
Con l'introduzione della Legge Cirinnà (Legge n. 76/2016), l'ordinamento italiano ha finalmente dato un riconoscimento giuridico alle "coppie di fatto", ovvero a quelle unioni stabili tra due persone non legate dal vincolo del matrimonio. Accanto al riconoscimento di specifici diritti, la legge ha introdotto uno strumento fondamentale per la gestione della vita comune: il contratto di convivenza.
La fonte primaria della disciplina è la Legge n. 76/2016 (art. 1, commi 36-65).
Il Codice Civile viene richiamato per aspetti specifici, come le regole sulla comunione dei beni (artt. 177 e ss. c.c.) o i principi generali sui contratti (artt. 1321 e ss. c.c.).
Vediamo in dettaglio come funziona, cosa può contenere e come si stipula un contratto di convivenza, che permette alle coppie di definire in modo chiaro e legalmente vincolante gli aspetti economici e patrimoniali della loro relazione, offrendo tutele e certezze che prima erano assenti.
Chi può stipulare un contratto di convivenza?
Prima di poter firmare un contratto, una coppia deve essere qualificata come "convivente di fatto" ai sensi della Legge Cirinnà.
I requisiti, indicati all'art. 1, comma 36 della L. 76/2016, sono:
- essere due persone maggiorenni.
- essere unite da legami affettivi di coppia stabili e di reciproca assistenza morale e materiale.
- non essere vincolati da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile.
- avere una residenza anagrafica comune. Questo è un requisito formale e fondamentale.
Cos'è e cosa può regolamentare il contratto di convivenza?
Il contratto di convivenza, disciplinato dal comma 50 della L. 76/2016, è un accordo scritto con cui la coppia stabilisce le regole relative ai propri rapporti patrimoniali.
Il suo contenuto può includere:
- l'indicazione della residenza comune.
- le modalità di contribuzione alle necessità della vita comune.
- il regime patrimoniale: il comma 53 permette di scegliere la comunione dei beni.
- la designazione in caso di malattia (comma 40).
- regole in caso di cessazione della convivenza: il comma 65 prevede la possibilità di concordare il versamento di alimenti.
La forma del contratto: come si rende valido?
Il comma 51 della L. 76/2016 impone che il contratto sia redatto, a pena di nullità, come atto pubblico o scrittura privata con firme autenticate da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.
In mancanza di tale formalità, il contratto è da considerarsi nullo e, di conseguenza, privo di qualsiasi effetto giuridico.
Per garantirne l’opponibilità a terzi il professionista che autentica le firme, entro 10 giorni dalla sottoscrizione lo trasmette al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe (comma 52)..
Il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile se concluso in presenza di vincolo matrimoniale, tra soggetti non conviventi, da persona minore d’età, da persona interdetta giudizialmente e in caso di condanna per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra (Art. 88 del Codice Civile).
Modifica e risoluzione del contratto
Il contratto si modifica con la stessa forma della stipula (comma 58) e si scioglie per le cause elencate nei commi 59-61: accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio/unione civile o morte di uno dei conviventi.
La normativa fiscale: un quadro di luci e ombre
Sebbene la Legge Cirinnà abbia creato uno status giuridico, l'equiparazione fiscale con le coppie sposate è ancora molto parziale.
È fondamentale conoscere le differenze.
Imposte sui redditi (IRPEF): nessuna equiparazione
Nonostante la stabilità del legame, i conviventi di fatto sono considerati come soggetti fiscalmente autonomi, alla pari di due persone singole.
Questo comporta due conseguenze importanti:
- Nessuna detrazione per partner a carico: l'articolo 12 del TUIR (D.P.R. 917/1986), che elenca i "familiari a carico", non include il convivente di fatto. Pertanto, un partner non può portare in detrazione l'altro, anche se quest'ultimo è privo di reddito.
- Non deducibilità degli alimenti: l'assegno periodico versato all'ex convivente dopo la rottura (previsto dal comma 65 della L. 76/2016) non è deducibile dal reddito di chi lo versa e non è tassabile per chi lo riceve. L'articolo 10 del TUIR limita infatti la deducibilità ai soli assegni versati al coniuge separato o divorziato.
Imposta sulle successioni e donazioni: la nota dolente
Questo è l'ambito di maggiore svantaggio. Ai fini di questa imposta (D.Lgs. 346/1990), i conviventi di fatto sono considerati estranei. Questo significa che:
- in caso di successione testamentaria o di donazione, si applica l'aliquota più alta, pari all'8%.
- non è prevista alcuna franchigia (soglia di esenzione). per confronto, tra coniugi o partner di un'unione civile l'aliquota è del 4% con una franchigia di 1 milione di euro.
Imposte indirette (registro, ipotecaria, catastale)
- contratto di convivenza: la sua redazione e registrazione sconta l'imposta di registro in misura fissa di 200 €, oltre agli onorari del professionista.
- trasferimenti immobiliari: se tramite il contratto di convivenza (o con atto separato) un partner trasferisce all'altro la proprietà di un immobile, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano con le aliquote ordinarie previste per i trasferimenti tra estranei, senza alcuna agevolazione (es. "prima casa" se il ricevente non ha i requisiti).
IMU sull'abitazione comune
La disciplina IMU non prevede regole specifiche per i conviventi di fatto, ma si basa sui concetti di proprietà e residenza:
- se l'immobile è cointestato e entrambi i partner vi risiedono, è la loro abitazione principale e quindi esente da imu.
- se l'immobile è di proprietà di un solo partner e l'altro vi risiede (configurando un comodato), il proprietario può beneficiare dell'esenzione IMU solo se anch'egli risiede e dimora abitualmente in quella casa.
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Parte centrale di questo documento è un modello dettagliato di contratto di convivenza. Questo modello specifica le clausole essenziali di questo contratto.