CIRCOLARE N. 7/E
Roma, 28 marzo 2023
OGGETTO: Nuovi chiarimenti in tema di interpello sui nuovi investimenti
(articolo 2 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 147).
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INDICE
Premessa ..................................................................................................................................... 3
1. LA NOZIONE DI INVESTIMENTO RILEVANTE ........................................................ 5
1.1. Investimenti consistenti in operazioni di acquisizioni di attivi o di partecipazioni:
chiarimenti sulle entità oggetto di acquisizione residenti e non residenti nel territorio dello
Stato 6
1.2. Investimenti differenti da quelli consistenti in operazioni di asset deal o share deal . 8
1.3. Piano di investimento transnazionale e quantificazione del valore dell’investimento
rilevante ai fini dell’ammissibilità dell’istanza ..................................................................... 10
2. LE RICADUTE OCCUPAZIONALI ............................................................................... 11
3. CHIARIMENTI IN ORDINE ALLA PREVENTIVITÀ DELL’ISTANZA DI
INTERPELLO SUI NUOVI INVESTIMENTI ............................................................... 14
4. I RAPPORTI CON GLI ALTRI STRUMENTI DI TAX COMPLIANCE:
ADEMPIMENTO COLLABORATIVO E ACCORDI PREVENTIVI ........................ 20
5. I TERMINI PER LA RISPOSTA ...................................................................................... 23
6 LA DOCUMENTAZIONE DA ALLEGARE A CORREDO DELLE ISTANZE DI
INTERPELLO SUI NUOVI INVESTIMENTI ............................................................... 24
7. LA VARIAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI ACCESSO ALLA PROCEDURA ......... 27
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Premessa
L’articolo 6 della legge 11 marzo 2014, n. 23, («Delega al Governo recante
disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla
crescita») ha introdotto importanti novità in tema di «Gestione del rischio fiscale,
governance aziendale, tutoraggio, rateizzazione dei debiti tributari e revisione
della disciplina degli interpelli», dettando linee guida per lo sviluppo di nuovi e
più avanzati strumenti di gestione del rischio ispirati alla logica di un
adempimento spontaneo favorito da un rapporto di maggiore collaborazione tra
fisco e contribuenti.
Nel più specifico contesto del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 147,
rubricato «Misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese» (di
seguito, “Decreto Internazionalizzazione”), emanato in attuazione della citata
legge delega, l’interpello sui nuovi investimenti è stato introdotto dall’articolo 2
con l’intento di dotare gli investitori – nazionali ed esteri – di uno strumento di
interlocuzione privilegiata con l’Amministrazione finanziaria in relazione a
qualsiasi profilo fiscale dei piani di investimento che gli stessi intendano
realizzare – alle condizioni previste dalla medesima norma – nel territorio dello
Stato.
Rispetto all’interpello previsto dall’articolo 11 della legge 27 luglio 2000,
n. 212, recante lo «Statuto dei diritti del contribuente», che rappresenta il modello
generale di riferimento, l’interpello sui nuovi investimenti offre nuove modalità
di interlocuzione, volte a fornire certezza preventiva nella misura in cui:
? si prefigge di creare un rapporto “dedicato” tra l’investitore e un unico
interlocutore all’interno dell’Agenzia delle entrate. Detto rapporto si sostanzia
nella gestione diretta, da parte dell’Ufficio competente, di qualsiasi criticità di
ordine fiscale derivante dallo sviluppo del business plan, anche, eventualmente,
nelle fasi successive a quella di prima implementazione dello stesso (c.d. vis
attractiva);
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? ha un ambito applicativo più esteso, in quanto, da un lato, non richiede che
il dubbio prospettato sia connotato da obiettive condizioni di incertezza
(interpretativa o qualificatoria) e, dall’altro, è espressamente prevista la
possibilità che sia resa risposta anche a tematiche (tra cui, in particolare, quella
della sussistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato) che sono
ordinariamente escluse dall’ambito delle istanze di interpello statutario;
? è soggetto a un più limitato potere di rettifica da parte dell’Agenzia delle
entrate, potendo quest’ultima procedere a una revisione della risposta resa
(o desunta per effetto del formarsi del silenzio-assenso) solo nell’ipotesi di
mutamento delle questioni di fatto e di diritto, con le precisazioni svolte
infra al paragrafo 8;
? rende più solido il rapporto col contribuente, anche prevedendo
meccanismi di coordinamento tra le varie strutture competenti nelle
diverse fasi (ai sensi degli articoli 6, commi 2 e 3, e 7 del decreto del
Ministro dell’Economia e delle Finanze 29 aprile 2016, pubblicato nella
Gazzetta ufficiale n. 110 del 12 maggio 2016; di seguito, “Decreto
attuativo”) prevedendo, in particolare, che nelle successive fasi
concernenti le verifiche e i controlli sia sempre assicurato un confronto tra
le strutture territoriali e l’Ufficio centrale che ha reso la risposta.
Con la Circolare n. 25/E del 1° giugno 2016 (di seguito, “Circolare n.
25/E”) l’Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti in relazione
all’istituto dell’interpello sui nuovi investimenti, tenendo conto anche delle
disposizioni di attuazione previste dal Decreto attuativo.
Il presente documento si prefigge di fornire nuovi chiarimenti sull’istituto
in commento, che tengono conto della casistica affrontata nei primi anni di
operatività dello stesso e della conseguente necessità di aggiornare le indicazioni
di prassi già fornite. Il presente documento tiene altresì conto dei contributi e
delle proposte pervenute a seguito della pubblica consultazione avviata per
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l’aggiornamento degli indirizzi interpretativi forniti dalla richiamata Circolare n.
25/E.
Tenuto conto della ratio alla base della sua introduzione, i contenuti della
presente circolare saranno di seguito pubblicati anche in una versione di cortesia
in lingua inglese, per consentire agli investitori esteri di comprendere la portata
dell’istituto (in casi di dubbi interpretativi, prevale il testo in lingua italiana).
Restano ferme, per quanto non diversamente precisato, le indicazioni rese
sull’istituto in esame con la Circolare n. 25/E, cui si aggiungono le seguenti
ulteriori precisazioni.
1. LA NOZIONE DI INVESTIMENTO RILEVANTE
Come già illustrato nella Circolare n. 25/E, l’ambito applicativo
dell’interpello sui nuovi investimenti è molto ampio.
La definizione di investimento rilevante ai fini della presentazione di
un’istanza di interpello sui nuovi investimenti, da parte della normativa primaria e
secondaria di riferimento, è infatti “aperta” e ricomprende, in definitiva, qualsiasi
progetto di realizzazione di un’iniziativa economica avente carattere duraturo, ivi
incluse le attività volte alla ristrutturazione di un’impresa in crisi,
all’ottimizzazione o efficientamento di un complesso aziendale già esistente,
nonché alla partecipazione al patrimonio di un’impresa, sempre a condizione che
sussistano i requisiti di ammissibilità per l’accesso alla procedura dell’interpello
sui nuovi investimenti delineati dall’articolo 2 del Decreto Internazionalizzazione
e dal Decreto attuativo.
