Un percorso di rientro dall'indebitamento più veloce grazie ad una crescita del Pil superiore alle attese, sempre che tutto fili liscio e nel medio termine non si palesino condizioni economico-finanziarie avverse. È la sintesi del messaggio insito nella Nadef presentata settimana scorsa dal governo.
Il documento che determina la dimensione della stanza che dovrà essere arredata dalla prossima legge di bilancio. Un modo elegante per definire la Nota di aggiornamento del Def, atto con cui il governo traccia le linee guida del proprio operato in termini di politica economica. Un appuntamento fisso di inizio autunno che, stavolta, acquista importanza anche in relazione alla volatilità delle previsioni della ripresa post-Covid.
Particolarmente rilevante è infatti la revisione al rialzo del quadro macroeconomico rispetto al Def di aprile. Il tasso di crescita del Pil è stato ritoccato dal 4,5% al 6,0%. Un incremento trainato da diverse componenti, in primis la spesa per le famiglie da 4,1% a 5,2% ma soprattutto gli investimenti fissi lordi nel settore delle costruzioni, passati da +8,9% a 20,9% nella Nadef. Una variazione particolarmente ingente, dovuta in gran parte all'incremento acquisito nel primo semestre 2021. Il tasso di crescita del Pil al 6,0% resta comunque corroborato da una serie di istituzioni internazionali che stanno progressivamente correggendo al rialzo le stime per la ripresa del 2021: l'Ocse parla di un +5,9%, l'Ufficio parlamentare di bilancio del 5,8% mentre il Fondo monetario internazionale "solo" il 4,9% e la Commissione europea il 5,0%.
Preso atto dell'incremento del Pil superiore alle attese, il governo ha deciso di forzare e accelerare il percorso di rientro dall'indebitamento inizialmente previsto. Nel quadro programmatico di finanza pubblica l'esecutivo prevede per il 2021 un rapporto tra deficit e Pil del 9,4%. Ad aprile si ipotizzava un 11,8%, contrattosi per via dell'aumento del denominatore. Mentre il dato del 2021 è legato principalmente ad una dinamica positiva del Pil (essendo la spesa pubblica determinata ex-ante), va sottolineata la scelta del governo per gli anni a venire. Nel 2022 il deficit scende da 5,9% a 5,6%, nel 2023 da 4,3% a 3,9%. Nel quadro programmatico il saldo primario scende allo 0,8% nel 2024, proprio come già indicato nel Def di aprile, ma passando per una riduzione di tre decimi più intensa nel 2022 e nel 2023.
Questo ritmo serrato di rientro dell'indebitamento dovrebbe portare in uno scenario "baseline" il rapporto tra debito e Pil al 146,1% entro il 2024, rispetto al 153,5% ipotizzato per il 2021. Lo scenario base però è soltanto uno dei tre elencati dall'esecutivo, che prendono in considerazione uno scenario di rischio finanziario e uno di rischio crescita. Nel rischio finanziario risiede un eventuale incremento dei tassi di interesse sul debito pubblico nel breve-medio termine - 100 punti base tra Btp e Bund - in grado di neutralizzare gran parte degli sforzi del bilancio: il rapporto debito/Pil toccherebbe il 150,4% nel 2022 per poi risalire al 152,4% nel 2024. Nello scenario crescita, invece, tiene conto del rischio in termini di commercio internazionale, tassi di cambio e prezzo del petrolio: in questo caso il rapporto debito/Pil nel 2024 andrebbe rivisto al rialzo del 154,3%. Il messaggio è chiaro: con questo percorso di rientro il rapporto tra debito e Pil rientrerà soltanto se la crescita verrà salvaguardata e non vi saranno shock dal lato del debito pubblico. L'unico scenario in cui nel 2024 l'indebitamento relativo dello Stato sarà inferiore a quello del 2021 è perciò quello base, elemento che lascia aperta la parta ad eventuali correzioni restrittive nelle prossime leggi di bilancio (nonostante il loro eventuale ed ipotetico effetto pro ciclico).
"In conclusione, il presente documento prospetta uno scenario di crescita dell'economia italiana e di graduale riduzione del deficit e del debito pubblico. L'intonazione della politica di bilancio rimane espansiva nei prossimi due anni e poi diventa gradualmente più focalizzata sulla riduzione del rapporto debito/Pil", scrive il ministro dell'Economia Daniele Franco nell'introduzione alla Nadef.
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