Risoluzione Agenzia Entrate n. 59/E del 09.12.2024

A



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RISOLUZIONE N. 59/E




Roma, 9 dicembre 2024



OGGETTO: Aliquota IVA delle lettiere per animali

Sono pervenute alcune richieste di chiarimenti in merito all’aliquota IVA

applicabile alle cessioni aventi ad oggetto lettiere per animali a composizione

vegetale.

In linea generale, l’articolo 98 della direttiva 2006/112/CE (''Direttiva

IVA”) dispone che «gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte.

Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni

di servizi delle categorie elencate nell’allegato III. […] Quando applicano le

aliquote ridotte previste al paragrafo 1 alle categorie relative a beni, gli Stati

membri possono far ricorso alla nomenclatura combinata per delimitare con

precisione la categoria in questione».

La citata previsione unionale è stata recepita dall’articolo 16 del decreto del

Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito anche il “Decreto

IVA”), il quale, al comma 1, dispone che «l’aliquota dell’imposta è stabilita nella

misura del ventidue per cento della base imponibile dell’operazione.

L’aliquota è ridotta al quattro, al cinque e al dieci per cento per le

operazioni che hanno per oggetto i beni e i servizi elencati, rispettivamente, nella

parte II, nella parte II-bis e nella parte III dell’allegata tabella A, salvo il disposto

dell’articolo 34».

Per quanto riguarda l’individuazione dell’aliquota IVA applicabile alle

cessioni di un determinato prodotto, con la Circolare n. 32/E del 14 giugno 2010 è

stato chiarito che «al fine dell’individuazione dei beni cui possono applicarsi tali



Divisione Contribuenti

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trattamenti fiscali (i.e. l’applicazione di aliquote ridotte), la Tabella opera un

rinvio alle voci della Tariffa dei dazi doganali di importazione, in vigore fino al

31 dicembre 1987, successivamente superata dalla Nomenclatura combinata

contenuta nella Tariffa attualmente in uso. Il trattamento fiscale dei suddetti beni,

agli effetti della corretta applicazione della aliquota IVA, richiede di procedere

preliminarmente ad un esatto accertamento tecnico del prodotto, teso ad acclarare

la complessiva ed effettiva composizione e qualificazione merceologica ai fini

doganali».

Ciò premesso, considerato che le lettiere non sono riconducibili ad alcuna

voce della Tabella A allegata al Decreto IVA, in ossequio alle indicazioni rese con

la citata Circolare n. 32/E del 2010, alcune società produttrici di lettiere a

composizione vegetale hanno presentato istanza di accertamento tecnico

all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di seguito, “ADM”).

Pur avendo effettuato l’accertamento tecnico in relazione a prodotti aventi

la stessa destinazione funzionale (i.e. lettiere destinate ad assorbire le deiezioni

degli animali), ADM è addivenuta, di volta in volta a differenti classificazioni

doganali dei prodotti di cui trattasi, attribuendo rilevanza dirimente, ai fini della

suddetta classificazione, alla composizione e alle caratteristiche dei materiali di cui

tali lettiere sono composte.

Sulla base dell’accertamento tecnico effettuato da ADM, la scrivente ha

conseguentemente riconosciuto l’applicazione di aliquote IVA differenti

relativamente ad un bene (i.e. lettiera) che, nonostante la diversa composizione, ha

la medesima destinazione d’uso.

Sul punto, è di recente emersa nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

dell’Unione Europea e in quella nazionale di legittimità un’interpretazione

evolutiva, secondo la quale i prodotti devono essere classificati non soltanto

tenendo conto delle loro caratteristiche e proprietà oggettive, ma anche

considerando la relativa funzione e destinazione d’uso.

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In particolare, con la sentenza del 1° ottobre 2020 resa nella causa C-331/19,

la CGUE ha precisato che «[…] qualsiasi prodotto destinato al consumo umano

che apporti all’organismo umano sostanze nutritive necessarie al mantenimento

in vita, al funzionamento e allo sviluppo di tale organismo rientra nella categoria

di cui all’allegato III, punto 1, della direttiva IVA, anche se il consumo di tale

prodotto mira anche a produrre altri effetti. Per contro, un prodotto che non

contenga sostanze nutritive o ne contenga in una quantità del tutto trascurabile e

il cui consumo serva unicamente a produrre effetti diversi da quelli necessari al

mantenimento in vita, al funzionamento o allo sviluppo dell’organismo umano non

può rientrare in tale categoria. […] Tale interpretazione è altresì corroborata

dall’obiettivo perseguito dall’allegato III della direttiva IVA di assoggettare ad

un’aliquota IVA ridotta i beni essenziali al fine di renderli più accessibili al

consumatore finale».