In primo luogo, l’investimento deve essere di ammontare complessivo pari
alla soglia minima individuata, da ultimo, con l’articolo 8, comma 6, della legge
31 agosto 2022, n. 130, con il quale il legislatore, nella logica di incentivare
l’istituto, ha disposto un’ulteriore riduzione del suo ammontare. Tale importo,
originariamente pari ad almeno trenta milioni di euro, secondo quanto previsto dal
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Decreto Internazionalizzazione, è stato poi ridotto a venti milioni di euro ad opera
dell’articolo 01, comma 1, decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, mentre attualmente deve
essere non inferiore a quindici milioni di euro; il richiamato articolo 8, al comma
7, precisa altresì che la modifica in commento si applica agli interpelli sui nuovi
investimenti “presentati a decorrere dal 1° gennaio 2023, anche se relativi a
investimenti precedenti a tale data”.
In secondo luogo, l’investimento deve realizzarsi nel territorio dello Stato,
come confermato anche dalla Relazione Illustrativa allo schema del Decreto
Internazionalizzazione, secondo cui il business plan rappresentato nell’istanza
deve contenere la descrizione degli effetti positivi in termini di gettito incidenti sul
sistema fiscale italiano.
Infine, dal business plan devono derivare ricadute occupazionali durature e
significative [cfr. articolo 2, comma 1, del Decreto Internazionalizzazione e
articoli 1, comma 1, lettera c), e 2 del Decreto attuativo].
Ancorché i chiarimenti contenuti nella Circolare n. 25/E tengano già conto
della voluntas legis di delineare un istituto dall’ampio ambito applicativo, in linea
con detta ratio, sono emerse alcune nuove questioni sui predetti requisiti di
ammissibilità sulle quali è necessario fornire le seguenti precisazioni.
1.1. Investimenti consistenti in operazioni di acquisizioni di attivi o di
partecipazioni: chiarimenti sulle entità oggetto di acquisizione
residenti e non residenti nel territorio dello Stato
In linea con l’esigenza, prevista dalle norme di riferimento, che
l’investimento rilevante presenti un vincolo con il territorio dello Stato, non solo
in termini di ricadute occupazionali, ma anche ai fini della quantificazione del
valore complessivo, in relazione alla soglia minima legale di accesso, la Circolare
n. 25/E, al paragrafo 2.3, ha fornito indicazioni sugli elementi e sulle voci di
bilancio rilevanti, individuandoli, in particolare, nelle immobilizzazioni materiali,
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immateriali, finanziarie o fabbisogni derivanti da incrementi del capitale circolante
operativo.
I suddetti parametri sono stati selezionati avendo riguardo alle ipotesi più
tradizionali e frequenti di investimento, attuate nella forma del trasferimento di
attivi o di partecipazioni, che hanno come obiettivo un’impresa italiana e rispetto
alle quali proprio le immobilizzazioni materiali, immateriali, finanziarie o gli
incrementi del capitale circolante operativo attestano lo svolgimento, diretto o
indiretto, da parte dell’investitore di un’attività d’impresa nel territorio italiano.
Tuttavia, sono state rappresentate ipotesi di investimenti rilevanti nelle quali
il legame fra valore dell’investimento e territorio dello Stato, nell’accezione
propria della norma sopra richiamata, può manifestarsi in altro modo, come nel
caso tipico di acquisizione, da parte di un investitore residente, di una entità estera.
In queste fattispecie, infatti, il vincolo con il territorio è garantito dalla
localizzazione in Italia dell’investitore e, ferma restando la quantificazione del
valore dell’investimento attraverso i medesimi elementi e le medesime voci di
bilancio (riferite, nello specifico, alla società estera acquisita e che devono
registrarsi nel bilancio dell’acquirente residente), il “nuovo investimento” si
configura laddove siano rinvenibili positivi effetti economici e sul gettito nel
territorio dello Stato. Va da sé che anche in queste ipotesi, ai fini dell’ammissibilità
dell’istanza, è comunque necessario che si registrino in Italia anche le significative
e durature ricadute occupazionali.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, devono considerarsi superati i diversi
chiarimenti forniti, al riguardo, dal paragrafo 2.1 della Circolare n. 25/E,
precisamente nella parte in cui individua l’investimento qualificabile ai fini della
procedura de qua esclusivamente in operazioni aventi ad oggetto un’entità situata
nel territorio dello Stato.
Giova precisare, con precipuo riferimento agli investimenti che abbiano a
oggetto operazioni di acquisto di partecipazioni (anche non necessariamente di
controllo), purché qualificabili come investimenti destinati ad essere detenuti in
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maniera durevole, in soggetti sia residenti sia esteri che, ai fini del computo
dell’ammontare previsto come soglia di accesso alla procedura, è sufficiente
considerare il corrispettivo dell’acquisizione delle partecipazioni. Qualora il
predetto corrispettivo non integri, di per sé solo, l’ammontare minimo previsto
dalla legge per l’ammissibilità all’istituto, potranno essere valorizzate anche altre
forme di investimento correlate all’acquisizione tra cui, in primis, l’eventuale
capitalizzazione dell’impresa acquisita.
Sono altresì incluse fra le tipologie di investimenti rilevanti ai fini della
presentazione di un’istanza di interpello sui nuovi investimenti operazioni di share
deal effettuate mediante la conversione dei crediti in partecipazioni della società
target.
1.2. Investimenti differenti da quelli consistenti in operazioni di asset deal
o share deal
Ulteriori riflessioni attengono all’ammissibilità di istanze di interpello
presentate da investitori intenzionati ad attuare in Italia un business plan che non
si sostanzia nell’acquisizione di attivi o di partecipazioni di cui al precedente
paragrafo.
Come già precisato, l’articolo 2 del Decreto Internazionalizzazione si
riferisce, in termini generali, all’effettuazione di investimenti nel territorio dello
Stato e il Decreto attuativo [nel combinato disposto degli articoli 1, comma 1,
lettera c) e 2, comma 1] non individua un numero chiuso di tipologie di
investimenti, limitandosi a menzionare le ipotesi tradizionali sopra citate quali
meramente esemplificative.
A conferma di quanto precede e della volontà del legislatore di garantire che
un ampio novero di operazioni rientri nell’ambito della procedura dell’interpello
sui nuovi investimenti, depone il tenore letterale del citato articolo 2, comma 1, a
mente del quale l’investimento “può coinvolgere” le fattispecie ivi elencate.
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È pertanto possibile, sulla base della normativa primaria e secondaria di
riferimento, ritenere ammissibili anche istanze aventi a oggetto tipologie di
investimenti che non implichino l’esistenza di una stabile organizzazione di un
soggetto non residente nel territorio dello Stato o non si traducano nella
partecipazione al patrimonio di una società ivi esistente.
