca nel quadro della progressiva estensione della platea dei soggetti ammissibili al regime di adempimento collaborativo, in coerenza con quanto stabilito dal citato articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 128 del 2015. Ne deriva che l'estensione del regime di adempimento collaborativo a tutti i soggetti partecipanti al Gruppo IVA, benché obbligatoria, non può ritenersi automatica, ma comunque subordinata al possesso degli altri requisiti previsti dal decreto legislativo n. 128 del 2015, in capo ad ogni singolo partecipante. Pertanto, il contribuente che fa parte di un Gruppo IVA cui partecipa una società che abbia aderito o sia stata ammessa al regime di adempimento collaborativo deve, al fine di dar corso all'obbligo di legge introdotto dalla novella legislativa, presentare istanza di ammissione al regime di adempimento collaborativo.

Depositata l'istanza, l'Ufficio competente avvierà la rituale attività istruttoria relativa al riscontro dei requisiti soggettivi e oggettivi per l'accesso al regime e comunicherà al contribuente l'esito della verifica dei requisiti entro centoventi giorni decorrenti dal ricevimento dell'istanza o della documentazione di cui al punto 4.5 del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate n. 54237 del 14 aprile 2016, salva l'eventuale sospensione dei termini di cui al punto 5.3 del medesimo Provvedimento.

Conformemente a quanto già previsto dall'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 128 del 2015, il regime si applicherà a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale la richiesta di adesione è trasmessa all'Agenzia delle entrate. In virtù del fatto che a oggi il modello di adesione al regime di adempimento collaborativo già approvato con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate prot. n. 54749 del 14 aprile 2016 (recante "Integrazione del modello di adesione al regime di adempimento collaborativo approvato con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate prot. n. 53237 del 14 aprile 2016") non contempla appositi campi per i soggetti appartenenti al gruppo IVA, i contribuenti interessati, nelle more dell'approvazione di un nuovo modello, potranno allegare all'istanza una dichiarazione in carta libera circa l'appartenenza al gruppo IVA e i dati identificativi del soggetto del gruppo già ammesso al regime di adempimento collaborativo o che abbia presentato richiesta di adesione allo stesso.

Si chiarisce da ultimo che, nelle more del perfezionamento del procedimento di adesione al regime di adempimento collaborativo da parte di tutti i partecipanti al gruppo IVA, l'esclusione dal regime dell'adempimento collaborativo per la perdita dei requisiti di legge o per inosservanza dei relativi adempimenti (articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 128 del 2015) non può essere dichiarata per cause connesse all'estensione del regime ai soggetti partecipanti al gruppo IVA


[1] Cfr. articolo 1, commi da 556 a 563, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), articolo 1, commi 889 a 897, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), articolo 1, commi da 140 a 147, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), articolo 1, commi da 469 a 476, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).

[2] Si rileva, per completezza, che nel corso dell'ECOFIN del 4 dicembre 2018, i Ministri dell'Economia e Finanze dei Paesi UE hanno deciso che i lavori sull'imposta oggetto della proposta della Commissione si concentreranno su un'ipotesi di imposta il cui ambito è limitato ai ricavi generati dalla pubblicità digitale (c.d. Digital Advertising Tax, o "DAT").


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