Sempre in merito ai criteri di classificazione doganale dei prodotti, nella

sentenza del 26 maggio 2016 resa nella causa C-198/15, la CGUE ha altresì

evidenziato che «secondo giurisprudenza costante, per garantire la certezza del

diritto e facilitare i controlli, il criterio decisivo per la classificazione doganale

delle merci dev’essere ricercato, in generale, nelle loro caratteristiche e proprietà

oggettive, quali definite nel testo delle voci della NC e delle note premesse alle

sezioni o ai capitoli […]. Occorre precisare, in proposito, che le note esplicative

della NC, elaborate dalla Commissione, forniscono un rilevante contributo

all’interpretazione della portata delle varie voci doganali, senza però essere

giuridicamente vincolanti […]. Di conseguenza, il tenore letterale delle note

esplicative deve essere conforme alle disposizioni della NC e non può modificarne

la portata».

Inoltre, come ribadito nella sentenza della Corte di Giustizia, Causa C-

233/15 del 28 aprile 2016 «[…] la destinazione di un prodotto può costituire un

criterio oggettivo di classificazione sempreché sia inerente a detto prodotto, ove

l’inerenza deve potersi valutare in funzione delle caratteristiche e delle proprietà

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oggettive dello stesso. Peraltro, la destinazione del prodotto è un criterio rilevante

solo qualora non possa essere effettuata una classificazione in base alle sole

caratteristiche e proprietà oggettive del prodotto (sentenza Skoma-Lux, C-339/09,

EU:C:2010:781, punto 47)» (cfr., in tal senso, anche punto 22 della richiamata

sentenza della Corte di Giustizia C-198/15).

La giurisprudenza nazionale ha recepito le indicazioni della giurisprudenza

europea.

In particolare, la sezione tributaria della Corte di Cassazione, con la

sentenza n. 29181 del 12 novembre 2019, ha enunciato il seguente principio di

diritto: «In tema di dazi all’importazione, nel caso di importazione di “prodotti

misti” non inclusi in alcuna voce specifica della nomenclatura combinata, la

classificazione tariffaria va operata “secondo la materia o l’oggetto che

conferisce agli stessi il loro carattere essenziale”, ovvero secondo la componente

essenziale, da individuarsi in funzione del raggiungimento dello scopo finale cui

il prodotto misto è destinato» (cfr. ex multis, Cass, Sez. V, n. 29537 del 16

novembre 2018).

In applicazione dei richiamati principi espressi dall’orientamento

consolidato della Corte di Giustizia, proprio con riferimento alle lettiere a

composizione vegetale, con ordinanza n. 24441 del 10 agosto 2023, la Suprema

Corte ha sostenuto che «Rilevato che compito dell’interprete, nell’attribuire una

determinata classificazione doganale alle merci importate, è quello, non solo di

individuare caratteristiche e proprietà oggettive delle stesse, determinate alla luce

della loro destinazione funzionale (che, nel caso di prodotti misti, deve essere

fornita in relazione alla materia atta a conferire in modo prevalente la funzionalità

cui le merci sono destinate), ma, altresì, in parallelo, di verificare che la

classificazione così attribuita sia coerente con il corretto assoggettamento delle

merci all’iva, la circostanza che le lettiere per gatti siano (come nella fattispecie)

composte prevalentemente di amido di manioca non ne consente di per sé la

classificazione alla v.d. 1108 1400 00 “prodotti della macinazione, malto, amidi,

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fecole, inulina, glutine di frumento”, comportante l’applicazione del dazio di 166

€/1000 kg. e iva al 10%, giacché l’amido non viene in rilievo di per se stesso,

segnatamente quale prodotto destinato all’alimentazione umana od animale, ma

solo in ragione della funzionalizzazione all’intrinseca destinazione delle lettiere

ad assorbire deiezioni ed odori: ragion per cui è invece corretta la classificazione

alla v.d. 1404 9000 90 “prodotti vegetali non nominati né compresi altrove”,

comportante l’applicazione di dazio 0 e iva al 22%, che, valorizzando, in ossequio

ai criteri della nomenclatura combinata, natura e funzione delle lettiere, trova

altresì conferma nella loro sottoposizione all’iva ordinaria e non agevolata, non

costituendo in alcun modo la pur cospicua componente amidacea prodotto

alimentare od ingrediente destinato ad essere utilizzato nella preparazione di

prodotti alimentari».