Ai fini delle istanze sui nuovi investimenti, dunque, assume sostanzialmente
rilievo la realizzazione di qualsiasi iniziativa economica (ancorché non rientrante
nella elencazione di cui all’articolo 2, comma 1, del Decreto
Internazionalizzazione) che sia in grado di determinare l’afflusso nel territorio
dello Stato di risorse finanziarie e, comunque, di ricchezza, a condizione che la
quantificazione dell’investimento effettuato sia riscontrabile in maniera puntuale
attraverso i dati di bilancio dei soggetti che partecipano all’investimento stesso.
Sono incluse tra gli investimenti rilevanti anche le operazioni (i) di
“rimpatrio” di attività da parte di soggetti che le abbiano precedentemente
delocalizzate all’estero o (ii) di rientro dei soggetti stessi (c.d. in-shoring o
reshoring), nonché di trasferimento della residenza fiscale in Italia di soggetti
esteri, sempre che detto investimento sia quantificabile (oggi) in almeno quindici
milioni di euro e si producano ricadute occupazionali positive, come di seguito
declinate.
Infatti, va sottolineato che la ratio che ispira il Decreto
Internazionalizzazione è quella di ritenere ammissibili istanze aventi ad oggetto
qualunque tipo di iniziativa economica idonea a produrre effetti positivi per il
sistema Paese in termini di gettito, occupazionali ed economici.
Si pensi, a titolo esemplificativo, all’attuazione di un progetto di
investimento consistente nella realizzazione di un’iniziativa economica attuata
attraverso capitali, anche di provenienza estera, che comporta la sottoscrizione, da
parte dell’investitore, di una serie di contratti per l’acquisizione di servizi
intrinsecamente correlati al business plan da fornitori italiani.
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Come sopra indicato, ai fini della ammissibilità dell’istanza di interpello, è
comunque necessario che la realizzazione di una simile iniziativa in Italia possieda
tutti i requisiti richiesti dalla disciplina dell’istituto, la cui sussistenza deve essere
illustrata in modo dettagliato e documentata a livello contabile e contrattuale
dall’investitore.
In particolare, si ricorda che l’iniziativa economica deve:
? avere carattere duraturo;
? essere di entità non inferiore alla soglia di legge;
? produrre ricadute occupazionali significative e durature;
? determinare effetti positivi sotto il profilo del gettito erariale.
1.3. Piano di investimento transnazionale e quantificazione del valore
dell’investimento rilevante ai fini dell’ammissibilità dell’istanza
Come più volte evidenziato, una delle condizioni che legittima la
presentazione dell’interpello sui nuovi investimenti è che l’investimento previsto
nel territorio dello Stato abbia un valore non inferiore alla soglia di legge.
Si forniscono di seguito indicazioni utili ai fini della quantificazione del
suddetto importo per le ipotesi in cui l’investimento sia destinato a realizzarsi, in
parte, all’interno del territorio dello Stato e, in parte, all’estero (c.d. investimento
transnazionale), specialmente con riferimento agli investitori esteri.
Laddove l’investimento cross border sia posto in essere da un investitore
estero, infatti, occorre che la parte dell’investimento che trova attuazione nel
territorio italiano (progettato in una o più delle differenti tipologie declinate nei
paragrafi precedenti) abbia un valore almeno pari alla soglia minima di legge, a
nulla rilevando l’eventualità che la quota parte di investimento realizzata nel
territorio italiano non sia prevalente rispetto all’ ammontare complessivo del
business plan e, quindi, rispetto alla quota parte di investimento destinata a
realizzarsi all’estero.
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Nelle ipotesi in cui l’investitore sia un soggetto residente, alla luce delle
indicazioni fornite nel precedente paragrafo 1.2., si ricorda che quest’ultimo può
effettuare operazioni di share deal anche su target estere e l’intero valore della
predetta acquisizione assume rilevanza ai fini dell’ammissibilità dell’istanza, a
condizione che trovi evidenza nel bilancio del medesimo soggetto (e ferme
restando le ulteriori condizioni di ammissibilità, incluso il carattere durevole
dell’investimento in partecipazioni).
Resta fermo che, nel rispetto della predetta soglia da realizzare nel territorio
dello Stato, nelle ipotesi di un investimento transnazionale unitario, l’investitore
sia italiano sia estero potrà presentare l’interpello sui nuovi investimenti
formulando anche quesiti concernenti gli effetti fiscali in Italia della parte di
investimento realizzata all’estero (ad esempio, potrà chiedere chiarimenti in
ordine ai risvolti interpretativi derivanti dall’applicazione della convenzione
contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato estero).
2. LE RICADUTE OCCUPAZIONALI
L’articolo 2 del Decreto Internazionalizzazione subordina l’accesso
all’istituto alla circostanza che dal piano di investimento derivino effetti positivi,
in via immediata e diretta [cfr. articolo 1, comma 1, lettera c), del Decreto
attuativo], sui livelli occupazionali.
Al fine di tracciare una tipologia di interpello dai confini applicativi ampi, a
dimostrazione del favor verso lo strumento in esame, lo stesso legislatore ha
declinato il concetto di ricadute positive sui livelli occupazionali in maniera estesa,
ancorandolo alla natura delle specifiche attività nel cui ambito l’investimento viene
realizzato e ricomprendendo non solo i casi in cui il piano di investimento generi
fisiologicamente un aumento dei livelli di occupazione, ma anche i casi in cui la
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sua attuazione determini un mantenimento degli stessi [cfr. articolo 3, comma 2,
lettera b), del Decreto attuativo].
Pertanto, rilevano le ricadute occupazionali derivanti dall’implementazione
del business plan oggetto dell’istanza di interpello, in termini sia di aumento dei
livelli occupazionali (i.e., creazione di nuovi posto di lavoro) sia di mantenimento
dei medesimi livelli. Al riguardo va precisato che è valutabile positivamente, ai
fini del requisito in esame, non solo l’ipotesi in cui l’investimento consenta di
mantenere integralmente i livelli occupazionali allo stesso pre-esistenti, evitando
all’impresa “di procedere a licenziamenti o di ricorrere ad altri istituti con simili
effetti negativi sull’occupazione” (cfr. paragrafo 2.2. della Circolare n. 25/E), ma
anche l’ipotesi in cui il mantenimento dei livelli occupazionali garantito
dall’investimento sia parziale; in linea con la ratio dell’istituto, infatti, deve essere
considerato ammissibile anche l’interpello sui nuovi investimenti che abbia ad
oggetto un investimento che consente all’impresa di scongiurare il ricorso ai
richiamati istituti anche solo con riferimento ad alcuni dei propri dipendenti.
Si precisa che la valorizzazione del mantenimento o del “non decremento”
dei livelli occupazionali ai fini dell’ammissibilità dell’istanza è consentita solo nei
contesti di crisi (in senso lato) dell’impresa, come alternativa qualificata alla
riduzione di tali livelli o al ricorso a strumenti in grado di incidere negativamente
sugli stessi (i.e., licenziamenti, cassa integrazione e simili: cfr. il richiamato
paragrafo 2.2 della Circolare n. 25/E).
A tal fine, per una positiva valutazione del “non decremento”, assume rilievo
l’effetto, in seno al piano di investimento presentato, di salvaguardia (anche
parziale) del livello occupazionale preesistente all’attuazione dello stesso e,
quindi, l’idoneità del medesimo piano ad attenuare effetti negativi
sull’occupazione che vi sarebbero in sua assenza.
Con riferimento alle suddette circostanze, non è necessario, ai fini
dell’accesso alla procedura di interpello, che la situazione di crisi dell’impresa sia
attestata dal formale avvio di procedure di cassa integrazione o di procedure
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concorsuali purché l’investitore sia in grado di documentare in maniera puntuale
e circostanziata nell’istanza le ragioni per le quali l’investimento è in grado di
contenere il decremento dei livelli occupazionali, traducendosi nel mantenimento
(anche parziale) degli stessi.
In tal senso, a titolo esemplificativo, l’istante potrebbe corroborare la
descrizione del piano di investimento fornendo la dimostrazione che sono in corso
trattative con le rappresentanze sindacali finalizzate a gestire situazioni non ancora
sfociate in un vero e proprio stato di insolvenza, oppure presentando la
documentazione relativa ad accordi intercorsi o in fase di perfezionamento con
associazioni di categoria o conclusi sotto l’egida di autorità o, comunque, di entità
terze rispetto ai soggetti coinvolti nell’investimento o, ancora, argomentando sulla
base delle segnalazioni inviate alle medesime autorità ai fini delle ordinarie attività
di vigilanza da queste ultime svolte.
Parimenti utile a fornire la dimostrazione circa il “non decremento” dei livelli
occupazionali è qualsiasi documentazione e/o dichiarazione rilasciata sotto la
responsabilità dell’istante (ad esempio, passaggi del business plan e analisi
economico-finanziaria degli effetti dell’investimento sui contratti di lavoro in
essere; prospetto contenente la comparazione tra la situazione pre-investimento e
quella prevista post-investimento con riferimento ai contratti di lavoro vigenti;
copia dei contratti di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), idonea ad
attestare che, in assenza del piano di investimento rappresentato, si
verificherebbero, sul fronte occupazionale, maggiori effetti negativi.
Si ritiene utile chiarire, inoltre, che rilevano, ai fini dell’accesso all’istituto,
tutte le ricadute occupazionali realizzatesi, quale conseguenza del piano di
investimento, sia in capo al soggetto investitore in senso stretto, sia in capo ad altri
soggetti coinvolti nel business plan, a condizione che questi ultimi abbiano
conferito mandato speciale all’investitore ai fini della presentazione dell’istanza,
ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del Decreto attuativo.
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Si tratta, in particolare, delle ricadute occupazionali poste in essere da
soggetti diversi da colui che realizza l’investimento in senso proprio (ad esempio
l’acquisizione di una società o un’azienda) per le quali sia comunque possibile
documentare, a livello contabile e contrattuale, l’esistenza di un vincolo diretto e
immediato con l’attuazione del business plan.
Come sopra evidenziato, in tali ipotesi (nelle quali si realizza una
divaricazione fra il soggetto che soddisfa o concorre a soddisfare il requisito
dimensionale dell’investimento e il soggetto che realizza il requisito
occupazionale), i soggetti ai quali imputare l’aumento, il mantenimento o il “non
decremento” dei livelli di occupazione devono conferire mandato all’investitore ai
fini della presentazione dell’istanza, tenuto conto dell’esigenza di coinvolgere
formalmente tutti i soggetti che integrano i presupposti di legge per l’ammissibilità
alla procedura (sia per il requisito dimensionale dell’investimento sia per il
requisito delle ricadute occupazionali; cfr. paragrafo 8 della Circolare n. 25/E).
Resta fermo in ogni caso che non assumono invece rilievo le ricadute
occupazionali riguardanti il c.d. indotto (cfr. paragrafo 4 della Circolare n. 25/E).
Si segnala, infine, a fattor comune dei presupposti di ammissibilità alla
procedura come sopra rappresentati, che ai contribuenti che presentano un’istanza
di interpello sui nuovi investimenti è richiesto che i tutti i menzionati presupposti
siano non solo riportati per massa ma anche analiticamente declinati per ciascuno
anno di durata del piano di investimento. Sul punto, si rinvia al successivo
paragrafo 7.
3. CHIARIMENTI IN ORDINE ALLA PREVENTIVITÀ DELL’ISTANZA
DI INTERPELLO SUI NUOVI INVESTIMENTI
Alcuni chiarimenti si rendono necessari anche in relazione ai parametri di
valutazione della preventività delle istanze di interpello sui nuovi investimenti
che, come sopra evidenziato, hanno a oggetto business plan che coprono un arco
temporale pluriennale.
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Come chiarito al paragrafo 6.2 della Circolare n. 25/E del 2016, il Decreto
attuativo – articolo 4, comma 1, lettera b) – ha previsto che «il discrimine utile a
delimitare le istanze ammissibili sotto il profilo temporale non è rappresentato
dall’inizio di esecuzione del piano di investimento o dal compimento di atti
necessari a tal fine, bensì dalla realizzazione della condotta rilevante sul piano
fiscale e, quindi, dall’applicazione della specifica norma tributaria oggetto
dell’istanza, entro i termini di scadenza ordinari previsti dalla legge».
La Circolare n. 25/E, allineandosi anche in questo caso alle regole proprie
dell’interpello statutario, precisa che «Nelle ipotesi in cui l’istanza abbia ad
oggetto comportamenti ripetitivi o riguardi disposizioni tributarie la cui
applicazione produca effetti in più periodi d’imposta (...), laddove l’istanza
pervenga successivamente al termine di presentazione ordinario di una
dichiarazione interessata, non si esclude la sussistenza del requisito della
preventività in relazione ai successivi periodi d’imposta, in ordine ai quali
comunque permane l’interesse del contribuente ad ottenere il parere
dell’Agenzia».
Resta sempre ferma, ad ogni modo, anche per le istanze di interpello in
esame, la previsione di un’ipotesi di inammissibilità per i casi di possibile
interferenza con l’esercizio di poteri accertativi in corso di cui il contribuente
abbia avuto formale conoscenza, parallelamente a quanto previsto per l’interpello
statutario [cfr. articolo 4, comma 1, lettera e), del Decreto attuativo].
Proprio tale ultima precisazione rende necessari nuovi chiarimenti con
particolare riferimento alle istanze di interpello sui nuovi investimenti aventi a
oggetto la valutazione circa l’esistenza di una stabile organizzazione nel territorio
dello Stato di un soggetto non residente (analisi, invece, preclusa nell’ambito
degli interpelli statutari ex articolo 11 della legge n. 212 del 2000) in conseguenza
della realizzazione di un nuovo piano di investimento.