Pertanto, a prescindere dall’apprezzamento dei diversi materiali di cui sono

composte le lettiere per animali, occorre avere riguardo alla destinazione

funzionale di tale tipologia di prodotto, idonea ad attribuire alle lettiere autonoma

rilevanza ai fini dell’individuazione dell’aliquota IVA applicabile.

Atteso che le lettiere in questione in sé considerate non sono espressamente

menzionate nell’elenco dei beni che possono fruire dell’aliquota IVA nella misura

ridotta di cui all’allegato III della Direttiva 2006/112/CE, né sono riconducibili tra

i prodotti indicati nella parte II, II-bis e III della Tabella A allegata al DPR n. 633

del 1972, le relative cessioni devono, dunque, essere assoggettate ad IVA con

applicazione dell’aliquota nella misura ordinaria.

Conseguentemente, devono ritenersi superati i chiarimenti resi nelle

risposte alle istanze di interpello e nei documenti di prassi che non siano coerenti

con le istruzioni fornite con la presente risoluzione (cfr. ex pluribus, risposte agli

interpelli nn. 105/E del 9 aprile 2019, 291/E del 23 aprile 2021, 268/E del 17

maggio 2022, 379/E e 380/E dell’11 luglio 2023; risoluzione n. 362 dell’11

dicembre 2007).

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Per quanto riguarda le operazioni effettuate e registrate in annualità ancora

accertabili ai fini IVA, si fa presente quanto segue.

In base all’articolo 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d.

Statuto dei diritti del contribuente), «non sono irrogate sanzioni né richiesti

interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni

contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente

modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento

risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi,

omissioni od errori dell’amministrazione stessa.»

In base alla citata previsione, la tutela del legittimo affidamento del

contribuente, espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario

interno e unionale, comporta che – qualora il contribuente si sia conformato alle

«indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria» poi modificate –

ferma la debenza dell’imposta, non sono dovuti sanzioni e interessi (cfr. ex multis

Cass. n. 370 del 9 gennaio 2019; Cass. n. 10499 del 3 maggio 2018).

Ciò posto, riguardo alle operazioni effettuate e registrate in annualità ancora

accertabili ai fini IVA, il contribuente è tenuto a:

• emettere una nota di variazione in aumento ai sensi dell’articolo 26, comma

1, del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui «Le disposizioni degli artt. 21 e

seguenti devono essere osservate, in relazione al maggiore ammontare,

tutte le volte che successivamente all’emissione della fattura o alla

registrazione di cui agli artt. 23 e 24 l’ammontare imponibile di

un’operazione o quello della relativa imposta viene ad aumentare per

qualsiasi motivo»;

• presentare la dichiarazione integrativa relativa a ciascun anno solare di

effettuazione delle operazioni ancora accertabili, ai sensi dell’articolo 8,

comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998;

• versare la maggiore imposta dovuta.

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Per quanto riguarda le modalità e i termini per l’esercizio del diritto alla

detrazione dell’IVA addebitata mediante la nota di variazione in aumento, si rinvia

ai chiarimenti già resi nelle risposte n. 267 e n. 531 del 2020, nelle quali è stato,

tra l’altro, chiarito che «(…) al contribuente che abbia ricevuto, oltre il termine di

presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui il diritto alla detrazione

è sorto, una nota di variazione in aumento ex articolo 26, comma 1, del d.P.R. n.

633 del 1972, per correggere errori nella qualificazione della operazione

originaria, (…), il dies a quo per l'esercizio del predetto diritto deve individuarsi

nel momento di emissione della nota di variazione da parte del cedente, e può

essere esercitato – alle condizioni esistenti al momento di effettuazione

dell'operazione originaria - al più tardi con la dichiarazione relativa all'anno in

cui il diritto alla detrazione è sorto (articolo 19,comma 1, del d.P.R. n. 633 del

1972)».

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le

istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle

Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL VICEDIRETTORE
CAPO DIVISIONE CONTRIBUENTI

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