In primo luogo, occorre ricordare che, ai fini dell’interpello sui nuovi
investimenti, non è preclusiva della presentazione dell’istanza la circostanza di
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aver già dato inizio all’esecuzione del business plan, se non sono ancora scaduti
i termini ordinari di presentazione della dichiarazione relativa al periodo
d’imposta di avvio del piano di investimento, tenendo a tal fine in considerazione
naturalmente le ricadute fiscali del quesito posto.
In ciò risiede un elemento di differenza rispetto alla disciplina degli accordi
preventivi di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, in virtù del quale la relativa istanza deve essere presentata
secondo regole temporali più stringenti, collegate a un termine iniziale, atteso che
l’istanza deve riguardare la valutazione “preventiva” della sussistenza o meno dei
requisiti che configurano una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, e a
un termine ultimo, legato all’esercizio dell’attività nel territorio tramite la stabile
organizzazione; ciò, in particolare, in base al dato letterale delle disposizioni di
riferimento, che si rivolgono alle imprese con attività internazionale che «abbiano
intenzione di esercitare la propria attività tramite la stabile organizzazione (...)
entro il periodo d’imposta successivo a quello di presentazione dell’istanza»
(così il paragrafo 1.5 del Provvedimento n. 2016/42295 del 21 marzo 2016).
In secondo luogo, sempre in termini generali, giova evidenziare che
l’istanza si considera preventiva solo quando è presentata antecedentemente alla
scadenza del termine ordinario di presentazione della prima dichiarazione utile,
per tale intendendosi la prima dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui
si verificano le circostanze di fatto e/o di diritto alla luce delle quali valutare
l’esistenza della stabile organizzazione.
Ciò posto, mentre non destano particolari criticità le ipotesi in cui il soggetto
estero localizzi ex novo o ri-localizzi il proprio business nel territorio dello Stato,
particolare attenzione meritano, alla luce di quanto sopra, i casi in cui il soggetto
estero già eserciti in Italia un’attività preesistente rispetto alla data di
presentazione dell’istanza di interpello volta alla valutazione della sussistenza di
una sua stabile organizzazione nel territorio dello Stato e realizzi:
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a) un nuovo piano di investimento il cui oggetto possa considerarsi correlato,
sotto diversi profili, all’attività preesistente;
b) un piano di investimento soggetto a implementazione c.d. progressiva, le
cui fasi preliminari, antecedenti all’avvio dell’attività vera e propria, sono state
già espletate;
c) una modifica di un business preesistente.
In tali situazioni, infatti, ai fini della valutazione della preventività
dell’istanza, si potrà tener conto solo delle circostanze “nuove” rispetto alla
situazione dei precedenti periodi di imposta, e ciò in coerenza anche con la
previsione di inammissibilità legata alla possibile interferenza con l’esercizio di
poteri accertativi nei medesimi periodi d’imposta.
A titolo meramente esemplificativo, ricorrono le predette “nuove”
circostanze qualora un soggetto non residente, già operante nel territorio dello
Stato, introduca elementi oggettivi di discontinuità rispetto alle attività e alle
funzioni già ivi esercitate, quali, ad esempio:
? la costituzione, per ipotesi, di un nuovo business e/o di una nuova azienda
nel territorio dello Stato, in quanto qualificabile come realizzazione,
rispetto a quanto già svolto in Italia, di una nuova iniziativa economica
duratura, comportante l’immissione di nuova liquidità;
? il reimpiego di risorse finanziarie disponibili tramite ristrutturazione,
ottimizzazione o efficientamento di un complesso aziendale nuovo e
diverso rispetto a quello già utilizzato nello svolgimento del suo
precedente business;
? - l’assegnazione di nuove commesse relative ad attività o a servizi non
precedentemente svolti in Italia;
? - la presenza fisica del soggetto estero in Italia attraverso dipendenti e/o
predisposizione di luoghi di lavoro ivi situati.
Resta inteso che, ai fini dell’analisi circa la preventività dell’istanza, la
valutazione in ordine alla discontinuità delle attività e/o delle funzioni rispetto a
18
quelle già svolte sul territorio dello Stato sarà necessariamente condotta caso per
caso.
La preventività dell’istanza come sopra declinata non ricorre, di contro,
qualora l’impresa estera già operante in Italia svolga la propria attività in
sostanziale continuità con il passato, circostanza che si verifica – ad esempio –
qualora intervengano modifiche dei contratti in essere non rilevanti perché non
significative rispetto alla presenza del soggetto estero nel territorio dello Stato o
alle modalità con le quali tale presenza si manifesta, come nei casi di mere
proroghe contrattuali o di assegnazione di nuove commesse di attività già svolte,
con identiche modalità, in periodi di imposta precedenti alla presentazione
dell’istanza per i quali siano ormai decorsi i termini ordinari di presentazione
delle relative dichiarazioni.
Si precisa, inoltre, con riferimento all’ipotesi relativa a piani di investimento
a realizzazione progressiva (ossia, che prevedano lo svolgimento di attività
propedeutiche cui segue l’avvio dell’attività core svolta dal soggetto estero in
Italia), che l’elemento di “novità”, in linea generale, deve essere correlato
all’attività core esercitata.
In tal senso, soccorre il principio fornito nel paragrafo 1 dell’articolo 5 del
Commentario del Modello di Convenzione fiscale sui redditi e sul patrimonio
dell’OCSE, versione 2017 (di seguito, “Commentario”), in tema di stabile
organizzazione materiale, secondo cui una stabile organizzazione comincia a
esistere non appena l’impresa inizia a svolgere il proprio business per mezzo di
una sede di affari; sempre il medesimo paragrafo 1 precisa altresì che il periodo
di tempo durante il quale l’impresa installa la sede fissa d’affari non assume
rilievo ai fini dell’analisi degli elementi costitutivi della stabile organizzazione
del soggetto estero, purché tale attività propedeutica differisca sostanzialmente
dall’attività core che l’impresa estera svolgerà in via permanente tramite la sede
fissa.
19
Pertanto, il citato paragrafo distingue le attività preliminari dall’inizio dello
svolgimento dell’attività propria dell’impresa, confermando la decorrenza della
(eventuale) stabile organizzazione da tale ultimo momento. Da ciò consegue che,
ai fini della preventività, l’istanza di interpello deve essere trasmessa prima della
scadenza del termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo
d’imposta in cui l’attività core ha inizio, a nulla rilevando, a tal fine, le attività
preliminari.
Giova precisare che l’esclusione dall’analisi relativa alla sussistenza della
stabile organizzazione delle attività propedeutiche opera in via generale.
Cionondimeno, va tenuto debitamente conto di specifiche eccezioni, come ad
esempio quella relativa alla c.d. stabile organizzazione “di progetto” o “da
cantiere”, per la cui valutazione devono essere considerati anche i lavori
preparatori, fra i quali si considera compresa l’istallazione dell’ufficio di
progettazione per la costruzione (cfr. il punto 54 del paragrafo 3 dell’articolo 5
del Commentario relativo alla particolare ipotesi di stabile organizzazione
materiale del “cantiere di costruzione o di montaggio”).
Pertanto, nei casi in cui non risultino ictu oculi elementi di novità come
sopra richiamati ovvero questi non emergano immediatamente nel corso delle
preliminari verifiche compiute dall’Ufficio, l’istanza, considerando il prevalente
interesse dell’investitore a ottenere un parere, potrà non essere dichiarata
immediatamente inammissibile al fine di espletare, nel corso dell’istruttoria di
merito, ulteriori attività volte ad appurare la sua eventuale tardività o interferenza
con l’attività di controllo. Da ciò consegue che, ove dall’esito della predetta
istruttoria, gli elementi rappresentati dall’investitore non dovessero avere il
carattere di “novità” nell’accezione prima evidenziata (ossia, non
significativamente nuovi ai fini del giudizio sulla sussistenza di una stabile
organizzazione), l’istanza potrà comunque essere dichiarata inammissibile, a
seconda dei casi, per difetto di preventività (legata alla inesistenza di elementi di
novità) o in per la possibile interferenza con attività di controllo in essere.
20
Si ricorda infine che il contribuente ha facoltà di presentare l’istanza anche
prima chele circostanze che attribuiscono il carattere di “novità” si realizzino e,
dunque, in vista della loro futura implementazione, a condizione che ne possa
fornire una illustrazione dettagliata e analitica, sufficiente per consentire l’esame
di merito, senza tuttavia poter superare il termine ultimo come sopra indicato.
4. I RAPPORTI CON GLI ALTRI STRUMENTI DI TAX COMPLIANCE:
ADEMPIMENTO COLLABORATIVO E ACCORDI PREVENTIVI
Come più volte evidenziato prima, l’istituto dell’interpello sui nuovi
investimenti si pone come strumento di adempimento privilegiato e dedicato, in
quanto a fronte della trasparenza manifestata dall’investitore attraverso la
rappresentazione del proprio business plan, quest’ultimo ha la possibilità di
ottenere certezza in merito ai profili fiscali dello stesso.
Tale leale collaborazione fra fisco e contribuenti è altresì valorizzata
attraverso le sinergie che si creano fra l’interpello sui nuovi investimenti e gli altri
istituti di tax compliance, in primis il regime dell’adempimento collaborativo e
gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale.
In merito all’interazione con l’istituto dell’adempimento collaborativo di
cui agli articoli da 3 a 7 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, un
importante momento di raccordo è previsto già a livello normativo: è infatti
consentito, come noto, agli investitori che si adeguino alla risposta resa di
accedere al regime in commento indipendentemente dal requisito dimensionale e
ferma restando la necessaria sussistenza degli altri requisiti previsti dalla
disciplina di riferimento (cfr. articoli 2, comma 3, del Decreto
Internazionalizzazione e 8 del Decreto attuativo).
Al riguardo, si precisa che per i soggetti in regime di adempimento
collaborativo la fase successiva alla risposta all’istanza di interpello, avente a
oggetto la verifica della corretta attuazione della stessa, nonché quella inerente
alla sussistenza e alla permanenza dei presupposti di accesso alla procedura
21
dell’interpello sui nuovi investimenti, competono all’Ufficio Adempimento
Collaborativo (cfr. paragrafo 8 della Circolare n. 25/E e articolo 2.3 del
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, prot. n. 77220/2016 del
20 maggio 2016, contenente le disposizioni per l’individuazione dell’Ufficio
competente alla trattazione delle istanze di interpello sui nuovi investimenti e alla
verifica della corretta applicazione delle risposte rese).
Laddove, successivamente all’ingresso in adempimento collaborativo, dal
medesimo business plan dovessero avere origine nuovi quesiti, anche derivanti
dalla sua implementazione oppure da varianti dello stesso, l’istante potrà
avvalersi della vis attractiva di cui al paragrafo 6.3 della Circolare n. 25/E e
presentare ulteriori istanze di interpello, le quali saranno parimenti gestite, con la
tempistica propria dell’interpello sui nuovi investimenti (cfr. paragrafo 10 della
Circolare n. 25/E), dall’Ufficio Adempimento Collaborativo.
Un altro elemento che conferisce grande attrattività all’interpello sui nuovi
investimenti è rappresentato dall’interazione con l’istituto degli accordi
preventivi per le imprese con attività internazionale, in ordine alla quale occorre
fornire ulteriori precisazioni rispetto a quanto chiarito nella citata Circolare n.
25/E.
In primo luogo, nella prospettiva del potenziamento dell’istituto in esame, i
contribuenti che presentano la relativa istanza e che, con riguardo al medesimo
business plan, intendono altresì stipulare un accordo preventivo ai sensi
dell’articolo 31-ter del d.P.R. n. 600 del 1973 per definirne i profili valutativi (ad
esempio, in materia di transfer pricing), usufruiscono di una c.d. “corsia
preferenziale” riservata a tali ultime richieste. Ciò implica che l’Ufficio
competente conferisce priorità alla trattazione delle istanze finalizzate alla
conclusione di un accordo che siano collegate a un’istanza di interpello sui nuovi
investimenti relativa al medesimo business plan, in deroga al criterio cronologico
ordinariamente seguito nell’iter di lavorazione delle istanze stesse. Pertanto, il
contribuente avrà cura di segnalare, nell’istanza di accordo preventivo ex articolo
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31-ter citato, l’interpello sui nuovi investimenti dallo stesso presentato e la
conseguente priorità di trattazione in tal modo acquisita.
In secondo luogo, occorre precisare che l’articolo 4, comma 1, lettera d), del
Decreto attuativo dispone l’inammissibilità dell’istanza nella parte in cui verte su
“questioni oggetto delle procedure” di cui all’articolo 31-ter del d.P.R. n. 600 del
1973, fatta eccezione per i quesiti che richiedono la preventiva valutazione in
ordine all’esistenza o meno di un’azienda che configuri stabile organizzazione.
La scelta operata dal Decreto attuativo di riferire l’inammissibilità in
commento alle istanze vertenti su “questioni oggetto” degli accordi preventivi, e
non alle relative norme o disposizioni, lascia intendere che non si sia voluta
precludere tout court la possibilità di ricorrere all’interpello sui nuovi
investimenti in relazione alle fattispecie richiamate dall’articolo 31-ter del d.P.R.
n. 600 del 1973, ma solo escluderne l’applicazione con riferimento ai quesiti che
abbiano per oggetto profili prettamente valutativi.
Pertanto, superando quanto affermato nel paragrafo 6.4 della Circolare n.
25/E del 2016, si precisa che per le fattispecie potenzialmente oggetto di una
procedura di accordo internazionale di cui al citato articolo 31-ter, un’eventuale
istanza di interpello sui nuovi investimenti deve considerarsi ammissibile nei
limiti in cui il quesito posto abbia natura essenzialmente interpretativa e non
attenga, invece, ad aspetti valutativi (quale, ad esempio, la definizione dei metodi
di calcolo o dei valori fiscali), tipici delle fattispecie rientranti nell’ambito degli
“accordi” ex articolo 31-ter.
Resta fermo che l’istanza di interpello sui nuovi investimenti nelle ipotesi
in commento sarà ritenuta ammissibile a condizione che non sia stata
preventivamente attivata la procedura degli accordi preventivi di cui all’articolo
31-ter del d.P.R. n. 600 del 1973 sulle medesime questioni.
Nella diversa ipotesi in cui la procedura degli accordi preventivi ex articolo
31-ter in merito ai profili valutativi sia attivata successivamente alla ricezione
23
della risposta all’istanza di interpello sui nuovi investimenti, quest’ultima risposta
resta efficace, ai sensi dell’articolo 2 del Decreto Internazionalizzazione, nei
limiti dell’effettiva rispondenza dei fatti rappresentati in sede di interpello a quelli
riscontrati in sede di procedura di accordo.
5. I TERMINI PER LA RISPOSTA
L’interpello sui nuovi investimenti prevede strutturalmente la presentazione
unitaria di più quesiti, anche relativi a tipologie diverse di interpelli
(interpretativi, probatori, anti-abuso e disapplicativi), che possono avere diversi
livelli di complessità ricostruttiva e istruttoria.
Ferma restando l’opportunità di una valutazione globale dell’investimento
nei diversi profili fiscali da esso sollevati, l’investitore potrebbe avere interesse a
una risposta anticipata su determinate questioni, la cui risoluzione appare
particolarmente urgente.
Al riguardo, nell’ottica di favore per l’investimento cui è improntata l’intera
disciplina, si ritiene che la configurazione unitaria dell’interpello non osti alla
possibilità da parte dell’Ufficio di rispondere disgiuntamente ai quesiti oggetto
dell’istanza, nei limiti in cui la complessità e l’autonomia del quesito stesso lo
consentano, fermo restando che il termine ultimo per la risposta ai quesiti non
evasi e per la formazione del silenzio-assenso rimane comunque quello di
centoventi giorni previsto dall’articolo 2, comma 2, del Decreto
Internazionalizzazione.
Analogamente, anche in seguito alla presentazione della documentazione
integrativa richiesta formalmente, si ritiene che la configurazione unitaria
dell’interpello non osti alla possibilità da parte dell’Ufficio di rispondere
disgiuntamente ai quesiti presentati, ove possibile, fermo restando che il termine
ultimo per la risposta ai quesiti non evasi e per la formazione del silenzio-assenso
rimane comunque quello di novanta giorni previsto dal citato comma 2.
Giova precisare che, ai fini dell’accesso al regime dell’adempimento
24
collaborativo ai sensi dell’articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del Decreto
Internazionalizzazione, nonché dell’articolo 6, comma 2, del Decreto attuativo,
per “risposta” resa dall’Agenzia delle entrate deve intendersi quella riferita a tutti
i quesiti originariamente formulati dall’investitore con l’istanza di interpello: la
risposta parziale (ovverosia fornita solo a parte dei quesiti posti, essendo stati gli
altri oggetto di richiesta di documentazione integrativa da parte dell’Ufficio) non
è, di per sé, idonea a consentire l’accesso al regime di cooperative compliance.
6 LA DOCUMENTAZIONE DA ALLEGARE A CORREDO DELLE
ISTANZE DI INTERPELLO SUI NUOVI INVESTIMENTI
Al fine di semplificare, in capo agli investitori, l’attività propedeutica alla
presentazione dell’istanza di interpello, nonché di accelerare la tempistica
concernente l’acquisizione, da parte dell’Ufficio, delle informazioni necessarie a
valutare l’ammissibilità dell’istanza stessa e a effettuare l’istruttoria nel merito
dei relativi questi, evitando quanto più possibile successive richieste di
regolarizzazione nonché di interlocuzione formale e/o di documentazione
integrativa, si forniscono indicazioni circa gli allegati e i dati da predisporre a
corredo dell’istanza.
Si precisa che l’elencazione che segue viene resa senza alcuna pretesa di
esaustività, a titolo puramente esemplificativo e fermo restando che la valutazione
in ordine alla idoneità della documentazione allegata e delle informazioni fornite
è sempre oggetto di una analisi condotta caso per caso in relazione alle concrete
circostanze di fatto evidenziate nell’istanza, al tenore del quesito formulato e alla
tipologia dello stesso.
Al fine di evitare una richiesta di regolarizzazione dell’istanza di interpello
sui nuovi investimenti, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del Decreto attuativo, è
necessario indicare, possibilmente con il dettaglio anno per anno per l’intera
durata prevista del piano di investimento (la quale deve essere indicata
nell’istanza):
25
a) l’ammontare dell’investimento prospettato, individuando, nel bilancio
del soggetto coinvolto nell’implementazione del business plan, gli
incrementi dei costi di acquisizione delle immobilizzazioni finanziarie,
dei costi di realizzazione e/o acquisizione delle immobilizzazioni
materiali e di quelle immateriali, nonché dei fabbisogni derivanti da
incrementi del capitale circolante operativo (incrementi degli impieghi
nei crediti commerciali e scorte; cfr. paragrafo 2.3 della Circolare n.
25/E);
b) il dettaglio delle ricadute occupazionali significative in relazione allo
specifico settore di attività e durature, ivi compreso il mantenimento
oppure il non decremento (nelle situazioni di crisi o difficoltà
dell’impresa) delle stesse, con il corredo probatorio individuato, a
titolo esemplificativo, al precedente paragrafo 2;
c) la stima degli effetti positivi in termini di gettito derivanti
immediatamente e direttamente dall’attuazione del piano di
investimento. Ad esempio, a tal fine, sono sufficienti le stime inerenti
all’incremento del gettito che deriva dalle maggiori ritenute previste,
ai fini IRPEF, quale conseguenza dell’incremento, mantenimento o
non decremento dei livelli occupazionali.
Si precisa che non è necessario allegare il business plan, a condizione,
tuttavia, che nell’istanza o nei suoi allegati venga comunque fornita la chiara
indicazione dei presupposti di accesso alla procedura e di ogni altra informazione
legata al business plan che sia necessaria a fornire riscontro ai quesiti. Come
chiarito nella Circolare n. 25/E (paragrafo 4), laddove l’istante opti, invece, per
allegare il piano di investimento (o uno stralcio di esso) all’istanza, resta ferma la
facoltà per lo stesso di oscurare eventuali dati sensibili (ad esempio legati a segreti
industriali), sempre che tali dati non siano rilevanti ai fini della valutazione dei
quesiti formulati nell’istanza.
Come chiarito al paragrafo 3, laddove l’istanza sia, in tutto o in parte,
26
preventiva rispetto allo stadio di implementazione del piano di investimento, è
ammessa la mera descrizione della tranche d’investimento ancora in fase di
attuazione, a condizione che siano sufficientemente chiare le informazioni
necessarie per istruire i quesiti fiscali. Resta inteso che l’investitore decade dai
benefici derivanti dall’efficacia c.d. “rafforzata” dell’interpello sui nuovi
investimenti nelle ipotesi in cui, entro l’arco temporale stimato per l’esecuzione
del piano di investimento, non si realizzano effettivamente le condizioni di
ammissibilità dell’istanza alla procedura de qua.
Si precisa, infine, che laddove, in ragione della preventività dell’istanza
rispetto all’attuazione del piano di investimento, l’investitore non fosse in
condizione di fornire le informazioni utili al riscontro dei quesiti fiscali, l’istanza
dovrà essere presentata in un secondo momento, in conformità al principio di leale
collaborazione.
Tenuto conto della circostanza che oggetto di istanza di interpello sui
nuovi investimenti può essere anche la valutazione dell’esistenza di una stabile
organizzazione materiale e personale, esclusa, come noto, dall’area degli
interpelli statutari (cfr. Circolare n. 9/E del 1° aprile 2016), si ritiene utile fornire
indicazione anche in relazione ai predetti quesiti.
In particolare, laddove venga richiesto di valutare la sussistenza o meno di
indici sintomatici di una stabile organizzazione, materiale o personale, nel
territorio occorre:
a) fornire, nelle fattispecie in cui l’investitore abbia già operato sul
territorio (come già evidenziato al paragrafo 4), l’indicazione chiara e
analitica degli elementi e delle funzioni (con allegazione della relativa
documentazione contrattuale e non) da cui discenda in modo
inequivocabile il carattere preventivo del quesito, con la specifica
motivazione alla luce della quale l’istante ritiene che la presenza sul
territorio debba considerarsi “nuova” ai fini de quibus;
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b) allegare, in ogni caso, i contratti sulla cui base viene chiesto di
valutare la sussistenza o meno di una stabile organizzazione (i.e.,
contratti di servizi con la società estera, contratti di assunzione del
personale, atti di attribuzioni di procure e/o deleghe al personale
corredati della relativa dettagliata descrizione); tali contratti e elementi
sono imprescindibili ai fini dell’istruttoria, pena l’impossibilità di
procedere alla richiesta di analisi nel merito. I predetti contratti
potranno essere allegati all’istanza anche in bozza, con assunzione di
impegno, da parte dell’istante, in ordine alla circostanza che il
contenuto della medesima bozza verrà poi fedelmente riprodotto nella
definitiva stesura di contratti.
7. LA VARIAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI ACCESSO ALLA
PROCEDURA
Si forniscono, infine, indicazioni circa gli effetti delle variazioni non già
degli elementi fattuali o di diritto rappresentati dagli investitori e sulla scorta dei
quali l’Agenzia delle entrate ha formulato il proprio convincimento (oggetto delle
disposizioni di cui all’articolo 6, commi 1 e 2, del Decreto attuativo), bensì dei
presupposti di accesso all’istituto.
Più dettagliatamente, ci si riferisce alle ipotesi in cui vengano accertate,
nell’ambito delle attività di verifica e/o di controllo, variazioni dell’entità
dell’investimento, della sua localizzazione nel territorio dello Stato o delle
ricadute occupazionali da esso derivanti, rispetto a quanto prospettato
nell’istanza.
In tali casi, tenuto conto che l’organo preposto all’attività di verifica e/o di
controllo deve attivare un coordinamento con l’Ufficio che ha reso la risposta
prima dell’eventuale redazione del processo verbale di constatazione e/o
dell’emanazione di ogni altro atto a contenuto impositivo e/o sanzionatorio (cfr.
articolo 6, comma 3, del Decreto attuativo), occorrerà approfondire gli effetti
dell’intervenuta variazione di detti elementi al fine di appurare se i presupposti di
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accesso all’istituto risultino comunque rispettati.
Laddove dovesse risultare, ad esempio, che l’entità effettiva
dell’investimento realizzato nel territorio dello Stato sia di ammontare inferiore
alla soglia ratione temporis applicabile e/o che le ricadute occupazionali derivanti
dall’investimento non siano in concreto significative e durature, il parere reso (o
desunto per effetto del silenzio-assenso) non produrrà gli effetti propri della
risposta a un’istanza di interpello sui nuovi investimenti, come previsti dal
Decreto attuativo e descritti dalla Circolare n. 25/E, bensì quelli propri di qualsiasi
risposta ad istanza di interpello statutario ai sensi dell’articolo 11 della legge n.
212 del 2000, ad eccezione dei quesiti non rientranti nell’ambito di applicazione
di detto articolo (come ad esempio quelli riguardanti la sussistenza dei requisiti
idonei a configurare l’esistenza di una stabile organizzazione).
Tali conclusioni valgono anche con riferimento alle ipotesi in cui dovesse
verificarsi la totale assenza dei presupposti di accesso alla procedura di interpello
sui nuovi investimenti, come nel caso in cui gli investitori dovessero decidere di
non dar corso al piano di investimento rappresentato.
In altri termini, nelle ipotesi sopra descritte la risposta all’istanza di
interpello sui nuovi investimenti ottenuta dall’investitore perde la sua efficacia
“rafforzata”, che consiste:
(i) nella competenza esclusiva dell’Agenzia delle entrate in tema di
successivi verifiche, controlli e attività di manutenzione, assicurata dall’obbligo,
sopra richiamato, di preventivo coordinamento di tutte le strutture
dell’Amministrazione finanziaria con l’Ufficio che ha reso la risposta;
(ii) nella priorità della trattazione di un’eventuale istanza di accordo
preventivo ex articolo 31-ter del d.P.R. n. 600 del 1973 (sul quale si veda infra
paragrafo 5);
(iii) nell’accesso “semplificato” al regime di adempimento collaborativo
ex articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del Decreto Internazionalizzazione.
Si precisa che nelle ipotesi in cui il piano di investimento rappresentato
nell’istanza preveda il raggiungimento della soglia minima di legge per
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l’ammissibilità alla procedura di interpello de qua attraverso una progressiva
implementazione di differenti investimenti e/o operazioni che si inquadrano
sempre nell’ambito del medesimo business plan, è necessario che questi trovino
effettiva attuazione entro e non oltre il timing stimato dall’investitore per
l’implementazione dello stesso, secondo quanto risulta dai documenti allegati
all’istanza, pena la perdita dell’efficacia “rafforzata” della risposta resa (espressa
o desunta dal silenzio-assenso).
***
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni
fornite con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni
provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
Ernesto Maria Ruffini
(firmato digitalmente)
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